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La "nuova estetica" introdotta nella Chiesa
da Kiko Arguello

La concezione che ha e trasmette Kiko Arguello riguardo all'estetica e alla simbologia del tempio è del tutto personale, ma la cosa che più colpisce è che tutte le chiese in cui è presente in massa il suo movimento (anche se così non ama definirsi) l'estetica del tempio è uniforme, non è lasciato spazio ad altri artisti o ad altre raffigurazioni del sacro che non siano:

  • Icone (di Kiko Arguello);
  • tappeti che rappresentano la regalità e l'appartenza elemento che contribuisce a creare 'appartenenza' e contemporaneamente 'distinzione': (noi - gli altri);
  • identica disposizione degli arredi (anch'essi disegnati e realizzati secondo le indicazioni di Arguello) ossessivamente riprodotta in ogni Comunità.
  • pletora di simboli che nulla hanno a che fare con la simbologia cattolica
Il tutto secondo una sedicente personale interpretazione del Concilio Vaticano II e con l'aggiunta di simboli ebraici che, oltretutto, tolti dal contesto, acquistano significati diversi dati dallo stesso iniziatore del cammino...

Secondo l'Arguello il tempio deve rappresentare un corpo umano.

Subito dopo il presbiterio in cui è seduto il presidente che è la "testa" della comunità (notare della comunità, non dell'intera parrocchia), vi è l'ambone, grande al centro, così che quando uno va al leggio per fare una monizione o proclamare una lettura dà le spalle al presidente.

L'ambone si trova poco prima dell'altare-mensa, col leggio al centro che rappresenterebbe la bocca, nella stessa posizione della bocca, al centro della testa. Di solito l'ambone è molto ampio ed è collocato, tra il presbiterio e la mensa, perché per il CNC la liturgia della parola è molto più importante della stessa eucaristia; e di fatto si vede come la Santa Eucaristia è trattata nelle comunità (ministri straordinari che effettuano la fractio panis, briciole e frammenti che nessuno vede e di cui nessuno si cura, ragazzini che si scambiano il corpo di Cristo di mano in mano, ecc.). Inoltre l'enfasi data nei Seminari Redemptoris Mater e nella Domus  Galileae al cosiddetto Santuario della Parola che è al posto della Cappella del Santissimo, nel cui Tabernacolo, insieme alle Sacre Specie è conservata la Parola...

Dopo l'ambone, anziché l'altare, si ha l'enorme mensa (stomaco), chiamato appunto semplicemente mensa, questo perché per il CNC l'aspetto più importante non è tanto il sacrificio di Cristo, ma il banchetto escatologico.

Subito dopo la mensa-altare vi è il fonte battesimale, al centro del tempio. La ragione è che il fonte battesimale è l'utero da cui sono generati i cristiani, per cui anche l'utero, come la bocca, sta al centro.

L'assemblea, infine, è seduta tutta intorno alla mensa (stomaco) e rappresenta, nella visione kikiana, le membra del corpo che si nutrono del banchetto escatologico che si svolge attorno alla mensa.

C'è da sottolineare che con la devastazione del Tempio Cristiano, che esplicita la ribellione alla Santa Dottrina, il Cammino ha portato la sovversione alle estreme conseguenze. Basta entrare nelle "nuove" Chiese segno di questa "nuova estetica"per notare la "orizzontalizzazione" della religione. Per cui non si è più in presenza della Adorazione ma dell'abbassamento della Religione a elemento della sociologia e terapia psicologica!

Cristo Dio, la Beata Vergine, diventano "simboli" e la Liturgia si trasforma in EVENTO! Per questo le Chiese sono Teatri! Nella forma e nella VITA.

Le "innovazioni" architettoniche sono funzionali ad una "nuova" teologia che risponde ad una "nuova" liturgia: osservando gli spazi liturgici si comprende la liturgia e la teologia che essa esprime. Ritenere gli stili architettonici del passato come "datati" e "reinventare gli spazi" sono alibi per minare alle fondamenta taluni fondamentali elementi del deposito della Fede cattolica. Fosse solo una questione estetica!

