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EUCARISTIA VERO SACRIFICIO - Estratti

La Chiesa ha sempre insegnato che:

  1. Il sacrificio della Messa è la ripresentazione sacramentale del sacrificio di Gesù sulla croce (Conc. di Trento e CCC. nn. 1356 e 1357).
  2. Il sacrifico della Messa non è solo sacrificio di lode e di ringraziamento, ma anche di espiazione e di intercessione. (CCC 1358 e Conc. Trento DS, 950).
  3. La Messa è sacrificio in senso vero e proprio, istituito da Gesù la sera dell'Ultima Cena.

Il Concilio di Trento ha definito queste verità “de fide“. Confermate in pieno dal Vat. II, sono raccolte nel CCC, 1350ss, 1365, 1366,1367.

Giovanni Paolo II richiama questa dottrina: “L'istituzione dell'Eucaristia infatti anticipava sacramentalmente gli eventi che di lì a poco si sarebbero realizzati, a partire dall'agonia del Getsemani” (EE, 3).

“Il sangue, che aveva poco prima consegnato alla Chiesa come bevanda di salvezza nel Sacramento eucaristico, cominciava ad essere versato; la sua effusione si sarebbe poi compiuta sul Golgota, divenendo lo strumento della nostra redenzione” EE, 3).

“«Mysterium fidei! - Mistero della fede!». Quando il sacerdote pronuncia o canta queste parole, i presenti acclamano: «Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta». In queste o simili parole la Chiesa, mentre addita il Cristo nel mistero della sua Passione, rivela anche il suo proprio mistero” (EE, 5).

“«Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito» (1Cor 11,23), istituì il Sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue. Le parole dell'apostolo Paolo ci riportano alla circostanza drammatica in cui nacque l'Eucaristia. Essa porta indelebilmente inscritto l'evento della passione e della morte del Signore. Non ne è solo l'evocazione, ma la ripresentazione sacramentale. È il sacrificio della Croce che si perpetua nei secoli. Bene esprimono questa verità le parole con cui il popolo, nel rito latino, risponde alla proclamazione del «mistero della fede» fatta dal sacerdote: «Annunziamo la tua morte, Signore!».

La Chiesa ha ricevuto l'Eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri, ma come il dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza. Questa non rimane confinata nel passato, giacché «tutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli uomini, partecipa dell'eternità divina e perciò abbraccia tutti i tempi» (CCC, 1085).

Quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del suo Signore, questo evento centrale di salvezza è reso realmente presente e «si effettua l'opera della nostra redenzione». (LG, 3) Questo sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del genere umano che Gesù Cristo l'ha compiuto ed è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo per parteciparvi come se vi fossimo stati presenti. Ogni fedele può così prendervi parte e attingerne i frutti inesauribilmente. Questa è la fede, di cui le generazioni cristiane hanno vissuto lungo i secoli. Questa fede il Magistero della Chiesa ha continuamente ribadito con gioiosa gratitudine per l'inestimabile dono. (Paolo VI, Solenne professione di fede, 30 giugno 1968, 24: AAS 60, 442; Giovanni Paolo II, Lett. ap. Dominicae Cenae, 24 febbraio 1980, 12: AAS 72 (1980), 142).

Desidero ancora una volta richiamare questa verità, ponendomi con voi, miei carissimi fratelli e sorelle, in adorazione davanti a questo Mistero: Mistero grande, Mistero di misericordia. Che cosa Gesù poteva fare di più per noi? Davvero, nell'Eucaristia, ci mostra un amore che va fino «all'estremo» (Gv 13,1), un amore che non conosce misura” (EE,11).

“Istituendo il sacramento eucaristico Gesù “non si limitò a dire «Questo è il mio corpo», «questo è il mio sangue», ma aggiunse «dato per voi...versato per voi» (Lc 22,19-20). Non affermò soltanto che ciò che dava loro da mangiare e da bere era il suo corpo e il suo sangue, ma ne espresse altresì il valore sacrificale, rendendo presente in modo sacramentale il suo sacrificio, che si sarebbe compiuto sulla Croce alcune ore dopo per la salvezza di tutti.

