Vancouver, 28. La «Anglican Catholic Church of Canada» ha votato l'unione 
	con la Chiesa cattolica, nelle modalità previste dalla Costituzione 
	apostolica 
Anglicanorum 
	coetibus emanata da Benedetto xvi. La decisione, largamente condivisa 
	dai leader del gruppo anglicano, è stata presa nel corso dell'ottavo sinodo 
	provinciale e tredicesimo sinodo diocesano che si sono tenuti 
	simultaneamente presso il «Rosemary Heights Retreat Center» di Surrey, in 
	British Columbia, ai quali era presente anche l'arcivescovo John Hepworth, 
	primate della Traditional Anglican Communion.
	
	Il consenso alla creazione del proposto Ordinariato anglo-cattolico canadese 
	è stato unanime fra i membri della House of Clergy e ha ottenuto 25 voti 
	favorevoli su 30 fra i delegati laici, con tre contrari e due astenuti. Il 
	sinodo ha poi approvato una risoluzione che autorizza il vescovo Peter 
	Wilkinson, con l'appoggio e il consenso del Consiglio Provinciale, a mettere 
	in atto i necessari provvedimenti canonici e norme per stabilire 
	l'Ordinariato. La House of Clergy ha quindi eletto i membri dell'Interim 
	Governing Council che ha indicato lo stesso vescovo Wilkinson come primo 
	vescovo ordinario del proposto Ordinariato. Nel corso della riunione sono 
	stati anche presi i necessari provvedimenti di natura finanziaria. 
	
	Intanto, la Standing Commission, organo esecutivo della Comunione anglicana, 
	del quale fa parte anche l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, sabato 
	scorso ha respinto la proposta di esclusione degli episcopaliani dalla 
	Comunione. La proposta era stata presentata da un esponente della Provincia 
	dell'Asia sudorientale, Dato' Stanley Isaacs. Durante la discussione, i 
	membri della commissione, pur riconoscendo la preoccupazione crescente in 
	alcune parti della Comunione riguardo a questioni che hanno a che fare con i 
	comportamenti sessuali, hanno dichiarato che una separazione 
	comprometterebbe il dialogo sul tema e sarebbe perciò dannosa. 
	
	Attualmente, a seguito delle ordinazioni di vescovi apertamente omosessuali 
	(l'ultima nel maggio scorso), avvenute in seno al ramo anglicano 
	statunitense — l'«Episcopal Church» — i leader anglicani hanno invitato ad 
	applicare una moratoria su tale tipo di nomine, in attesa di un confronto 
	generale sul tema e nel tentativo di scongiurare appunto dolorose 
	separazioni. Che potrebbero inoltre essere alimentate anche dalla questione 
	dell'ordinazione di donne vescovo, un altro tema al quale la «Church of 
	England» sta dedicando la gran parte delle sue attenzioni.
	Nel recente Sinodo generale, che si è tenuto a York, si sono fatti tentativi 
	di trovare un compromesso accettabile, riconoscendo alle parrocchie il 
	potere di scegliere se avere un vescovo uomo o donna, attraverso un 
	meccanismo che però è stato accolto con scetticismo in alcuni ambienti 
	anglicani. La decisione definitiva è stata rimandata al sinodo del 2012. «Forward 
	in Faith», il più grande gruppo anglo-cattolico della «Church of England», 
	che conta circa 10.000 membri, rimane però molto critico su quanto stabilito 
	dal sinodo di York. Ha affermato il direttore esecutivo dell'organizzazione, 
	Steve Parkinson: «Abbiamo spiegato molto dettagliatamente che non potremmo 
	accettare teologicamente donne vescovo. Abbiamo spiegato cosa ci impedirebbe 
	di rimanere a far parte della Church of England, ma il Sinodo generale ha 
	risposto in una maniera che non viene incontro alle nostre esigenze».
	
	La questione dell'ordinazione delle donne vescovo si intreccia con quella 
	della rappresentatività degli organismi della Comunione anglicana. 
	L'autorità della stessa commissione che ha rigettato la proposta di 
	espulsione degli episcopaliani è stata messa in discussione. In prima fila, 
	fra i critici, ci sono quanti sono chiamati a guidare le province anglicane, 
	che accusano la Commissione permanente di avere assunto troppo potere 
	decisionale rispetto ai primati delle 38 province della Comunione. 
	Attualmente solo cinque di essi fanno parte della commissione, dove 
	risultano rappresentati anche gli episcopaliani. Una composizione criticata 
	esplicitamente, in particolare, dall'arcivescovo di Uganda e dal vescovo di 
	Jerusalem and Middle East.