La 'nuova estetica' portata avanti da Kiko Arguello, veicola l'idea che questa salvezza è legata ad una risposta collettiva piuttosto che individuale, che una realtà come il cammino neocatecumenale può dare attraverso la complessa costruzione che sta a fondamento dei suoi insegnamenti, trasmessi anche attraverso canoni estetici e simboli antichi da lui reinterpretati arbitrariamente. Un pensiero ed una costruzione che costituiscono una sfida per il cambiamento. Ma è un cambiamento che porta dove? Alla Verità e Bellezza di Cristo o a perdersi nell'affascinante immaginifico mondo dell'iniziatore di tutto questo?

La accesa critica, diffusissima nel cammino, sulla cosiddetta 'sciatteria' della Chiesa è finalizzata a mettere in risalto l'estrema cura (maniacale nella sua uniformità e ripetitività) degli 'addobbi' neocat, e non corrisponde alla verità, ad eccezione di qualche caso di scarsa attenzione che certamente esisterà, ma che non è realtà generalizzata come si vuol far credere.

Per quanto facile la sua azione - finora nessuno lo ha fermato - Kiko non ha giustificazione alcuna per condurre la sua opera di smantellamento dell'ortodossia cattolica, pretendendo di sostituire ad una solida estetica preesistente e millenaria un'estetica da quattro soldi, a maggior ragione se la si considera sotto l'aspetto teologico oltre che artistico, se di vera arte si può parlare.

Non dimentichiamo poi che la questione investe anche la prassi sacramentale e che i sacramenti sono gesti concreti, che si servono di segni materiali. Il segno è sempre visibile, ma è sempre segno di qualcosa di non visibile: la res sacramenti che attraverso il segno si comunica. Lì c’è la forza della liturgia. Questa res non è percepibile quando la liturgia diventa teatro, autocelebrazione costruita da noi. E proprio quando succede questo, la liturgia diventa qualcosa di pesante. Non ha senso andare ad assistere alla stessa pièce teatrale ogni domenica.

I segni sacramentali si presentano con la fisionomia dell’umiltà. Sono semplicissimi, ordinari, poveri: l’acqua, il pane, il vino, l’olio. Non si tratta di fare impressione, di fare scena con effetti speciali. La liturgia coi suoi gesti ripetuti e discreti suggerisce, è suggerimento di realtà invisibili di cui si vedono gli effetti. E il soggetto dell’azione liturgica e sacramentale è Cristo stesso. L’azione liturgica e sacramentale non è una tecnica pubblicitaria per influenzare, ipnotizzare, plagiare.

"Buttare" la "riserva eucaristica" in una cappella laterale, magari separata, e centrare il culto sull'"assemblea" e sul suo "presidente" e su simboli estranei alla Chiesa, qualcosa dovrà pur dire, anche a chi non comprende complicati simbolismi!

Simbologia presente nell'architettura delle nostre chiese. È bene chiarire:

Il paradosso è che la mania kikiana per l'ebraismo si manifesta in tanti dettagli, ma non coglie l'essenziale e cioè che la disposizione architettonica delle chiese, più vicina alla tradizione giudaica, è quella tradizionale: il tempio di Gerusalemme era costituito da cortili concentrici ed in successione, in modo che si dovessero attraversare, per avvicinarsi al sancta sanctorum. Si attraversavano in modo graduale, a seconda dell'appartenenza: il primo cortile, dei pagani, era frequentato da tutti; ad esso corrisponde l'atrio delle basiliche cristiane (un tempo di tutte le chiese, ora sostituito dal sagrato), in cui potevano entrare tutti, anche i catecumeni; la seconda divisione era data dal cortile delle donne, in cui potevano stare uomini e donne israeliti, ma non altre persone; ad esso corrisponde la navata della chiesa, in cui possono stare tutti i battezzati, maschi e femmine (un tempo gli ostiari avevano il compito di fare uscire fuori dalla navata i non battezzati, prima della celebrazione sacrificale); vi era poi il cortile di Israele, in cui potevano transitare solo i leviti, prospiciente al tabernacolo dell'alleanza, sede della presenza di Dio (in questo cortile si trovava l'altare dei sacrifici sopraelevato); ad esso corrisponde il presbiterio, separato dagli altri ambienti dalla balaustra (o da altre strutture, e sopraelevato). In questo luogo si trova l'altare per il sacrificio, sopraelevato da terra. Oltre il cortile di Israele, si trovava il tabernacolo dell'alleanza, accanto al quale ardevano incessantemente le lampade ad olio, ed era coperto da un velo (squarciato dalla morte di Cristo).
 

