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Dottorato ad honorem a Kiko Argüello
Conferito dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II

L'Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia mercoledì 13 maggio 2009 ha conferito il dottorato honoris causa all'iniziatore del Cammino Neocatecumenale, lo spagnolo Francisco Gómez (Kiko) Argüello. Anche l'anno scorso L'Argüello è stato invitato a parlare sulla famiglia, e quest'anno gli conferiscono il prestigioso riconoscimento; egli è un pessimo oratore - anche se con il suo eloquio senza filo logico, ma a flash perentori sa essere indubbiamente un 'trascinatore' - e non ama esporsi a platee che non siano compiacenti.

Vari neocatecumenali frequentano o finanziano questo istituto, che fornirà loro le basi teologiche per ergersi sempre più a difensori della famiglia, con i titoli desumibili da questo link. Siamo consapevoli che considerazioni del genere, come quelle che seguono, possono essere considerate su un piano polemico da chi non è parte in causa in questa vicenda; ma esse non sono altro che l'espressione - anche in chiave ironica - della preoccupazione per l'espansione ormai inarrestabile di questa setta ormai penetrata all'interno della Chiesa con i metodi e i contenuti nonché le prassi discutibili diffusamente illustrate su questo sito.

Ci scrive un nostro collaboratore:

Mi permetto di scrivere qualche nota a margine della Lectio Magistralis (1) del Dottor Magistro Kiko Argüello.

In breve:

  1. il fondatore del Cammino Neocatecumenale considera la propria invenzione come frutto dello Spirito Santo ma da allora ad oggi ha sempre dato ogni prova utile a dimostrare il contrario
  2. la sua Lectio Magistralis è l'ennesimo spot pubblicitario per il Cammino
  3. le ambiguità linguistiche neocatecumenali sono un modo per conservare la propria identità dando nel frattempo illusione di ortodossia
  4. in un mitico incontro con Giovanni Paolo II nel 1979, il Papa sarebbe stato (così racconta Kiko) più neocatecumenale degli stessi fondatori neocatecumenali
  5. per Kiko la Chiesa era seria solo nei primi secoli, quando faceva il «catecumenato serio», che (ovviamente!) oggi solo lui sa fare
  6. Kiko, dicendo che i neocatecumenali sono tenuti alla celebrazione comunitaria del sabato sera e alla liturgia domestica della domenica mattina, ancora una volta lascia intendere che sono praticamente impediti dallo stare a contatto con i "cristiani della domenica"
  7. Kiko addirittura utilizza un'esortazione apostolica sul culto mariano per lasciar intendere che il rosario sarebbe del tutto secondario rispetto alla liturgia domestica neocatecumenale
  8. per Kiko gli altari sarebbero "mense" e non ci sarebbe differenza tra la mensa domestica, la mensa comunitaria, e la mensa del "talamo".



Mi dispiace di essere stato così prolisso, e me ne scuso, ma l'ho fatto per necessità di chiarezza e a beneficio dei neocatecumenali perplessi e dei cristiani che per la prima volta trovassero queste pagine.

Kiko riceve la laurea honoris causa dall'Istituto Giovanni Paolo II, dove ci sono professori che insegnano e studenti che studiano, senza aver mai insegnato né studiato.

Mi vien che ridere (2): dopotutto sono state concesse lauree honoris causa anche a Lando Buzzanca, all'allenatore dell'Inter, al motociclista Valentino Rossi... Ma temo che prima o poi potremmo scoprire che quella laurea honoris causa Kiko se l'è fabbricata da solo, con i soliti poco onorevoli mezzi che il Cammino ha ampiamente collaudato ed utilizzato nei confronti della gerarchia cattolica da quasi mezzo secolo.

Dopo le laudationes di un professore che parla come uno dei dodici Cefali (3), Kiko ha tenuto la sua Lectio Magistralis davanti ad una folla di suoi fan (4).

Anche volendo leggerne il testo nel modo più onesto possibile (cioè come se la Lectio Magistralis provenisse non da Kiko ma da un qualunque personaggio di spicco della Chiesa), si avverte un forte disagio.

