QUANDO DI DIO SI PERDE L'ORIZZONTE; IL CASO DE 
MATTEI 
di P. Serafino M. Lanzetta, FI 
Giovedì 07 Aprile 2011 07:53
Il mondo si divide ancora in chi crede in Dio e in chi non ci crede e lo 
nega. Ma in questo negar Dio si riscontrano oggi due categorie di persone: chi 
ci crede ma lo nega e chi non ci crede e lo stesso lo nega. Sembra strano ma Dio 
è assente, è lontano, anche quando crediamo di crederci. Soprattutto in questi 
ultimi tempi, definiti “liquidi”, il rischio è quelli di fregiarsi di una fede 
in Dio ma che è irrazionale, un fideismo che esclude la ragione. 
Un caso lampante: l’assedio mass-mediale al Prof. Roberto De Mattei, che in 
una trasmissione radiofonica su Radio Maria (16 marzo 2011), metteva in luce la 
presenza di Dio nel mondo e nella storia, anche quando si verificano episodi 
spiacevoli quali un terremoto, uno tsunami. Pochi hanno preso in considerazione 
anche il secondo episodio spiacevole commentato da de Mattei: la barbara 
uccisione del ministro pakistano cattolico Shahbaz Bhatti. Tutti invece si sono 
concentrati sulle dichiarazioni circa il mistero del dolore e del male nella sua 
relazione col terremoto in Giappone, permesso da Dio per motivi di 
misericordiosa giustizia. De Mattei, giustamente, distingueva un dolore 
procurato dall’uomo con la persecuzione (da combattere) e un dolore che l’uomo 
non provoca ma che inerme subisce (da accettare e a cui rassegnarsi). Questo ha 
imbestialito tanti. Che c’entra Dio con quel dolore inerme, quale il terremoto 
giapponese, che con proporzioni spaventose ed impreviste, ha provocato morte e 
sconquassi ed una radiazione nucleare allarmante? Se così è, il Dio cristiano 
allora è un dio crudele, hanno detto. Altri invece: se il terremoto è affare di 
Dio, che permette il disastro per punire il male del peccato e salvare gli 
uomini dalla miseria più grave, allora de Mattei non ha diritto di cittadinanza 
nell’universo scientifico (meglio scientista). Porterebbe una questione di fede 
(?) nel mondo dei terremoti, e banalizzerebbe (?) il terremoto che ha una causa 
naturale verificabile.smarrimento
Il vero problema, che sta a monte, volutamente banalizzato invece, è espresso 
molto chiaramente: in una distruzione così massiccia, quale è stata il violento 
terremoto giapponese, e del resto imprevista in quegli effetti di lunga durata, 
nonostante l’avanguardia tecnologica di un Giappone primo per tanta industria, 
Dio dov’è? Sta a guardare? Chiude gli occhi per non vedere? Era certamente una 
domanda che il Prof. de Mattei poneva ai credenti, ma che guarda caso ha 
insospettito i non credenti e i diversamente credenti. Una domanda a cui la fede 
cattolica, illuminata da una ragione forte, aveva già riposto da tempo, da molti 
secoli: Dio non è la causa del male, di nessun male, né di quello morale (il 
peccato) né di quello fisico (la malattia, terremoto, ecc.). La causa del male 
morale è la perversa volontà dell’uomo peccatore; la causa del male fisico è 
nella contingenza della natura umana (ferita dal peccato). Ma siccome Dio è 
Padre e Provvidenza d’amore, sa trarre da ogni male un bene: mentre non ha 
nessun legame col male, essendo però la Causa prima e necessaria di tutto, 
tollera o permette il male (morale o fisico) per un fine di bontà; e questo in 
ragione del fatto che le cause seconde (le cause dipendenti nell’essere da Colui 
che è l’Essere e la Vita: gli uomini, gli eventi naturali, ecc.) sarebbero 
incapaci di agire senza la Causa prima, la quale tutto governa. Il vero male da 
temere è il peccato dell’uomo, punibile col castigo eterno. Per sfuggirlo, Dio 
che è Padre, permette ad esempio un male fisico, affinché l’uomo si ravveda. Ma 
né dell’uno né dell’altro è la causa.
