«E se Don Georg ricorda Ratisbona...»
Antonio Socci, su Libero 28 luglio 2007

[Testo integrale dell'intervista]

GLI INASCOLTATI E ACCORATI APPELLI DEL PAPA… 29.07.2007 Benedetto XVI è una voce che grida nel deserto? È stupefacente che sia stato così snobbato l’Angelus del Papa di domenica 22 luglio, dove, molto realisticamente, si lanciava l’allarme sulla guerra, evocando anche l’opera nefasta del Maligno nel mondo. Del resto sono passati inosservati anche due importanti articoli della Civiltà Cattolica che – con dovizia di dati – illustravano l’allucinante corsa al riarmo che è in corso dal 2001 e soprattutto il colossale rischio di “guerra nucleare” che oggi si è fatta addirittura incombente e paradossalmente innanzitutto per la difficoltà di controllare questi ordigni. Perché il Papa, come i profeti biblici, non viene ascoltato? “Anche al tempo di Noè gli uomini mangiavano e bevevano…..”, dice la Scrittura. Se ne infischiavano di chi li ammoniva di tornare a Dio… “Quando ero bambino” ha scritto Jean Guitton “nessun destino dei personaggi della Storia Santa mi appariva così misero quanto quello di Noè, per il diluvio che lo tenne rinchiuso nell’Arca per quaranta giorni. Più tardi, fui spesso ammalato e per lunghi giorni costretto anche io a restare nell’Arca. Capii che mai Noè poté vedere così bene il mondo come dall’Arca, malgrado essa fosse chiusa e facesse notte sulla terra”.

Ha fatto clamore don Georg Gaenswein, segretario del Papa, il quale ha dichiarato alla Sueddeutsche Zeitung: “I tentativi di islamizzare l’Occidente non vanno taciuti. Ed il pericolo connesso per l’identità dell’Europa non può essere ignorato a causa di una falsa idea del rispetto”. Il prelato ha sottolineato che “la parte cattolica vede molto chiaramente (tale pericolo) e lo dice anche”. Il discorso del Papa a Ratisbona del settembre scorso – ha affermato – “dovrebbe servire a contrastare una certa ingenuità”. E’ un allarme esagerato? Può apparire tale solo alle “anime belle” che ignorano la storia. Che ci viene ricordata da due storici (peraltro non cattolici). “Per quasi mille anni” ha scritto Bernard Lewis “dal primo sbarco moresco in Spagna al secondo assedio turco di Vienna, l’Europa è stata sotto la costante minaccia dell’Islam”. Samuel Huntington ha ricordato inoltre che “l’Islam è l’unica civiltà ad aver messo in serio pericolo e per ben due volte, la sopravvivenza dell’Occidente”.

Il Papa conosce molto bene la storia. E anche l’attuale situazione. Fece impressione, al sinodo dei vescovi del 1999, monsignor Giuseppe Bernardini, arcivescovo di Smirne, in Turchia, il quale riferì che, durante un incontro ufficiale di dialogo islamo-cristiano, un’autorevole personalità musulmana si rivolse ai cristiani con queste parole dure e calme: “Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo”. Dunque in Vaticano si torna a ricordare quanto il Papa disse a Ratisbona anche se quel discorso scatenò le violente reazioni del mondo islamico. Finora non era mai stato rievocato, perché, paradossalmente, fu proprio il papa, insultato e minacciato, a doversi quasi scusare con gli intolleranti e i violenti. In quel clima di grave tensione il Vaticano fu indotto a dare il suo “sì” all’ingresso della Turchia nella Ue, contraddicendo quanto Ratzinger aveva sempre sostenuto da cardinale. Anche nei giorni scorsi il Segretario di Stato ha ribadito questa nuova, disastrosa posizione. Il fatto che in Vaticano oggi si torni a citare il discorso di Ratisbona – che, sottolinea La Repubblica, “piacque molto” fra gli addetti ai lavori, come l’ex segretario di stato americano Kissinger - può significare che il Papa tornerà a far prevalere la cautela sulla questione turca?

L’allora cardinal Ratzinger, nell’ottobre 2004, mi diceva che era molto preoccupato per l’ingresso in Europa di un Paese di 70 milioni di musulmani: “l’amicizia e il rispetto sono necessari verso tutti i Paesi, ma inserire la Turchia in Europa mi sembra contraddittorio. Sono proprio la storia, la cultura e la religione ad aver disegnato il confine dell’Europa con la Turchia. Non si possono ignorare tutte queste cose”.

Se è vero, com’è vero, che incombe su di noi una minaccia di islamizzazione, non si vede perché mai si dovrebbe spalancare la porta dell’Europa a un Paese che non è mai stato europeo e che all’apice della sua potenza, in passato, ha ferocemente tentato di invaderci (l’Europa moderna è nata letteralmente opponendosi all’invasione turca). Un Paese, la Turchia, la cui democraticità è molto discussa, che oggi è governato da un partito islamico, che ancora reprime chi parla del genocidio armeno (il primo del Novecento: un milione e mezzo di cristiani armeni massacrati dai turchi). Con l’ingresso della Turchia nella UE ci troveremo 70 milioni di islamici in casa. Più islamizzazione di così…
Ma in queste ore un’altra voce si è fatta sentire, quella del nuovo capo della polizia Antonio Manganelli il quale, alla Commissione Affari Costituzionali della Camera, ha affermato che il terrorismo internazionale “preoccupa perché l’Italia è oggetto di invettive”. La stessa cosa, giorni fa, aveva detto, nella stessa sede, il capo dei Carabinieri, generale Siazzu.