Il disagio comincia fin dalle prime parole. Il novello Dottor Magistro Honoris Causa afferma che lo Spirito Santo avrebbe "suscitato" il Concilio Vaticano II, una parola un po' troppo forte che metterebbe gli ascoltatori nella condizione di dire che qualunque operazione fa la Chiesa sarebbe per ciò stesso «suscitata» dallo Spirito. Dunque anche la riunione degli animatori parrocchiali, indetta dal viceresponsabile con un giro di messaggi SMS, sarebbe stata "suscitata" dallo Spirito?

L'utilizzo di un tale termine tanto altisonante è immediatamente seguito da uno stringatissimo riassunto del Vaticano II: in quel breve paragrafo vedo che Kiko ha l'ardire di citare la Sacrosanctum Concilium (già, proprio lui!?! È lecito chiedersi se l'abbia mai letta per intero, domandandosi cosa gli significhino quelle parole che nel gergo neocatecumenale sono considerate peggio che turpiloquio: «latino», «gregoriano», «polifonia», «sacrificio eucaristico», «decoro del culto», «non si introducano innovazioni», «i riti splendano per nobile semplicità»...)

Emerge dai primi due paragrafi della lectio magistralis la convinzione kikiana che ogni tanto il mondo va in crisi e magicamente lo Spirito "suscita" delle operazioni da far effettuare agli uomini di Chiesa per raddrizzare il mondo (come un Dio-tappabuchi che scatena un Kiko-Superman).

Quanto sia davvero artificiosa e forzata tale convinzione lo si vede nel terzo paragrafo, quando Kiko afferma che il Cammino Neocatecumenale sarebbe un altro dono «suscitato» dallo Spirito (sì, ha utilizzato di nuovo il verbo "suscitare") addirittura allo scopo di «mettere in pratica il rinnovamento voluto dal Concilio».

Chi non conosce Kiko, di fronte a queste parole può solo sbigottire: il Cammino Neocatecumenale è stato fondato da Kiko Argüello e Carmen Hernández (oppure, come amano dire loro stessi, è stato "iniziato"). Costoro dunque considerano la loro opera come qualcosa di divino, come se si sentissero pari al Signore.

Nella storia della Chiesa abbiamo tantissimi santi fondatori che hanno considerato divinamente ispirata la propria opera. Ma lo hanno dimostrato con l'essere sempre pronti a sacrificarla pur di non disobbedire ai propri superiori o al Papa, da cui mendicavano benedizione, guida, correzione. Non si sono mai sentiti padroni di ciò che il Signore ha fatto per mezzo di loro, non hanno mai utilizzato il proprio gregge come mezzo di contrattazione o di rivendicazione, non hanno mai preteso che la Chiesa si adeguasse alle loro paturnie...

Il Dottor Magistro Kiko Argüello, invece, si è egregiamente distinto in tutti questi errori. Tra i tanti possibili esempi ne abbiamo avuto uno davvero mirabile il 3 giugno 2006, davanti a centinaia di migliaia di testimoni, quando Kiko urlò al Papa: «Ma quanto è difficile, Santo Padre, che le istituzioni capiscano che hanno necessità dei carismi!» (sottinteso: i presunti "carismi" del Cammino). Kiko è convinto che il suo Cammino, in quanto presuntamente "suscitato" dallo Spirito, debba per ciò stesso essere "necessario" alle istituzioni ecclesiali.

Dal terzo paragrafo in poi, Kiko parla del Cammino Neocatecumenale.

Chi ancora si aspettava che la Lectio Magistralis fosse una lezione di un maestro da cui apprendere qualcosa, ha finalmente capito che la laurea honoris causa è solo una occasione per dare a Kiko l'ennesimo pulpito da cui propagandare la sua invenzione.

Gli studenti dell'Istituto Giovanni Paolo II, sempreché siano riusciti a farsi spazio tra la folla neocatecumenale, si saranno chiesti il perché. Era come se fosse stata assegnata la laurea honoris causa in ingegneria meccanica al direttore ereditario di un'azienda automobilistica, che in precedenza aveva come titolo di studio solo la terza media, e la sua lectio magistralis fosse consistita solo nel dire "quanto sono belle le mie auto, comprate le mie auto".

