| «Messa in latino: nella 
		fantasia, e nella realtà»Maurizio Blondet, su Effedieffe 23 luglio 2008
 
        La realtà supera sempre la fantasia, nel nuovo mondo 
		clericale. E' in Francia sopratutto...  
 
            
              
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                | Codex Sinaiticus - IV Secolo |  Mary Higgins Clark, nata a New York 
		(nel 1927) da famiglia irlandese, è la fortunata autrice di 24 
		romanzi-thriller, tutti divenuti best-seller; uno dei suoi libri («Where 
		are the children?»), è alla settantacinquesima edizione.
 Il suo ultimo romanzo, uscito quest’anno, «Where are you now?» (Dove sei 
		adesso?), contiene un passo significativo: «... Da quando Papa 
		Benedetto XVI aveva dichiarato che ogni parroco poteva celebrare la 
		Messa in latino, padre Devon aveva annunciato che da ora in poi la Messa 
		domenicale delle 11 sarebbe state celebrata in questa lingua 
		tradizionale della Chiesa, che lui parlava correntemente. La reazione 
		dei parrocchiani lo stupì. La chiesa si riempiva da scoppiare a quell’ora, 
		non solo di anziani ma di adolescenti e giovani adulti che rispondevano 
		con ardore Deo gratias anzichè “Sia ringraziato il Signore”, e 
		recitavano il Pater Noster anzichè il Padre Nostro» 
		(1).
 
 Questo avviene nel mondo della fantasia, o se preferite, della fiction. 
		Nella realtà, ecco cosa si legge nell’editoriale postato sul sito della 
		diocesi francese di Arras, a firma dell’abate Emile Hennart: «... Nel 
		campo religioso, si potrà sottolineare l’apertura del dialogo con 
		l’Islam intrapresa da Papa Benedetto XVI o l’avvicinamento alla Cina. Si 
		potrà per contro spiacersi per i favori accordati ad una liturgia 
		ereditata dal Medio Evo, che sembra ignorare la pratica dei primi secoli 
		della Chiesa, quella dei Padri in special modo».
 
 Che dire? Come sempre, la realtà supera la fantasia. Di molte lunghezze. 
		La diocesi di Arras crede che la Messa in latino venga dal Medio Evo, 
		mentre se mai viene dalla Controriforma (parliamo del 1600, non del 
		1200); e conferma che la volontà dei «progressisti» nella liturgia è in 
		realtà una sete (archeologica?) di arcaismo: fa riferimento a più o meno 
		fantasiose «pratiche dei primi secoli», specificamente «dei Padri della 
		Chiesa». Quasi che il banale «scambiatevi un segno di pace» (a cui 
		seguono grandi strette di mano) fosse una pratica dei primi cristiani.
 
 Forse, a forza di arcaicismi, i progressisti vogliono arrivare ad una 
		congetturale o fantomatica messa in ebraico; lo suggerisce l’enorme 
		spazio dato alla Torah, a «Israele» e ai Salmi nella liturgia 
		post-conciliare.
 
 Ma chi volesse appurare di prima mano come la pensassero i Padri della 
		Chiesa, e cosa praticavano i cristiani «dei primi secoli», potrà adesso 
		vedere su internet il Codex Sinaiticus. Lo ha messo in linea la 
		biblioteca universitaria di Lipsia, con l’intento di unire ed offrire 
		alla lettura degli specialisti e dei colti l’intero Codex, che è 
		disperso in mezzo mondo: 43 pagine sono appunto a Lipsia, 67 alla 
		British Library, altre sono a San Pietroburgo e a Santa Caterina del 
		Sinai. Per ora, sono in linea oltre 100 pagine; entro il 2009, l’intera 
		opera dovrebbe essere consultabile.
 
 Sui media che si sono dati la pena di dare la notizia, questa è chiamata 
		«la più antica Bibbia del mondo». In realtà è una delle due più antiche, 
		insieme al Codex Vaticanum, che è integralmente conservato in Vaticano. 
		Si tratta di due codici della metà del quarto secolo. Forse due delle 50 
		copie della Bibbia che Eusebio di Cesarea mandò all’imperatore 
		Costantino da poco passato alla fede in Cristo.
 
 Eusebio, vescovo palestinese, nacque nel 264 e morì verso il 340; 
		Costantino abbracciò pubblicamente il cristianesimo nel 313 (Editto di 
		Milano). Dovrebbe essere dunque una «arcaicità» soddisfacente per i 
		progressisti ansiosi di recuperare le pratiche della prima Chiesa, 
		supposta giudaizzante.
 
