Oltre l'ecumenismo
Bartolomeo I : ortodossi e cattolici mai così vicini
Salvatore Mazza, da Istanbul, su "Avvenire del 12 agosto 2004

Il patriarca ecumenico di Costantinopoli guarda con fiducia al futuro delle relazioni tra cattolici e ortodossi E dopo il positivo incontro in Vaticano del giugno scorso con il Papa, spera di poterlo avere ospite a Istanbul nel prossimo novembre. Per poter continuare il processo di riconciliazione tra i fedeli della Chiesa che respira «a due polmoni». «L'interruzione del dialogo dopo l'incontro di Baltimora del 2000 non giova a nessuno. Bisogna andare avanti. Non abbiamo che il dialogo per conoscerci, per risolvere i problemi»


Avanti col dialogo, perché «non abbiamo che esso per conoscerci» e «per risolvere i problemi». E «quanto più sinceramente ci avviciniamo a Cristo, tanto più diventiamo vicini tra di noi». La speranza è che la prossima, auspicata visita del Papa al Fanar possa segnare «un grande passo» in questa direzione.

 A poco più di in mese dalla sua visita in Vaticano e dalla firma della Dichiarazione congiunta con Giovanni Paolo II, il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I guarda con fiducia al futuro delle relazioni cattolico-ortodosse. Nel suo studio della sede patriarcale affacciata sul Bosforo - dove il prossimo 30 novembre spera di poter accogliere il Papa al quale, come promesso, a metà luglio ha rinnovato in maniera formale l'invito a ritornare, 25 anni dopo la prima visita - in questa intervista ad Avvenire Bartolomeo I sottolinea le «buone intenzioni» dimostrate da Roma per risolvere i «problemi pratici» e le «importanti novità» in campo dottrinale. Soprattutto, rileva che se nell'ortodossia qualcuno può sembrare contro la ripresa del dialogo, si tratta di «opinioni personali», e non «della posizione ufficiale delle Chiese». Ed è «ottimista» che dalla prossima Commissione interortodossa possa finalmente emergere una «linea comune» di dialogo con Roma.

