«Mea culpa» per le crociate?
Roberto Beretta, su "Avvenire" del 17 marzo 2005

L’università islamica di Al-Azhar chiede alla Chiesa di presentare le scuse per la conquista dei Luoghi santi: «Vogliamo essere trattati dal Vaticano come gli ebrei» Ma l’iniziativa suscita perplessità anche tra i rappresentanti musulmani in Italia

Non bastano le domande di perdono già più volte avanzate durante il Giubileo? Cardini: «Allora i primi a doversi scusare dovrebbero essere i discendenti del califfo che fece conquistare la Città Santa» Lo sceicco Pallavicini: «Dovremmo lavorare per evitare oggi nuovi scontri, non litigare per quelli di mille anni fa» Piccardo: «Tutte le fedi hanno i loro errori»

Deve ricredersi chi pensava che con i mea culpa, dopo il Giubileo, si fosse alla pari: la Chiesa ha ancora da chiedere scusa all’islam per le crociate. Un auspicio a "rivedere il proprio passato", contenuto nel documento finale di un meeting islamo-cristiano svoltosi in Vaticano il 24 febbraio, è diventato infatti una richiesta formale a chiedere perdono delle crociate secondo il portavoce della Commissione per il dialogo tra le religioni di Al-Azhar: università islamica egiziana che è riferimento dirimente per i musulmani sunniti.

Lo sceicco Fouzi Al-Zafzaf, presidente della suddetta Commissione, lo ha dichiarato ieri al giornale arabo Al-Sharq Al-Awsat: «Noi vogliamo essere trattati dal Vaticano allo stesso modo degli ebrei, che hanno ricevuto dalla Chiesa le scuse per l’antigiudaismo del passato; i mea culpa devono riguardare tutti i figli di Abramo. I musulmani però non pretendono che questo avvenga subito, considerato che gli ebrei hanno aspettato 17 anni prima di ricevere le scuse del Vaticano».

Mettersi in ginocchio per Goffredo di Buglione e Pietro l’Eremita? La richiesta (la prima ufficiale di questo genere) prenderebbe spunto dalla visita di Giovanni Paolo II in Siria ed Egitto anni fa, ma certo coglie in contropiede quanti tra i cattolici pensavano di aver già provveduto, grazie soprattutto alla volontà di riconciliazione espressa da Giovanni Paolo II nei dintorni del Giubileo.

Fin dal febbraio 1995, infatti, parlando di Caterina da Siena il Pontefice aveva fatto scalpore sostenendo che essa «nel pur giusto zelo per la difesa dei luoghi santi, faceva sua la mentalità allora dominante, secondo cui tale compito poteva esigere persino il ricorso alle armi. Oggi dobbiamo essere grati allo spirito di Dio, che ci ha portati a capire sempre più chiaramente che il modo appropriato, e insieme più consono al Vangelo, per affrontare i problemi che possono nascere nei rapporti tra popoli, religioni e culture, è quello di un paziente, fermo quanto rispettoso dialogo».

Durante la «Giornata del perdono» poi, il 12 marzo 2000, la «confessione delle colpe» pronunciata da Wojtyla in San Pietro – pur senza citare esplicitamente le crociate – riguardò quanti «cristiani hanno talvolta accondisceso a metodi di intolleranza» nonché, «cedendo alla logica della forza, hanno violato i diritti di etnie e di popoli». Lo stesso giorno fu reso noto lo studio della Commissione teologica internazionale presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato, in cui ci si chiedeva se «si può investire la coscienza attuale di una "colpa" collegata a fenomeni storici irripetibili, come le crociate o l’inquisizione». In particolare, infine, il 4 maggio 2001 ad Atene il Papa espresse all’arcivescovo ortodosso Christodoulos il suo dolore per lo scempio di Costantinopoli nel 1204, durante la IV crociata: «È tragico che i saccheggiatori, che avevano stabilito di garantire ai cristiani libero accesso alla Terra Santa, si siano poi rivoltati contro i propri fratelli nella fede. Il fatto che fossero cristiani latini riempie i cattolici di profondo rincrescimento».