Ma adesso viene il bello: Kiko comincia a parlare nella lingua neocatecumenale.

Afferma che Giovanni Paolo II avrebbe intuito che il Signore avrebbe "suscitato" (sì, ancora "suscitato") come risposta alla scristianizzazione la cosiddetta "iniziazione cristiana".

Qui al cristiano comune - ed anche a quello teologicamente ferrato - sorge più di qualche dubbio.

L'iniziazione cristiana è una preparazione specifica per un sacramento ancora non ricevuto. Allora, cosa voleva dire Kiko? Cosa avrebbe "intuito" il Papa? Cosa avrebbe precisamente "suscitato" il Signore?

Quel termine "iniziazione cristiana" è dunque gergo neocatecumenale, utile solo agli adepti ed ai simpatizzanti. Per i cristiani normali, infatti, non significa nulla di particolarissimo che abbia bisogno di essere "suscitato" dal Signore ed "intuito" dal Papa per poi essere effettuato da Kiko. Per i cristiani normali, "iniziazione" significa "iniziazione", preparazione per qualcosa che non c'è ancora (il battesimo). Per Kiko "iniziazione" pare invece indicare "iniziazione a una setta" (tant'è che vi vengono "iniziati" anche i già battezzati; il Cammino fagocita per lo più cristiani, è decisamente raro attirare nel Cammino adulti che ancora non hanno ricevuto il battesimo).

Questo è solo uno dei tanti casi di parole del lessico cristiano che vengono deliberatamente equivocate da Kiko, che vi assegna un nuovo significato, nel tentativo di celare (anziché correggere) le storture del Cammino.

Kiko racconta di un incontro con Giovanni Paolo II a Castelgandolfo nel settembre 1979. Non risultano altri testimoni a parte i diretti interessati (la Carmen e don Mario Pezzi), perciò resterà misterioso il motivo per cui una realtà numericamente irrilevante (approdata in Italia poco meno di dieci anni prima) ottiene che il suo stato maggiore abbia udienza privata dal Papa durante i suoi giorni di riposo (specie anni dopo dopo la morte dei vari Bugnini, Dell'Acqua e altri protettori).

La mancanza di testimoni è davvero un problema perché ci domandiamo quanto siano precisi quei ricordi di Kiko; per esempio, perché mai un Giovanni Paolo II abbia improvvisamente cominciato a sproloquiare su «ateismo-battesimo-catecumenato». Anche il più neocatecumenale fra i neocatecumenali, se onesto, potrà pensare che Kiko sta facendo "dire" a Giovanni Paolo II ciò che fa comodo al Cammino.

Coloro che hanno seguito con un minimo di attenzione gli interventi di Giovanni Paolo II nel suo primo anno di pontificato, certamente avranno familiarizzato con il suo stile comunicativo, riconosciuto la sua intelligenza, ammirato il suo spessore culturale e teologico.

Ebbene, Giovanni Paolo II, al solo vedere la triade neocatecumenale, avrebbe improvvisato l'accostamento "ateismo-battesimo-catecumenato"?

È davvero arduo credere che quelle parole siano sue piuttosto che di Kiko, per di più con la strana posposizione del "catecumenato" dopo il "battesimo", come Kiko stesso afferma.

Senza precisare il nuovo significato che attribuisce al termine "catecumenato" (cioè al suo ciclo più che ventennale di catechesi, liturgie, ed attività da setta), Kiko si lascia andare alle sue solite affermazioni deliranti: «durante vari secoli la chiesa primitiva ha avuto un catecumenato serio, dove i catecumeni dovevano mostrare che avevano fede, perché incominciavano a fare opere di vita, opere che mostravano che in loro attuava Cristo risorto» (sic!)

Dunque per Kiko la Chiesa è stata seria solo nei primi secoli, quando c'era il catecumenato "serio" (cioè quello inventato da Kiko), dopodiché non è stata più seria... fino alla venuta del novello Dottore della Chiesa Kiko Argüello.

Kiko prosegue: «la Chiesa di oggi ha bisogno di questa formazione seria». Evidentemente pensa di sapere più e meglio del Papa e dei vescovi uniti con lui, ciò di cui abbia bisogno la Chiesa oggi.

