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Sono i predicatori dell'odio. Ma lo Stato li ha legittimati
Magdi Allam, Corriere della Sera 20 agosto 2006

Oggi in Italia predicare e aizzare le masse a distruggere Israele è assolutamente lecito  

Se un gruppo di estrema destra o estrema sinistra avesse chiesto una pagina di un giornale per lanciare un messaggio farneticante che recita «Ieri stragi naziste, oggi stragi israeliane», certamente si sarebbe scontrato con un netto rifiuto. Agli estremisti islamici dell'Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia) è andata diversamente.
Perché gli estremisti islamici dell'Ucoii sono pienamente legittimati dalle istituzioni e dallo Stato, il loro presidente Nour Dachan siede in seno alla Consulta per l'islam italiano istituita dal ministero dell'Interno, affermano di controllare l'85% delle moschee e ritengono di essere i veri rappresentanti dell'insieme dei musulmani in Italia.

Non importa se è un'organizzazione che nega il diritto di Israele all'esistenza e ne predica la distruzione, che legittima il terrorismo palestinese e gli attentati in Iraq e Afghanistan contro le forze multinazionali, che mira a monopolizzare il potere tra i musulmani nostrani e a concorrere alla nascita della Umma, la nazione islamica ovunque nel mondo, in sintonia con la strategia eversiva e talvolta violenta dei Fratelli Musulmani.

Non importa se nell'inserto pubblicato a pagamento dal Quotidiano Nazionale l'Ucoii mira a consolidare agli occhi degli italiani un'immagine demonizzante e sanguinaria di Israele elaborando l'equivalenza «Marzabotto = Gaza = Fosse Ardeatine = Libano».

Non importa se in un comunicato del primo agosto scorso, commentando la strage di Cana, l'Ucoii afferma che «è il segno di un'ulteriore escalation criminale di uno Stato nato nella pulizia etnica, cresciuto e consolidato nella violenza e nell'ingiustizia e che, Iddio non voglia, finirà per essere la tragedia definitiva del suo stesso popolo».

Non importa se il presidente Dachan, contraddicendo i comunicati ufficiali dell'Ucoii emessi l'11 marzo 2004 e il 7 luglio 2005, ha sostenuto (articolo di Jenner Meletti su Repubblica del 18 agosto scorso) che gli attentati di Madrid e Londra sarebbero opera dei «servizi segreti che forniscono le armi e dettano gli orari». Così come sarebbe «una grande falsità» il piano per far esplodere simultaneamente una decina di aerei in partenza da Londra: «Volevano distogliere l'attenzione da ciò che sta succedendo in Libano e hanno inventato tutto, così i musulmani diventano il pericolo. (...) Negli aeroporti si fanno controlli pesanti e si dà fastidio ai passeggeri così imparano a odiare i musulmani».

Non importa se il portavoce dell'Ucoii, Hamza Roberto Piccardo, ha avuto l'ardire di scrivere al ministro dell'Interno Amato, il 12 agosto scorso, all'indomani dell'annuncio del fermo di una quarantina di islamici, che «non è così che si fa antiterrorismo, l'operazione è stata presentata dal ministero come di contrasto al terrorismo e l'aggettivo "islamico" si è sprecato per indicare l'ambiente in cui cercare i terroristi»; ammonendo Amato a dire «a chiare lettere che noi musulmani stranieri e italiani siamo risultati estranei, una volta di più, a ogni attività suscettibile di mettere in pericolo la sicurezza collettiva e l'ordine pubblico».

Per verificare la realtà dell'ideologia dell'odio, della violenza e della morte che anima l'Ucoii, al pari di Hamas e dei Fratelli Musulmani, basta dare in queste ore uno sguardo al sito gestito da Piccardo www.islam-online.it. Vi si può leggere il messaggio del 24 luglio della Associazione Islamica «Imam Mahdi», in cui si invitano «tutti gli uomini di buona volontà (...) ad adoperarsi per contribuire anch'essi a porre fine una volta per tutte al sedicente "Stato d'Israele", a questo incubo orrendo, a questo mostro immondo che si nutre di sangue innocente». O il messaggio dal titolo «La premiata impresa di pulizie israeliana», di Carlo Bertani, del 30 luglio 2006, ripreso da www.disinformazione.it, che inizia così: «Mentre in Italia ci trastulliamo fra un voto di fiducia e uno sciopero dei farmacisti, la premiata ditta Tsahal Mossad ha dato inizio alla pulizia etnica del Libano meridionale».

