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Catechesi che allontanano dalla Verità

Continuiamo ad esporre le principali idee contenute nelle catechesi che Kiko fa agli aspiranti al Cammino Neocatecumenale, a dimostrazione degli errori in esse contenuti e a riprova che esse non corrispondono a quanto insegnato da sempre dalla Chiesa cattolica.

Com'è nostro metodo, riporteremo le pagine e i capoversi del testo in cui sono contenute le catechesi, per permettere a tutti di poterle confrontare per constatare che quanto diremo non sono estrapolazioni o calunnie nei confronti del fondatore del Cammino.

Kiko presenta il Cammino neocatecumenale come un cammino di conversione (OR pag. 10), un cammino che crea la koinonia. E questa sarà opera di Cristo che è "l'inviato dal Padre per distruggere tutte le barriere che separano gli uomini e formare la koinonia, la comunione fra gli uomini, la Chiesa" (pag.11). Ma la barriera fondamentale che sta sotto tutte le altre barriere che dividono gli uomini, secondo Kiko è la paura della morte (pag.11) "Noi uomini siamo tutti attanagliati dalla paura della morte, a causa di essa siamo tutti schiavi del peccato, siamo tutti schiavi del male. La legge (ma quale?) ci dice che bisogna amare l'altro, ma se amiamo l'altro moriamo perché ci distrugge e noi non vogliamo morire.  [Vuol parlare di cose spirituali, ma si sofferma unicamente sul piano psicologico]. Per questo non possiamo amare... non possiamo passare all'altro, amarlo, perché la paura che ho della morte me lo impedisce. Perché ho paura della morte? Perché ho fatto un'esperienza di peccato [passa dal piano psicologico a quello spirituale]. Il peccato è un'esperienza di morte a livello esistenziale e ontologica (?). Gesù Cristo è venuto ed è stato risuscitato dai morti dal Padre per spezzare la morte e porre gli uomini in comunione (OR pag.11, par 3-4-5) [tutti i suoi discorsi così: parla di Gesù Cristo senza mai dire CHI è](1)

Questo è il primo annuncio del Kerygma che Kiko si ripromette di fare in un modo più ampio successivamente. Per ora si limita a dire che il Regno di Dio sta arrivando con loro (pag.13) e che noi nonostante la nostra povertà sperimenteremo la salvezza che Gesù ci porterà (pag.13).

Però, per arrivare a questo, è necessario scoprire che siamo ciechi (pag.13) e che Gesù è l'inviato del Padre per curare la nostra cecità (pag.14). Per questo dobbiamo invocarlo. E se lo faremo (anche per 15.000 volte come il Pellegrino russo) saremo esauditi (pag.15) Inoltre, come dice il cieco nato di cui parla Giovanni, dobbiamo andare alla fontana a lavarci per poter essere guariti. Questo tempo del neocatecumenato è proprio quello in cui vedranno Gesù e ci apre gli occhi (pag.17). Ora Gesù nel precatecumenato (pag.46-47) scoprirà che ciò che aliena l'uomo e che l'opprime non sono le strutture, i complessi materni o paterni, perché l'uomo è molto più di questo. Gesù ci dice che ciò che aliena l'uomo realmente non è soltanto la realtà socio-economica né psichica (e poi la scienza scoprirà anche altre tare nell'uomo, altre catene) ma ciò che opprime realmente l'uomo è il peccato (p.47). Ma a questo punto Kiko dice: “evidentemente non parlerete a nessuno oggi di peccato perché vi farebbe una risata in faccia perché il mondo è secolarizzato. Occorre dirlo in un altro modo: che l’uomo ha paura della morte perché ha sperimentato la morte” (pag.47)