Certo: manca ancora un esplicito riconoscimento di colpa nei confronti delle vittime musulmane delle crociate; ma – forse – ciò dipende anche dal giudizio storico tutt’altro che univoco sui singolari «pellegrinaggi armati» medievali che volevano riaprire alla devozione cristiana i Luoghi santi. Franco Cardini per esempio, illustre medievista cattolico che di recente ha anche subìto l’accusa di «filo-islamismo», ieri è insorto alla notizia della richiesta di Al-Azhar: «Il Vaticano, in più occasioni, ha chiesto scusa per gli errori compiuti da alcuni esponenti della Chiesa nel corso della sua storia bimillenaria. Ora non si può pretendere che il Papa si scusi di continuo... Allora anche i musulmani dovrebbero chiedere scusa, visto che furono i primi a compiere azioni di guerra contro i cristiani nel VII secolo e che strapparono alla cristianità Gerusalemme. Paradossalmente, i primi a dover chiedere perdono dovrebbero essere i discendenti del califfo Omar, che ordinò la presa della Città Santa».

Anche perchè, tra l’altro, solo una delle crociate (la prima) si risolse in una vittoria cristiana. «Il Papa ha già chiesto scusa, per le Crociate, per l’Inquisizione e non solo – ha aggiunto lo scrittore e storico Franco Cuomo, specialista dell’epoca –. Se gli islamici insistono, bisognerà ricordare che le crociate furono guerra di difesa e non d’aggressione, perché una morsa islamica si stava stringendo sull’Europa. Stragi e atrocità, poi, avvennero da una parte e dall’altra».

Chiedere perdono fa sempre bene, soprattutto a chi (come i cristiani) professa la sua forza proprio nell’umiltà; però l’iniziativa dell’università islamica rischia di suscitare reazioni indesiderate, anche senza arrivare alla solita roboanza leghista di Federico Bricolo («La Chiesa non deve scusarsi con l’islam. Le crociate furono predicate e indette da santi re e papi e difesero i simboli, i luoghi e la stessa esistenza della nostra religione»). In tempi di dialogo difficile, infatti, rimestare il pentolone della storia rischia di scoperchiare un vaso di Pandora dagli esiti turbinosi quanto incontrollabili. Sembrano rendersene conto gli stessi esponenti islamici nel nostro Paese, come lo sceicco Yahya Pallavicini: «Con tutto il rispetto per Al-Azhar, con cui abbiamo buone collaborazioni, rivendicare scuse per fatti accaduti secoli fa francamente mi sembra anacronistico, rispetto alle aspettative che la comunità islamica, oltre alla società contemporanea in genere, si attende dai confronti interreligiosi tra Vaticano e Al-Azhar. Dovremmo cercare di lavorare insieme per evitare nuove crociate oggi, e non continuare a litigare per quelle avvenute mille anni fa».

Idem per Roberto Hamza Piccardo, segretario dell’Ucoii (Unione Comunità organizzazioni islamiche in Italia): «Tutte le comunità religiose hanno sbagliato in qualcosa, quindi dovremmo chiederci scusa a vicenda. La storia è il frutto della volontà di Dio, da cui gli uomini devono trarre insegnamento per non commettere gli stessi errori e non causare gli stessi spargimenti di sangue. C’è un presente già abbastanza drammatico per cui impegnarsi a dialogare». Così pure Mario Scialoja, rappresentante della Lega musulmana mondiale, si dichiara «sorpreso»: «La storiografia araba ha sempre considerato le crociate come le prime guerre di espansionismo europeo, la religione fu solo un pretesto».

Si distanzia invece il solito Adel Smith, il presidente dell’Unione dei musulmani d’Italia che non si scusò affatto per aver definito il segno del cristianesimo un «morticino in croce», ma che ora è sicuro: «Le scuse della Chiesa, se ci saranno, saranno comunque di circostanza, come tante altre volte. Così il Vaticano si sente a posto con la coscienza, ma continua a perpetrare ingiustizie come mille anni fa. È incredibile che la Chiesa non abbia ancora sentito la necessità di chiedere scusa alla comunità musulmana per le crociate, che sono state tra i capitoli più crudeli della storia». Vedi un po’, da che minareto viene la predica....
 

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