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Intervista a Monsignor Joseph Kramer, il sacerdote chiamato alla guida della prima Chiesa tradizionalista d’Italia e d’Europa: “Il Motu Proprio di Benedetto XVI un atto di giustizia e libertà”.
 

Padre Kramer
S. Gregorio dei Muratori 19.07.07

Con l’istituzione della cinquecentesca Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini in Roma a prima Parrocchia d’Italia e d’Europa in cui sia possibile assistere solo ed esclusivamente alla Messa celebrata con il rito tridentino di San Pio V, il 56enne Monsignor Josef Kramer, cui è stata affidata la guida pastorale del noto complesso religioso, si è assunto l’onere, e l’onore, di far riscoprire la luminosa e gloriosa liturgia pre-conciliare nella Capitale della cristianità. Un compito avvincente, sicuramente impegnativo, affidatogli dal Vicariato alla luce del Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI.

Monsignor Kramer, qual è il Suo programma?
Intanto di celebrare degnamente la Santa Messa; poi, di far diventare la Parrocchia un punto di riferimento per i fedeli tradizionalisti. Voglio una Chiesa disponibile e aperta 24 ore su 24, corsi di direzione spirituale, aggiornamenti per sacerdoti che vogliano apprendere la celebrazione della Messa secondo il rito antico, corsi di catechismo. Ecco, punto a creare una Parrocchia viva.

Le porte, dunque, sono aperte anche a quei presbiteri che non conoscono il messale di San Pio V ma vogliono imparare…
Chiunque voglia imparare e collaborare è il benvenuto: la barca di Pietro non esclude mai nessuno.

A Suo avviso, quale messaggio ha voluto trasmettere il Santo Padre con il Motu Proprio “Summorum Pontificum”?
Il Papa ha voluto rivalutare un gioiello che mai era stato messo al bando. Personalmente, ritengo sia stato un atto di giustizia e libertà. E con la stessa convinzione considero sbagliate le critiche, sia interne che esterne alla Chiesa, al Motu Proprio. Il Pontefice ha lanciato in segno di unità, non di divisione; ha porto la mano ai tradizionalisti senza nulla togliere agli altri. Altro che Chiesa parallela, come temeva qualcuno...

Monsignore, comunque non c’è che dire, il rito tridentino ha un fascino tutto particolare: il sacerdote di spalle ai fedeli e l’intera assemblea rivolta verso la Croce, la Comunione in ginocchio, le orazioni in latino…
È vero. Si tratta di un messale bellissimo, un tesoro che grazie alla lungimiranza del Papa ora ritrova forza e spazio nella Chiesa.

Anche Lei pensa che ci siano stati troppi abusi con il “Novus Ordo”?
Non voglio alimentare polemiche. Mi limito ad osservare che la liturgia dev’essere bellezza e non spettacolo; che essa è la contemplazione del Mistero di Cristo e non proprietà del celebrante. Tuttavia, è inutile nascondere che anche con il rito tridentino, in passato, ci siano stati degli abusi. Secondo me, il problema non è come si celebra, ma con quale animo il sacerdote si accosta all’altare.

Fatto sta che dopo il Concilio Vaticano II, in omaggio al criterio della creatività liturgica, si sono verificati abusi e stravaganze di ogni tipo…
Non lo scopriamo oggi, lo ha scritto lo stesso Papa Benedetto XVI nell’introduzione al Motu Proprio. Nel mio piccolo, resto convinto che la Messa non sia un passatempo e vada celebrata sempre con decoro, possibilmente da sacerdoti preparati.

Monsignor Kramer, Lei è australiano: senza nulla togliere alla Sua preparazione e alle Sue capacità, come mai il Vicariato di Roma ha scelto per la prima parrocchia tradizionalista un sacerdote straniero? I presbiteri italiani sono impreparati?
Anche io mi sono meravigliato. Per rispondere alla sua domanda, credo che la scelta sia ricaduta su di me perché i sacerdoti, in particolare quelli giovani, non importa se italiani o stranieri, non conoscono bene il latino e la liturgia del rito tridentino. Ora, se vogliono imparare, la mia Parrocchia è a loro completa disposizione.

Cosa aggiungere?
Introibo ad altare Dei.


[Fonte: Petrus 7 giugno 2008]

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