Notazione: Ma se anche il discorso di Kiko sembra scivolare sul campo teologico che è proprio del peccato, in realtà egli rimane sempre su un piano strettamente psicologico e non più su quello della rivelazione. Infatti a pag. 48, par 5 egli dice: ”per noi qual è il problema radicale dell’uomo? Qual è il male profondo? … l’uomo è schiavo della paura che ha della morte, per questo cerca la vita, tutto è basato su questo”.  A pag.49 dice: “l’uomo è schiavizzato dalla paura che ha della morte. Ha sperimentato la morte perché ha mangiato dell’albero che è simbolo del peccato, ha paura delle morte e cerca la vita”… Eva quando mangia il frutto dell’albero, dice Kiko, accetta la catechesi del maligno che le ha detto che Dio non la ama perché il suo comando di non mangiare il frutto pena la morte è falso, perché chi lo fa diventerà come Dio. Eva mangiando il frutto accetta la catechesi del Maligno… e quindi accetta “che Dio non esiste, che Dio non è l’amore” (pag.49,2). Ma perché noi esistiamo? perché Dio ci ama. Negando che lui è amore cessiamo immediatamente di essere! [non cessiamo di essere ma di avere con Dio un rapporto di amore] e per questo - continua Kiko – ci sentiamo perduti, ontologicamente (?) morti  per cui l’uomo si sente accerchiato dalla paura della morte (pag.49) che rappresenta un simbolo che annunzia la distruzione totale della sua realtà.

Ma l’argomento di Kiko sul peccato passa dalle conseguenze logiche sul concetto di creazione a quelle sulle motivazioni della stessa creazione. Anche se tutta la creazione è una manifestazione della potenza e dell’amore di Dio, che proprio perché è amore è diffusivo di se stesso e tende ad espandersi – la finalità della creazione stessa sta nella manifestazione della gloria e della potenza di Dio. Soltanto nella creazione dell’uomo, ci dice la rivelazione, Dio ha voluto associare questo essere intelligente e libero, l’unico della creazione, al suo stesso destino, chiamandolo ad un fine soprannaturale, quello della partecipazione alla sua vita divina; fine che non era necessario concedere all’uomo per manifestare la gloria infinita di Dio.

Ora l’uomo, commettendo il peccato, sa che questo fine soprannaturale gratuito aggiunto al dono della sua creazione, egli non lo raggiungerà più, perché ha perso il legame, la condizione che gli avrebbe permesso di raggiungerlo: la Grazia santificante. Egli però non perderà la sua esistenza ontologica, proprio perché è composto anche di un elemento spirituale e perciò immortale;ma non raggiungerà più il fine di quella esistenza che Dio gli aveva dato chiamandolo alla partecipazione della vita soprannaturale. In seguito a questa impossibilità sorgerà nell’uomo una dicotomia inscindibilmente insita nel suo essere, per cui l’obiettivo vero e ultimo della sua vita: “l’unione con Dio”, non potrà più raggiungerlo rimanendo per questo eternamente infelice.

Ma l’esperienza del suo atto di peccato l’uomo l’avrà soltanto dopo aver provato quello che gli era stato annunziato sarebbe avvenuto dopo la sua disubbidienza.

L’uomo conoscerà l’esistenza di una morte prodotta dalla sua disubbidienza, ma non saprà veramente in cosa consisterà se non dopo averla provata. Per questo il sapere che esiste una pena durissima come la morte no  significa che questa morte diventa la causa della sua colpa. Non è infatti né la pena di morte che viene comminata a seguito di un delitto a trattenere il delinquente dal commetterlo. Tutti concordano nell’affermare che non è la paura della morte a distogliere gli assassini dai loro delitti. La paura del patibolo non ha tolto mai ai delinquenti né la volontà né la possibilità di commettere delitti perché l’atto criminoso che essi compiono rappresenta per molti in quel momento lo scopo ultimo della loro vita.

Per questo ci sarà chi può morire per la gloria, per l’onore, per il piacere, per l’amore verso una persona, per la politica ecc. Più grande sarà il desiderio di raggiungere quel fine e la morte da affrontare procurerà meno paura. La morte diventerà la misura e non la prigione dell’amore. Non c’è amore più grande di quello di uno che è capace di dare la vita per i propri amici.

Ma per Kiko questa legge non vale. Egli, pur affermando che l’uomo è fatto per amare, mette questo amore nella ricerca e soddisfazione esclusiva di sé, per cui odierà qualunque persona, cosa, fatto o avvenimento che gli impedisce di amare, di volere il suo bene in modo esclusivo. Questa conclusione sarebbe logica se si parlasse di amore, ma non lo è quando non se ne conosce l’essenza. Ora, l’amore sta proprio nella donazione di sé all’altro. Amare, è un verbo transitivo attivo;il che indica un’azione che dal soggetto passa all’oggetto. Quindi, se uno ama una cosa è quando su questa trasferisce il suo desiderio di bene. Invece il verbo intransitivo riflessivo indica che l’oggetto si riflette sul soggetto.

