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XIII Convegno ecumenico di spiritualità ortodossa

"La teologia narrata, celebrata e dipinta"

Bose, 11-17 settembre 2005

- Intervista di fra’ Enzo Bianchi a Radio Vaticana -

La spiritualità ortodossa al centro del XIII Convegno ecumenico internazionale, ospitato nel Monastero di Bose, in Piemonte, e organizzato con il patrocinio del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e del Patriarcato di Mosca. Un’intera settimana di riflessione e studio, conclusa ieri, articolata in due parti. La prima dedicata a “Giovanni di Damasco, un padre al sorgere dell’Islam”, monaco palestinese vissuto tra il VII e l’VIII secolo; la seconda al grande padre del monachesimo russo, del XIV secolo, “Andrej Rublev e l’icona russa”. Per un bilancio sui lavori del Convegno, Giovanni Peduto ha intervistato il priore della comunità monastica di Bose, fra’ Enzo Bianchi:

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R. – È emerso soprattutto che nelle diverse Chiese continua la riflessione e la meditazione sul tema delle immagini come frutto dell’incarnazione di Dio nella carne umana di Gesù Cristo. Dio in Gesù Cristo è stato raccontato, è diventato immagine e di conseguenza le icone ci ricordano costantemente la Parola fatta carne, la Parola fatta uomo. Allora siamo al cuore della fede cristiana ed è emerso che nella grande tradizione bizantina, come in quella russa, c’è sempre stata attraverso il culto delle icone, la legittimità delle icone, una riflessione sul Dio fatto uomo, venuto per salvarci.

D. – È segno, anche, di un ecumenismo che continua ad avanzare pur tra le difficoltà?

R. – Sì, le difficoltà continuano ad esserci non solo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, ma tra le stesse Chiese ortodosse. Però, questo incontrarsi qui a Bose con l’Occidente cattolico indica che c’è una volontà di perseguire l’unità. Erano presenti ben 13 Chiese ortodosse attraverso i loro vescovi, i loro teologi, le delegazioni ufficiali. Le difficoltà ci sono, ma ci sono oggi anche tante speranze perché si impari di nuovo davvero il dialogo e si cominci a cercare insieme le forme perché l’unità diventi visibile e piena.

D. – Puntiamo l’attenzione su Rublev: chi era?

R. – Rublev è un monaco, pittore di icone in Russia, ma soprattutto è il frutto di tutta la contemplazione, di tutta la teologia di San Sergio di Radonez, quello che è l’iniziatore della spiritualità russa, tutta incentrata sulla Trinità. Chi raccoglie questa eredità e la trasforma in un messaggio iconico, di figure è proprio questo monaco. In un tempo in cui certamente non c’erano grandi meditazioni teologiche in Russia, la sua riflessione teologica attraverso l’icona ha la stessa forza, la stessa portata e la stessa efficacia nella vita dei credenti.

D. - Fra’ Enzo, quale messaggio viene dalle icone di Rublev?

R. – Il messaggio è essenzialmente legato a questi punti. Innanzitutto c’è Cristo, che è un Cristo mite e dolce. Le icone che lo ritraggono dicono questa mitezza e questa dolcezza misericordiosa che informerà tutta la spiritualità russa. Poi, anche la sua concezione dell’unità nella molteplicità, nella diversità vista con l’icona della Trinità, che tutti conoscono e che è l’icona che ha avuto in questi ultimi 30 anni una presenza in tutto l’Occidente, che sarebbe stata impensabile. Questa icona ha irradiato una spiritualità, che continua a richiamare gli occhi sul mistero della Trinità: uno e diversità, comunione nella pluralità. Una vera icona dell’ecumenismo e del dialogo tra le Chiese.

D. – Alla luce della sua esperienza monastica, come pregare con le icone?

R. – Le icone sono rappresentazioni che indicano la trasfigurazione delle cose, degli uomini e la trasfigurazione dell’umanità di Gesù. Le icone sono sempre scritte, come si dice, non dipinte, sono parola raffigurata, per cui, quando noi siamo di fronte alle icone abbiamo la stessa sensazione che proviamo di fronte alla Parola attraverso l’ascolto. In questo caso è attraverso la visione. Noi contempliamo il mistero di Dio con gli occhi, con questi sensi spirituali e nello stesso tempo siamo visti dalle icone, da questi occhi di Cristo, dagli occhi dei santi. Così, riflettendo su di noi la loro gloria, siamo trasformati di gloria in gloria e diventiamo conformi all’immagine di Cristo, che è l’immagine di Dio, l’immagine del Padre.

   
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