DISCORSO DEL SANTO PADRE  
					sera di lunedì 13 giugno, in San Giovanni in Laterano, nell'inaugurazione del 
convegno della diocesi di Roma sull’iniziazione cristiana
Cari fratelli e sorelle! 
                                                                                 
                               
                  				
          				       							
										
Con animo grato al Signore ci ritroviamo in questa Basilica di San Giovanni 
in Laterano per l’apertura dell’annuale Convegno diocesano. 
Rendiamo grazie a Dio che ci consente questa sera di fare nostra l’esperienza 
della prima comunità cristiana, la quale “aveva un cuore solo e un’anima sola” 
(At 4,32). Ringrazio il Cardinale Vicario per le parole che tanto cortesemente 
mi ha rivolto a nome di tutti e porgo a ciascuno il mio saluto più cordiale, 
assicurando la mia preghiera per voi e per coloro che non possono essere qui a 
condividere questa importante tappa della vita della nostra Diocesi, in 
particolare per coloro che vivono momenti di sofferenza fisica o spirituale.
Ho appreso con piacere che in questo anno pastorale avete cominciato a dare 
attuazione alle indicazioni emerse nel Convegno dell’anno passato, e confido che 
anche in futuro ogni comunità, soprattutto parrocchiale, continui ad impegnarsi 
a curare sempre meglio, con l’aiuto offerto dalla Diocesi, la celebrazione 
dell’Eucaristia, particolarmente quella domenicale, preparando adeguatamente gli 
operatori pastorali e adoperandosi affinché il Mistero dell’altare sia vissuto 
sempre più quale sorgente da cui attingere la forza per una più incisiva 
testimonianza della carità, che rinnovi il tessuto sociale della nostra città.
Il tema di questa nuova tappa della verifica pastorale, “La gioia di generare 
alla fede nella Chiesa di Roma – L’Iniziazione Cristiana”, si collega con il 
cammino già compiuto. 
Infatti, ormai da parecchi anni la nostra Diocesi è impegnata a riflettere 
sulla trasmissione della fede. Mi torna alla memoria che, proprio in questa 
Basilica, in un intervento durante il Sinodo Romano, citai alcune parole che mi 
aveva scritto Hans Urs von Balthasar: “La fede non deve essere presupposta ma 
proposta”. 
E’ proprio così. La fede non si conserva di per se stessa nel mondo, non si 
trasmette automaticamente nel cuore dell’uomo, ma deve essere sempre annunciata. 
E l’annuncio della fede, a sua volta, per essere efficace deve partire da un 
cuore che crede, che spera, che ama, un cuore che adora Cristo e crede nella 
forza dello Spirito Santo! Così avvenne fin dal principio, come ci ricorda 
l’episodio biblico scelto per illuminare la verifica pastorale. Esso è tratto 
dal 2° capitolo degli Atti degli Apostoli, nel quale san Luca, subito dopo aver 
narrato l’evento della discesa dello Spirito Santo a Pentecoste, riporta il 
primo discorso che san Pietro rivolse a tutti. La professione di fede posta alla 
conclusione del discorso – “Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi 
avete crocifisso” (At 2,36) – è il lieto annuncio che la Chiesa da secoli non 
cessa di ripetere ad ogni uomo. 
A quell’annuncio tutti «si sentirono trafiggere il cuore». Questa reazione fu 
generata certamente dalla grazia di Dio: tutti compresero che quella 
proclamazione realizzava le promesse e faceva desiderare a ciascuno la 
conversione e il perdono dei propri peccati. Le parole di Pietro non si 
limitavano ad un semplice annuncio di fatti, ne mostravano il significato, 
ricollegando la vicenda di Gesù alle promesse di Dio, alle attese di Israele e, 
quindi, a quelle di ogni uomo. La gente di Gerusalemme comprese che la 
risurrezione di Gesù era in grado di illuminare l’esistenza umana. E in effetti 
da questo evento è nata una nuova comprensione della dignità dell’uomo e del suo 
destino eterno, della relazione fra uomo e donna, del significato ultimo del 
dolore, dell’impegno nella costruzione della società. La risposta della fede 
nasce quando l’uomo scopre, per grazia di Dio, che credere significa trovare la 
vita vera, la “vita piena”. 
