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«Quando il Concilio disse: unità»

A quarant'anni ormai dalla chiusura del Vaticano II i ricordi di Maria Vingiani alla settimana del Sae

Per parlare di Concilio hanno scelto lei, che del Sae è stata la fondatrice. Maria Vingiardi è intervenuta martedì alla 42esima sessione di formazione ecumenica che si conclude oggi a Chianciano Terme per parlare di: «A quarant'anni dal Concilio: esperienza e testimonianza».
Questo movimento interconfessionale di laici per l'ecumenismo e il dialogo a partire da quello ebraico - cristiano, si è dedicato in questa settimana, intitolata «Se aveste fede quanto un granello di senape... », al confronto sulla fede. E su tale argomento non poteva certo mancare il contributo di chi il Sae ha ideato, fondato ed ostinatamente fatto crescere, come elemento fecondatore dello stesso ecumenismo.
Lo spirito di Maria Vingiani è come sempre molto combattivo, e così esordisce nella sua relazione di Chianciano: «Mi avete già dato l'abbraccio che al Sae - dice con un pizzico di ironia - si dà normalmente in fondo, dopo la discussione, il confronto ed anche lo scontro. Volete dire che posso andare via e il mio intervento è già finito?». Non legge una vera e propria relazione e non consulta nemmeno gli gli appunti presi «in fretta e senza alcun ordine - sostiene - pochi minuti prima di giungere qui». Maria Vingiani sceglie, dunque, la via della memoria: «Vorrei tentare di raccontare - dice - con qualche ricordo, cosa è stato il Sae, cosa è l'ecumenismo, a partire dalla mia vita, densa di persone e fatti». È energica e diretta e si rivolge in particolare al gruppo di giovani presenti in sala. «Ho tirato il primo sasso nello stagno - racconta, non semplicemente per ricordare, ma per aiutare il pubblico a capire - ed ho pensato il Sae come strumento operativo. Ho inventato poco più di una sigla. Il dono di Dio è stato il popolo che è venuto in seguito. Il Segretariato Attività Ecumeniche è stato concepito come un gruppo di lavoro e servizio per superare lo scandalo della separazione tra i cristiani». E racconta la conflittualità delle chiese cristiane da lei vissuta in maniera dolorosa e diretta durante l'adolescenza a Venezia, dove calli e piazze erano divisi tra chiesa greca ortodossa, valdese, metodista, luterana, anglicana e, ovviamente, cattolica. Racconta anche i nuovi orizzonti aperti con l'arrivo a Venezia del patriarca Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII, il Papa sotto cui si aprirono i lavori del Concilio, che diede una veste ufficiale all'attività di Maria, permettendo la formazione di un «Gruppo biblico». Ricorda la dichiarazione conciliare «Nostra Aetate», che ribaltava la posizione tradizionale della chiesa cattolica nei confronti degli ebrei, o il decreto sull'ecumenismo «Unitatis redintegratio» e i continui passi percorsi, sebbene con difficoltà, negli ultimi decenni. Il suo procedere è appassionato: cita fatti, nomi e fa capire quanta fatica si è accollata sulle sue spalle negli anni della formazione e della nascita della sua creatura. «Questo è il Sae - ha concluso - imparare gli uni dagli altri, imparare a stare assieme perché l'unico modo per far vivere l'ecumenismo è vivere

   
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