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I rappresentanti dei musulmani in Italia approvano con un’ampia maggioranza un testo contro il fondamentalismo
Magdi Allam, sul Corriere della Sera 8 marzo 2006

Consulta islamica, vincono i moderati
Passa il documento che riconosce i diritti di Israele, sconfitta per l’Ucoii, il cui documento tuttavia "fa accapponare la pelle"

Gli italiani possono sentirsi rassicurati dal fatto che il 70% dei membri della «Consulta per l'islam italiano» condannano il terrorismo, chiedono ai Paesi musulmani di rispettare la libertà religiosa, denunciano ogni predicazione contro cristiani, ebrei e occidentali, sostengono il diritto di Israele a convivere al fianco di uno Stato palestinese, sono contrari a una «identità islamica» separata e conflittuale con la «comune identità nazionale italiana», si pronunciano contro ogni discriminazione nei confronti della donna.
Ma al tempo stesso non possono non essere preoccupati dal fatto che un membro di spicco della Consulta, il presidente dell’Ucoii (Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia) Nour Dachan, miri invece ad affermare una entità islamica all’interno dello Stato italiano, chiedendo un censimento dei musulmani, la censura dei testi scolastici, le scuole private islamiche, la celebrazione delle feste islamiche nelle scuole, la pausa per la preghiera del venerdì nei luoghi di lavoro, le banche e i mutui islamici, l’erogazione dell’8 per mille ai musulmani e perfino un «bollino verde» per i cibi islamicamente corretti. Di tutto ciò non vi è traccia nel comunicato del Viminale sulla seconda riunione della Consulta protrattasi per circa tre ore e mezzo ieri mattina.

Il ministro Pisanu ha gradito i biscotti ai semi di sesamo preparati dalla signora Dachan e offerti con magnanimità ai partecipanti, ma il fatto centrale dell’incontro è stato un altro: la sfida vittoriosa lanciata da una maggioranza di musulmani moderati e laici alla strategia dell’Ucoii tesa a imporsi come rappresentante egemone dei musulmani in virtù del controllo di un buon numero di moschee. Ebbene il documento dei moderati, un vero e proprio «Manifesto dell’islam d’Italia», è stato sottoscritto da 11 dei 16 membri della Consulta, uno si è astenuto, due gli assenti e due i contrari. Tra loro spicca Dachan che si è risentito e irritato per l’isolamento e la sconfitta subita.

Il Manifesto è un evento rilevante nel processo di formazione dell’islam italiano. La denuncia del terrorismo è netta: «Rigettiamo ogni forma di estremismo, fondamentalismo, violenza e discriminazione. Rifiutiamo il terrorismo quale strumento di lotta nel nome della religione o di una ideologia politica». E ancora: «Crediamo nella necessità di debellare la radice ideologica dell’odio che, strumentalizzando arbitrariamente l’islam, ha finito per legittimare e diffondere il terrorismo nichilista e barbaro». Infine: «Siamo contrari a ogni forma di proselitismo e predicazione che fomentino l’odio contro i cristiani, gli ebrei e gli occidentali, che rifiutino l’integrazione dei musulmani in seno alla società italiana». Rilevante è il punto in cui si afferma «la libertà di coscienza e religiosa come valore universale fondante la convivenza in una società laica e pluralista. Tale libertà dovrebbe essere pienamente attuata e tutelata in ogni Paese musulmano». E laddove si ribadisce «il diritto di Israele a convivere al fianco di uno Stato palestinese indipendente nella pace e nella sicurezza reciproca».

Così come si chiede «la piena trasparenza nella gestione finanziaria delle moschee» e «che i sermoni tenuti nelle moschee siano in lingua italiana». Se la lettura del Manifesto concilia lo spirito, viceversa il passaggio al documento dell’Ucoii, che è stato letto da Dachan, fa accapponare la pelle. Pensate che si pretende che lo Stato proceda a «sottoporre un questionario agli ospedali, alle carceri, alle scuole, alle mense di lavoro, dove si chiede se il soggetto è di religione islamica». Un censimento che un’auto-eletta autorità vorrebbe per conoscere il numero degli aderenti a una immaginaria «entità islamica d’Italia».

Che secondo l’Ucoii deve riscuotere l’8 per mille delle tasse dei cittadini, deve avere le banche e i mutui islamici, le scuole islamiche. Così come esige che i testi scolastici italiani siano depurati dalle «notizie palesemente false sull’islam», che nelle scuole italiane si impartisca l’ora di religione islamica e che gli studenti musulmani possano riposare nelle festività islamiche. Nei posti di lavoro si deve concedere una pausa per la preghiera quotidiana e soprattutto per quella collettiva del venerdì. La chicca è la richiesta di un «bollino verde» che attesti che «le merendine e i cibi confezionati» siano islamicamente corretti. Ma non è tutto. L’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche si è spinta fino a dare lezioni di politica a Pisanu.

In una lettera in cui si denunciano le violenze di Sassuolo e del Centro di permanenza temporanea di Lampedusa, nonché le «torture subite in terra italiana dall’imam Abu Omar», Dachan scrive: «La prego, sig. Ministro, di volersi esprimere con decisione e franchezza in proposito per dare un segno chiaro delle intenzioni del Governo a fronte di comportamenti di forze presenti nella sua stessa maggioranza che irresponsabilmente minano una civile, seppur non sempre facile convivenza». Caro Pisanu, lei è liberissimo di scegliersi i consulenti che vuole. Ma io non mi sentirei tranquillo a stringere accordi con uno che come Dachan dice: «Fino a quando saremo nel dialogo», episodi di violenza come quelli di Bengasi, in Italia «non potranno assolutamente succedere». Con il sottinteso che se le autorità italiane mollassero l’Ucoii, loro non controllerebbero più il terrorismo che transita nelle moschee. A me puzza di ricatto e mi preoccuperei subito di bonificare le moschee. Ma probabilmente in campagna elettorale si preferisce turarsi il naso.

   
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