Manganelli indica – come fatto che deve allarmare – l’operazione che ha sbaragliato una presunta cellula che si muoveva attorno alla moschea di Ponte Felcino, a Perugia. “Il modo di operare dell’imam di Perugia” ha affermato il capo della Polizia “è simile a quello riscontrato nei progetti degli attentati di Londra del 21 luglio 2005, dove non sono stati usati tritolo o dinamite, ma una miscela di prodotti chimici legali, come fertilizzanti ed altro, acquistabili anche al supermarket”.

Il “caso Ponte Felcino” è molto istruttivo. Il paese, alla periferia di Perugia, ha 7 mila abitanti e gli immigrati sono circa il 10 per cento della popolazione. Una percentuale abnorme. E’ in miniatura l’esempio della società multiculturale che la Sinistra invoca per il nostro futuro. Qua gli immigrati hanno trovato le porte spalancate che la Sinistra indica come antidoto alla “guerra di civiltà”. Ma proprio qua, guarda caso, pochi giorni fa è stato arrestato, fra gli altri, l’imam della locale moschea per le imputazioni di cui hanno parlato tutti i giornali.

Il Gip giustamente ricorda che poi il giudizio spetterà alla magistratura. Ed è giusto essere garantisti con tutti. Va però sottolineato che questo imam, in pubblico, non si presentava affatto come un estremista. Il periodico “Quattrocolonne” (della Scuola di giornalismo che ha sede proprio lì), in un suo numero recente si era occupato proprio dell’immigrazione a Ponte Felcino. Si riportavano le dichiarazioni degli immigrati che chiedevano agli italiani di mostrarsi “aperti”. E le risposte delle istituzioni che si fanno in quattro per “integrare”, per favorire l’incontro, per “fare largo all’interculturalità”. Secondo l’idea del “dialogo” cara alla Sinistra che governa l’Umbria e a qualche gruppo cattolico, gli stranieri “sono una risorsa e non un problema”.

Su “Quattrocolonne” si parlava anche dell’imam di Ponte Felcino come uno impegnato a favorire l’avvicinamento tra comunità musulmana e quella italiana. L’imam dichiarava che, con la Circoscrizione, “stiamo organizzando per aprile una manifestazione per pulire le sponde del Tevere che vedrà impegnati, fianco a fianco, immigrati e italiani. C’è un muro di sfiducia” denunciava ancora l’imam “nei confronti dei musulmani e questa barriera va abbattuta. La gente ha paura perché pensa che siamo venuti qui per rubare il lavoro. Si tratta di una falsità. Conto molto sull’opera dei musulmani italiani che frequentano la moschea. Il loro aiuto potrebbe essere determinante nel percorso di integrazione di noi musulmani stranieri nella vostra società”. Parole che acquisteranno un significato opposto se la magistratura accerterà la fondatezza delle accuse o la loro infondatezza. In ogni caso il problema immigrazione resta colossale anche a prescindere dal fenomeno terroristico. Il Gip di Perugia, Nicla Flavia Restivo, che ha firmato le ordinanze di custodia cautelare, ha pronunciato parole su cui riflettere seriamente: “A Ponte Felcino il controllo dello Stato è stato latitante per anni. Un intero quartiere di Perugia, che ufficialmente era territorio italiano, nella pratica era ed è un’isola”.

L’immigrazione può essere il “cavallo di Troia” dell’islamismo terrorista e anche dell’islamizzazione (due fenomeni da non confondere). Ma è pure un problema drammatico in sé quando è governato male. Secondo le rilevazioni dell’istituto americano Pew Research Center, condotto in 47 stati, il 64 per cento degli italiani ritengono l’immigrazione un enorme problema nazionale. E’ un primato mondiale. Ma la nostra classe di governo pensa l’esatto opposto e impone agli italiani la sua ideologia “immigratoria”. Originata da cosa? Dal disprezzo della nostra storia e della nostra identità? Da un (miope) calcolo elettorale? Da ideologia terzomondista? Forse da tutto questo condito dall’ “ingenuità” irresponsabile denunciata da don Georg.


Intervista a Georg Gänswein di Peter Seewald
Süddeutsche Zeitung – 27 juillet 2007

"Il Papa è sempre vestito di bianco anche quando guarda la televisione"
Quando si ha l'occasione unica di parlare con il segretario personale di Benedetto XVI, si possono anche affrontare delle questioni certamente di attualità perché alla fine dei conti Georg Gänswein abita con il Papa in una sorta di "comunità di abitazione".