Poteva entrarvi solo il sommo sacerdote (non i leviti) e solo per la festa dell'espiazione. L'omologo è ovviamente il tabernacolo, accanto a cui ardono incessantemente le lampade, davanti al quale vi è il velo del conopeo, simbolo tangibile dell'identità della chiesa cattolica con il Tempio di Gerusalemme, figura dei templi cristiani. Tempio del sacrificio cruento e preparatorio, senza grazia, ma figura del tempio in cui avviene il vero sacrificio, con la grazia. Poiché l'eucaristia è sempre un sacrificio propiziatorio ed espiatorio, è sempre possibile per il sacerdote (un tempo di norma solo per lui), aprire il tabernacolo. Ovviamente anche nel tabernacolo vi è la presenza di Dio: mentre nel sancta sanctorum era simbolica e figurale, in questo caso è reale e sostanziale.

La perfetta identità tra tempio ierosolimitano e chiesa, è talmente evidente che ogni commento è superfluo. È solo per ottusa superbia da parte dei "dotti" liturgisti, che si è pervertita una tradizione risalente a Salomone, ma nei suoi archetipi addirittura a Mosè. 3500 anni di tradizione buttati via, perchè qualche emerito signor nessuno preferisce un tavolino con sopra fiori sparsi, candelabri ebraici (ma non la Croce)!!!

C'è da sottolineare anche che la devastazione del Tempio Cristiano, che esplicita la ribellione alla Santa Dottrina, precede il Cammino che ha invece portato la sovversione alle estreme conseguenza. Basta entrare nelle Chiese di ispirazione neocatecumenale per notare la "orizzontalizzazione" della religione. Per cui non si è più in presenza della Adorazione ma dell'abbassamento della Religione a elemento della sociologia e terapia psicologica!

Cristo Dio, la Beata Vergine, diventano "simboli" e la Liturgia si trasforma in EVENTO! Per questo le Chiese sono Teatri! Nella forma e nella VITA. Per cui se tanto mi dà tanto, Kiko può rispondere dicendo: guardate le Chiese! Io faccio meglio! La china si corre sulla sovversione della Fede!

Il cammino è tutto meno che qualcosa che cammina, è qualcosa di molto statico.

La descrizione del tempio ebraico dà l'idea di uno spazio articolato in cui ci si muove verso... Anche le nostre chiese 'orientate', con la navata più o meno lunga, come pure le chiese post conciliari dove lo sguardo spontaneamente si dirige verso l'altare, che è sempre sopraelevato rispetto al luogo dell'assemblea, ci danno l'idea di un movimento.

Nelle chiese di Kiko lo sguardo, che è l'unica cosa che si può muovere, visto che si sta sempre fermi al proprio posto, può andare solo al centro, al massimo può fare un movimento circolare ( v. corona misterica) e poi tornare al centro.

Nonostante il cammino si ispiri ad Abramo, è la cosa più ferma che ci sia:
- le catechesi sono sempre uguali, e copiate identiche in tutto il mondo
- la missione è sempre la stessa finalizzata a clonare la comunità madre
- si dà sempre la stessa interpretazione della Scrittura
- le persone non crescono mai, incastrate come sono nei loro ruoli all'interno del cammino
- il Mistero viene banalizzato, reso facilmente comprensibile alla mente umana, perdendo la dimensione di apertura, e quindi il movimento, verso l'Altro.
- anche la vita morale diventa una legge imposta e non frutto di libera scelta ( e tutti fanno le stesse cose che un catechista ha detto di fare).

Insomma le nuova estetica dimostra bene cosa è il cammino: una specie di posto fisso, un luogo in cui installarsi e non avere più problemi per tutta la vita. C'è da aggiungere che il CN è un meccanismo che è strumentale a se stesso. Per sintetizzare una sorta di mondo di Matrix, in cui l'essere umano è importante in quanto mantiene il Cn in vita.

Un perché viene spontaneo: perché le icone, gli arredi, sono tutti identici? Perché mettere a ripetizione solo le icone di Kiko? Con un milione di neocat nel mondo, ci sarà qualche artista, qualche musicista in grado di creare qualcosa di nuovo?

Ma in realtà nulla deve crescere di nuovo, nessuna iniziativa personale viene incentivata. Tutto deve provenire solo dai fondatori: la parola, le musiche, i disegni.