«La Messa è ad un tempo e inseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della Croce e il sacro banchetto della comunione al corpo e al sangue del Signore » (CCC 1382).

La Chiesa vive continuamente del sacrificio redentore, e ad esso accede non soltanto per mezzo di un ricordo pieno di fede, ma anche in un contatto attuale, poiché questo sacrificio ritorna presente, perpetuandosi sacramentalmente, in ogni comunità che lo offre per mano del ministro consacrato. In questo modo l'Eucaristia applica agli uomini d'oggi la riconciliazione ottenuta una volta per tutte da Cristo per l'umanità di ogni tempo. In effetti, «il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell'Eucaristia sono un unico sacrificio». (CCC 1367) Lo diceva efficacemente già san Giovanni Crisostomo: «Noi offriamo sempre il medesimo Agnello, e non oggi uno e domani un altro, ma sempre lo stesso. Per questa ragione il sacrificio è sempre uno solo. [...] Anche ora noi offriamo quella vittima, che allora fu offerta e che mai si consumerà». (Omelie sulla Lettera agli Ebrei, 17, 3: PG 63, 131.)

La Messa rende presente il sacrificio della Croce, non vi si aggiunge e non lo moltiplica (D 1743). Quello che si ripete è la celebrazione memoriale, l'«ostensione memoriale» (memorialis demonstratio) (Mediator Dei (20 novembre 1947: AAS 39 (1947), 548) di esso, per cui l'unico e definitivo sacrificio redentore di Cristo si rende sempre attuale nel tempo. La natura sacrificale del Mistero eucaristico non può essere, pertanto, intesa come qualcosa a sé stante, indipendentemente dalla Croce o con un riferimento solo indiretto al sacrificio del Calvario” (EE, 12).

“In forza del suo intimo rapporto con il sacrificio del Golgota, l'Eucaristia è sacrificio in senso proprio, e non solo in senso generico, come se si trattasse del semplice offrirsi di Cristo quale cibo spirituale ai fedeli. Il dono infatti del suo amore e della sua obbedienza fino all'estremo della vita (Gv 10,17-18) è in primo luogo un dono al Padre suo. Certamente è dono in favore nostro, anzi di tutta l'umanità (Mt 26,28; Mc 14,24; Lc 22,20; Gv 10,15), ma dono innanzitutto al Padre: « sacrificio che il Padre accettò, ricambiando questa totale donazione di suo Figlio, che si fece “obbediente fino alla morte” (Fil 2,8), con la sua paterna donazione, cioè col dono della nuova vita immortale nella risurrezione» (Redemptor hominis 15 marzo 1979, 20: AAS 71 (1979), 310; EE,13).

“La Pasqua di Cristo comprende, con la passione e la morte, anche la sua risurrezione. È quanto ricorda l'acclamazione del popolo dopo la consacrazione: «Proclamiamo la tua risurrezione». In effetti, il Sacrificio eucaristico rende presente non solo il mistero della passione e della morte del Salvatore, ma anche il mistero della risurrezione, in cui il sacrificio trova il suo coronamento” (EE, 14).

“Il Sacrificio eucaristico è di per sé orientato all'unione intima di noi fedeli con Cristo attraverso la comunione: riceviamo Lui stesso che si è offerto per noi, il suo corpo che Egli ha consegnato per noi sulla Croce, il suo sangue che ha «versato per molti, in remissione dei peccati» (Mt 26,28; EE, 16).

“Il Concilio Vaticano II ha ricordato che la Celebrazione eucaristica è al centro del processo di crescita della Chiesa. Infatti, dopo aver detto che «la Chiesa, ossia il regno di Cristo già presente in mistero, per la potenza di Dio cresce visibilmente nel mondo», (LG 3) quasi volendo rispondere alla domanda: «Come cresce?», aggiunge: «Ogni volta che il sacrificio della Croce “col quale Cristo, nostro agnello pasquale, è stato immolato” (1Cor 5,7) viene celebrato sull'altare, si effettua l'opera della nostra redenzione. E insieme, col sacramento del pane eucaristico, viene rappresenta e prodotta l'unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo in Cristo» (1Cor 10,17; LG 3; EE, 21).