La Dichiarazione, firmata poco più di un mese fa, e dopo nemmeno 15 giorni l'annuncio del ritorno in Russia dell'Icona di Kazan: sbaglia chi vede in questi fatti un'accelerazione positiva nei rapporti ecumenici?
Certamente questi eventi costituiscono segnali di miglioramento nei rapporti delle Chiese ortodossa e romano-cattolica. Credo però che occorra andare oltre il qualificare queste relazioni come "ecumeniche", in quanto questa definizione limita l'ampiezza delle relazioni a un settore, quello del movimento ecumenico, che costringe eccessivamente il concetto delle relazioni cristiane, e quasi le imprigiona nel formalismo di una situazione "impersonale". Dobbiamo insomma andare al di là di un termine tecnico, verso relazioni più cordiali, più fraterne, più umane.
Fino a poco tempo fa le distanze sembravano ancora abissali. Che cosa di nuovo è maturato in questi mesi?
Il nostro cuore è sempre stato vicino ai nostri fratelli, al nostro prossimo, anche se ancora ci dividono questioni di fede. Su queste differenze non sono stati ancora costruiti dei ponti, ma il dissenso non impedisce l'amore, come anche l'amore non elimina il dissenso. Il nostro amore è stato riscaldato, spinto dall'amore stesso, senza altri motivi che non il desiderio dell'unione in Cristo, come augurio e come prospettiva.
Lei ha invitato Giovanni Paolo II a tornare a Costantinopoli il prossimo 30 novembre. Se, come tutti sperano, ciò avverrà, quali frutti ulteriori potrà portare questa visita?
L'auspicio è che possa rassicurare i nostri fratelli romano cattolici sulla sincerità del nostro amore e sull'ampiezza dei nostri orizzonti. Li convincerà che, senza cancellarli, possiamo superare i nostri dissensi e che siamo in grado di discutere senza passioni, e ancor più direi con simpatia, senza chiusure di sorta verso i cristiani che per ragioni storiche appartengono alla Chiesa Romano Cattolica.
Gli ultimi quindici anni di relazioni cattolico-ortodosse sono stati resi più "faticosi" dalle questioni pratiche che dalle divergenze dottrinali. Riguardo alle prime, partendo da Roma lei ha riconosciuto che, su di esse, la posizione della Santa Sede è "corretta". Pensa dunque che si sia vicino al loro superamento?
Nelle questioni pratiche Roma ha dimostrato ultimamente buone intenzioni verso la Chiesa Ortodossa. Si è proceduto alla restituzione di sacre reliquie e di chiese, e si progettano nuove restituzioni di icone e di sacre reliquie. Questi sono atti molto positivi. Tuttavia in regioni dove esistono tensioni tra ortodossi e greco-cattolici aspettiamo che quelle questioni siano concretamente affrontate con maggior senso di a more e di comprensione. Purtroppo non possiamo affermare che siamo vicini al superamento di tutte le differenze pratiche e dogmatiche, salutiamo però con ottimismo i passi positivi nel settore dell'appianamento delle questioni pratiche.
Negli stessi 15 anni le stesse Chiese ortodosse sono state, e ancora sono in parte, travagliate da non pochi problemi, al loro interno e tra di loro. Non crede che anche questi contrasti abbiano contribuito a rendere più confuso, e dunque di fatto a ostacolare, il cammino ecumenico?
È normale, purtroppo, che certe cose succedano. Certo, se ci fosse stata più collaborazione tra di noi, la nostra attitudine verso il cattolicesimo sarebbe stata più omogenea. Ma ciò, come sappiamo, non è accaduto, e l'impossibilità di una linea comune ha sicuramente pesato nelle relazioni con la Chiesa romano-cattolica. In autunno si svolgerà la riunione della Commissione interortodossa, e vedremo se c'è, come spero, questa possibilità di una linea comune.
Cosa pensa lei al riguardo?
Voglio essere ottimista. L'interruzione del dialogo dopo Baltimora (dove nel 2000 si riunì per l'ultima volta la Commissione mista cattolico-ortodossa, ndr) non giova a nessuno. Bisogna andare avanti. Forse qualcuno è contro, ma si tratta di opinioni personali, non delle posizioni delle Chiese ufficiali. Non abbiamo che il dialogo per conoscerci, per risolvere i problemi. È l'unico mezzo. In questa prospettiva penso che la visita del Papa possa essere un grande passo, davvero spero che si realizzi.
All'inizio del 2004, in un'intervista, lei ha fotografato gli ultimi decenni di dialogo ecumenico come "molto poveri in risultati spettacolari, ma positivi nella profonda operazione interna delle coscienze". Oggi, con il ridimensionamento dei problemi pratici e la ripresa del confronto sul piano dottrinale, quali pensa potranno essere i primi risultati?
I risultati dipenderanno dalla disposizione d'animo con cui ci si incontrerà. Il disinteresse, l'amore per la verità, la fiducia, la sincerità, la ricerca della volontà di Dio e l'abbandono della volontà degli uomini: questi sono gli elementi necessari. Di conseguenza, anche se non si dovessero manifestare risultati immediati, l'importante è che nel profondo delle coscienze germogli quel seme che più tardi produrrà il frutto dell'avvicinamento, perché quanto più sinceramente ci avviciniamo a Cristo, tanto più diventiamo vicini tra di noi.
Ancora sul confronto dottrinale. Quando riprenderanno concretamente i lavori della Commissione teologica mista? E quale peso ritiene potranno avere su di essi documenti come l'enciclica "Ut unum sint" che su molte questioni - per esempio il primato petrino - ha aperto prospettive inedite?
Sulla ripresa dei lavori della Commissione ancora nulla è stato stabilito, ma pensiamo molto presto. Quanto all'enciclica Ut unum sint, essa è diventata oggetto di studio approfondito da parte di importanti teologi ortodossi, e sono stati segnalati gli aspetti positivi e quelli negativi, o quelli secondo noi ancora dubbi. Certamente però tutti questi saranno discussi in maniera ampia e dettagliata, e non possiamo non notare importanti novità nella posizione della Chiesa romano-cattolica.
Europa, terrorismo, dialogo con l'islam, difesa della vita, protezione del creato: per la Dichiarazione congiunta sono queste le sfide che cattolici e ortodossi devono "affrontare insieme". Quale potrà essere, secondo la sua prospettiva, il contributo originale che verrà da questa collaborazione?
Si tratta di argomenti importanti, per ognuno dei quali è necessaria l'informazione e il coinvolgimento della pubblica opinione, cosa che presuppone posizioni chiare da parte delle autorità spirituali. Di sicuro l'opinione pubblica non potrà essere convinta se dovesse ascoltare ciascuna Chiesa sostenere punti di vista diversi. Quello che allora dobbiamo offrire, con le nostre dichiarazioni congiunte, è questa comunanza di intenti e di prospettive nei confronti di quei temi fondamentali. Questa sarà l'espressione autentica della fede di tutti i cristiani che hanno coscienza.

 

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