Certamente un terremoto ha la sua ragion d’essere immediata in un movimento 
tellurico: ma perché Dio fa essere anche quel movimento, se è l’Unico che 
governa il mondo ed è il solo Buono? Perché è crudele e si compiace della 
sofferenza? Assolutamente no. Unicamente per manifestare il suo amore 
misericordioso verso i suoi figli, che sedotti spesso dal male, si dimenticano 
di Lui, lo ingiuriano e trasformano la terra in un luogo di perversione. È la 
terra stessa, talvolta, a ribellarsi all’uomo. Ma Dio rivolge anche queste 
ribellioni di un mondo stanco della perversità umana, verso un fine di salvezza 
e di redenzione. Un terremoto, infatti, permesso da Dio, può insegnare che: 1) 
non sono gli uomini i creatori del mondo, né tantomeno il cieco evoluzionismo 
(se così fosse perché cerchiamo una causa anche nel terremoto?); 2) gli eventi 
nel mondo hanno delle cause che superano la capacità e la tecnologia umane ma 
non la sapienza divina; 3) bisogna invocare Dio per essere salvati da ogni 
calamità, soprattutto da quella più terribile che è il peccato e la perdizione 
eterna. Questa visione, in fondo, è l’unica che riesce a dare speranza ad ogni 
popolo provato, ma che senza la fede e la visione soprannaturale, rischia di 
esser tragicamente disperato. È doveroso ed umano cercare di sconfiggere ogni 
causa di queste tragedie, ma non rischiamo, come spesso accade oggi, di voler 
semplicemente recidere la causa del dolore mettendo a tacere Dio, che invece in 
quel dolore come in ogni dolore ci parla.
Non fa tanto ribrezzo leggere invettive di un Odifreddi e della sua cricca 
volte a squalificare l’antiscientificità del Vicepresidente del CNR, per il 
fatto che introduce questioni oscurantiste nel campo delle indagini scientifiche 
(e se fosse la ragione a comprovare il dato affermato?), quanto piuttosto vedere 
un silente imbarazzo di cattolici condannati in nome di un misericordiosismo 
tipicamente post-moderno, o meglio post-conciliare, a non allinearsi ad una 
dottrina considerata vecchia (veterotestamentaria: Dio che punisce col dolore) e 
perciò preconciliare. Il male che oggi ci attanaglia è il sonno nel quale stagna 
la nostra ragione e di rimando la fede, che facilmente diventa fideismo: un 
irrazionalismo credente che ci fa accontentare di non rispondere in queste 
situazioni, per paura di offendere le orecchie sensibili di un mondo chiuso al 
trascendente o di rispondere con categorie talmente nuove, che coinvolgono Dio 
stesso nel problema del male e del dolore. Sicuramente, se ponessimo la domanda: 
dove era Dio mentre il Giappone tremava?
qualcuno ci direbbe: era lì in quel terremoto (giustamente, ma con tanti 
distinguo). Ma se questo tale ha anche una certa preparazione teologica, 
aggiungerebbe: soffriva con chi lì soffriva e moriva con chi lì moriva (sic!). 
Una rinnovata teologia, chiusa alla metafisica dell’essere di Dio, infatti, non 
avendo altre categorie per descrivere il mistero di Dio se non quelle poetiche, 
o bibliche viste in opposizione alla metafisica, giustificherebbe il dolore 
innocente o colpevole, col tirare in ballo Dio stesso, coinvolgendolo in quanto 
Dio in questo mistero umano ma non divino. Col dire che Dio soffre (non in 
quanto uomo nel Figlio ma in quanto Dio), sembra aver risposto al problema del 
male, e del terremoto in questo caso. Invece, si tratta di una non-soluzione e 
oltretutto di un errore: Dio ha sofferto solo nell’umanità santissima del Figlio 
e durante la sua vita terrena. Il dolore di Cristo è modello di ogni dolore e 
redime ogni altro dolore, che, se portato con Lui, ci salva. Col dolore di Dio 
in quanto Dio, che soffre con l’uomo che soffre e ogni volta che l’uomo soffre, 
si complica invece ancora di più il mistero del dolore, rendendolo semplicemente 
eterno come Dio, senza alcuna possibilità di una sua definitiva redenzione. 
Anche in questo tentativo emerge il problema di fondo: non si può semplicemente 
sganciare Dio dal problema del dolore e del male, sia che lo si escluda sia che 
lo si includa arbitrariamente. Farlo, significa condannare Dio, la teologia e la 
stessa fede al mutismo dinanzi a queste vicende raccapriccianti. Tutta la colpa 
ricadrà sull’uomo, il quale presto inveirà contro il Cielo per incolpare Dio. 
Siamo punto e a capo.
Meglio allora la dottrina della Provvidenza d’amore di un Dio che è giustizia 
e misericordia.
Piena solidarietà dunque al Prof. de Mattei, con l’augurio di essere sempre 
cattolico “tutto d’un pezzo”. Una parola però agli atei, sia non credenti che 
diversamente tali (o “catto-ateisti”, per dirla con lo stesso de Mattei): non 
rischiamo di fare di un terremoto un affare solo umano col pericolo di negare 
Dio per la sua crudeltà o per la sua longanime irrazionale vuota bontà!
Preghiamo invece Iddio per tutte le vittime del terremoto, per il Giappone e 
perché abbia pietà di noi poveri mortali.