Una realtà difficile: diminuiscono i cattolici in medioriente
AsiaNews 17 maggio 2006

Le cifre esposte dal “ministro degli esteri” del Vaticano mostrano che il mancato rispetto dei diritti umani e della libertà di religione spinge migliaia di cristiani a lasciare i Paesi della regione.
 
La difficile situazione dei cattolici in Medio Oriente, resa critica dalle limitazioni alla libertà di religione, per cui spesso i seguaci di Cristo sono trattati da cittadine di serie B, è stata delineata da mons. Giovanni Lajolo, “ministro degli esteri” della Santa Sede. Mons. Lajolo ha delineato il quadro delle varie realtà mediorientali, accomunate da una diminuzione della presenza dei cattolici che rende necessaria la mobilitazione dell’intera Chiesa cattolica, sia con iniziative diplomatiche ed economiche in favore dei cristiani, sia appoggiando “il rafforzamento della società e del diritto civile, l’elevazione culturale ed in particolare la formazione alle scienze umanistiche e storiche, il miglioramento della condizione delle donne”. Anche i mezzi di comunicazione sociale della Chiesa cattolica “potranno dare un importante contributo per formare i cristiani in questo campo e diffondere la conoscenza della nostra fede anche tra i musulmani, mediante programmi radiofonici, siti internet, programmi via satellite”.

Intervenendo all'assemblea del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, ha definito “particolarmente dolorosa la situazione dei cristiani in Terra Santa; ma anche in Turchia e negli altri Paesi del Medio Oriente la loro presenza si è ridotta considerevolmente. Molti dei cristiani che vi si trovano sono stranieri soggiornanti in via temporanea. E' triste constatare oggi anche l'esodo dei cristiani dall'Iraq, ove la presenza cristiana è minoritaria ma ben radicata”.

Pur nella impossibilità di citare numeri precisi, “atteso che in quei paesi, compreso Israele, non vi sono censimenti”, il diplomatico ha esposto alcune cifre ricavate comparando i dati degli Annuari statistici della Chiesa con altri delle Nazioni Unite, del Dipartimento di Stato americano e quelli riferiti dalle nunziature. Ne risulta che “in Iran la popolazione di fede cattolica costituiva lo 0,1% del totale della popolazione nel 1973, mentre nel 2005 essa si è ridotta allo 0,01%; in Iraq tale presenza è diminuita dei due terzi: dal 2,6% della popolazione nel 1973, essa è passata all’1% nel 2005; sempre nel 1973, in Siria i cattolici costituivano il 2,8% della popolazione, nel 2005 essi sono scesi all’1,9%; nel 1973, in Israele-Palestina i cattolici erano l’1,9% della popolazione, mentre nel 2003 tale presenza risultava dimezzata, ossia l’1%”.

"Concomitante a tale diminuzione, è la crescita in questi paesi del numero dei matrimoni misti, in cui il coniuge cattolico è particolarmente indifeso a motivo dei regimi giuridici ispirati all’islam".

In questo quadro “la Santa Sede cerca tramite i rappresentanti pontifici di favorire il dialogo con le autorità dei Paesi interessati, a sostegno dei cristiani, stipulando, ove possibile, accordi su specifiche e limitate materie e chiedendo il rispetto degli strumenti internazionali sui diritti umani, ai quali hanno aderito anche alcuni Paesi a maggioranza islamica”. Monsignor Lajolo ha sottolineato il fatto che "anche quando uno Stato accorda ad una religione uno status giuridico particolare, esso è tenuto a rispettare effettivamente il diritto alla libertà di coscienza di tutti: vale a dire dei cittadini, come anche degli stranieri che si trovano sul suo territorio". La libertà religiosa, per la quale sembra ancora "estraneo" il concetto di reciprocità, accettato in tanti altri campi, "include anche la libertà di cambiare senza costrizioni la propria religione e di abbracciarne un'altra”. A questo proposito ha citato “le gravi pressioni, non escluse minacce di morte, esercitate sulle famiglie di chi vuole convertirsi alla fede cattolica, persino dai servizi segreti o da funzionari delle ambasciate dei loro Paesi di provenienza”.

Il “ministro degli esteri” del Papa ha anche evidenziato l’opportunità di favorire, in quei Paese, il progresso della società civile e per questo  “sarà importante identificare gli interlocutori qualificati, con i quali affermare i valori del rispetto reciproco, della solidarietà e della pace, la sacralità della vita e, in generale, il servizio ai valori morali fondamentali, la difesa della dignità della persona e dei diritti che da essa derivano”. 


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