P.S. Monsignore, come sta il Papa?
G.G. Sta bene, si sente bene, lavora molto con una grande velocità.

Egli utilizza la cyclette che gli ha prescritto il suo medico Buzzonetti?
Questa bicicletta di trova nel nostro appartamento privato.

Che cosa vuol dire?
Essa è gentilmente là: pronta per essere utilizzata.

A suo tempo il cardinale Ratzinger desiderava andare in pensione, perché si sentiva stanco.
Con l'elezione a Papa, è accaduto qualcosa a cui non aspirava e che non voleva. Ma - quando successivamente si è a poco a poco inserito nella Volontà di Dio - sono convinto che la Grazia di Stato ha lasciato e lascia delle tracce visibili nella persona e nell'azione.

Come ha reagito il Papa alla notizia dell'elezione?
Io ho raggiunto la Cappella Sistina nel momento in cui un cardinale dopo l'altro si inginocchiava davanti al Papa per prestargli giuramento di obbedienza. Il suo viso era bianco quasi come la sua veste bianca e lo zucchetto che ha sulla testa. Egli aveva un'aria estremamente commossa.

Che cosa Le è passato per la testa in quel momento?
È stato come una tempesta vorticosa, trovare dei pensieri chiari assolutamente impossibile. Anche i giorni seguenti, era come uno tsunami.

E quando ha saputo che la Sua vita stava per cambiare radicalmente?
È stato così: al momento dell'omaggio, quando è arrivato il mio turno dopo i cardinali, ho detto: "Santo Padre, io Le prometto obbedienza, fedeltà, il mio impegno in tutto ciò che Lei mi ordina. Io mi metto a Sua disposizione con tutte le mie forze, senza limiti".

E la risposta?
Egli mi ha guardato, annuito con la testa e ringraziato.

Il Suo stipendio è cambiato?
Non guadagno né di più né di meno rispetto a prima. La sola differenza è che l'indirizzo sulla mia busta-paga è cambiato.

Il figlio di un fabbro viene da un villaggio di 450 anime nella Foresta Nera che viaggia in elicottero accanto al Santo Padre e condivide la preoccupazione per la Chiesa Universale - ci si domanda: Perché io? Che cosa vuole Dio da me?
Effettivamente mi sono posto questa domanda, e non soltanto una volta. È un lavoro che non è prevedibile. Quando ho promesso al Santo Padre fedeltà ed obbedienza, ho cercato di rispondere a questa domanda. In questo personalmente ho visto anche io il dito di Dio che mi ha messo di fronte a questo lavoro senza sosta.

Probabilmente Lei è il primo segretario pontificio della storia della Chiesa che si trova egli stesso insieme al Pontefice nel mirino del pubblico: i magazines popolari adorano il « sunnyboy en soutane ». Secondo la Schweizer Weltwoche Lei sarebbe senza dubbio l'uomo in talare più bello che si sia mai visto in Vaticano. Donatella Versace Le ha persino dedicato una linea di moda. Lei è infastidito per essere il "beniamino delle donne"?
Non sono arrossito per questo, la cosa mi ha un po' irritato. Non è offensivo e dapprima mi ha anche lusingato, non è un peccato. Prima non mi ero mai confrontato così direttamente e frontalmente con il mio aspetto fisico. Poi ho rimarcato che questa è più che altro una manifestazione di simpatia: un bonus non un malus. Ci si può adattare. Tuttavia, mi augurerei anche che non ci si fermi all'aspetto esteriore, ma che si prenda coscienza della sostanza che sta sotto l'involucro.

Lei riceve lettere d'amore?
Sì, di tanto in tanto.

Lei una volta ha parlato di "invidia clericale"
Dissi questo in relazione ad alcune frasi che mi calunniavano: "Questi vuole guadagnare potere, vuole mettersi in mostra, e cose simili. Ci sono stati e ci sono dei pettegolezzi stupidi e malevoli, alcune volte si mente spudoratamente. Ma io non me ne curo più.

Anche in Vaticano?
Il Vaticano è anche una "Corte di Stato" e ci sono infatti i pettegolezzi di corte. Ma ci sono anche delle frecce che vengono tirate molto consapevolmente e ben indirizzate. Ho dovuto imparare a fare lo stesso.

Sembra che Lei sia a disposizione per la sede vacante di Monaco.
Si tratta di "uova non deposte". Deliberatamente inventate, tirate per i capelli.

Nessuno pensava che fosse possibile che un successore di un "Papa del millennio" come Karol Wojtyla potesse avere successo così in fretta. Ora tutto è cambiato. Non solo perché Papa Benedetto XVI attira il doppio dei visitatori e i suoi libri sono venduti in milioni di edizioni. Papa Ratzinger è nello stesso tempo riconosciuto come uno dei pensatori più significativi del nostro tempo. E contrariamente al suo predecessore non è eccessivamente criticato (FORSE IN GERMANIA, NOTA). Che cos'ha lui che altri non hanno?
Il fatto di essere Papa dà ovviamente una maggiore accessibilità una maggiore possibilità di azione e anche una grande forza di penetrazione. Un conoscitore di cose romane ha detto una volta durante il viaggio del Papa in Baviera: Giovanni Paolo II ha aperto i cuori, Benedetto XVI li riempie. In questo c'è del vero. Il Papa raggiunge il cuore degli uomini, si rivolge ad essi, ma non parla di lui, egli parla di Gesù Cristo, di Dio, e in un modo moderno, comprensibile, convincente. È questo ciò che gli uomini cercano. Benedetto XVI offre un nutrimento spirituale.