Secondo Kiko, la Chiesa non è seria se non fa "formazione" come la fa lui.

Da una Chiesa "non seria", infatti, cosa mai può venirne fuori di buono? Da quel poco serio Medioevo, tanto per fare un esempio, venivano fuori giganti come i vari san Francesco d'Assisi, san Tommaso d'Aquino, san Domenico di Guzman e altre schiere innumerevoli di sante e di santi capaci di testimoniare la fede senza "catecumenati" e senza cammini per "l'annuncio del kerygma".

Ecco dunque che oggi Kiko afferma di salvare la Chiesa riproponendo «nei suoi tratti fondamentali» (del Cammino Neocatecumenale) la formazione "seria" da lui (re)inventata e fatta certificare dal bollino blu carpito al Pontificio Consiglio per i Laici.

Questo Novello Dottore della Chiesa cita persino il Catechismo (che è lecito dubitare che abbia mai letto, considerati i terribili strafalcioni che insegna da oltre quarant'anni), indizio che induce a pensare che il testo della sua Lectio Magistralis se lo sia fatto scrivere.

Seguono le solite frattaglie dal Deuteronomio.

Finalmente Kiko cita per la prima volta il nome del Signore, solo per dire che in Lui si «adempiono» le Scritture, le quali sono caldamente raccomandate da far leggere ai figli, estraendo all'uopo l'unico passo del Nuovo Testamento (5) su cui poggiare tale imposizione (rafforzata dall'allusione alla "liturgia domestica").

Anche al lettore più distratto apparirà evidente che Kiko è uno dei tanti fautori della smodata lettura della Bibbia, come se questa fosse panacea contro tutti i mali, naturalmente insistendo moltissimo sull'Antico Testamento (non a caso ha citato il Deuteronomio).

Ma è di letture bibliche che il cristiano ha tanto bisogno oggi? Per capire le cose della fede vale più una lettura del Catechismo della Chiesa Cattolica, oppure della Bibbia? C'è davvero tanta urgenza di ricordare Mosè che esce dall'Egitto per essere più cristiani e per frequentare con più frutto i sacramenti?

I neocatecumenali, precisa Kiko, devono effettuare la «liturgia domestica» nel «giorno del Signore».

Un onesto neocatecumenale dovrebbe chiedersi come mai i cristiani di tutti i tempi vanno a Messa nel "giorno del Signore", mentre i seguaci di Kiko devono andare alla celebrazione eucaristica neocatecumenale nella tarda sera del "giorno prima del Signore", riservando il "giorno del Signore" alla preghiera delle lodi celebrata in maniera "domestica".

L'accento posto sulle lodi "domestiche" mostra che i neocatecumenali sono tenuti a ripetere in casa la domenica mattina una messinscena simile a quella a cui hanno partecipato nella tarda sera del sabato.

Un cristiano, a questo punto, si domanda: ma se la celebrazione eucaristica si fa nelle comunità il sabato sera, e la domenica non si va a Messa ma si fa la messinscena domestica, questi neocatecumenali quando si ritroveranno mai in preghiera con gli altri cristiani?

Dalla propagandistica Lectio Magistralis del novello Dottore della Chiesa emerge che il Cammino Neocatecumenale impedisce di fatto ai suoi adepti di partecipare alla vita della Chiesa (per esempio: quanti neocatecumenali, dopo aver "preparato" la liturgia del sabato sera, dopo aver effettuato pure la "liturgia domestica" della domenica mattina, avranno ancora tempo e modo di andare alla Messa parrocchiale della domenica sera?)

A questo punto Kiko tira fuori la Marialis Cultus di papa Paolo VI, dal quale prima estrae una lunga citazione allo scopo di difendere l'uso delle "lodi domestiche", e quindi cita - come in second'ordine, come un optional eccellente ma non comandato - la "Corona alla Beata Vergine", senza commentare (non sia mai che Kiko raccomandi il rosario!)