A noi non resta che prendere atto che oggi in Italia predicare e aizzare le masse a distruggere Israele è assolutamente lecito, che la stampa nazionale gratuitamente o a pagamento diffonde dei messaggi inequivocabilmente ostili al diritto all'esistenza di Israele. E che tutto ciò viene considerato libertà di espressione. Nonostante si tratti in realtà del fulcro dell'ideologia del terrore di cui tutti noi siamo testimoni e vittime.

I rischi del "manifesto" Ucoii
Carlo Cardia, su avvenire 22 agosto 2006

Scatto all'indietro che non può ammettere silenzi

Sarebbe un errore sottovalutare il manifesto fatto pubblicare dall'Ucoii su alcuni giornali, e non coglierne il significato che va al di là delle assurde tesi sostenute e dei simboli storici utilizzati. Sarebbe un errore anche perché esso costituisce solo l'ultimo degli interventi che nello spazio di pochi giorni la stessa organizzazione ha operato, negando la realtà dell'attentato sventato a Londra, contestando i provvedimenti adottati dalle forze di polizia italiana nei confronti di persone sospette, e interpretando in modo riduttivo la sconvolgente vicenda della ragazza pachistana uccisa in ambito familiare.

Questo breve elenco, forse neanche completo, dice che l'organizzazione in questione sta operando una scelta. Quella di intervenire, con una qualche presunzione di rappresentanza dei musulmani che vivono in Italia, e di proporsi come punto di riferimento nell'esprimere giudizi e valutazioni di natura politica e sociale su eventi italiani e stranieri. Ciò vuol dire che l'Ucoii, anziché agire come organizzazione confessionale che rappresenta una parte (non si sa quanto grande) degli islamici italiani, si sta ormai muovendo come una struttura politica che dà voce a tesi, ed opinioni, non soltanto contrarie a verità storiche elementari, ma che filtrano a loro volta da ambienti dell'estremismo islamico diffuso in Medio Oriente.

Se si inquadra bene questa scelta si deve prendere atto che si tratta di un salto di qualità, che richiede una risposta, e che va valutato in tutte le sue implicazioni. È un fatto molto positivo che altre organizzazioni islamiche italiane abbiano reagito, con forza e intelligenza, alle assurdità sostenute nel manifesto dell'altro giorno, e ne abbiano colto le pericolose implicazioni.

Occorre allora che si prenda atto di questa mutazione, e del fatto che si è di fronte ad un gruppo che agisce come forza politica, sempre più venato di estremismo e di stereotipi antisemiti. Ed è necessario che lo Stato, ed i suoi organi, si soffermino su questa nuova situazione che si va delineando sotto gli occhi di tutti (e proprio ieri Amato ha convocato la consulta per l'Islam).

C'è, poi, un ulteriore rischio che non va sottovalutato. Il rischio che, attraverso azioni unitarie e continuate, una determinata organizzazione voglia farsi portavoce di tesi dell'estremismo radicale esistente fuori d'Italia, e divenga punto di riferimento di quanti intendano muoversi in un'area che facilmente diventa ambigua, pericolosa, incontrollabile. Il riferimento ad Israele come simbolo di una repressione totalizzante, e il silenzio su alcune delle più dure dittature esistenti nel mondo arabo, potrebbe essere un punto di non ritorno.

Potremmo trovarci di fronte in un prossimo futuro a situazioni nuove, purtroppo conosciute in altri Paesi. Potremmo avere anche in Italia organizzazioni che, dietro l'apparenza religiosa, intendono parlare, e agire, non soltanto per sé e per quanti rappresentano effettivamente, ma anche a nome di altri soggetti, estranei al nostro Paese, all'Europa, estranei ai nostri valori di base. È questo il limite che non va superato, perché se lo si supera nessun pericolo si può escludere in assoluto.

Tutto ciò deve far riflettere su un punto essenziale. L'Italia ha operato, e sta operando, bene in tante questioni che riguardano l'immigrazione e la presenza islamica, e lo sta facendo anche al di là degli schieramenti politici che si dividono il consenso democratico. Questo patrimonio è prezioso, però, non ci esenta dal rischio che anche da noi si formino aree di aggregazione spregiudicata, pronte a giocare sull'equivoco, o sull'oltraggio alla verità storica, facendo leva sugli spazi di movimento e di tolleranza che il nostro sistema concede.

Di fronte a questi episodi, e a questi pericoli, si deve ricordare che il rispetto rigoroso dei nostri principi costituzionali, che implicano il rifiuto totale della violenza, del razzismo e antisemitismo, e della discriminazione tra uomo donna, è alla base di qualsiasi riconoscimento di gruppi e organizzazioni, e del libero dispiegarsi della libertà confessionale e culturale. Se si consente la violazione dei nostri valori fondamentali si compie un salto nel buio di cui non si conosce l'esito.


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Ma prima bisogna stabilire quale corano insegnare

   
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