Giovanni Paolo II voleva che il cardinale Ratzinger diventasse il suo successore?
Su questo sono state fatte molte speculazioni. Non lo so. Comunque, malgrado le reiterare richieste di dimissioni di Ratzinger da Prefetto della Congregazione per la fede, egli non gli ha mai concesso il congedo dal suo incarico.

Lei considera questo una sorta di "Argomentum e silentio", una sorta di conclusione dal silenzio?
È possibile. È vero che Papa Giovanni Paolo II ha spesso detto ai suoi collaboratori più stretti: Vorrei vedere il cardinale Ratzinger, ho bisogno di lui come "testa teologica". Da ciò sarebbe possibile dedurre qualcosa...

Il Palazzo Apostolico è diventato più tranquillo. Benedetto XVI ha notevolmente ridotto il numero delle udienze e raramente ha ospiti a pranzo. Ciò significa che si lavora meno, giustamente sotto un tedesco?
Non si lavora meno ma in modo più concentrato. Il Papa ha un lavoro rigoroso e rapido. Per fare ciò ha bisogno di tempo: per leggere, per studiare, per pregare, per riflettere, per scrivere. Ciò non è possibile se non grazie ad una organizzazione rigorosa, se non si cambiano alcune cose o le si abolisce a favore di quelle più importanti.

Ciò significa che il suo predecessore era un po' superato sul piano concettuale, organizzativo?
Assolutamente no. Con Giovanni Paolo II, rispetto ai pontificati precedenti, tutto è diventato superlativo. Pensi solo al numero delle udienze, dei viaggi, dei documenti, delle celebrazioni liturgiche o anche alle Sante Messe mattutine nella cappella privata dei Papi, dove erano sempre invitate numerose persone. Questo costa giorno dopo giorno una quantità enorme di tempo, che si deve risparmiare. Per Benedetto XVI un tale ritmo sarebbe impensabile. Dopo tutto, Giovanni Paolo II non è diventato Papa a 78 anni, ma a 58.

Alla fine dell'era Wojtyla, parecchie cose sono rimaste in sospeso...
È un segreto di Pulcinella che Papa Giovanni Paolo II non si mai preoccupato molto della curia romana. Non è una critica ma semplicemente un fatto. Il Papa attuale ha lavorato negli ultimi 23 anni al posto più importante della curia. Egli la conosce meglio di chiunque. Questo per lui è un'esperienza unica ed un enorme vantaggio.

Un Papa può avere dei problemi con la curia?
Uno sguardo alla storia lo dimostra: sì, può capitare. Un punto di debolezza è senza dubbio l'indiscrezione. Purtroppo è che così che si hanno spesso delle fughe di notizie sulle nomine, sulla elaborazione dei documenti, sui provvedimenti disciplinari...
Non è solo spiacevole. Comporta anche il pericolo che sia possibile esercitare coscientemente un'influenza dall'esterno che produce irritazione. Un altro punto, vista la composizione internazionale della curia romana, è che esistono delle differenti mentalità, diversi stili di lavoro, di rappresentazione, dei tempi e dei caratteri personali che si scontrano. Si arriva al punto che ciò produce delle scintille.

In fin dei conti, è il Papa il giudice del processo?
Aveva dei dubbi? Il Papa incontra regolarmente in udienza i suoi principali collaboratori. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana. In più i capi dicastero vengono in udienza a cadenza regolare. Questo garantisce in modo istituzionale non solo il necessario contatto personale, l'importante flusso di informazioni, ma anche lo scambio indispensabile per le due parti.
Il Papa ascolta, domanda consiglio, riflette, decide.

Joseph Ratzinger è veloce nello studio dei documenti?
Veloce come un fulmine e ha una memoria d'elefante.

Qualcuno muove delle critiche: il Papa si troverebbe in una sorta di "splendido isolamento", dentro una gabbia dorata; che sarebbe impossibile avvicinarlo.
È una stupidaggine. Tutte le mattine ci sono udienze private, il pomeriggio gli incontri di lavoro con i collaboratori più stretti. E questo sei giorni alla settimana. In più ci sono parecchi incontri sia dentro sia fuori le mura del Vaticano. Gabbia dorata? Ma certo che no! Può darsi che tutto ciò nasconda anche una critica nei miei confronti, cioè che io proteggerei troppo il Papa. Totalmente esagerato.

In fondo egli è un uomo timido. Nello stesso tempo sembra provare un certo disagio, una certa ribellione di fronte a qualcosa di troppo convenzionale, di fronte alle sciocchezze.
Ognuno può rendersi conto che il Santo Padre non è un uomo cupo, ma piuttosto riservato.

