La Chiesa cattolica fa il punto sull’ecumenismo: si
        apre a Roma con
        la lettura di un  messaggio del Papa l’assemblea plenaria del
        Pontificio Consiglio dell’Unità dei Cristiani. Il tema principale dei
        lavori è dedicato alla “spiritualità ecumenica”. Tiene la
        prolusione il cardinale Walter Kasper, presidente del Dicastero creato
        nel 1960 da Papa Giovanni XXIII. 
        Giovanni Peduto ha intervistato il
        cardinale Kasper.
        R. - L’unità è un dono, un regalo dello Spirito
        Santo e noi dobbiamo radunarci come Maria e gli apostoli si sono
        radunati nel Cenacolo ed hanno pregato per la venuta dello Spirito
        Santo. Anche noi dobbiamo pregare per una nuova autentica “Pentecoste”.
        Sia il Papa che il Concilio hanno detto che l’ecumenismo spirituale è
        il cuore, il fulcro, dell’ecumenismo: la preghiera e la
        conversione. 
        D. – Eminenza, durante i lavori si farà il punto
        sull’ecumenismo. Lei come vede oggi la situazione? 
        R. – Abbiamo
        fatto grandi progressi sin dal Concilio Vaticano II, soprattutto durante
        questo Pontificato, che è veramente un Pontificato ecumenico. I
        cristiani separati si sentono oggi come fratelli e sorelle, non più
        come nemici. È un grande progresso. Ma dall’altra parte dobbiamo
        affrontare oggi nuovi problemi, perché in tutte queste famiglie
        confessionali – luterani, anglicani ed anche ortodossi – ci sono
        frammentazioni interne. Alcuni non vogliono avere niente a che fare con
        la Chiesa cattolica ed altri invece bussano alla nostra porta. Questa
        frammentazione interna è un grande problema e noi vogliamo discuterlo.
        Esiste anche un ecumenismo superficiale, selvaggio, che è
        controproducente e ha creato delle paure. Noi dobbiamo confermare i
        fondamenti dell’ecumenismo, la fede in Gesù Cristo e nella Trinità.
        Senza questa fede l’ecumenismo cade nel vuoto. Per me è importante
        proprio in questa situazione intermedia creare amicizie, perché ho l’impressione
        che i cristiani separati non si conoscano abbastanza. Non sono solo
        dottrine astratte a dividerci, è una maniera di vivere la fede.
        Dobbiamo conoscerci meglio l’un l’altro.
        D. – Lei è già ormai da
        alcuni anni alla guida del Dicastero per l’unità dei cristiani. I
        suoi sentimenti nello svolgere questo lavoro, nel portare avanti la
        causa ecumenica?
        R. – Provo non soltanto le difficoltà, provo anche
        una grande gioia, perché si fa l’esperienza del fatto che lo Spirito
        Santo opera anche fuori della Chiesa cattolica. Si incontrano molti
        cristiani seri che pregano, che hanno il desiderio dell’unità, e si
        vede che sono uomini spirituali. È una grande gioia vedere l’opera
        dello Spirito Santo fuori, e questo dà speranza.