Einaudi Tascabili- 1994 pag 68-69

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(William Blake, Gli angeli del Bene e del Male)

Brano stralciato da:
Primo Levi
"I sommersi e i salvati"

IV Comunicare


Il termine "incomunicabilità", così di moda negli anni 70, non mi è mai piaciuto; in primo luogo perché è un mostro linguistico, in secondo per ragioni più personali.

Nel mondo normale odierno, quello che per convenzione e per contrasto abbiamo volta a volta chiamato "civile "e "libero", non capita quasi mai di urtare contro una barriera linguistica totale: il trovarsi davanti ad un essere umano con cui dobbiamo assolutamente stabilire una comunicazione, pena la vita, e di non riuscirci.

 Ne ha dato un esempio famoso, ma incompleto, Antonioni in deserto rosso, nell'episodio in cui la protagonista incontra nella notte un marinaio turco che non sa una parola di alcuna lingua salvo la sua, e tenta invano di farsi capire. Incompleto, perché da entrambe le parti, anche da quella del marinaio, la volontà di comunicare esiste: o almeno, manca la volontà di rifiutare il contatto.

 Secondo una teoria in voga in quegli anni, e che a me pare frivola e irritante, l'"incomunicabilità" sarebbe un ingrediente immancabile, una condanna a vita inserita nella condizione umana, ed in specie nel modo di vivere della società industriale: siamo monadi, incapaci di messaggi reciproci, o capaci solo di messaggi monchi, falsi in partenza, fraintesi all'arrivo. Il discorso è fittizio, puro rumore, velo dipinto che copre il silenzio esistenziale; ohimé, siamo soli, anche se (o specialmente se) viviamo in coppia.

Mi pare che questa lamentazione proceda da pigrizia mentale e la denunci; certamente la incoraggia, in un pericoloso circolo vizioso. Salvo casi di incapacità patologica comunicare si può e si deve: è un modo utile e facile di contribuire alla pace altrui e propria, perché il silenzio, l'assenza di segnali, è a sua volta un segnale, ma ambiguo, e l'ambiguità genera inquietudine e sospetto.

Negare che comunicare si può è falso: si può sempre.

Rifiutare di comunicare è colpa; per la comunicazione, ed in specie per quella sua forma altamente evoluta e che è il linguaggio, siamo biologicamente e socialmente predisposti. Tutte le razze (sic!) umane parlano; nessuna specie non-umana sa parlare.


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