Il Papa scrive di suo pugno i suoi testi più importanti, anche il discorso di Ratisbona con la citazione controversa tratta da un libro storico a proposito di una disputa con i musulmani. Perché nessuno ha riletto il testo?
Io considero il discorso di Ratisbona, così come è stato pronunciato, come profetico.

Lo spavento è stato grande, quando si è avuta conoscenza degli attacchi del mondo musulmano?
Abbiamo saputo di quelle reazioni per la prima volta all'aeroporto di Roma, al ritorno dalla Baviera. È stata una grande sorpresa, anche per il Papa. Le azioni più violente sono nate innanzitutto dai resoconti giornalistici che avevano estrapolato una citazione dal suo contesto (CAPITO?) e l'avevano presentata come opinione personale del Papa.

Nell'islam reale, soprattutto laddove questa religione domina lo stato e la società, si calpestano dei diritti umani. La persecuzione dei cristiani si è moltiplicata drammaticamente. E il Presidente della Repubblica dell'Iran ha dichiarato che è iniziata la distruzione di Israele. La rappresentazione di un vero dialogo con l'islam non è un po' troppo ingenua?
Non si possono nascondere i tentativi di islamizzazione dell'occidente. E il pericolo per l'identità dell'Europa, che vi è legato, non deve essere negato per una malintesa idea di rispetto. I Cattolici vedono chiaramente questo pericolo e lo dicono anche. Giustamente il discorso di Ratisbona doveva contrastare una certa ingenuità. Occorre tenere presente che non esiste un islam; esso non riconosce una voce unica vincolante per tutti i musulmani. Sotto questa nozione sono raccolte molte correnti diverse, in parte nemiche fra loro, fino a quelle estremistiche che si richiamano al Corano per le loro azioni e che ricorrono al fucile. A livello istituzionale, la Santa Sede tenta di allacciare contatti e di portare avanti il dialogo attraverso il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.

La famiglia pontificia è la comunità di abitazione più famosa: quattro donne che appartengono alle "Memores" di Comunione e Liberazione, due segretari ed il Papa. Essi pregano insieme, mangiano insieme e alla sera guardano insieme la televisione nel salotto. Com'è Benedetto XVI come compagno di abitazione?
Effettivamente la famiglia papale è una gioiosa comunità di abitazione: due tedeschi, un polacco e quattro italiane che prima praticamente non si conoscevano. Il primo passo importante è stato quello di trovare un modus vivendi. La parola giusta, il dare in modo giusto, il prendere in modo giusto, tacere, non tacere. Già poco tempo dopo si è sviluppata un'atmosfera familiare molto cordiale. La lingua della comunità dell'appartamento è l'italiano. Il Papa è in fin dei conti il Vescovo di Roma. Una piccola correzione a proposito del guardare la televisione insieme: è pura fantasia; il Papa ed i due segretari guardano al massimo le notizie della sera. Lo svolgimento della giornata è ovviamente scandito dal ritmo del lavoro e delle udienze; ma noi proviamo ad introdurre di tanto in tanto delle piccole "sottolineature" personali.

Sottilineature?
Sottolineature forse è un po' esagerato. Penso semplicemente al fatto che alcuni avvenimenti personali sono evidenziati come si deve, come gli onomastici e i compleanni.

Quando guardate la tv, la sera, il Papa porta un abbigliamento "privato"?
No, il Papa è sempre in bianco.

Il Papa deve portare delle scarpe Prada?
Deve? Certo che no! Alcuni giornalisti hanno una fervida fantasia.

Le porta allora?
Resto in debito con Lei di una risposta.

Come il Papa, anche Lei è di umili origini ed entrambi siete cresciuti in un villaggio. Che cosa avete trovato nella culla?
Sicuramente una buona dose di sana e naturale freschezza, che è un filtro incorruttibile contro l'immoralità, poco importa sotto quali forme essa si presenta. Un istinto che aiuta a distinguere il vero dal falso.

Eravate cinque figli a casa, il papà fabbro, la mamma casalinga.
Mio padre dirigeva una ditta artigianale di fabbri arrivata alla settima generazione a cui più tardi si è aggiunto un negozio di macchine agricole che non ha mai fruttato molto. Quando avevo sei anni, avevamo ancora una piccola azienda agricola. A volte dovevamo parecchio "tirare la cinghia". Inoltre mio padre era molto attivo nella politica del comune e in molte associazioni. Quindi raramente rimaneva a casa la sera. Dunque nostra madre doveva caricarsi tanto più del dovere e del peso dell'educazione dei figli. Noi cinque figli abbiamo avuto un'infanzia spensierata. Naturalmente abbiamo spesso litigato fra di noi.

Perché tutto non si svolgeva secondo la testa del più grande?
In quanto fratello maggiore avrei dovuto essere sempre il più saggio – « il più saggio cede» - ma l'indulgenza non è esattamente il mio punto di forza.