Uno dei grandi Padri della Chiesa, Sant’Ilario di Poitiers, ha scritto di 
essere diventato credente quando ha compreso, ascoltando il Vangelo, che per una 
vita veramente felice erano insufficienti sia il possesso, sia il tranquillo 
godimento delle cose e che c’era qualcosa di più importante e prezioso: la 
conoscenza della verità e la pienezza dell’amore donati da Cristo (cfr De 
Trinitate 1,2). 
Cari amici, la Chiesa, ciascuno di noi, deve portare nel mondo questa lieta 
notizia che Gesù è il Signore, Colui nel quale la vicinanza e l’amore di Dio per 
ogni singolo uomo e donna, e per l’umanità intera si sono fatti carne. Questo 
annuncio deve risuonare nuovamente nelle regioni di antica tradizione cristiana. 
Il beato Giovanni Paolo II ha parlato della necessità di una nuova 
evangelizzazione rivolta a quanti, pur avendo già sentito parlare della fede, 
non apprezzano più la bellezza del Cristianesimo, anzi, talvolta lo ritengono 
addirittura un ostacolo per raggiungere la felicità. Perciò oggi desidero 
ripetere quanto dissi ai giovani nella Giornata Mondiale della Gioventù a 
Colonia: “La felicità che cercate, la felicità che avete diritto di gustare ha 
un nome, un volto: quello di Gesù di Nazareth, nascosto nell’Eucaristia”.
Se gli uomini dimenticano Dio è anche perché spesso si riduce la persona di 
Gesù a un uomo sapiente e ne viene affievolita se non negata la divinità. Questo 
modo di pensare impedisce di cogliere la novità radicale del Cristianesimo, 
perché se Gesù non è il Figlio unico del Padre allora nemmeno Dio è venuto a 
visitare la storia dell’uomo. L’incarnazione, invece, appartiene al cuore del 
Vangelo! 
Cresca, dunque, l’impegno per una rinnovata stagione di evangelizzazione, che 
è compito non solo di alcuni, ma di tutti i membri della Chiesa. In quest’ora 
della storia, non è forse questa la missione che il Signore ci affida: 
annunciare la novità del Vangelo, come Pietro e Paolo quando giunsero nella 
nostra città? Non dobbiamo anche noi oggi mostrare la bellezza e la 
ragionevolezza della fede, portare la luce di Dio all’uomo del nostro tempo, con 
coraggio, con convinzione, con gioia? Molte sono le persone che ancora non hanno 
incontrato il Signore: ad esse va rivolta una speciale cura pastorale. Accanto 
ai bambini e ai ragazzi di famiglie cristiane che chiedono di percorrere gli 
itinerari dell’iniziazione cristiana, ci sono adulti che non hanno ricevuto il 
Battesimo, o che si sono allontananti dalla fede e dalla Chiesa. E’ 
un’attenzione pastorale oggi più che mai urgente, che chiede di impegnarci con 
fiducia, sostenuti dalla certezza che la grazia di Dio sempre opera nel cuore 
dell’uomo. Io stesso ho la gioia di battezzare ogni anno, durante la Veglia 
pasquale, alcuni giovani e adulti. 
Ma chi è il messaggero di questo lieto annuncio? Sicuramente lo è ogni 
battezzato. Soprattutto lo sono i genitori, ai quali spetta il compito di 
chiedere il Battesimo per i propri figli. Quanto grande è questo dono che la 
liturgia chiama “porta della nostra salvezza, inizio della vita in Cristo, fonte 
dell’umanità nuova” (Prefazio del Battesimo)! Tutti i papà e le mamme sono 
chiamati a cooperare con Dio nella trasmissione del dono inestimabile della 
vita, ma anche a far conoscere Colui che è la Vita. Cari genitori, la Chiesa, 
come madre premurosa, intende sostenervi in questo vostro fondamentale compito. 
Fin da piccoli, i bambini hanno bisogno di Dio ed hanno la capacità di percepire 
la sua grandezza; sanno apprezzare il valore della preghiera e dei riti, così 
come intuire la differenza fra il bene ed il male. Sappiate, allora, 
accompagnarli nella fede sin dalla più tenera età.