Questo è il senso molto verbale della parola e in questa donazione di sé consiste l’essenza dell’amore. Questa verità l’aveva capita benissimo S. Agostino che pur con tutte le sue esperienze negative è arrivato a concludere che “Quando si ama veramente non si sente la sofferenza e, se questa si sente, anche questa viene amata: ubi amatur non laboratur aut si laboratur ipse labor amatur. L’egoista, il sensuale, il materialista, l’ateo non potrà mai capire la gioia di un padre, di una madre, di un amico che è capace di morire per far vivere ancora la persona che ama. Vedi l’esempio di p. Kolbe che dona liberamente la sua vita per salvare quella di un prigioniero come lui. Come pure l’esempio del carabiniere Salvo D’Acquisto, che si fa fucilare accusandosi di aver commesso un fatto per cui stavano per essere fucilati diversi innocenti, ecc.

Ma Kiko non ha capito niente di tutto questo, per cui anche se i suoi ragionamenti hanno una parvenza di logicità sul piano di una certa psicologia, non l’hanno assolutamente sul piano della natura del vero amore a cui l’uomo aspira con tutto il suo essere.

A questo punto vogliamo riassumere alcune assurdità del ragionamento di Kiko, che se accettate porteranno ad ulteriori assurdità sia sul piano della ragione che della rivelazione.

  1. Kiko, conoscendo i testi della rivelazione dovrebbe sapere che il Signore ha predetto ad Adamo ed Eva la morte solo se avessero disobbedito al suo comando;per cui la morte è venuta dopo il peccato e non è, come afferma Kiko, la causa dello stesso.

  2. ne consegue che l’uomo è libero di scegliere sia di compiere il gesto che può portarlo alla morte come di non farlo. Anche compiendo il gesto proibito l’uomo agisce in piena libertà guidato solo dalla sua volontà per cui scegli di compiere un’azione piuttosto che un’altra. La Storia della Salvezza non è altro che liberare la volontà dalle schiavitù del male

Adamo, mangiando il frutto proibito, lo ha fatto non perché aveva paura della morte minacciata da Dio ma per un motivo di superbia: essere come Dio. Il vero motivo che ha spinto Adamo al frutto proibito è stata perciò la speranza di ottenere una vita superiore e migliore di quella che aveva. Ha quindi agito per amore di se stesso, per puro egoismo, per superbia e non certamente per paura della morte.

Del resto egli non aveva ancora questa paura perché non ne aveva fatto ancora alcuna esperienza. Anche dopo essere stato cacciato da Dio dal Paradiso terrestre non sperimenterà subito che cos’è la morte. La conoscerà soltanto quando dopo un certo tempo il figlio Caino ucciderà il fratello Abele. Soltanto in quel momento Adamo ed Eva capiranno le vere conseguenze del peccato; la separazione da Dio e la sottomissione alla morte, comprendendo così che la scelta da loro fatta non li avrebbe portati come promesso dal demonio alla pienezza della vita come Dio. Proprio perché hanno capito questo, Adamo ed Eva non accuseranno mai Dio di averli costretti alla disobbedienza con la minaccia della morte; anzi, dopo l’uccisione di Abele, comprenderanno che quella minaccia annunziata da Dio non li avrebbe portati a disobbedirgli. È quanto dirà l’Apostolo Paolo parlando della legge che ci fa conoscere sì il peccato ma che non ci costringe a farlo. L’affermazione di Kiko sulla paura della morte come causa del peccato porta anche ad altre conclusioni inaccettabili sul piano della fede e della ragione.

È impossibile infatti capire come Dio metta nel cuore dell’uomo da lui creato il desiderio della felicità e lo punisca poi quando questo per raggiungerla segue una certa strada, quella del peccato. In questo caso avremo un Dio sadico, non sapiente né misericordioso. Ammessa l’impossibilità dell’uomo di evitare il peccato, cade anche la sua imputabilità e quindi la sua responsabilità e libertà. Il peccato infatti non sarebbe più una ribellione alla legge di Dio e quindi un’ “offesa” fatta a Lui. Nasce da questa conclusione anche l’altra: che l’uomo non deve far nulla per riparare il peccato perché non può fare altrimenti.