« Born to be wild »: era questo il Suo trucco?
Forse nella fase fra i 15 ed i 18 anni. Ascoltavo Cat Stevens, i Pink Floyd e qualche altra celebrità dei nostri tempi, fra cui anche i Beatles. Nello stesso tempo portavo capelli lunghi e ricci. Questo non faceva piacere a mio padre; allora ci sono state delle discussioni a proposito degli appuntamenti dal parrucchiere e della lunghezza dei capelli. Piu' tardi tutto ciò si è calmato a favore di uno stile molto poco spettacolare.

Lei era inquadrato politicamente?
Non mi sono mai particolarmente esposto politicamente. I miei interessi, al di fuori delle scuola, mi spingevano verso lo sport, il football, lo sci.

Con questo (lo sport) ha anche guadagnato il denaro per gli studi?
No, non come maestro di sci, cosa che era solo per il club di sci del nostro villaggio. Ho lavorato per guadagnare dei soldi come postino, dapprima con la bicicletta in un piccolo paese della Foresta Nera, più tardi con l'automobile in campagna.

Da un'intervista alla Radio (Vaticana), Georg Gänswein: "Ho dei sensi sani e chi ha dei sensi sani, li utilizza". Ciò viene inteso come una ricca esperienza con le ragazze.
Ho due sorelle e parecchie cugine che mi hanno aiutato a non avere alcun problema con il genere femminile. Sono cresciuto in maniera totalmente naturale, completamente a mio agio

Ha avuto una relazione fissa?
Non questo. Ho avuto delle adorabili amicizie giovanili.

Lei inizialmente voleva diventare agente di borsa.
Inizialmente avrei dovuto rilevare la gestione dell'impresa agricola di mio padre. Ma ad un certo punto, mi interessavano molto di più le agitazioni della borsa. La mia rappresentazione era questa: là si fa molto denaro e occorre essere attenti e veloci. Più in là, però, quando ero più maturo, è arrivato il momento in cui ho riflettuto un po' più intensamente. Bene! Quando ho imparato tutto questo e ho ricavato del denaro, che cosa accadrà allora? E dopo ancora? E più in là? Improvvisamente alcune domande esistenziali si sono fatte strada in primo piano. Così ho iniziato la ricerca e in questo modo sono caduto senza volerlo sulla filosofia e sulla teologia.

Un processo di lunga durata.
E faticoso. Dapprima ero immensamente attratto dal mondo teologico globale, il sacerdozio si è aggiunto solo in un secondo tempo. Ovviamente anche il celibato era un problema. Ad un certo punto, ho pensato: tu non puoi vivere a metà velocità, o lo fai totalmente o lasci. Un po' di teologia, non si va avanti. Così mi sono avviato, passo dopo passo, verso il sacerdozio.

Una citazione da una Sua omelia durante un'ordinazione sacerdotale: "Esso (il sacerdozio) ti permette di sapere che tu hai una dignità che ti distingue da tutti coloro che non sono preti... esso ti permette di avere la consapevolezza di fare qualcosa di grande, di poterlo fare..." Parole formulate in modo abbastanza rigido.
Ripeterei queste frasi di nuovo, senza se e senza ma.

Davvero?
Assolutamente.

Questo suona anche un po' romantico.
Non sono d'accordo. Sono parole che che sono esperienza di vita e la vita non è romantica. Le frasi che Lei ha citato, estrapolate da una omelia, possono avere l'aria un po' cerimoniosa sulla carta, ma c'è dietro una buona parte di esperienza personale, e io non volevo nascondere al giovane prete che egli ha qualcosa di grande davanti a sé, che questo costa anche qualcosa e che egli deve lasciare che gli costi qualcosa.

Nel 1984, Lei è stato ordinato prete, poi ha passato due anni come vicario nella Foresta Nera. Nel 1993, a Monaco, Lei ha scritto la tesi dal titolo "Essere membri della Chiesa secondo il Concilio Vaticano II". È mai stato assalito da grandi dubbi?
Dopo due anni come vicario, sono stato inviato a Monaco per continuare gli studi in una materia che non mi era particolarmene congeniale: il diritto canonico. Dopo un semestre, ne avevo talmente abbastanza che mi sono detto: "Ora vado dall'Arcivescovo e gli chiedo di riprendermi nella diocesi perché non lo sopporto più".

Era così terribile?
Avevo sempre studiato volentieri e con facilità, ma trovavo lo studio del diritto canonico arido come il lavoro in un posto polveroso, dove non c'è birra. Si muore di sete. La salvezza è arrivata dal mio "padre di dottorato" (in italiano potremmo dire relatore della tesi), il professore di diritto ecclesiastico Winfried Aymans che mi ha scelto più avanti come assistente. Egli mi ha parecchio aiutato ad uscire da questo terribile stallo, essendo capace di mostrarmi delle nuove prospettive. Questo mi ha davvero aiutato a non stare con le mani in mano. Gliene sono molto grato.

Saltano sempre fuori nuovamente delle definizioni: ligio al dovere, pio, conservatore: un uomo formale e severo.
Nel senso di "dolce nella forma e severo nel contenuto" posso anche lasciarlo dire. Quando considero qualcosa come giusta la mantengo. D'accordo: la pazienza non è il mio forte. A volte mi mi arrabbio abbastanza facilmente. Questo può dare fastidio.

