Cattolici, protestanti, ebrei e musulmani in Francia

Fenomeni diversi e d'importanza diseguale disegnano i nuovi equilibri. È un'esperienza che può essere utile per il nostro futuro?
 15 province ecclesiastiche cattoliche

 Ebrei e protestanti sulla legge di separazione

 Verso un Consiglio francese del culto musulmano
 Laicità diritto e cultura
 

Un movimento lento, non propriamente coordinato, ma sintonico attraversa le confessioni e le religioni francesi. Una sorta di deriva dei continenti che trasforma poco alla volta il rapporto di ciascuna di esse con lo stato e viceversa. Fenomeni diversi e d'importanza diseguale disegnano i nuovi equilibri. Se ne possono recensire tre: 

  1. la nuova mappa delle province ecclesiastiche per quanto concerne la Chiesa cattolica,

  2. le richieste di aggiornamento della legge sulla separazione dello stato dai culti (1905) da parte della Federazione protestante di Francia,

  3. la firma di un protocollo di accordo fra le organizzazioni islamiche per la creazione di un Consiglio francese del culto musulmano.



15 province ecclesiastiche cattoliche                 
torna su

Il nuovo disegno delle province ecclesiastiche francesi non ha un rapporto diretto con lo stato, ma esprime tuttavia una diversa consapevolezza del radicamento territoriale. Dall'inizio del Novecento funzionavano 17 province ecclesiastiche. Con il 1961 le 96 diocesi francesi vennero raggruppate in 9 regioni apostoliche. L'eccessiva ampiezza territoriale e l'elevato numero dei vescovi hanno suggerito nel 1999 al card. Billé, allora arcivescovo di Lione e presidente della Conferenza episcopale (morto due anni dopo), di chiedere una nuova mappa dei raggruppamenti intermedi fra Conferenza e singole diocesi. L'8 dicembre scorso (2002 ndr) la Congregazione per i vescovi ha comunicato la ristrutturazione delle nuove province ecclesiastiche. Sono 15 e, nella maggioranza dei casi, rispettano le divisioni amministrative e territoriali dello stato (22), cumulando solo i territori in cui la popolazione sarebbe stata troppo ridotta o quando altri motivi suggerivano un accorpamento di maggiore consistenza.

Le ragioni apportate per la modifica sono sostanzialmente tre. Anzitutto una più diretta comunicazione e un più facile ritrovo fra i vescovi della medesima amministrazione territoriale. In secondo luogo un più agevole sviluppo di attività comuni relativamente alla formazione dei laici, dei catechisti e dei diaconi permanenti, con l'occhio rivolto anche alla possibilità di concili provinciali. In terzo luogo una maggiore immediatezza di rapporto con le istituzioni amministrative e i poteri locali, oltre che una omogeneità maggiore dei problemi sociali e culturali.

Non sono mancate resistenze e critiche. La nuova mappa richiederà una ridefinizione di molti strumenti della Conferenza episcopale che nascevano dalla precedenti regioni apostoliche. Inoltre il venire meno delle forze potrebbe impoverire le nuove strutture che possono contare su un minor numero di diocesi. Infine, mentre i presidenti delle regioni apostoliche venivano eletti dai vescovi i futuri animatori delle province saranno i vescovi delle sedi arcivescovili, nominati direttamente da Roma.

Il nuovo legame col territorio si affianca al nuovo legame con lo stato e le amministrazioni centrali. Il 12 febbraio 2002 si è infatti avviata per la prima volta una consultazione regolare fra vertici episcopali e politici (cf. Regno-att. 6,2002,172). Da parte della Chiesa cattolica non si persegue infatti una modifica significativa della legge del 1905, nonostante alcune voci autorevoli ne chiedano parziali miglioramenti. Si ritiene più efficace una forma diretta e sistematica di consultazione sui problemi che via via si presentano, in vista dia una loro pratica soluzione, fermo restando il quadro legislativo sulla laicità dello stato.