“L'incorporazione a Cristo, realizzata attraverso il Battesimo, si rinnova e si consolida continuamente con la partecipazione al Sacrificio eucaristico” (EE, 22).

“Con la comunione eucaristica la Chiesa è parimenti consolidata nella sua unità di corpo di Cristo. San Paolo si riferisce a questa efficacia unificante della partecipazione al banchetto eucaristico quando scrive ai Corinzi: «E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane» (1Cor 10,16-17; EE, 23).

“L'Eucaristia esprime anche questo senso dell'apostolicità. Infatti, come insegna il Concilio Vaticano II, «i fedeli, in virtù del regale loro sacerdozio, concorrono all'oblazione dell'Eucaristia», (LG 10) ma è il sacerdote ministeriale che «compie il Sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo». (LG 10) Per questo nel Messale Romano è prescritto che sia unicamente il sacerdote a recitare la preghiera eucaristica, mentre il popolo vi si associa con fede e in silenzio. (Institutio genelaris: n. 147; EE, 28).

“L'espressione, ripetutamente usata dal Concilio Vaticano II, secondo cui «il sacerdote ministeriale compie il Sacrificio eucaristico in persona di Cristo», (LG 10; 28) era già ben radicata nell'insegnamento pontificio. Come ho avuto modo di chiarire in altra occasione, in persona Christi «vuol dire di più che “a nome”, oppure “nelle veci” di Cristo. In persona: cioè nella specifica, sacramentale identificazione col sommo ed eterno Sacerdote, che è l'autore e il principale soggetto di questo suo proprio sacrificio, nel quale in verità non può essere sostituito da nessuno». (Dominicae Cenae, 24 febbraio 1980, 8: AAS 72, 128-129; EE, 29).

“Per il carattere stesso della comunione ecclesiale e del rapporto che con essa ha il sacramento dell'Eucaristia, va ricordato che «il Sacrificio eucaristico, pur celebrandosi sempre in una particolare comunità, non è mai celebrazione di quella sola comunità: essa, infatti, ricevendo la presenza eucaristica del Signore, riceve l'intero dono della salvezza e si manifesta così, pur nella sua perdurante particolarità visibile, come immagine e vera presenza della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica». (Communionis notio, 28 maggio 1992, 11: AAS 85 (1993), 844; EE, 39).

“Se la logica del «convito» ispira familiarità, la Chiesa non ha mai ceduto alla tentazione di banalizzare questa dimestichezza» col suo Sposo dimenticando che Egli è anche il suo Signore e che il «convito» resta pur sempre un convito sacrificale, segnato dal sangue versato sul Golgota. Il Convito eucaristico è davvero convito «sacro», in cui la semplicità dei segni nasconde l'abisso della santità di Dio: «O Sacrum convivium, in quo Christus sumitur!»” (EE, 48).

“Maria fece sua, con tutta la vita accanto a Cristo, e non soltanto sul Calvario, la dimensione sacrificale dell'Eucaristia” (EE, 56).

“Nel «memoriale» del Calvario è presente tutto ciò che Cristo ha compiuto nella sua passione e nella sua morte“ (EE, 57).

“Nell'Eucaristia la Chiesa si unisce pienamente a Cristo e al suo sacrificio, facendo suo lo spirito di Maria. È verità che si può approfondire rileggendo il Magnificat in prospettiva eucaristica. L'Eucaristia, infatti, come il cantico di Maria, è innanzitutto lode e rendimento di grazie. Quando Maria esclama «L'anima mia magnifica il Signore e il mio Spirito esulta in Dio mio salvatore», ella portain grembo Gesù. Loda il Padre «per» Gesù, ma lo loda anche «in» Gesù e «con» Gesù. È precisamente questo il vero «atteggiamento eucaristico»” (EE, 58).

“Il Mistero eucaristico – sacrificio, presenza, banchetto – non consente riduzioni né strumentalizzazioni; va vissuto nella sua integrità, sia nell'evento celebrativo, sia nell'intimo colloquio con Gesù appena ricevuto nella comunione, sia nel momento orante dell'adorazione eucaristica fuori della Messa” (EE, 61).

Non poteva il Santo Padre presentarci il mistero eucaristico con parole più chiare!

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