Che cosa deve saper fare il segretario personale del Capo di una Chiesa con 1.1 miliardi di fedeli?
In un certo senso, deve essere un generalista, ma nello stesso tempo si rende conto che non può saper fare tutto; e non deve nemmeno pretenderlo da se stesso. Egli deve fare ciò che il Papa gli chiede con tutta la forza, il cuore e l'intelligenza.

All'inizio, c'e' un'iniziazione, per esempio una scuola di etichetta pontificia?
Assolutamente no. La sola cosa che ho avuto è stato un colloquio a quattr'occhi con il mio predecessore, Mons. Stanislaus Dziwisz, l'attuale Arcivescovo di Cracovia. Si è svolto due settimane dopo l'elezione del Papa e il trasloco nell'appartamento. Egli mi ha consegnato una busta nella quale erano inseriti alcuni fogli e una chiave per un sigillo. Un sigillo molto antico, un lavoro in stile tedesco. Mi ha solo detto: "Ora tu hai un compito molto importante, molto bello ma difficilissimo. La sola cosa che posso dirti è che il Papa non deve essere "schiacciato" da niente e da nessuno. Come si lavora, devi capirlo da solo". Punto e basta. Non ha detto altro. È tutto come "scuola di etichetta papale".

Che cosa conteneva la busta?
Questo non posso svelarlo. Sono informazioni che sono trasmesse da segretario del Papa a segretario del Papa.

Ha fatto qualche errore all'inizio?
Mi sono presto reso conto che il ritmo che mi ero imposto era troppo elevato. Partire in pole position e una cosa, compiere tutti i giri e poi arrivare bene al traguardo è un'altra cosa. Partenza a tutto gas, per così dire. Ora si tratta di trovare il giusto ritmo. Un altro problema era la gestione delle innumerevoli richieste di udienza privata e di altri incontri, che sono tutti accompagnati di motivazioni onorevoli. Richieste senza fine, "solo un'eccezione", "il Papa mi conosce da tanto tempo, gli farà piacere" e quasi sempre scritte con molto ossequio. Lì bisognava trovare il sistema di filtraggio adeguato. Dovevo trovare un filtro ancora più fine.

Di che cosa priva il Santo Padre?
Di niente di significativo. Tutti i testi e documenti ufficiali, tutto ciò che viene emanato dai cardinali e dai vescovi, ciò che viene dal mondo della politica e della diplomazia viene da me posto all'attenzione del Santo Padre durante gli incontri quotidiani. Oltre a ciò esiste ovviamente una enorme quantità di lettere, richieste, domande, proposte, che egli non vede, perché non ne ha semplicemente il tempo. Su questo il Papa mi ha accordato un margine di manovra e di discrezionalità.

Qualcuno prova a servirsi di Lei?
Ciò avviene di tanto in tanto, ma so difendermi.

Nella Sua posizione capita di "staccare"?
E' piuttosto il contrario, cioè si è sepolti dal lavoro. Se c'è un rischio, questo si chiama "isolamento". Una volta alcuni amici hanno detto che non mi faccio sentire, che mi sono allontanato da loro. Questo è un segnale di allarme! E ho subito cercato di ricavarmi del tempo libero per prendermi cura delle mie relazioni personali e le mie amicizie. Ciò è importante per la salute mentale.

Quali effetti può avere questo Pontificato?
Rafforzamento della fede e incoraggiamento della fede e la presa di coscienza che la fede cattolica è qualcosa di grande, un dono di Dio, ma che non è imposta, ma deve essere volontariamente, liberamente, accolta. In più ci sono attualmente delle sfide con cui la Chiesa deve confrontarsi.

Per esempio?
La questione di Dio, il confronto con le differenti forme di relativismo, il dialogo con l'islam, il rafforzamento della propria identità. Il fatto è che un continente come l'Europa non può vivere se si tagliano le sue radici cristiane, perché così essa perde la sua anima.

L'annuncio de "l'unità piena e visibile" con le Chiese Ortodosse è la prima istanza del Pontificato di Ratzinger. Non è una rappresentazione troppo illusoria?
Questa non è solamente un'istanza, è un traguardo sempre dichiarato da allora. Il fatto è che il Papa dichiara espressamente questa intenzione, va da sé, per chi, come lui, ha contribuito fortemente ad impregnare teologicamente questo campo negli ultimi anni e decenni. Non dimentichiamo che le Chiese Ortodosse sono nella successione apostolica e che esse hanno un Magistero fondato, l'eucarestia ed anche i sette Sacramenti.
Ciò che necessita una chiarificazione è la questione del Primato e della giurisdizione del Papa. Ma è uno scandalo che i Cristiani siano ancora divisi. Il ristabilimento dell'unità intera nella fede è sicuramente un grande obiettivo del Papa teologo.