Il mistero centrale della fede cristiana, quello della Redenzione operata da Gesù non ha più ragione di essere. La morte di Cristo in Croce, ammessa la teoria di Kiko, non è più un sacrificio espiatorio come insegna la Chiesa. E questa non ha più motivo di esistere, come pure non lo hanno né il Papa né i vescovi né i sacerdoti e neanche Kiko con il suo Cammino Neocatecumenale. A che serve questo cammino che dura vent’anni quando alla fine la Chiesa salva tutti?  

Come ultima conclusione deriva che il Cammino NC è inutile se il motivo della sua esistenza diventa perciò un altro: creare un fondo che alimenta le manie del suo fondatore. Si intuisce così fin dalle prime pagine della Catechesi NC che, nonostante quanto è stato fatto dire anche da un’autorevolissima persona, che non ci troviamo di fronte a un “dono dello Spirito Santo per gli uomini del nostro tempo”.

Il fondatore del Cammino, in una sua visione carismatica ha forse capito male il messaggio che gli veniva rivelato da un personaggio che nel deserto aveva già fatto lo stesso tentativo verso Gesù... e invece di capire che il suo compito era di "affondare" la Chiesa, ha creduto che gli venisse fatto il dono di "fondare" la Chiesa. Ce ne dispiace moltissimo per lui, perché dovrà attendere molto, ma invano, quel giorno. Infatti c'è stato un Altro che ha fondato la Chiesa e che ha detto che le potenze dell'inferno non prevarranno mai contro di essa (Mt 16,18).

Per questo, nonostante la strenua difesa di tanti “interessati” il Cammino NC sparirà dalla storia.
Don Gino Conti
21 Aprile 2008



(1) A dimostrazione di questo, inseriamo lo stralcio di un dibattito svoltosi nei giorni scorsi sul Weblog (lo stile è quello discorsivo della discussione, il contenuto è significativo)

Peccato che sui "mamotreti" (testi delle catechesi NC note solo ai catechisti) non ci sia scritto da nessuna parte CHI È Gesù Cristo... si parla di Lui ogni tanto, ma non si dice mai CHI È e se tu non sai CHI È una persona, prima di sentir tutte le altre ridondanti parole, come puoi dire di conoscerla?

A parte il fatto che "conoscere" il Signore nasce da un "incontro" con chi a sua volta l'ha davvero "conosciuto" e questa "conoscenza" crea un rapporto vivo e vitalizzante per mezzo del quale essa non si esaurisce mai, ma si arricchisce sempre di più!!!

Alla domanda CHI È Cristo Alessandra risponde: Il Verbo che si è fatto carne Dio sceso in terra perchè gli uomini vedessero comprendessero e si convertissero

La Chiesa ci annuncia e noi accogliamo e viviamo che Gesù è Dio, che ama tanto l'uomo da mandare il Suo Figlio a INCARNARSI nel corpo di una donna e che quindi è vero Dio e vero uomo, non perché vedessero credessero e si convertissero (e sei pure catechista?) ma per "prendere su di sé" (Agnus Dei qui "tollit" =prendere su di sé, non togliere) tutto il peccato del mondo, lavarlo nel Suo Sangue Prezioso sulla Croce e in questo modo Redimere l'uomo, attraverso la sua Morte e la sua Risurrezione... e poi ricondurlo nel seno del Padre, attraverso la sua Ascensione...

E così "a tutti quello che lo accolgono...ha dato il potere di diventare figli di Dio", ma non di "avere la natura divina" come dice Kiko (è panteismo, nella migliore delle ipotesi, altrimenti è superbia) ma di "partecipare alla natura divina". Quella che i Padri della Chiesa chiamano Theosis è sì divinizzazione, ma per partecipazione, e la nostra natura non cambia ma è natura umana divinizzata, intessuta di Vita eterna... ed è un'adozione a figli nel Figlio, non i "Figli di Dio che ricevono la sua stessa natura" come insegna Kiko riferendosi solo ha chi ha lo Spirito Santo, a chi ama il nemico, cioè i neocatecumenali!

