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 I due cerchi (dalla Ecclesiam suam):  
Turchia, Benedetto XVI, Europa
 
                
                             
               
Mancano poco meno di tre settimane al viaggio apostolico di Benedetto XVI in 
Turchia. Una visita segnata da forti polemiche causate dalla distorta 
interpretazione del discorso del Papa a Ratisbona, il 12 settembre, e che hanno 
rischiato di far saltare questo viaggio che, dopo la pubblicazione del Rapporto 
della Commissione europea sui progressi della Turchia in vista di una futura 
adesione nell'Unione europea, assume anche una valenza politica. Nessuna 
sospensione dei negoziati ma un monito al Paese della mezzaluna perché rispetti 
gli impegni presi nel campo delle riforme interne, della politica estera 
(questione cipriota), del rispetto e della tutela delle libertà di espressione, 
di religione e delle minoranze. "La Turchia è pronta ad adempiere ai criteri 
richiesti dalla Ue sulle riforme democratiche", è stato il commento di Abdullah 
Gul al Rapporto che poi ha aggiunto: "siamo felici di accogliere il Papa e siamo 
contenti che visiti un Paese musulmano. Questa visita sarà un successo". A 
ribadire al SIR la natura pastorale del viaggio papale è il Nunzio apostolico in 
Turchia, mons. Antonio Lucibello. 
La visita del Pontefice aiuterà la Turchia a dare impulso al processo di 
avvicinamento all'Unione europea? 
"In relazione al viaggio apostolico di papa Benedetto XVI ci terrei a tenere 
separati e distinti gli aspetti politici da quelli pastorali. Sono questi ultimi 
che ci interessano maggiormente. Non vogliamo entrare in temi e discorsi che non 
sono di nostra immediata competenza, come lo stesso Benedetto XVI ha più volte 
ribadito anche nell'ultimo convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana a 
Verona". 
 
A cosa punterà il Papa in Turchia?  
"Il Papa viene ad esprimere la sua sollecitudine verso le due realtà 
religiose turche, la maggioranza islamica e la minoranza cristiana. Il dialogo 
ecumenico con la Chiesa ortodossa, nelle sue diverse espressioni, e quello 
interreligioso con i rappresentanti e i fedeli dell'Islam, rappresentano due 
delle grandi sfide e degli obiettivi che la Chiesa cattolica ha nel mondo e in 
Turchia in particolare. Paolo VI nell'enciclica "Ecclesiam suam" parla di Cristo 
al centro e poi tanti cerchi concentrici. Il primo cerchio è relativo al dialogo 
con i fratelli cristiani, il secondo a quello con i fedeli di altre religioni, 
musulmani in primis. Qui in Turchia la piccola comunità cristiana e cattolica è 
impegnata a portare avanti il dialogo".  
 
In questo senso quali frutti potrà portare questo viaggio? 
"Per il futuro tutto è in gioco e in mano alla libertà umana. Noi facciamo 
quello che sentiamo di dover fare. Il Papa lo dimostrerà chiaramente andando, 
lui stesso, ad incontrare il Gran Muftì Alì Bardokoglu, presidente degli Affari 
religiosi della Turchia, la massima autorità islamica di Stato (Bardokoglu aveva 
chiesto le scuse del Papa dopo Ratisbona, ndr.). Le stesse autorità di Governo 
hanno molto apprezzato questa decisione di Benedetto XVI di recarsi, anziché 
ricevere il Gran Muftì nella rappresentanza pontificia. Compiamo dei passi. La 
Chiesa è chiamata a costruire ponti e perché questi possano resistere agli urti 
e al tempo molto dipende dalla libertà dell'uomo". 
 
Il viaggio del Papa rappresenta una vetrina per la Turchia. Che cosa metterà 
in mostra questo Paese islamico? 
"Proprio queste due grandi realtà religiose, cristianesimo e islam, che 
provano ad incontrarsi. Oggi dopo la caduta del comunismo, tutti gli sforzi sono 
diretti al dialogo con i fratelli cristiani e musulmani perché non è solo un 
problema di tolleranza ma di accoglienza e comprensione. Siamo consapevoli che 
la nostra vocazione è quella di coesistere e di perseguire ciò che unisce e non 
ciò che divide". 
     
Come ha fatto don Andrea Santoro e i tanti missionari che oggi si prodigano 
per chiudere i due cerchi di cui parlava prima… 
"Certamente. Tutti i sacerdoti, religiosi, laici impegnati nella pastorale 
in Turchia sono nello spirito e nella linea di don Andrea Santoro". 
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[Fonte: SIR 10 novembre 2006] 
     
                  
                
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