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    La croce della British Airways.

È oramai un caso internazionale e forse anche per questo la British Airways pensa di cambiar rotta.

Alcuni mesi fa Nadia Eweida, dipendente addetta al servizio di check-in fu informata che avrebbe dovuto togliere o nascondere sotto il foulard la catenina con la croce che portava attorno al collo. Nadia si rifiutò e per tutta risposta la compagnia di bandiera britannica la mandò a casa senza stipendio. Ma non senza la libertà di protestare pubblicamente. "Siamo di fronte ad un puro caso di discriminazione", aveva detto Nadia alla stampa. "La British Airways consente alle musulmane d'indossare il loro foulard, ai Siks il turbante e ad altre fedi paramenti religiosi ed io non nasconderò la mia fede nel Signore Gesù Cristo".

Alla base di questo tenace atteggiamento la convinzione che se avesse ceduto si sarebbe creato un pericoloso precedente discriminatorio ai danni di altri cristiani. E pare abbia avuto ragione. Sulla questione si è scatenata una vera tempesta di critiche. Il caso è perfino finito in Parlamento dove almeno 100 membri si sono espressi in favore di Nadia. Era intervenuto anche l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, per il quale è "assolutamente fondamentale che gente di ogni di ogni fede abbia la libertà di esibire i simboli della propria fede".

Il caso sconfigge ogni stereotipo perché la donna, 55 anni, è un'araba, di padre egiziano e madre inglese, di fede cristiana copta. Sembra una sfida fatta apposta per mettere alla prova il multiculturalismo di cui Londra si erge a capitale: un'araba cristiana che difende il diritto di esibire il crocefisso in un paese cristiano che glielo nega. Eccessi del politicamente corretto?

Adesso, la British Airways sta riformulando il suo piano di volo. Si cambia rotta, forse.
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[Fonte: ICN-News 7 dicembre 2006]

   
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