E se hai lo Spirito Santo questo chi può dirtelo? Il tuo cuore che esplode di gioia e riesce a rispondere al Padre con una vita orientata a Lui e che in questo acquista il suo senso o te lo deve dire il catechista, il solo depositario delle chiavi del tuo cuore della tua anima e della tua mente? Ammesso che la Fede sia solo una questione di sentimento e di emozioni e non ci rimandi anche ad un "oltre" e non coinvolga anche e prima di tutto volontà  e ragione...

Nel cammino trovi tante persone che ti riempiono di tante citazioni ma non ti sapranno trasmettere LUI.

Nessuno può AMARE chi NON CONOSCE BENE! Conoscenza che viene da un "annuncio" è che è una rivelazione... e poi l'incontro vitale con l'Annunciato che è reso Presente da un annuncio vero diventa esperienziale e operante e approfondito nella vita di fede (affidamento, sequela) che si instaura più viva e concreta.

Non stiamo parlando dell'incontro col cammino ma dell'incontro col Signore Risorto. Il cammino è infarcito di riferimenti e enfatiche affermazioni e esaltanti emozioni sugli effetti di questa risurrezione, ma se tu non sai cosa ha FATTO E OPERATO il Signore prima di risorgere e PERCHÈ e PER CHI, come fai a incontrarlo davvero? E a conoscerlo davvero? e a lasciarti trasformare davvero?

Ma come puoi lasciarti trasformare se ti dicono anche che Lui non è un modello? (testuali parole dell'iniziatore). Se il Padre, nell'Eucaristia e nella preghiera e nella frequentazione della Scrittura e nella vita sacramentale nella Chiesa, non genera in noi l'immagine del Suo Figlio, che cos'è la fede che si celebra e si professa?

Riesci a intuire la differenza tra le citazioni e "trasmettere LUI"? Tra "sapere" e "conoscere"?
Conoscere in senso biblico indica il rapporto intimo coniugale (conoscenza che nasce da profonda intesa e comunione fisica e spirituale). I cristiani "conoscono" il loro Signore e possono parlare solo dalla pienezza del cuore e non dalle catechesi imparate a memoria e se dico imparate a memoria lo dico con cognizione di causa, perché SAPPIAMO e lo sai anche tu che è così e che i catechisti non sono altro che i megafoni, i ripetitori acritici delle catechesi dell’iniziatore. Mentre i cristiani veri conoscono Cristo, il Vivente, il Risorto che ormai è Presente fino alla fine dei tempi nella storia nella Chiesa e nella nostra vita.

Per questo dicevo che è importante che qualcuno annunci innanzitutto CHI È Cristo. Il Figlio di Dio Nato Morto e Risorto per me per te per tutti: il Vivente che ci dona continuamente la Sua Vita se apriamo il cuore non solo nella preghiera e nei sacramenti ma anche quando, nell'incontrare gli altri, nel pensare, nel decidere, nell'agire, "facciamo" la volontà del Padre.

E CHI È Cristo fa parte della Rivelazione e questo è il primo annuncio da fare a chi non è credente. E, se quando glielo dici il tuo cuore è acceso dalla Sua Presenza non puoi non mostrarlo; ma devono essere parole impregnate di quella Presenza che hai se davvero innanzitutto lo hai accolto perché sai CHI È e cos'ha fatto e fa per te continuamente...

E ribadisco che non c'è una catechesi di Kiko in cui si dice CHI È Cristo, perché Kiko ha scartato la Rivelazione, che è la linfa della Fede Cattolica. I suoi insegnamenti sono pieni di flash, di immagini altisonanti, di simbolismi coinvolgenti, di parole di Cristo strumentalizzate ad usum cammini, ma "il cuore" della Fede Cattolica dov'è?

Nel cosiddetto Kerygma kikiano c'è un Cristo citato solo in rapporto a cosa fa e fa fare il cammino quindi a cosa è e fa essere il cammino... in sostanza non è il Cammino che si configura a Cristo, ma viceversa... e scusa se è poco

Nei neocatecumenali c'è la ricerca esasperata di fatti ed eventi concreti, di momenti straordinari, di eventi "catastrofici" che manifestano, simil-via di Damasco, l'intervento di Dio nella loro vita.

