Mass media: occorre più anima
 Chiesa e media dopo «Il rapido sviluppo»,
la lettera apostolica del Papa sulle Comunicazioni sociali

Foley: operatori dell'informazione, non dimenticate la realtà spirituale No alla dittatura dell'audience - Pastor: a livello locale meno improvvisazione - De Bortoli: raccontiamo la fede che si fa servizio ai sofferenti e ai poveri - Boffo: cattolici, originalità e qualità per parlare a tutti - Boccardo: rispetto della verità nell'informazione, rispetto per la persona



«Convincere coloro che lavorano nei media che trascurare la dimensione religiosa e spirituale della vita umana dà luogo ad una comunicazione senz'anima». È il compito affidato ai cattolici da monsignor John Patrick Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, che ieri ha aperto i lavori del simposio su Chiesa e media: un futuro che viene da lontano, in corso a Roma fino a domani. Il simposio è un'iniziativa dello stesso Pontificio consiglio, per celebrare i 40 anni dal decreto conciliare Inter mirifica, che ha aperto il cammino della Chiesa nei mezzi di comunicazione. «La Chiesa e i media devono ricordare sempre - ha aggiunto - che il futuro non è soltanto illimitato; è anche eterno: dobbiamo lavorare insieme in modo che la gente non perda il vero scopo della vita perché distratta dagli indici d'ascolto di ieri o dalle notizie di oggi. Un futuro illimitato per la Chiesa e per i media - ha ammonito Foley - deve sempre avere una dimensione spirituale. Deve avere un profilo umano, ma sempre con una scintilla di divino».

Il presidente del dicastero pontificio ha inoltre definito «rivoluzionaria» la lettera apostolica del Papa ai responsabili delle comunicazioni sociali, resa nota lunedì. Soprattutto ha sottolineato il passaggio dove si afferma che «l'uso delle tecniche e delle tecnologie della comunicazione contemporanea costituisce parte integrante della missione della Chiesa nel terzo millennio». Del resto, «la Chiesa è stata sempre presente nei media», ha fatto notare Foley citando il decreto conciliare Inter mirifica e l'enciclica Redemptoris missio, dove Giovanni Paolo II definiva i media moderno «areopago» in cui far risuonare il messaggio evangelico. [leggi testo intervista]

Padre Gerardo Pastor, claretiano, decano della Facoltà di psicologia della Pontificia Università di Salamanca, ha dedicato il suo intervento all'evangelizzazione attraverso i media. «Non bastano la catechesi, la missione, l'insegnamento , gruppi e movimenti organizzati, il rapporto a tu per tu. La Chiesa deve avere propri canali di comunicazione mediatica per produrre e diffondere informazione religiosa, cristiana ed ecclesiale».
Allo stesso tempo, a livello di Chiesa locale, servono portavoce che con capacità giornalistica e prontezza comunicativa, diano risposte agili, chiare, adeguate e al momento opportuno», perché nel mondo della comunicazione globale la Chiesa deve sapersi muovere con «abilità» rivolgendosi a tutti e non più solo ai propri fedeli. Non ci si può dunque «improvvisare» esperti in comunicazione ma occorre invece investire in risorse e in un'adeguata formazione professionale.

Il direttore del Sole 24 Ore, Ferruccio De Bortoli, ha invece osservato che «si parla troppo e troppo poco» di Dio nei media. Nel primo caso ha citato la ripresa di temi religiosi dovuti al «senso di smarrimento» dell'uomo moderno, che «si interroga sul senso ultimo della vita, cerca forme primitive di religione, o forme di appartenenza metareligiosa». Il secondo caso, invece, è quando si trascurano «i quotidiani, piccoli e grandi sacrifici della "normalità", il mondo della sofferenza, il volontariato». Settori - ha concluso - dove l'informazione è spesso «carente, episodica, distratta, impreparata».
 

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Intervista di Radio Vaticana all’arcivescovo presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, mons. John Foley:
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R. - Gesù stesso ha fatto una comunicazione perfetta nel senso che il Verbo è diventato uomo. Penso che per tutti noi Gesù stesso dovrebbe essere il messaggio più importante nella storia e nella nostra vita. Dobbiamo diffondere di più la storia e la buona novella di Gesù.

D. - Eccellenza, i pregi e i difetti dei mass media oggi?

R. - Certamente i mass media possono unire le persone. Abbiamo visto nella tragedia dello tsunami la reazione della gente in tutto il mondo e questo grazie ai mass media che hanno reso presente questa tragedia: tutti sono venuti a conoscenza dei bisogni di quella gente e li hanno aiutati. E’ stato un trionfo dei mass media che hanno creato uno spirito di solidarietà in tutto il mondo. Il problema è che ci sono persone che lavorano nei mass media, politici o uomini che cercano di influenzare l’opinione pubblica, che possono mentire, che possono istigare la gente contro altre persone. I media possono essere usati come un mezzo per dividere piuttosto che unire. Il Santo Padre stesso ha detto una volta, quando parlai con lui a riguardo del valore dei suoi gesti simbolici, che la parola ‘simbolo’ viene da una parola greca che significa portare insieme e che la radice della parola diavolo deriva da una parola greca che significa dividere, distruggere. Per noi, i mezzi di comunicazione devono essere fonte di unità e di solidarietà, di verità e non di divisione e di menzogna.

Boffo: cattolici, originalità e qualità per parlare a tutti                    torna su

«Siamo mass media che, quando si alza il vento, anziché ripiegarle spieghiamo le vele». Per procedere come «rabdomanti alla ricerca del senso e del sapore di questi nostri tempi terribili e meravigliosi». Così si chiude la relazione dal titolo L'esperienza di comunicazione della Chiesa italiana, il contributo al convegno di Roma su Chiesa e media offerto da Dino Boffo, direttore di «Avvenire», di Tg2000 e del Gr InBlu (contributo presentato da Stefano De Martis, vicedirettore di Sat 2000, per l'impossibilità di Boffo di allontanarsi da Milano). Boffo ha tracciato un articolato ritratto del mondo dei media d'ispirazione cristiana: da «Avvenire» a Sat 2000 a BluSat, dall'agenzia Sir alla stampa diocesana - 140 testate locali per una tiratura totale di circa un milione di copie - fino ai novemila siti Internet censiti in ambito cattolico. 

«Questi media nascono in casa cattolica, ma sono concepiti per essere offerti a tutti» e per diventare «interlocutori di interesse per gli altri». Per loro natura sono «strumenti della consapevolezza cristiana, ideati e sostenuti per una partecipazione più adeguata della coscienza credente al dibattito pubblico», nell'ottica del «superamento di un'interpretazione al ribasso del pluralismo culturale». Tali media, non avendo i numeri e le risorse dei grandi network mondiali e nazionali, devono puntare sulla qualità: «Non possiamo chiedere alla gente di leggerci, ascoltarci e vederci solo perché ci diciamo cristiani, ma perché facciamo ottimi giornali, ottima radio e ottima tv, per quanto cristianamente ispirati».
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[Fonte: Avvenire del 25 febbraio 2005]

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