Lunedì, 2 febbraio 2009
Cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, 
          							
Sono lieto di ricevervi questa mattina, mentre realizzate il vostro 
pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, segno eloquente della 
vostra comunione con il Successore di Pietro. Ringrazio il Presidente della 
vostra Conferenza episcopale, monsignor Luigi Padovese, Vicario Apostolico 
d'Anatolia, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome vostro. Attraverso 
la vostra presenza, sono anche le comunità dai molteplici volti a incontrare la 
Chiesa di Roma, mostrando così la loro unità profonda. Una volta tornati nel 
vostro paese, salutate affettuosamente a nome mio i sacerdoti, i religiosi e le 
religiose e tutti i fedeli delle vostre diocesi. Dite loro che il Papa, nel 
ricordo sempre presente nel suo cuore del suo
pellegrinaggio in Turchia, resta vicino 
a ognuno di essi, alle loro preoccupazioni e alle loro speranze. 
La vostra visita, che si svolge provvidenzialmente in questo anno dedicato a 
san Paolo, assume un'importanza particolare per voi che siete i Pastori della 
Chiesa cattolica in Turchia, terra in cui è nato l'Apostolo delle Genti e in cui 
ha fondato numerose comunità. Come ho dichiarato nella Basilica che accoglie la 
sua tomba, ho voluto indire questo anno paolino "per ascoltarlo e per apprendere 
ora da lui, quale nostro maestro, "la fede la verità", in cui sono radicate le 
ragioni dell'unità tra i discepoli di Cristo" (Omelia,
Basilica di San Paolo Fuori le Mura, 28 giugno 2008). So che 
nel vostro paese avete voluto dare un risalto particolare a questo anno 
giubilare e che molti pellegrini stanno visitando i luoghi cari alla tradizione 
cristiana. Auspico che l'accesso a questi luoghi significativi per la fede 
cristiana, come pure la celebrazione del culto, sia sempre più agevole per i 
pellegrini. Inoltre mi rallegro vivamente della dimensione ecumenica conferita 
all'anno paolino, mostrando così l'importanza di questa iniziativa per le altre 
Chiese e comunità cristiane. Possa questo anno permettere nuovi progressi lungo 
il cammino verso l'unità di tutti i cristiani! 
L'esistenza delle vostre Chiese locali, nella loro diversità, si situa nel 
prolungamento di una ricca storia contraddistinta dalla crescita delle prime 
comunità cristiane. Tanti nomi, così cari ai discepoli di Cristo, restano legati 
alla vostra terra, a partire da san Giovanni, sant'Ignazio di Loyola, san 
Policarpo di Smirne e tanti altri illustri Padri della Chiesa, senza dimenticare 
il concilio di Efeso in cui la Vergine Maria fu proclamata "Théotokos". Più di 
recente, Papa Benedetto XV e il beato
Giovanni XXIII hanno a loro volta 
segnato la vita della nazione e della Chiesa in Turchia.
Desidero anche ricordare tutti i cristiani, sacerdoti e laici, che hanno 
testimoniato la carità di Cristo, a volte fino al dono supremo della loro vita, 
come Padre Andrea Santoro. Che questa storia prestigiosa sia per le vostre 
comunità, delle quali conosco il vigore della fede e l'abnegazione nelle prove, 
non solo il ricordo di un passato glorioso, ma anche un incoraggiamento a 
proseguire generosamente lungo la via tracciata, testimoniando fra i loro 
fratelli l'amore di Dio per ogni uomo. 
Cari Fratelli, i Concili di Nicea e di Costantinopoli hanno dato al Credo la 
sua espressione definitiva. Che sia per voi e per i vostri fedeli un incitamento 
pressante ad approfondire la fede della Chiesa e a vivere, con sempre maggiore 
ardore, della speranza che ne scaturisce. Il popolo di Dio troverà in 
un'autentica comunione ecclesiale un sostegno efficace alla sua fede e alla sua 
speranza. Di fatto, "la Chiesa è una comunione organica, che si realizza nel 
coordinamento dei diversi carismi, ministeri e servizi, in ordine al 
conseguimento del fine comune che è la salvezza" (Pastores 
gregis, n. 44), e i vescovi sono i primi responsabili della 
realizzazione concreta di questa unità. La profonda comunione che deve regnare 
fra di essi, nella diversità dei riti, si esprime soprattutto attraverso una 
reale fraternità e una collaborazione reciproca che permettano loro di svolgere 
il proprio ministero in uno spirito collegiale e di rafforzare l'unità del Corpo 
di Cristo. 