Ebrei e protestanti sulla legge di separazione                
torna su

La prudenza della Chiesa cattolica è condivisa dall'ebraismo francese. Il documento che il gran rabbino Jospeh Sitruk ha inviato al governo in ordine alla legge del 1905 chiede solo un'applicazione più efficace e più rispondente all'attuale realtà.
La domanda di modifiche è invece esplicita per la Federazione protestante di Francia, che rappresenta tuttavia le Chiese più gelose e più convinte della laicità della tradizione francese. La Federazione raccoglie 16 Chiese e una sessantina di istituzioni e movimenti protestanti, con circa 1.200 parrocchie e 750.000 membri. Le richieste riguardano tre punti rilevanti: le associazioni culturali, lo status del personale ecclesiale e una rappresentanza comune delle fedi e confessioni rispetto allo stato.
Per capire le prime due richieste è necessario rifarsi al contesto della legge del 1905. Essa fissava tra i riferimenti maggiori: la libertà individuale di coscienza, la libertà collettiva di esercizio del culto, l'uguaglianza e la non discriminazione fra le religioni, la separazione e l'autonomia dello stato e delle Chiese. Nel 1901 una legge permetteva la libertà di associazione, senza necessità di avvalli amministrativi. Nella legge del 1905 si prevedeva che le Chiese potessero entrare in possesso degli edifici di culto, precedentemente sequestrati, attraverso le cosiddette associazioni culturali locali, riconosciute dall'amministrazione pubblica, con una serie di facilitazioni di tipo fiscale ma con il fine esclusivo dell'esercizio del culto.

La Chiesa cattolica rifiutò di servirsi delle associazioni culturali: gli edifici rimasero quindi dello stato, compreso l'onere del mantenimento. Solo alcuni anni dopo, quando l'amministrazione convenne con associazioni di tipo diocesano, cioè più coerenti con la struttura gerarchica, la Chiesa cattolica acconsentì alle associazioni culturali (senza però richiedere più la proprietà degli immobili). Nei decenni successivi lo stato si fece carico anche del mantenimento del clero e di una specifica forma pensionistica.

Le Chiese protestanti accettarono subito le indicazioni della legge del 1905: avviarono le associazioni culturali, ripresero la proprietà degli edifici, si fecero carico del mantenimento dei pastori. Le richieste attuali di modifica della legge tendono anzitutto a dare maggiore libertà alle associazioni culturali, non legandole esclusivamente ai compiti di culto, ma anche a compiti culturali o di assistenza, mantenendo tuttavia le facilitazioni fiscali. In secondo luogo a parificare il rapporto rispetto agli edifici di culto: siano tutti dello stato, con il conseguente onere di mantenimento. La questione del mantenimento dei pastori è diventata più difficile per le più recenti leggi fiscali dove, ad esempio, si computa come tassabile il reddito degli stabili abitati dai pastori (e di proprietà delle Chiese), ampliando la tassazione in maniera non più sopportabile dalle comunità. Anche in questo caso di propone di equiparare il personale del culto di tutte le Chiese e religioni. La proposta, infine, di un'unica e comune rappresentanza rispetto allo stato per tutte le Chiese e le religioni, un Comitato nazionale consultivo dei culti e della laicità, avrebbe il compito di fare da interfaccia fra gli organi dello stato e i temi e le esigenze comuni ai credenti nell'esercizio della libertà di religione.

Verso un Consiglio francese del culto musulmano        torna su

La novità maggiore riguarda l'intesa raggiunta fra il ministro degli Interni, Nicolas Sarkozy, e i maggiori esponenti delle associazioni islamiche in Francia per la formazione di una istanza rappresentativa unitaria, il Consiglio francese del culto musulmano (20 dicembre 2002). Il cammino è cominciato nel 1999. Nel 2001 è stato firmato un accordo quadro sulle elezioni auspicate. Dopo gli attentati terroristici alle Torri gemelle di New York (11 settembre 2001) vi è stata un'accelerazione del processo, che però, per la persistente conflittualità interna, arriva solo oggi a una tappa significativa (cf. Regno-att. 4,1995,105; 2,1999,26; 4,2000,119; 20,2001,703). Rappresentative unitarie a livello nazionale sono operative in Spagna, Belgio e Gran Bretagna.

I musulmani in Francia sono circa 4.155.000. Provenienti dal Maghreb sono 2.900.000 (1.550.000 algerini; 1.000.000 marocchini; 350.000 tunisini), 100.000 vengono dai paesi arabi, 350.000 dalla Turchia, 250.000 dall'Africa nera, 350.000 clandestini, 100.000 dall'Asia, 100.000 da altre nazioni, 40.000 i convertiti. Rappresentano il 7% della popolazione. Circa un terzo ha la cittadinanza francese. Possono contare su 1500 luoghi di culto e altrettanti imam. La loro presenza inizia a essere vistosa e la volontà d'integrazione si coniuga con quella identitaria. A livello giovanile, nella terza o quarta generazione, si registrano significative adesioni ad associazioni musulmane, anche se la pratica religiosa è assai relativa, con un tendenziale superamento delle appartenenze prevalentemente nazionali.