E come coltivare poi il germe della vita eterna a mano a mano che il bambino 
cresce? San Cipriano ci ricorda: “Nessuno può avere Dio per Padre, se non ha la 
Chiesa per Madre”. Da sempre la comunità cristiana ha accompagnato la formazione 
dei bambini e dei ragazzi, aiutandoli non solo a comprendere con l’intelligenza 
le verità della fede, ma anche a vivere esperienze di preghiera, di carità e di 
fraternità. La parola della fede rischia di rimanere muta, se non trova una 
comunità che la mette in pratica, rendendola viva ed attraente. Ancora oggi gli 
oratori, i campi estivi, le piccole e grandi esperienze di servizio sono un 
prezioso aiuto, per gli adolescenti che compiono il cammino dell’iniziazione 
cristiana, a maturare un coerente impegno di vita. Incoraggio, quindi, a 
percorrere questa strada che fa scoprire il Vangelo non come un’utopia, ma come 
la forma piena dell’esistenza. Tutto ciò va proposto in particolare a coloro che 
si preparano a ricevere il sacramento della Cresima, affinché il dono dello 
Spirito Santo confermi la gioia di essere stati generati figli di Dio. Vi invito 
dunque a dedicarvi con passione alla riscoperta di questo Sacramento, perché chi 
è già battezzato possa ricevere in dono da Dio il sigillo della fede e diventi 
pienamente testimone di Cristo.
Perché tutto questo risulti efficace e porti frutto è necessario che la 
conoscenza di Gesù cresca e si prolunghi oltre la celebrazione dei Sacramenti. È 
questo il compito della catechesi, come ricordava il beato Giovanni Paolo II: 
“La specificità della catechesi, distinta dal primo annuncio del Vangelo, che ha 
suscitato la conversione, tende al duplice obiettivo di far maturare la fede 
iniziale e di educare il vero discepolo di Cristo mediante una conoscenza più 
approfondita e più sistematica della persona e del messaggio del nostro Signore 
Gesù Cristo” (Esort. ap. Catechesi tradendae, 19). 
La catechesi è azione ecclesiale e pertanto è necessario che i catechisti 
insegnino e testimonino la fede della Chiesa e non una loro interpretazione. 
Proprio per questo è stato realizzato il Catechismo della Chiesa Cattolica, che 
idealmente questa sera riconsegno a tutti voi, affinché la Chiesa di Roma possa 
impegnarsi con rinnovata gioia nell’educazione alla fede. La struttura del 
Catechismo deriva dall’esperienza del catecumenato della Chiesa dei primi secoli 
e riprende gli elementi fondamentali che fanno di una persona un cristiano: la 
fede, i Sacramenti, i comandamenti, il Padre nostro.
Per tutto questo è necessario educare al silenzio e all’interiorità. Confido 
che nelle parrocchie di Roma gli itinerari di iniziazione cristiana educhino 
alla preghiera, perché essa permei la vita ed aiuti a trovare la Verità che 
abita il nostro cuore. La fedeltà alla fede della Chiesa, poi, deve coniugarsi 
con una “creatività catechetica” che tenga conto del contesto, della cultura e 
dell’età dei destinatari. Il patrimonio di storia e arte che Roma custodisce è 
una via ulteriore per avvicinare le persone alla fede. Invito tutti a fare 
tesoro nella catechesi di questa “via della bellezza” che conduce a Colui che è, 
secondo S. Agostino, la Bellezza tanto antica e sempre nuova. 
Cari fratelli e sorelle, desidero ringraziarvi per il vostro generoso e 
prezioso servizio in questa affascinante opera di evangelizzazione e di 
catechesi. Non abbiate paura di impegnarvi per il Vangelo! Nonostante le 
difficoltà che incontrate nel conciliare le esigenze familiari e del lavoro con 
quelle delle comunità in cui svolgete la vostra missione, confidate sempre 
nell’aiuto della Vergine Maria, Stella dell’Evangelizzazione. Anche il Beato 
Giovanni Paolo II, che fino all’ultimo si prodigò per annunciare il Vangelo 
nella nostra città ed amò con particolare affetto i giovani, intercede per noi 
presso il Padre. Mentre vi assicuro la mia costante preghiera, di cuore imparto 
a tutti la Benedizione Apostolica. 
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