Gnostici di ritorno
Da Parigi Daniele Zappalà, su Avvenire del 20 giugno 2006

Dalla New Age a Brown, la modernità rispolvera antiche manipolazioni della religione. Parla il teologo Joseph-Marie Verlinde: «Non viene recuperato il messaggio cristiano, ma l’autorità dei Vangeli risulta sfruttata come supporto per le proprie dottrine personali Lo facevano gli eretici tra il II e il IV secolo»

«L'interrogazione intelligente della fede è sempre la benvenuta, persino quella tanto aggressiva di un Nietzsche o quella canzonatoria di un Molière. Ma in Dan Brown non c'è interrogazione. Vi è solo il sospetto del complotto». Ovvero un trucco per nulla innocente che padre Joseph-Marie Verlinde, teologo francese specialista delle nuove religioni, annovera senza esitazioni nella corposa tradizione storica delle «imposture anticristiane». È proprio in Les impostures antichrétiennes. Des apocryphes au Da Vinci Code, appena pubblicato in Francia per Presses de la Renaissance, che il teologo affronta di petto il tema degli inganni e delle «appropriazioni indebite» nei confronti del cristianesimo. Dalla comparazione emerge la pochezza delle correnti anticristiane, vecchie e nuove.

Padre, opere come «Il codice Da Vinci» attingono a una tradizione proteiforme. Di che si tratta?
«Brown sviluppa tutti i temi della New age [v. Cristo portatore di acqua viva, una riflessione cristiana sulla new age -ndr] e in questo senso non c'è nulla di originale nelle sue opere. Si tratta di una corrente mostratasi alla luce del sole negli anni Sessanta in California e Scozia, nonostante fosse preparata da circa un secolo. Da allora, le tesi di questo "nuovo paradigma" sono distillate progressivamente nell'opinione pubblica. Vent'anni fa, ad esempio, una prima opera presentò come un'ipotesi il matrimonio di Gesù e Maria Maddalena. Dieci anni dopo, un'altra opera l'ha invece affermato. Poi, è entrato in gioco Dan Brown».

L'idea di "paradigma" presupporrebbe una qualche coerenza, ma non sembra il caso…
«Certo. La New age non è un movimento, ma una rete mondiale che raccoglie disparati gruppi uniti fra loro da un insieme di azioni. L'ossatura storica del "nuovo paradigma" viene attribuita a inizio Novecento ad Alice Bailey che aveva proclamato i pilastri di una nuova religione mondiale. Il nucleo centrale è naturalista, cioè ingloba ogni dottrina che naturalizza Dio o che divinizza la natura: tutto è in tutto e tutto è divino, in nome dell'olismo. L'uomo non ha così bisogno di una rivelazione e ancor meno di un salvatore. Deve invece scoprire la propria identità divina, spesso per via iniziatica. Il cuore di tutto è l'autodivinizzazione dell'uomo e Dan Brown attinge a questo olismo rivendicato oggi ad esempio dal neopaganesimo di ispirazione celtica».

Parlava di un insieme di azioni. C'è dunque dell'altro?
«Un assioma del "nuovo paradigma" è un anticristianesimo più o meno marcato. Lo si ritrova già in figure storiche come Helena Petrovna Blatavsky, Annie Besant, Alice Bailey. Ma anche in Allan Kardec, teorico ottocentesco dello spiritismo. Tutti sentono il bisogno di un regolamento di conti col cristianesimo, ma spesso recuperando la figura di Cristo per farne di volta in volta una metamorfosi o un grande iniziato. Contro le istituzioni ecclesiastiche, c'è questa promozione di un'interpretazione esoterica della figura di Cristo. Un esoterismo che certe volte strizza l'occhio all'Oriente, oppure alla Società antroposofica di Rudolf Steiner».

Per lei, New age significa anche "neognosticismo"...
«Sì. Lo si nota bene in Dan Brown che cerca di distillare una dottrina naturalista, per nulla cristiana, recuperando tuttavia il linguaggio cristiano attraverso le figure di Gesù, della Maddalena o la rilettura del Vangelo alla luce del Graal e di altre narrazioni del genere. Non viene recuperato il messaggio cristiano, ma l'autorità di Cristo e dei Vangeli per far da supporto alle proprie dottrine. È un po' ciò che facevano gli gnostici dal II al IV secolo, quando presentavano la propria dottrina sotto l'autorità di un apostolo. In particolare, dei vangeli apocrifi gnostici di Tommaso, di Filippo o di Maria. I primi due, del resto, sono impiegati dallo stesso Brown. E oggi, quando non sono i Vangeli, è la persona stessa di Cristo che si cerca di recuperare per farne il maestro di una dottrina estranea».