E se così non è anche per l'interlocutore, allora è un misero che non merita attenzione.

La storia della chiesa, la storia dei santi, eccenzion fatta per pochi, non è assolutamente fatta di grandi teofanie, ma di un continuo, nascosto, quotidiano assimilare il mistero di Dio nella Parola e nei Sacramenti, per conformarsi sempre di più a Lui.

Cosa vuol dire: "Il Cristianesimo è un'incontro col Risorto. Come giustamente hai sottolineato anche tu. Potresti dirmi se tu hai avuto questo incontro e come me lo puoi descrivere?"

Ma finiamola con queste classifiche a chi è apparso meglio o di più o nel modo più originale o far la gara a chi si sente più Maria Maddalena per dimostrare che prima facevo schifo e ora sono l'eletto e l'illuminato... ma finitela!!!

E poi, se uno incontra il Cristo crocefisso, nel dolore, nella malattia sua o di un suo caro, nella morte di un parente o familiare, questo non conta, secondo voi, perché bisogna per forza incontrare il Cristo Risorto? Le catechesi di kiko vi hanno traviato e fatto perdere di vista e dimenticare la vera essenza del cristianesimo, la sua formazione e catechesi.

Cristo è ovunque, ma Cristo si manifesta soprattutto nella celebrazione dei sacramenti, nella quotidianità e ferialità. la grazia della liturgia delle ore, la santa messa quotidiana, la ricchezza delle letture della messa che diventano un meraviglioso itinerario di crescita e ascolto e nutrimento quotidiano, la confessione sacramentale fatta il più spesso possibile, la direzione spirituale, la santa messa stessa... e tutto questo di Dio che ricevo in queste cose, trasformarlo nel quotidiano in volontà, impegno, testimonianza, ecc...

Non esiste un momento o un evento in cui incontro cristo risorto... ma ogni istante, ogni momento, ogni giorno è un mio vivere con Cristo!!! Al massimo, qualche evento spirituale più significativo, non è un fatto isolato, un fulmine a ciel sereno, ma il coronamento di un percorso di fede costante e quotidiano. Come il passo quando si va in montagna. Come per la vita fisica, così anche per quella spirituale: non posso mangiare e nutrirmi solo qualche volta, ad un pasto di nozze ogni tanto, ma ogni giorno, con regolarità, devo avere il giusto apporto di vitamine, proteine, carboidrati, grassi e zuccheri.

Se faccio una dieta dove uno o più di questi elementi mancano o ne assumo solo uno anche per gli altri, dopo un po' parto per la tangente, come succede a voi neocat!!!

In risposta alle molte mail di NC scandalizzati su : “se poi, se uno incontra il Cristo crocefisso, nel dolore, nella malattia sua o di un suo caro, nella morte di un parente o familiare, questo non conta, secondo voi, perché bisogna per forza incontrare il Cristo risorto?" perché non rientra nella loro visione e nella loro interiorizzazione della Fede cristiana.

Questa affermazione non è scandalosa. Può esserlo solo per chi non riesce a disporre di altre 'coordinate' di pensiero, che siano davvero cattoliche...

Perché non possiamo e non dobbiamo incontrare Gesù Crocifisso nelle sofferenze e nelle morti in cui sperimentiamo la cruda realtà della Croce?

Se lo incontriamo nella Croce, che è già gloriosa, e lo è già da prima della Risurrezione, fin dal momento in cui Gesù ha detto al Padre "non la mia, ma la tua volontà sia fatta"... è questo il momento in cui la Croce diventa gloriosa anche per noi che, grazie alla personale esperienza e relazione con Gesù Risorto riusciamo a dare un senso e a OFFRIRE al Padre quella esperienza dolorosa che da soli ci schiaccerebbe o ci renderebbe cinici o ci renderebbe ribelli o quanto meno confusi.

Lo volete capire o no, che è il nostro sì e la nostra Offerta al Padre dalla nostra croce, in quella di Cristo abbracciando le nostre croci (quelle autentiche, non quelle imposte da altri) ad aprirci la strada della Risurrezione Sua e nostra in Lui?