È un dettaglio importante, non trascuriamolo: dalla esortazione apostolica Marialis Cultus ("culto mariano", pubblicata nel 1974) Kiko è stato capace di "estrarre" la liturgia delle ore (a difesa delle sue "lodi domestiche" a cui ha dedicato tante spiegazioni) e subito dopo la "corona" (citata senza commentare)! Kiko ha saltato a piè pari tutto ciò che riguarda il rosario, l'Angelus, i significati del culto mariano, ecc., estraendo solo la citazione che gli permette di far apparire in secondo piano («dopo la celebrazione della Liturgia delle Ore...») il rosario.

Magari Kiko avrebbe potuto aggiungere: "e dunque lo consiglio..." o almeno "che è una cosa buona", oppure "Giovanni Paolo II diceva sempre che il rosario era la sua preghiera preferita"...

Ma non lo ha fatto. Ha sproloquiato sulla liturgia delle lodi "domestiche", poi ha estratto la citazione in modo da confermarle, quindi con l'estrazione successiva ha nominato il rosario senza però consigliarlo.

Così tutti i neocatecumenali diranno che Kiko parla del rosario, ma nessuno di loro si sentirà tenuto a recitarlo: i neocatecumenali, infatti, sono obbligati alle "lodi domestiche", mica perdono tempo con la "corona"!

Paradossalmente quell'esortazione apostolica di papa Paolo VI comincia con: «Fin da quando fummo assunti alla Cattedra di Pietro, Ci siamo costantemente adoperati per dar incremento al culto mariano...» (Paolo VI si adopera per incrementare, Kiko si adopera per diminuire).

Bisogna ammetterlo: quello di Kiko è davvero un modo molto sottile per salvare capra e cavoli (lo Statuto neocatecumenale comanda il rosario e l'adorazione eucaristica), rigirando ad usum Cammini perfino un'esortazione apostolica sul culto mariano!

Ma un neocatecumenale intelligente dovrebbe chiedersi (e chiedere ai suoi catechisti): se papa Paolo VI voleva promuovere la liturgia delle ore nelle famiglie, perché ha scritto quell'intera esortazione sul culto mariano? Perché mai Kiko cita la Marialis Cultus solo per estrapolare quei due paragrafi utili a dire che le "lodi domestiche" debbono prevalere su qualsiasi culto mariano?

Qualche neocatecumenale protesterà dicendo che lui il rosario lo recita: se è vero, c'è da rallegrarsene. Magari addirittura approvato dai suoi catechisti (caso decisamente più raro). Ma sulla scorta di quanto Kiko va insegnando da quarant'anni e chiarito anche nella Lectio Magistralis, vengono prima di tutto le defatiganti ed estenuanti attività neocatecumenali.

Il «risultato» del neocatecumenalismo sarebbero i tanti giovani nel Cammino e le tante vocazioni (6). Ma con queste premesse, c'è veramente da allarmarsi poiché con tutta la possibile buona intenzione dei giovani (e spesso meno giovani) neocatecumenali che si lasciano attrarre dalla vita consacrata, può mai un cammino vocazionale fondarsi sull'aver oggettivamente censurato il culto mariano, evitato come la peste la Messa dei "cristiani della domenica", ed aver tanto elucubrato su Mosè e sul libro delle Lamentazioni?

La delusione conclusiva è su come Kiko considera gli altari. Per Kiko gli altari sono "mense". Sulla mensa si mangia, si fa un banchetto, come in trattoria, seduti e serviti dal cameriere, passandosi di mano in mano calici e pagnotte; invece l'altare non è per mangiare allegramente ma è per offrire un sacrificio ("l'unico sacrificio a Te gradito", gradito a Dio Padre Onnipotente).

Per Kiko non c'è più l'altare dell'Eucarestia ma ci sono tre altari: la "mensa" dell'Eucarestia (che dunque non è più un altare), il "talamo" (della paternità irresponsabile tipica dei neocatecumenali, che è spacciata per apertura alla vita ma vissuta come gara a chi procrea di più), e la "mensa" della famiglia.

Dunque Kiko mette sullo stesso piano la "mensa" eucaristica (cioè la mensa della comunità neocatecumenale) e la "mensa" della famiglia.