Questi fatti rendono evidente che si tratta di una setta, in cui l'adepto è schiavo, non perchè non si inginocchia(1) - altra loro peculiarità - ma perchè non può far altro che riprodurre quanto detto o fatto da kiko. Gli artisti del cammino possono solo copiare, perchè l'unico vero artista ispirato è Kiko!!!

La nuova estetica di Kiko in effetti è grossolana e noiosa, per quanto eversiva della grande tradizione iconica e simbolica. Quel che la rende ancora più pesante ed indigesta è il fatto di rientrare in un 'programma' globale di riforma della Chiesa - vi ricorda qualcosa? - in cui nessun aspetto della fede cattolica viene lasciato in pace a causa di una furia sovversiva senza precedenti.

La fortuna di Kiko è di vivere nell'epoca odierna, dominata dall'indifferenza e relativismo, dal secolarismo, dal denaro, dalla brama di potere, anche nella stessa Chiesa, purtroppo. Se si fosse apertamente manifestato qualche cinquantennio fa, il santone spagnolo sarebbe stato raggiunto da anatema; qualche secolo fa, sarebbe stato solennemente scomunicato; alcuni secoli addietro, messo al rogo senza troppi indugi.

Il problema è che nell'epoca attuale soprattutto le chiese cattoliche sono diventate sempre più un 'contenitore' di persone, un luogo in cui si raduna semplicemente un’assemblea, spesso adattata ad attività anche differenti da quella cultuale.

Non di rado, è diventato un luogo per accogliere messaggi di tipo meramente morale o sociale.
Al suo interno, la raffinatezza dei manufatti, che un tempo lo impreziosivano, ha lasciato il posto ad opere che riflettono il carattere problematico e angosciante dell’arte contemporanea oltre ad essere, molto spesso, anche di dubbio valore artistico.

Così, il tempio della fede cattolica non rimanda più ad alcuna profonda verticalità religiosa poiché i residui significati spirituali continuano ad essere stravolti, svuotati, polverizzati e le soluzioni architettoniche e artistiche sacre manifestano, ogni giorno di più, l’incapacità dell’uomo attuale di rapportarsi con la sfera divina e, al contempo, indicano un’ossessionante concentrazione e ripiegamento su di sé che nulla hanno a che vedere con l’antico atteggiamento ascetico.

I templi riprogettati secondo l'estetica neocatecumenale riflettono perfettamente questo declassamento da luogo dello spirito, indipendentemente dalla quantità di persone che lo frequentano, a luogo dell'uomo assembleare, che perde ogni funzione simbolica ogni volta che le persone escono, nel senso che è la presenza degli uomini e non più quella di Dio a legittimare la sacralità del luogo. Uscite le persone e chiuse le porte, il tempio diventa un edificio qualsiasi...

L'involuzione operata dalla dottrina neocatecumenale si muove dunque nel pieno della desacralizzazione della fede promossa ed attuata dal modernismo razionalista che si è imposto all'indomani del Vaticano II.

È davvero singolare che a richiamarci ad una visione più coerente con la nostra fede su questo argomento è un santo di altri tempi come San Massimo il Confessore. Già nel VII secolo aveva chiarissima la concezione del tempio cristiano come luogo di elevato valore simbolico, ossia collegato a ciò che è l’uomo in se stesso e a ciò che è il cosmo e l’uomo in relazione a Dio.

L’uomo antico, a differenza di quello contemporaneo, aveva una visione unitaria e solida di se stesso e del mondo che lo circondava. Per San Massimo la chiesa è figura e immagine dell’universo intero, composto di essenze visibili e invisibili in quanto essa presenta la medesima unità e diversità di questo.

Come nel creato, nella chiesa esistono cose visibili, sotto lo sguardo di tutti e cose invisibili, sulle quali non è possibile posare lo sguardo. Nella sua "Mistagogia", san Massimo afferma che la chiesa, in quanto tempio di Dio, non è un semplice luogo di riunione dei fedeli, come lo è per quanto riguarda le riunioni sociali, ma il luogo per eccellenza della comunicazione spirituale e dell’elevazione mistica. I due mondi ai quali la chiesa simbolicamente rimanda, mondo sensibile e mondo intelligibile, si rapportano a Dio e in Dio.

