Beatitudini, canto dell'ecumenismo - Andrea A.Galli

 

[da "Avvenire" del 7 febbraio 2003]

A Viterbo una tre giorni nazionale di studio e preghiera organizzata dalla Cei con ortodossi e protestanti. Gli interventi di Chiaretti, Chiarinelli, Valentinetti, De Rita, Long e Genre

«Come tanti punti su un'ipotetica circonferenza. Se ci ostiniamo a cercare un avvicinamento reciproco rimanendo su quel limite, rischiamo di rimanere bloccati, o addirittura di respingerci a vicenda. Se ogni punto cerca di avanzare verso il centro del cerchio, automaticamente ci ritroveremo più vicini gli uni gli altri». Con questa immagine, antica ma mai scontata, Lorenzo Chiarinelli, vescovo di Viterbo, propone di leggere il significato del secondo convegno ecumenico nazionale, ospitato dalla città laziale, organizzato dalla Commissione episcopale Cei per l'ecumenismo e il dialogo, la federazione delle Chiese evangeliche in Italia, la Sacra arcidiocesi ortodossa d'Italia.
Una tre giorni di studio, confronto, ma soprattutto preghiera («ciò che alla fine veramente conta: di semplici e "umane" parole ne abbiamo spese fin troppe in questi secoli», precisa Chiarinelli) incentrato sul tema delle Beatitudini. Un convegno che si pone come la continuazione di quello svoltosi a Pe rugia nel '99, allora dedicato al tema del Padre Nostro. Una diocesi, quella di Viterbo, con un suo posto d'onore nella storia del dialogo fra i cristiani (dagli sforzi ecumenici di san Bonaventura da Bagnoregio in vista del concilio ecumenico di Lione del 1274, all'opera del beato viterbese Domenico Barberi, che accolse nella Chiesa romana il cardinale John Henry Newman) e un parterre di ospiti altrettanto autorevole: da monsignor Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia, presidente della Commissione episcopale per l'ecumenismo e il dialogo, a monsignor Tommaso Valentinetti, vescovo di Termoli-Larino e presidente di "Pax Christi" per l'Italia; da Gennadios Zervos, metropolita greco-ortodosso d'Italia, all'archimandrita Nilos Vatopedinos, igumeno del monastero di S. Elia a Reggio Calabria; da Yoannis Foundolis, liturgista del'università di Salonicco, a Yann Redalié, della facoltà teologica valdese di Roma; da Gianni Long, presidente della federazione delle chiese evangeliche in Itali a, Giuseppe Laras, rabbino capo di Milano. E, dulcis in fundo, Giuseppe De Rita, segretario del Censis e attento osservatore della ricerca della "beatitudine" da parte della società italiana contemporanea.
Ed è stato proprio De Rita, ieri, a dare il via al confronto vero e proprio, imperniato appunto su quel messaggio «inquietante e sovversivo agli occhi del mondo» - secondo le parole di Chiaretti - che sono le Beatitudini. Messaggio che costituisce di per sé - come ha sottolineato Gianni Long - un fattore di aggregazione tra le varie confessioni cristiane, dal momento che «solo al loro interno esse possono essere capite, prima ancora che messe in atto». Beatitudini che sono per Ermanno Genre - docente di teologia alla facoltà valdese di Roma - uno di quei punti del Vangelo capaci di generare «nuclei di consenso differenziato», ossia fondamenti di fede, comuni e intaccabili, su cui potere costruire insieme un edificio «che non inclini ad inutili tentazioni utopiche», ma si tenga nel la postura di «un sano realismo». «Ecumenismo infatti - sottolinea sempre Genre - non vuol dire pensare ad una Chiesa unica, a strutture ecclesiali unificate», semmai «focalizzare una gerarchia di valori: mettendo al primo posto i fondamenti comuni della fede, e al secondo le questioni secondarie, ossia quelle "organizzative": nella figura di Gesù Cristo, in un certo senso, siamo già uniti». Dello stesso parere anche padre Giovanni Boggio, biblista dell'istituto filosofico-teologico viterbese, secondo cui l'approfondimento del tema delle beatitudini può essere una via per mantenere in moto un dialogo che, se nella pastorale ordinaria tarda ancora a decollare, nel mondo degli studi biblici procede in un clima positivo e con frutti alle volte notevoli.



Il precedente:

Perugia 1999, insieme nel nome del Padre Nostro

Il convegno ecumenico sulle beatitudini - organizzato a Viterbo dalla Commissione episcopale per l'ecumenismo e il dialogo insieme alla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e la Sacra arcidiocesi ortodossa d'Italia - ha avuto un significativo precedente nell'aprile del 1999, quando teatro del primo incontro nazionale fu Perugia e il tema che unì le varie confessioni fu quello della più famosa preghiera cristiana: il Padre Nostro. Culmine fu la liturgia comune nella basilica inferiore di Assisi, nella quale sacerdoti, pastori, laici e studiosi recitarono la preghiera di Gesù nella nuova traduzione interconfessionale fatta apposta per gli incontri ecumenici. Ma non solo. Un incontro nel nome della pace, dato che era in corso la guerra del Kosovo. Inoltre, nell'occasione venne licenziata una traduzione di Luca che fu diffusa per il Giubileo. In quei giorni, infine, il pastore valdese Domenico Tomasetto (presidente Fcei), il metropolita ortodosso per l'Italia Gennadios Zervos e l'arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Giuseppe Chiaretti, presidente della Commissione Cei per l'ecumenismo e il dialogo, firmarono un documento comune, nel quale richiamavano lo "spirito di Assisi" del 1986 e scrivevano: «L'aver pregato insieme "sia santificato il tuo nome" ci ha richiamati con rinnovata forza alla nostra responsabilità. Il nome di Dio non sia profanato tra i popoli per colpa nostra. Versare sangue innocente, sin dai tempi di Abele (...) è profanazione della terra e aperto rifiuto del dare gloria al Dio che ha creato uomini e donne a sua immagine». Parole, come si vede, ancora attualissime.


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