Un neocatecumenale onesto dovrebbe chiedersi quanto sia cattolicamente accettabile il togliere alla Messa il carattere di sacrificio ("...offerto in sacrificio per voi") per assegnarvi il carattere di banchetto festoso (con tanto di balletti dopo la comunione). Un neocatecumenale onesto si ritroverebbe a pensare: d'accordo, la celebrazione neocatecumenale è più festosa e più "sentita", ma... c'era davvero bisogno di togliere il carattere di sacrificio? Kiko vale più di venti secoli di Tradizione della Chiesa?

Insomma, ecco cosa significa essere eretico oggi.

Oggi l'eretico non è solo colui che nega che Gesù Cristo è il Figlio di Dio. Questo tipo di eretici oggi è molto raro e comunque facilmente riconoscibille.

Oggi l'eretico è anche colui che parla in modo da promuovere l'eresia sfruttando parole e costrutti apparentemente ortodossi.

Kiko non ha detto "trascurate Maria, detestate il rosario". Kiko non ha detto "l'eucarestia è solo una cenetta in trattoria".

Kiko ha fatto qualcosa di peggiore: ha citato un'esortazione apostolica sul culto mariano... solo allo scopo di dare ad intendere che il rosario (e tutte le altre forme di devozione alla Beata Vergine) sono secondarie rispetto al suo progetto religioso.

Kiko ha detto che gli altari non sono uno ma tre... "mense", per giunta equivalenti: la mensa del sabato sera, la mensa del talamo e la mensa dell'ora dei pasti. La "teologia" di Kiko è limitata alle funzionalità della zona del ventre, con l'accento sul pranzare in compagnia.

Ecco dunque cosa significa essere eretico oggi.

Vedete? Tira fuori il termine "altare" solo per ridurlo a tre "mense" (affinché non si pensi che per mensa intende un sinonimo di altare), dove il "sacrificio eucaristico" (e dunque la presenza reale di Cristo nell'Eucarestia) non c'è più, non importa più, non è evidenziata più.

E sotto l'apparenza del discorso "ecclesialmente corretto" ha di fatto comandato ai neocatecumenali di infischiarsene del culto mariano.

È come quelle cattive compagnie che con un sorrisetto ti dicono: "di là non si può andare", e poi invece guardano proprio in quella direzione, sono già in piedi e pronti ad andare in quella direzione che ti hanno qualificato come proibita. Formalmente hanno detto il giusto, ma umanamente ti inducono all'errore.

Così, i neocatecumenali più semplici, in buona fede, diranno che Kiko è molto "mariano" sia perché disegna sgorbi (che chiama pomposamente "icone") dove pretende di raffigurare la Madonna, sia perché nel suo ennesimo autoelogio (chiamato pomposamente "lectio magistralis") ha addirittura nominato la Corona (7).

Diranno che Kiko non ha negato nessun dogma, nessuna verità di fede, senza accorgersi che la dimestichezza con cui banalizza l'altare riducendolo a "tre mense" è un chiarissimo indicatore del fatto che Kiko non crede al sacrificio eucaristico che rende realmente presente Gesù Cristo sotto le specie del pane e del vino.

I neocatecumenali maliziosi e smaliziati "convertiranno" le anime pie al kikismo, con quei sorrisetti ironici, con quell'aria da saputelli che commiserano gli stupidi e retrogradi ancora convinti che il rosario e l'adorazione eucaristica siano salutari. Con apparenza di grande serietà, i catechisti diranno che bisogna concentrarsi tutti sulle "lodi domestiche" (prolungandole quanto basta per far perdere ogni occasione e volontà di recitare anche un solo Angelus), e si giustificheranno dicendo: "avete sentito Kiko quante belle cose ha detto sulle lodi domestiche?"

Vedete? Kiko ha citato la Marialis Cultus e però il risultato è aver dato un altro brutto colpo al culto mariano.

Così funzionano gli eretici di oggi. Impastano discorsi zeppi di paroloni cattolici, zeppi di citazioni cattoliche (nel nostro caso Catechismo, Bibbia, Marialis Cultus), utilizzano perfino il termine "altare" (8) ma i loro seguaci capiscono benissimo dove si va a parare, così come lo capiscono i detrattori.

In quest'epoca confusa regnano nella Chiesa il giuridicismo, la superficialità, l'indifferenza (scusate la fretta, ma in questo momento non trovo termini più adatti).

