1439, la sfida del Concilio di Firenze - Ferrara
Alessandro Armato, su "Avvenire" 21 gennaio 2006

Doveva porre fine al grande scisma medioevale fra Roma e la Chiesa d’Oriente, ma non venne mai messo in pratica. Meyendorff esamina i punti di dissenso tra i cattolici e gli ortodossi, dal primato petrino al "Filioque", e vede la strada del dialogo meno ripida di allora

Al termine del Concilio di Firenze del 1439, un gruppo di cantori ha intonato "Laetentur coeli" e il "Gloria" per celebrare l'avvenuta riunificazione tra la Chiesa orientale e quella latina. È sembrato, almeno per un momento, che la grande tragedia spirituale aperta dallo scisma tra Roma e Costantinopoli fosse conclusa. Ma le cose - è noto - sono andate diversamente: l'unità si è dissolta presto e da allora, nonostante considerevoli sforzi compiuti da entrambe le parti, non è più stata riconquistata.

Ma quale abisso separava l'Oriente e l'Occidente? Perché il Concilio di Firenze, pur riuscito sulla carta, è fallito nei fatti? E quanto siamo lontani, oggi, dall'unità dei "due polmoni" della Chiesa, come li chiamava Giovanni Paolo II? Su questi problemi ha riflettuto a lungo John Meyendorff (1926-1992), uno tra i più significativi teologi della comunità russo-ortodossa dell'emigrazione e uno dei pionieri del movimento ecumenico. Le sue considerazioni sono condensate in un libro pubblicato recentemente dalle edizioni Qiqajon, Lo scisma tra Roma e Costantinopoli, che raccoglie una serie di saggi, apparsi in sedi e momenti diversi, che uniscono un minuzioso sapere antiquario a un sincero e attualissimo anelito alla riunificazione dell'Oriente e dell'Occidente cristiano.

Innanzitutto Meyendorff, come ormai tutti gli storici, sostiene che la separazione tra Roma e Costantinopoli non inizia nel 1054, con le reciproche scomuniche tra il patriarca Michele Cerulario e il legato pontificio Umberto da Selvacandida, e nemmeno nel 1204, con la quarta crociata e la conquista occidentale di Bisanzio, ma è il risultato di un lungo e tortuoso processo di allontanamento tra le due chiese - Congar lo definiva, con un termine inglese difficilmente traducibile, estrangement - che ha le sue radici nel IV e V secolo, all'epoca dei grandi concili, quando vennero operate scelte dottrinali decisive per la cristianità.

Quando si inizia a percepire la "distanza" tra Roma e Costantinopoli e compaiono i primi cataloghi delle divergenze (sentite ormai come errori, quando non come eresie) l'estrangement è già un fatto compiuto. Lo scisma comincia prima e segue, nel suo sviluppo, due filoni principali tra loro connessi: i dibattiti cristologici sul Filioque e le divergenze ecclesiologiche sul primato del romano pontefice.

Nell'occidente latino, il Credo comune di Nicea-Costantinopoli, che affermava nella sua versione originale la processione dello Spirito Santo unicamente "dal Padre", era stato interpolato con il famoso temine "Filioque" ("e dal Figlio) sulla base della dottrina trinitaria di Agostino, per cui i fedeli professavano la duplice processione dello Spirito Santo "dal Padre e dal Figlio". Mentre i greci respingevano il Filioque e rimanevano aderenti alla versione originale.

Ciò rivelava profonde differenze nel modo di concepire Dio - l'Occidente privilegiava un cristianesimo "umanistico" e la conciliabilità tra ragione e fede, mentre l'Oriente enfatizzava gli elementi mistici ed escatologici della fede - e implicava anche un grande problema di natura ecclesiologica. «L'aggiunta del Filioque a un Credo comune - scrive l'autore -, approvato dai concili ecumenici, era effettivamente stata fatta in modo unilaterale, e dunque sollevava il problema dell'autorità della Chiesa... il papa, in virtù della propria autorità petrina, aveva il diritto di modificare unilateralmente il Credo ecumenico?».

Rispondere è difficile, perché a partire dal IV e V secolo si sono affermate due ecclesiologie differenti e destinate facilmente a scontrarsi: una "imperiale", seguita dalla parte orientale, che conferiva particolari privilegi alla Chiesa di Costantinopoli in quanto "nuova Roma", e una fondata sul criterio dell'"apostolicità", seguita dalla parte occidentale, che conferiva il primato a Roma in virtù della sua fondazione da parte dell'apostolo Pietro su diretto mandato di Gesù.

Queste differenze di fondo col tempo si sono approfondite e quando le due metà del cristianesimo si sono incontrate a Firenze erano ormai molto lontane tra loro. Allora l'unione è stata fortemente caldeggiata dagli imperatori bizantini, perché avevano bisogno urgentemente di un sostegno militare e politico contro la minaccia musulmana. Ma questa volontà non aveva radici nelle masse popolari dell'Oriente cristiano. L'accordo raggiunto a Firenze, che prevedeva tanto l'accettazione del Filioque come del primato romano da parte degli ortodossi, è stato più il frutto della disperazione dei delegati greci, provenienti da una città assediata, che dell'esistenza di un reale sensus ecclesiae comune.

«Per raggiungere tale sensus comune - afferma Meyendorff -, il Concilio di Ferrara-Firenze avrebbe dovuto costruire un incontro tra l'Oriente e l'Occidente quali essi erano realmente all'epoca». Ma ciò non è avvenuto. L'Oriente cristiano era legato principalmente al modello di religiosità esicastico - quello degli eremiti contemplativi del Monte Athos - per cui l'esperienza e la conoscenza di Dio sono immediatamente accessibili a tutti coloro che vivono in Cristo. Questa corrente, rappresentata a Firenze da Marco Eugenico, rifiutava in blocco gli interessi umanistici per la cultura greca e per la filosofia che dominavano nel cristianesimo latino e non era soddisfatta dall'unità raggiunta a Firenze. La riunificazione, di fatto, è avvenuta solo con l'altro partito greco, quello minoritario rappresentato dal cardinal Bessarione, allineato sul pensiero di Barlaam il Calabro, che si trovava in sintonia con le posizioni degli umanisti latini del tempo come il cardinale Cusano o il cardinale Cesarini.

La questione è molto complessa, ma comprendere fino in fondo l'estrangement che ha allontanato cattolici e ortodossi è l'unica via a un vero dialogo ecumenico. E per Meyendorff le due metà del cristianesimo sono più vicine oggi di quanto non lo fossero a Firenze.
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Il Libro: John Meyendorff, Lo scisma tra Roma e Costantinopoli, Qiqajon. Pagine 150. Euro 11 

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