Questa unità trova una fonte vitale nella Parola di Dio, di cui il recente 
Sinodo dei Vescovi ha rimesso in luce l'importanza nella vita e nella missione 
della Chiesa. Vi invito dunque a formare i fedeli delle vostre diocesi, affinché 
la Sacra Scrittura non sia una Parola del passato, ma illumini la loro esistenza 
e permetta loro di accedere veramente a Dio. In questo contesto, mi è gradito 
ricordare che la meditazione della Parola di Dio da parte del Patriarca 
ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, è stato un momento importante di 
questa Assemblea sinodale. 
Permettetemi anche di salutare i sacerdoti e i religiosi che collaborano con 
voi nell'annuncio del Vangelo. Provenendo in gran numero da altri paesi, il loro 
compito è spesso faticoso. Li incoraggio a essere sempre meglio inseriti nelle 
realtà delle vostre Chiese locali, al fine di poter dare a tutti i membri della 
comunità cattolica l'attenzione pastorale necessaria, senza dimenticare le 
persone più deboli e più isolate. L'esiguo numero di sacerdoti, spesso 
insufficiente per la vastità del lavoro, non può che spingervi a sviluppare una 
vigorosa pastorale delle vocazioni. 
La pastorale dei giovani è una delle vostre maggiori preoccupazioni. È in 
effetti importante che possano acquisire una formazione cristiana che li aiuti a 
consolidare la loro fede e a viverla in un contesto spesso difficile. 
Nella stessa prospettiva, la formazione dei laici deve anche permettere loro 
di assumere con competenza ed efficacia le responsabilità affidate loro in seno 
alla Chiesa. 
La comunità cristiana del vostro paese vive in una nazione retta da una 
Costituzione che afferma la laicità dello Stato, ma dove la maggior parte degli 
abitanti è musulmana. È dunque molto importante che cristiani e musulmani si 
possano impegnare insieme per l'uomo, per la vita, come pure per la pace e la 
giustizia. Inoltre, la distinzione fra la sfera civile e la sfera religiosa è 
certamente un valore che deve essere tutelato. Tuttavia, in questo ambito, 
spetta allo Stato assicurare in maniera effettiva ai cittadini e alle comunità 
religiose la libertà di culto e la libertà religiosa, rendendo inaccettabile 
qualsiasi violenza nei confronti dei credenti, qualunque sia la loro religione. 
In questo contesto, conosco il vostro desiderio e la vostra disponibilità a un 
dialogo sincero con le Autorità, al fine di trovare una soluzione ai diversi 
problemi che le vostre comunità devono affrontare, fra i quali il riconoscimento 
giuridico della Chiesa cattolica e dei suoi beni.
Un simile riconoscimento non può che avere conseguenze positive per tutti.
È auspicabile che si possano stabilire contatti permanenti, ad esempio 
tramite una Commissione bilaterale, per esaminare questioni ancora irrisolte.
Cari Fratelli, al termine del nostro incontro, desidero ripetervi le parole 
di speranza rivolte alle Chiese di Efeso e di Smirne nel libro dell'Apocalisse: 
"Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti... Non 
temere ciò che stai per soffrire... Sii fedele fino alla morte e ti darò la 
corona della vita" (Ap, 2, 3.10). Che l'intercessione di san Paolo e 
della Théotokos vi permetta di vivere questa speranza che viene da Cristo 
Risorto che è vivo in mezzo a noi! Di tutto cuore vi imparto un'affettuosa 
Benedizione apostolica, che estendo ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, 
e a tutti i fedeli delle vostre diocesi. 

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