Giuridicismo. Sua eccellenza obietterà: "Kiko ha detto qualcosa di formalmente eretico? Non leggo nulla di palesemente eretico nel suo discorso, per cui smettetela di criticarlo".

Ma è più importante l'apparenza formale, o è più importante il suo effetto concreto nei cuori dei suoi seguaci? Che sia da considerare verità solo ciò che è dimostrabile in tribunale?

Superficialità. Sua eccellenza obietterà: "Kiko potrebbe anche aver di fatto proibito il rosario ai suoi seguaci, ma almeno ha promosso la liturgia delle ore..."

Eh, no, cari miei, perché il discorso non si limita a quelle due citazioni.

Le "lodi domestiche" della domenica mattina, come Kiko stesso ha spiegato, non sono una sincera e ordinaria recita del breviario. Sono invece una replica casalinga della sagra del parolame della tarda serata precedente. Tanto il "banchetto eucaristico" quanto le "lodi domestiche" sono terribilmente lontani dallo spirito di preghiera a cui sua eccellenza è abituato ed a cui la Chiesa ha da venti secoli educato.

Indifferenza. Sua eccellenza obietterà: "Kiko sarà pure uno che insegna strafalcioni e promuove liturgie bislacche, ma dopotutto tanta gente ha trovato la fede..."

Eccellenza, quale fede hanno trovato? Possibile che per essere cattolici ci sia bisogno straziare la liturgia fino a farsi rimproverare dal Papa in persona? Possibile che per educare alla fede cattolica occorra insegnare dottrine strampalate? Possibile che per essere cattolici sia necessario parlare in modo ambiguo e ipocrita nascondendo dietro l'apparenza di "giuridicamente passabile" ciò che invece è di fatto eretico? Basta esplorare questo sito pieno di argomenti documentati e testimonianze...

Per questo siamo convinti che Kiko è eretico anche se tenta di celarlo (e agli occhi dei superficiali ci riesce bene), e che solo grazie a manovrine poco onorevoli e ad apparenze costruite su misura gli è stato possibile strappare ad un Pontificio Consiglio uno Statuto incompleto e "definitivo", del quale poi con discorsi come la lectio magistralis è possibile aggirare senza scrupolo le regole.


Note.

(1) Qualche breve considerazione sul sito web Zenit.Org, che ha pubblicato le laudationes e lectio magistralis.
Non farò più donazioni a Zenit, poiché non ne apprezzo più la linea editoriale.
Tempo fa Zenit era uno strumento informativo utile ed onesto, creato e sostenuto da persone intelligenti e capaci. Ma da tempo, per motivi a me ignoti, ha sostituito l'onestà con l'ingenuità, mettendo sullo stesso piano notizie ecclesiali di rilievo e proclami ed autoelogi di neocatecumenali e altri personaggi che non meritano pubblicità. Come se il problema principale di Zenit, oltre che chiedere soldi ai propri lettori, fosse quello di riempire la paginata di notizie del giorno.
Così è andata a finire che dopo aver conquistato un'ampia platea di lettori, vi somministra non di rado sconcertanti proclami (tra cui quelli kikiani), incurante del fatto che ciò rappresenta un danno per tutti.
È un danno per i lettori ben informati, che si chiedono: la redazione di Zenit non sa cos'è veramente il Cammino Neocatecumenale?
È un danno anche per le anime semplici, che finiscono per apprendere che Kiko e il Cammino sarebbero proprio come li descrive la propaganda neocatecumenale.
Se Zenit riesce a stendere un pietoso velo sulle vicissitudini di certi ambienti ecclesiali, potrebbe benissimo farlo anche per il Cammino Neocatecumenale. La quantità di notizie pubblicate non ne risentirebbe, mentre i lettori neocatecumenali non resterebbero affatto all'oscuro di ciò che cercano. E le anime pie non trarrebbero la convinzione che Kiko è uno dei santi della Chiesa di oggi.

