Ankara "sgela" gli armeni, i curdi sperano
Franco Cardini, su "Avvenire" del 27 settembre 2005

Nonostante le difficoltà, notizie sullo svolgimento del Convegno sugli Armeni


È una grande novità, che noi rischiamo di sottovalutare, la notizia di un convegno tenutosi in Turchia sulla «questione armena» e quindi sul terribile genocidio consumatosi dai primi del Novecento e culminato durante la prima Guerra Mondiale. Fu una grande tragedia. Ma la Repubblica turca, nata dalla rivoluzione nazionale e laica di Mustafà Kemal, ha sempre rifiutato fino a tempi recentissimi di mettere in discussione quel «buco nero» della sua storia. 

La tragedia armena fu un problema ascrivibile alla rivoluzione che ha portato la Turchia in Europa ai primi del Novecento. Il vecchio sultanato ottomano non aveva infatti difficoltà a trattare con i cristiani armeni, per quanto fosse nota la simpatia di questi ultimi per gli scomodi vicini persiani. Del resto, del sultanato ottomano si può dir tutto il male che si vuole: ma non che fosse repressivo o violento nei confronti delle minoranze. Anche i cristiani greci venivano perseguitati in quanto greci desiderosi di indipendenza, non certo perché cristiani. Non parliamo degli ebrei, che nei confronti del mondo turco avevano e hanno tuttora un «feeling» storicamente radicato. Ma pure i curdi, sunniti religiosamente parlando al pari dei turchi ma diversi da loro per lingua ed etnia, erano non di meno fedelissimi al sultano. 

Questo complesso quadro va tenuto presente per valutare il «disgelo» oggi in atto nell'opinione pubblica turca verso il mondo armeno, riguardo al quale, fino ad alcuni mesi or sono, ci si rifiutava di riconoscere la storia. Fra l'altro, va detto che l'ostinazione turca a negare il genocidio armeno era fino a ieri sostenuta indirettamente dallo Stato di Israele. 

Né è una novità che gli armeni in Israele lamentavano una certa distrazione del governo di Tel Aviv nei loro confronti. Anche recentemente tentativi di sottolineare il genocidio armeno, perfino nelle nostre scuole, sono stati ostacolati da voci di politici e di intellettuali le quali temevano, senza dubbio a torto, che ciò avrebbe potuto equivalere a sottovalutare o a mettere da parte il triste primato della Shoah. Preclusioni o pregiudizi di questo genere, se mai ve ne sono stati, appaiono oggi abbandonati. 

Al suddetto congresso è finalmente emerso il diritto della nazione armena a veder riconosciute le sue pene e a fondare i presupposti per una grande nazione armena tra Anatolia e Caucaso che non riguardi più soltanto il territorio della ex-repubblica socialista armena già aderente all'Urss. 

Ci vorrà molto tempo, e in particolare la questione della ridefinizione dei confini sarà lunga e penosa: ma questo è l'obiettivo ultimo. Intanto, si tratta di riconoscere il peso della storia armena sulla coscienza europea in generale, turca in particolare. E lo vogliamo dire così, perché non c'è dubbio che dietro la decisione del governo e dell'opinione pubblica di «aprire» sul problema armeno vi sia il problema del negoziato volto a far entrare la Turchia in Europa, che si riaprirà il 3 ottobre. 

E qui nascono molti, nuovi problemi. Il riconoscimento dei diritti degli armeni fa parte del pacchetto di scelte che l'Unione Europea impone alla Turchia per accettare più decisivi passi sulla via dell'integrazione; però Ankara deve ancora risponderci di molti suoi problemi interni, dalla pena di morte alla repressione di certe minoranze, a certe leggi illiberali, fino all'altra grande questione curda. Non sarà facile. Toccare il problema curdo significa puntare il dito sull'equilibrio vicino-orientale. Sarà possibile in tempi brevi?
 

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