 Ebbene: anzitutto, si può constatare che il codex è scritto in greco 
		(caratteri unciali) e non in ebraico; com’è ovvio, dato che già un paio 
		di secoli prima di Cristo gli stessi ebrei di Alessandria - la più 
		grande comunità, più numerosa di quella palestinese - leggevano la 
		Bibbia in greco, non comprendendo più l’ebraico. Solo un paio di secoli 
		«dopo» Cristo, in odio alla Chiesa, abbandonarono la loro Bibbia greca 
		dei Settanta (era il testo che avevano in comune con i cristiani, ed 
		identificava troppo bene il Messia) per ricostruirsi una Torah fatta 
		incollando vari testi ebraico-aramaici (i testi masoretici).
 
 Fatto ancor più significativo: il Codex Sinaiticus contiene tutto il 
		Nuovo Testamento, ma solo un estratto dell’Antico Testamento. Ognuno ne 
		tragga le conclusioni che vuole: ma a quanto sembra, Eusebio di Cesarea, 
		palestinese, pare essere stato tutt’altro che giudaizzante. Non sembra 
		che i primi cristiani fossero avidi di trarre ispirazione dal 
		Deuteronomio o dai Numeri e dal Levitico, ma solo dai passi che 
		nell’Antico Testamento annunciavano il Cristo. Vale la pena di ricordare 
		che la Chiesa pre-conciliare scoraggiava la lettura privata dell’Antico 
		Testamento ai fedeli non preparati.
 
 In ogni caso, il testo del Sinai, come quello Vaticano, dimostrano che 
		il canone delle Scritture era già perfettamente stabilito prima del 340 
		dopo Cristo. Nel Codex Sinaiticus, i libri dei Vangeli sono esattamente 
		nell’ordine che conosciamo oggi.
 Naturalmente, queste osservazioni non intaccheranno la fede giudaica dei 
		progressisti. Né le loro liturgie fanta-archeologiche. In cui peraltro 
		sono possibili inserzioni di tutt’altro genere: un lettore di un sito 
		cattolico francese (2) segnala 
		che nella sua chiesa, il giorno della festività dei Santi Pietro e 
		Paolo, il giovane sacerdote ha celebrato ostentando, sui paramenti, un 
		adesivo con il simbolo del Gay Pride (un’altra celebrazione che era in 
		corso a Parigi di quel giorno).
 
 In Francia, il laicismo al potere ha vietato «l’esibizione ostentatoria 
		dei segni di appartenenza religiosa», una norma contro il velo delle 
		musulmane (ma anche della kippà); ora, è chiaro che invece in chiesa si 
		può ostentare l’adesione ad una perversione, promossa ad «identità 
		sessuale».
 
 Si potrebbe chiedere a quale testo masoretico il prete francese si sia 
		ispirato per questa sua celebrazione liturgica della propria 
		omosessualità; sarebbe gradita la citazione originale in ebraico (o 
		aramaico, se del caso) che autorizza la finocchieria. Ci pare infatti 
		che questa «pratica» fosse punita da Mosè con pene atroci. Ma possiamo 
		sbagliare. La realtà supera sempre la fantasia, nel nuovo mondo 
		clericale.
 
 
 1) Padre Devon è uno dei 
		personaggi del romanzo; è zio del protagonista, il 21 enne Charles che, 
		dieci anni fa, ha lasciato il suo appartamento di Manhattan e gli studi 
		alla Columbia University, ed è sparito nel nulla. Salvo che ogni anno, 
		alla festa della mamma, chiama sua madre al telefono, la dice che sta 
		bene, e riattacca. Nemmeno la morte di suo padre nella strage dell’11 
		settembre lo fa tornare a casa. Sua sorella Carolyn, 26 anni, si mette 
		alla sua ricerca. Troverà le tracce di suo fratello ma anche quelle di 
		un serial killer che uccide giovani donne... Insomma un thriller alla 
		Mary Higgins Clark. Porterà a milioni di lettori la nostalgia per la 
		Messa di sempre.
 2) «Le blog d’Yves Daoudal», 
		http://yvesdaoudal.hautetfort.com/ luglio 2008.
 
 
		 Copyright © - Effedieffe 23 luglio 2008
 
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