Papa Benedetto ha intenzione di modificare la concetto di Papato per favorire l'unità?
La domanda e' posta male. Non si può portare avanti l'ecumenismo a spese della Verità. Un Papa non può semplicemente ristrutturare il Papato per ottenere più rapidamente certi risultati. Per il Papato si tratta di restare a garanzia della verità in vista dell'unità.

Una svolta nelle relazioni della Chiesa Cattolica con Mosca, Costantinopoli e soprattutto Pechino modificherebbe drammaticamente la carta del mondo politico-religioso.
Il dialogo ecumenico con le diverse Chiese Ortodosse è a pieno regime e sono stati fatti dei progressi considerevoli. Ma operare per l'ecumenismo è e resta un confronto laborioso. Questo deriva anche dal contesto di tensioni che esistono all'interno delle Chiese Ortodosse. Costantinopoli e Mosca marcano due punti delicati. Il mondo intero ha potuto assistere attraverso i media all'incontro del Papa con il Patriarca ecumenico nel novembre scorso a Istanbul. Un incontro con il Patriarca di Mosca manca ancora.

Vede già il Papa presso il Patriarca russo di Mosca?
Spero che si arrivi ad un incontro, ovunque sia.

In occidente, la Chiesa romana attraversa una grande trasformazione. Il Cardinale di Vienna, Christoph Schönborn, parla già di una alternativa alla Chiesa di popolo conosciuta fino ad oggi: "una Chiesa di decisione" alla quale i fedeli affermano così la loro adesione. I tempi della « pseudo-cristianità » sono finiti?
« Pseudo-cristianità », questa definizione suona ingiusta e sminuente e non corrisponde nemmeno alla realtà. Ciò che si può percepire è che alcuni elementi della Chiesa di popolo fondono e che si formano sempre più "noccioli di comunità"; questo processo è in corso da molti anni. Il cardinale Schönborn lo descrive con la nozione di "Chiesa di decisione". Chi è Cristiano oggi, vuole esserlo, decide di esserlo, e più deciso, forse più deciso che negli anni passati. E chi non vuole esserlo, non lo è semplicemente, senza che questo comporti per lui delle conseguenze qualsiasi di ordine personale, sociale, politico o di altro genere.

È interessante constatare che molti preti della nuova generazione riscoprono i tesori spirituali, culturali ed estetici della liturgia tradizionale. Il nuovo motu proprio "Sommorum Pontificum" stabilisce che ogni prete possa celebrare la Santa Messa anche con il precedente rito tridentino. Ciò provoca delle nuove discussioni nella Casa (Chiesa)?
È il contrario dell'intenzione e del fine. È desiderato che le discussioni si plachino e le divisioni e le rotture siano superate. Con il motu proprio si è aperta una patria spirituale a dei fedeli, non poco numerosi. Sono convinto che la lettera del Santo Padre ai vescovi ,pubblicata contestualmente al motu proprio, nella quale il Papa spiega dettagliatamente le ragioni del documento, offre la chiave per una corretta comprensione.

Il filosofo francese, Renè Girard, membro dell'Accademia di Francia, prediceva una rinascita cristiana determinata. Noi ci troviamo già alla vigilia di una rivoluzione della nostra cultura. Questa trasformazione farebbe impallidire persino il Rinascimento del XV secolo.
Il fatto religioso gode attualmente di una attenzione come raramente negli anni passati. Dopo una fase di indifferenza, ci si confronta oggi di nuovo con la religione e le questioni di fede. Ho visto che giustamente molte persone giovani, che in realtà hanno o potrebbero avere tutto, si rendono conto: in effetti si può tutto, si può persino distruggere il mondo, ma non si può guadagnare l'anima, quando manca l'essenziale. La Chiesa Cattolica ha dei tesori da offrire, che nessun altro è capace di offrire, di più grande e di più durevole di tutte le proposte di salute politica. Tuttavia ciò non arriva automaticamente. La fede nasce dall'ascolto, come dice San Paolo, essa deve essere annunciata.

Già dopo sei settimane dalla pubblicazione. il libro del Papa su Gesù ha venduto 1.5 milioni di copie. Si ha la sensazione che il Papa ri-vesta questo Gesù in un modo totalmente nuovo.
Il libro su Gesù è la quintessenza di un uomo che si è occupato della figura di Gesù di Nazaret nel corso di tutta la vita come prete, teologo, vescovo, cardinale e ora Papa. È un immenso legato spirituale.

Che cosa apprezza particolarmente in quest'opera?
La sto leggendo un'altra volta. È scritta tanto profondamente quanto comprensibilmente. È il risultato del percorso di vita di una personalità straordinaria. L'opera si iscrive nella tradizione dei grandi padri della Chiesa. Sono convinto che questo libro rafforzi nella fede parecchie persone, le conduce alla fede, e non solo un certo strato intellettuale, ma uomini di tutte le origini e formazioni.

Il teologo Joseph Ratzinger fornisce una logica implacabile: Questo Gesù è colui che ha tutti i poteri, il Signore dell'universo, Dio egli stesso, che si è fatto uomo. Nei fatti Gesù dovrebbe scatenare una rivoluzione.
Sì, ma senza spargimento di sangue.

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