Le materie che richiedono una regolamentazione sono numerose. Dalla necessità di luoghi di culto, alla scelta e formazione di imam francofoni (solo 4% hanno cittadinanza francese), dai rapporti con le nazioni di provenienza (subalternità politiche, finanziamenti non controllati ecc.) alla necessità di un'informazione adeguata e rispettosa per tutta la popolazione.

Gli elementi più vistosi riguardano il culto, l'alimentazione e la scuola. Oltre alle questioni delle moschee e delle sale di preghiera vi è il problema dei riti dei morti (la tradizione musulmana prevede un rituale per la preparazione del cadavere, rifiuta la bara e chiede che il defunto venga sepolto di lato, rivolto alla Mecca, e non sia più esumabile). La questione alimentare: la tradizione musulmana prevede una forma specifica di macellazione della carne (non di maiale), un grande uso di ovini in occasione della festa rituale di Aid el Kebir (con il conseguente problema di macellazione e di garanzia alimentare) e una distribuzione al dettaglio sul territorio nazionale. Nella scuola le sfide si moltiplicano: dalle mense scolastiche sollecitate al rispetto delle norme alimentari musulmane, al vestito (la nota questione del velo islamico per le ragazze), ai rapporti delle famiglie coi professori (difficile con le professoresse), all'abbigliamento durante l'ora di ginnastica, al rispetto dei tempi di festa ecc.

La volontà delle istituzioni di arrivare a una rappresentativa unitaria si è mossa tendendo conto della tradizionale preminenza di alcuni gruppi musulmani nazionali (la grande moschea di Parigi che fa riferimento all'Algeria e la Federazione nazionale dei musulmani di Francia alimentata soprattutto dai marocchini) e della crescita di nuove associazioni (la maggiore è rappresentata dall'Unione delle organizzazioni islamiche di Francia, vicina di Fratelli musulmani dell'Egitto, e fortemente pervasiva nella società con oltre 200 associazioni di vario tipo). Inoltre si è perseguito il fine di impedire che i singoli spezzoni potessero prendere l'egemonia del Consiglio. A questo fine il processo elettorale è stato variamente corretto con esperti (esempio, le donne) e personaggi autorevoli.

Il corpo elettorale è l'insieme della popolazione musulmana. La sua rappresentanza è fatta sulla base dei luoghi di culto e della loro metratura. Le elezioni daranno origine all'assemblea generale composta di 202 membri. L'assemblea, a sua volta, eleggerà il Consiglio di amministrazione di 63 membri e questo indicherà il presidente, il segretario generale e le altre cariche maggiori. Il protocollo approvato comprende implicitamente i nomi per tutte le cariche maggiori. Il futuro presidente sarà, ad esempio, il rettore della moschea di Parigi, Dalil Bourbakeur. I due vicepresidenti saranno Fouad Aloui (Unione organizzazioni islamiche di Francia) e Mohamed Béchari (Federazione nazionale dei musulmani di Francia), e così via. L'allargamento dell'Ufficio di presidenza a 16 persone è stato imposto per dare una rappresentanza a tutti.

Laicità, diritto e cultura                              torna su

Il risultato ha ottenuto molti apprezzamenti, ma anche critiche dure. Le organizzazioni giovanili islamiche hanno contestato l'eccessivo numero di cooptati nelle diverse assemblee e la predeterminazione dei risultati elettorali. Il presidente della Federazione protestante di Francia, Jean-Arnold de Clermont, ha stigmatizzato l'eccessivo entrismo dell'apparto statale nella faccenda, fino a configurarsi come un vulnus alla tradizione di laicità. Non si sa ancora quando saranno le elezioni. Si fanno due date come ipotesi: marzo o giugno. Ma tutto dipenderà dalla possibile guerra del Golfo, che potrebbe modificare il quadro e esigere nuove proroghe. Proprio per evitare una crescente islamofobia, per il ministro dell'interno la data più opportuna sarebbe aprile.

Dall'insieme esce rafforzata la scelta della laicità statuale, nonostante elementi di critica e domande di modifica. Appare inoltre evidente la vivacità delle fedi e delle confessioni cristiane. La religione non è affatto scomparsa dal tessuto civile. Rimane sullo sfondo l'intelligenza spirituale e umanistica che in molti settori della cultura nazionale si mantiene vigorosa (cf. Regno-att. 14,2002,436; 438) sia sul versante educativo che di ricerca. Le fedi se ne giovano, senza tuttavia interloquire in maniera creativa e diretta.

_______________
[Fonte: Il Regno 2/2003]

| home | | inizio pagina |