Si recupera la figura, ma poi di fatto si nega la rivelazione divina al centro del cristianesimo?
«Sì, Brown esegue un'operazione già collaudata nella storia. Già Schopenhauer sostenne che il cristianesimo trova la sua verità nel buddismo e nel brahmanesimo. Il gioco della pseudo-interpretazione evangelica non è nuovo».

Oggi, intravede un nesso speciale fra New age e secolarizzazione?
«Postmodernità e New age procedono in parallelo. Certo, c'è molta più riflessione filosofica negli autori della postmodernità rispetto alla povertà intellettuale della New age. Ma in un certo senso, la New age divulga anche alcune tesi della postmodernità dando loro un'aura sacra grazie a riferimenti alle mistiche orientali induiste, buddiste e taoiste, o sempre più a quelle occidentali pre-cristiane, in particolare druidiche. È come se le decostruzioni tipiche di certe correnti di pensiero contemporanee volessero investire il cristianesimo».

Questa corsa verso un assoluto seppellito in un altrove più o meno lontano ricorda un po' il mito di Prometeo o anche la filosofia di Nietzsche…
«Sì. Quando ad esempio la New age si riferisce al buddismo come mistica di riferimento, vi è sempre in realtà una reinterpretazione nietzscheana del buddismo, dove si sviluppa una volontà di potenza che è del tutto estranea al buddismo originario. Al posto del dissolvimento del sé individuale nell'assoluto, si promuove un'espansione del sé fino a un sé divino. Vi è una rilettura delle tradizioni in nome di una pretesa onnipotenza dell'individuo. Prometeo, di fatto, rispunta dietro tutte queste derive naturaliste».

I romanzi di Brown e i nuovi "paradigmi" giocano a instillare il dubbio nel nucleo più profondo dell'identità occidentale. Ci troviamo di fronte a tentazioni nichiliste?
«Temo che questa decostruzione a oltranza punti nella direzione del programma esplicitato da Nietzche. Sì, una forma di nichilismo. Siamo al di là dei valori, del bene e del male, del vero e del falso, con un'influenza idealistica molto forte, nel senso che ciascuno possiede non solo la propria verità ma anche la propria realtà ontologica. Temo che i n nome di questo relativismo si instauri l'intolleranza. Quella verso ogni pensiero un po' sistematico accusato di dogmatismo. Opere come quelle di Brown pongono una vera sfida alla stessa ragione».


v. anche: 
Il Codice delle corbellerie
Il "Codice da Vinci", ma la storia è un'altra cosa
Cristo portatore di acqua viva, una riflessione cristiana sulla new age
Vivere per comunicare o comunicare per vivere? Cap.VIII
"Salvezza in Cristo e dialogo interreligioso"
Inghilterra: la Chiesa e il “Codice da Vinci”
Una web page interamente dedicata alla figura di Maria Maddalena e rivolta ai fans di "Il Codice da Vinci" di Dan Brown.
È una iniziativa "senza precedenti" realizzata dalla Conferenza episcopale inglese per rispondere alle domande ed inviare informazioni sul cattolicesimo. La pagina web si apre sul sito www.life4seekers.co.uk/ ed è accessibile dal 22 luglio, giorno in cui si celebra santa Maria Maddalena, al centro del racconto di Dan Brown. "Ciò che vogliamo – spiega il direttore dell'ufficio informazioni della Conferenza episcopale che cura il sito, mons. Keith Barltrop – è utilizzare questo meraviglioso giorno di festa per dare ai fans del romanzo la possibilità di scoprire chi era realmente Maria Maddalena". Nella pagina web si può trovare una vasta gamma di notizie sulla santa: biografie, immagini, articoli, preghiere, riferimenti biblici e altri link. Alla fine un invito a "leggere la Bibbia, i Padri della Chiesa e il Catechismo invece di un falso come è 'Il Codice da Vinci'".

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