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L'Europa col silenziatore incerta e timida con l'Islam.
Franco Frattini, Avvenire 29 settembre 2006

Di fronte alle folle minacciose delle capitali islamiche l’Europa è apparsa incerta e timida. È giunto il momento di preparare una risposta della ragione, capace di convincere ed unire, ma anche di svegliare. Più che per le vignette islamiche, le manifestazioni (e le violenze) hanno imposto ai media una precisa agenda delle notizie e indicato a noi un ordine del discorso, il confine tra ciò di cui possiamo parlare e ciò di cui dovremmo assolutamente tacere. Ogni messaggio che tocchi ora l’identità religiosa islamica viene riscritto – come nel caso di Benedetto XVI a Ratisbona – in funzione di una campagna aggressiva, di promozione dell’identità, quasi a far superare il pregiudizio negativo della violenza alle maggioranze che ancora la rifiutano. La presunta "blasfemia occidentale" fornisce una nuova piattaforma del consenso di piazza e nuovi proseliti per l’esercito delle bombe umane. 

Ma se il discrimine tra bene e male è l’appartenenza, un’appartenenza che la nascita determina, ritroviamo un percorso che l’Europa ben conosce, e che si chiama totalitarismo. E se il nuovo collante religioso, oltre a legittimare la violenza, trova nella disuguaglianza economica le vecchie ragioni che animavano il conflitto ideologico tra capitalismo e sottosviluppo, l’Europa è sotto scacco con il suo senso di colpa. Ma di quale Europa parliamo? Quella delle differenze e delle diversità è assai lontana dal miracolo degli Stati Uniti, costato una guerra civile e decenni di lacrime e di sangue. 

Da noi l’integrazione è in crisi. L’Europa dei diritti e delle libertà spesso è stata a guardare, al di fuori di sé, diritti negati o violati. Scontiamo quello che gli studiosi non religiosi del nostro tempo definiscono come il deficit motivazionale dei nostri Stati di diritto. E però abbiamo respinto con fastidio, e poi rimosso, il tema delle radici cristiane, senza accorgerci che il mondo del dopo 11 settembre non è, definitivamente, come la Ragione illuminista lo aveva immaginato, con alle sp alle ormai il "pregiudizio religioso". 

Dobbiamo, invece, saper guardare alle religioni come a spazi privilegiati di importanti esperienze individuali e collettive di cui è difficile fare a meno (e neanche forse augurabile, se pensiamo alla storia politica del Novecento). L’Europa ha fin qui scelto, più che il silenzio, il silenziatore della religiosità salvo la tiepida difesa dall’antisemitismo o più recentemente dall’islamofobia. E continua ad essere arido e vuoto il nostro cuore proprio mentre Benedetto XVI apre al rapporto tra religione e ragione ("non religione e violenza, ma religione e ragione vanno insieme") o afferma il tema della libertà religiosa e dello statuto politico della religione nella società. Il tema delle radici cristiane rappresenta oggi una triplice sfida: della nostra identità europea; di un universo religioso che ritorna; di un cristianesimo che – nel porre il tema della libertà come via del dialogo – è parte del nostro futuro.

  1. L’Europa sarà a partire dalla sua identità. Un’identità mobile attenta alle radici e capace di distinguere l’universalità del senso dagli errori della storia. Non possiamo ignorare il debito che i valori della modernità hanno nei confronti della tradizione ebraico-cristiana; né ignorare i limiti della filosofia nel sostituirsi del tutto e senza residui alla religione. Non possiamo ignorare che i principi dell’uguaglianza, della separazione tra sfera di governo e sfera religiosa, della tolleranza religiosa e delle libertà nascono nei testi, nelle divisioni e nei conflitti di un percorso cristiano della nostra Europa. Fino al "magistero dei diritti" che Papa Wojtyla ha saputo interpretare. Il processo di unificazione europea ci mette di fronte ai nuovi dilemmi della nostra identità e dunque al bisogno di un nucleo condiviso: per costruire in modo aperto questa nuova comunità sovrannazionale, civile e politica, che si chiama Europa.

  2. Siamo nel pieno di una rinascita delle identità religiose e dell’esperienza r eligiosa. Ci sono infatti in Europa milioni di credenti sinceri, praticanti, ortodossi; rappresentano un fattore comunque costitutivo del pluralismo morale delle nostre società. Sono parte di noi, vogliono vivere con noi, siamo noi: per affermare il rapporto tra religione e libertà, il rifiuto di qualsiasi legame tra religione e violenza. E la novità di Papa Ratzinger è rappresentata dal sostegno a una civiltà in cui si riconosca il valore della libertà e quindi la differenza tra sacro e razionale.

  3. E ora la terza sfida: il cristianesimo non come nostalgia di un passato, ma pensiero vivente che intende aiutare la pace garantendo la libertà. In primo luogo quella religiosa

E questa affermazione da un lato offre una ricomposizione della frattura con il mondo laico; dall’altro aiuta il futuro d’Europa, di una constituency europea che chiede alle religioni di definire il loro rapporto con la libertà e con la ragione. Non a caso la mozione approvata due giorni fa dal Parlamento Europeo saluta il programmato viaggio in Turchia del Papa «come contributo al dialogo interreligioso e interculturale».

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