«Diciamo ancora che la santa chiesa di Dio è un uomo: essa ha per anima il santuario, per intelletto l’altare divino e per corpo la navata poiché è immagine e somiglianza dell’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio. Attraverso la navata, come attraverso il corpo, essa propone la saggezza morale; attraverso il santuario, come attraverso ad un’anima, essa spiega spiritualmente la contemplazione naturale e, attraverso il divino altare, come attraverso l’intelletto, rivela la teologia mistica»

Sono parole di una lucidità esemplare, che i sostenitori del credo modernista e razionalista diffuso nella Chiesa post-conciliare farebbero bene a meditare profondamente.

Invece, per l'inerzia e/o l'indifferenza delle gerarchie - che si ripercuotono nelle diocesi e nelle parrocchie - si sta consentendo alla più radicale delle minacce alla Chiesa di dilagare ed imperversare impunemente.

Siamo diventati una religione debole, purtroppo: debole nelle persone che generalmente la rappresentano, debole nei fedeli che la professano, debole nel rispetto dei dogmi e delle norme.
Vi sono, naturalmente, delle rispettabilissime eccezioni, ai vertici come nella base della Chiesa, ma il contesto generale è questo.

Quando mai la religione islamica o quella ebraica avrebbero tollerato la nascita nel loro seno di un movimento che stravolgesse radicalmente il Corano o la Torah, usi, tradizioni, consuetudini sacre e perfino l'architettura dei loro templi!

Papa Benedetto XVI è in controtendenza rispetto a tale debolezza diffusa in virtù del suo temperamento, della sua personale formazione di teologo e della sua pregressa esperienza da cardinale. Ma è anche vero che rimane sostanzialmente isolato, per l'inerzia o l'ignavia di quanti dovrebbero senza ulteriori indugi manifestargli apertamente il loro appoggio in Vaticano.

Con Giovanni Paolo II, molti alti prelati evitarono di prendere posizione contro il Cammino, si disse, per non suscitare amarezza nel Santo Padre che lo apprezzava, finché  non ha conosciuto meglio questa realtà, tentando di cattolicizzarla attraverso gli Statuti da lui pretesi e ottenuti dopo svariate insistenze, dai NC peraltro mai rispettati

Adesso, con un Papa particolarmente attento al rispetto della tradizione della Chiesa e non particolarmente accondiscendente verso i neocatecumeni, cui ha rivolto altresì finanche ammonimenti ufficiali (che loro spacciano per incoraggiamenti) e con le conoscenze che si hanno oggi del Cammino, quale altra scusa sarà accampata per evitare di prendere posizione in difesa dell'integrità della Chiesa cattolica?

Se avverrà il disastro della approvazione degli statuti, con dilagamento incontrollabile di questo Cammino deleterio e distruttivo, sapremo che la colpa principale sarà di quanti potevano opporsi, avendone compiuta conoscenza, e non hanno mosso un dito.

Ma poiché non basta dire la verità, se non si scoprono e non si ribattono gli errori, è piaciuto al santo sinodo aggiungere questi canoni, di modo che tutti, conosciuta ormai la dottrina cattolica, sappiano anche da quali eresie devono guardarsi e devono evitare.(dalla premessa ai canoni del Concilio di Trento)

Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, sedotti dall’ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza. (1Tim 4,1)


(1)  Ai neocatecumenali viene insegnato e rigorosamente applicato, di rimanere inesorabilmente in piedi anche durante la Consacrazione... Una delle motivazioni è che sono gli schiavi che si inginocchiano, invece loro sono gli eletti il nuovo Popolo dei salvati. Un'altra è più sottile: nell'ebraismo il sacerdote è "colui che sta in piedi" davanti a Dio e, quindi, è l'atteggiamento del "nuovo popolo sacerdotale" (enfatizzazione di tipo protestante del sacerdozio regale di ogni cristiano rispetto a quello ordinato). In effetti tutti i cristiani, in quanto Risorti in Cristo, restano in piedi o si alzano in piedi durante le preghiere della celebrazione; ma di fronte alla Presenza Reale del Signore, in segno di rispetto e di adorazione si inginocchiano (a meno che non ne siano fisicamente impediti). “Una fede o una liturgia che non conoscano più l’atto di inginocchiarsi, sono ammalate in un punto centrale” (Joseph Ratzinger, “Introduzione allo spirito della liturgia”, pagina 190).

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