(2) Magari la prossima volta Kiko si adopererà per vincere un premio Nobel: dopo che lo hanno assegnato ad un Dario Fo c'è da aspettarsi di tutto. Magari Kiko ci sta già pensando, poiché il Nobel è un bel gruzzoletto di soldi. Ma non si vive di soli soldi, bisogna assecondare anche il proprio ego (e la Carmen ha sempre vantato una laurea in chimica...)

(3) I "dodici Cefa" sono i super-supercatechisti che guideranno il Cammino Neocatecumenale alla morte di Kiko ("Cefa", in aramaico, significa Pietro; cfr. Gv 1,42). Come il Signore scelse dodici apostoli affinché ne proseguissero l'opera guidando la Chiesa da Lui fondata, così Kiko ha scelto i dodici Cefali affinché ne proseguissero l'opera guidando la chiesuola da lui fondata. Il guaio, probabilmente, è che sorse una disputa tra questi ultimi su chi dovesse essere Cefa (cioè Pietro, principe degli Apostoli e primo Papa), chi Giovanni, chi Giuda Taddeo... Dopo lunghi e furiosi combattimenti, per non scontentare nessuno Kiko dichiarò che tutti erano Cefa, tutti comandanti, tutti Cefali.

(4) Non ci vuole la sfera magica per sapere che ogniqualvolta Kiko parla in pubblico (o anche un solo colpetto di tosse nella sua cameretta privata), c'è sempre una folla oceanica di neocatecumenali che accorre a lui (e che viene fatta accorrere a lui). Dato lo spazio disponibile per la dottorificazione di Kiko Argüello, c'è da temere che gli studenti dell'Istituto Giovanni Paolo II eventualmente interessati a curiosare non abbiano trovato posto da nessuna parte, già ore prima dell'evento. In questo caso un sorriso ironico è sufficiente. Ma questa kikolatria produce effetti drammatici, come in Palestina in questi stessi giorni: durante la visita del Papa, la presenza di troppi neocatecumenali stranieri ha impedito a moltissimi cattolici palestinesi di partecipare alla Messa del Santo Padre. La presenza turistica neocatecumenale ha tolto ad un popolo martoriato un'occasione assolutamente unica (i palestinesi non godono di aerei, TV, treni, vicinanza geografica con Roma, lingua italiana, tre pasti al giorno, internet, acqua potabile a volontà...)

(5) Un tormentone kikiano è «portare nel corpo il morire di Gesù». Cosa vuol dire? Non lo sa nemmeno Kiko, che attribuisce la bislacca espressione all'apostolo Paolo. Non saprei dire dove l'ha pescata. La citazione più simile mi sembra Col 1,24 dove san Paolo parla delle proprie sofferenze vissute per amore di Cristo e della Chiesa: "Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa". Completamente diversa dallo spirito che dal 1964 ad oggi ha animato Kiko e Carmen.

(6) Un altro tormentone kikiano è la "destrutturazione" delle famiglie. Considerati i frutti (per esempio il Cammino è un ambiente dove dilagano la depressione e lo sfascio delle famiglie), è inevitabile giudicare l'albero: fa molti più danni la "ristrutturazione" kikiana che la "destrutturazione" della società di oggi.

(7) Kiko è riuscito a nominare il rosario senza utilizzare il termine "rosario". Chissà quanti neocatecumenali capiranno che per "Corona" si intendeva quella del rosario, non la marca della birra. Chissà quanti neocatecumenali, quando parlano di Giovanni Paolo II, sanno che la sua preghiera preferita era il rosario (ma anche se lo sapessero, per loro è più importante Kiko che il Papa).

(8) Fin dal catechismo dei fanciulli si insegna che "altare" non è un sinonimo di "tavola". L'altare è uno spazio specialissimo, uno spazio riservato al Signore, spazio per il sacrificio eucaristico ("fate questo in memoria di Me"). Nella terminologia ecclesiale, da pochi decenni è di moda il termine "mensa eucaristica" (poiché quell'Eucarestia è il "pane disceso dal cielo"). Chi non crede al sacrificio eucaristico, finisce per ridurre l'Eucarestia ad un banchetto festoso con canzonette, discorsini, balletti: riduce la "mensa eucaristica" a "mensa", cioè a "tavola". Come in trattoria.

16 maggio, 2009 09:18
 

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