Se non passiamo dalla Sua e nostra Croce, che "prende su di sé" i peccati nostri e di molti (vale per Gesù e vale anche per noi in Lui) come possiamo pretendere di dire: Gesù è Risorto quindi sono risorto anch'io?

Non azzardatevi a dire sprezzantemente che sono teorie o che è teologia, come avete detto ieri, perché questa non è teologia: è vita spirituale, vita di fede, che diventa concreta vita quotidiana!

A dimostrazione che quello che dico non sono pensieri in libertà o belle parole (che non avrei alcun interesse a pronunciare) o teorie, potrei portarvi molti FATTI concreti della mia vita, ma non mi pare questo il 'luogo'...

Però, poiché solo i fatti concreti sembrano entrare nel vostro ordine di idee (il che è anche giusto, se però non si pensa che i fatti concreti accadono solo nel cammino), se il Signore vuole, ci si potrebbe anche provare con la giusta 'castità' se qualcuno è disposto ad ascoltare con rispetto e non con prevenzione

Ulteriore testimonianza scaturita da queste riflessioni:

Il testo usato dai NC per preparare la parola è il Dufour, che serve perchè riporta i riferimenti biblici in cui quella parola è presente. In seguito per commentare il Credo, e il Padre Nostro ci si serve di collezioni di brani di Padri della Chiesa.

Per i Comandamenti, visto le pressioni della chiesa di usare il CCC, si usa anche il catechismo, ma sempre come aiuto per trovare brani biblici, da presentare nella Liturgia della Parola.

Qui l'incomunicabilità tra noi e i nc, non è nei testi usati, che appartengono alla tradizione cattolica, ma nel fatto che il cammino si ferma alla Parola, in senso letterale.

Quando Alessandra ci annuncia il kerygma e dice che crede in Cristo morto e risorto per noi - e comunque solo dopo che CHI È Cristo lo abbiamo detto noi - dice giustamente quello che è scritto nel N.T. Ma nelle catechesi e in quello che lei stessa insegna non si dice mai questo. Se mai si dice che i nostri guai derivano dal fatto che non abbiamo la natura divina in noi, magari perchè non abbiamo fatto bene il cammino.

Essendosi perso un pezzo importante del magistero, finiscono per cadere in tante eresie. Il problema è che non se ne accorgono perchè la base da cui partono è la Scrittura, che è la stessa per tutti i cristiani.

È vero che si leggono i Padri della Chiesa, però non vengono spiegati, si leggono brani durante gli incontri a casa, in cui quasi nessuno capisce quanto viene letto. Sono letture che restano sullo sfondo rispetto alle più potenti catechesi sulla Scrittura che vengono fatte.

Qualche volta sono stata attenta a questa fase del kerygma, che viene ripetuta agli annunci di Pasqua o Quaresima ogni anno. Quando si trattava di tradurre la famosa frase della catechesi che noi non sappiamo amare perchè non abbiamo la natura divina, il catechista più sgamato prendeva la croce come un bastone e invece di parlare diceva 'non siete così' mostrando Cristo. Qui passa un messaggio indiretto molto forte, che vale più di mille parole.

Da un punto di vista dottrinale, questo deriva dall'aver ignorato i concilii cristologici, limitandosi alla sola scriptura. Da un punto di vista psicologico, questo tiene la gente in stato di soggezione,

  • ti dicono che nessuno è capace di prendere Cristo come modello,
  • ti dicono - anche coi gesti e lo snaturamento dei sacramenti - che tu devi 'fare' come Cristo salendo sulla croce, con le tue forze
Questa contraddizione tra un pelagianesimo (fai il cammino e ti salvi) e un luteranesimo in cui l'uomo non può nulla, ed è nulla, mette le persone in condizione di sottomissione psicologica, incapaci di agire per il bene proprio e degli altri, e soprattutto incapaci di esercitare il pensiero critico.

E non c'è nessuna offerta in Cristo, c'è una specie di assimilazione a Cristo (che avviene o per magia, perchè ho fatto i passaggi ecc.. oppure per mia volontà). Questa natura divina, è quella che dà senso alla mia vita, non nel senso che mi orienta e mi avvicina al mio Signore, ma nel senso che si diventa una specie di salvatore degli altri, gli altri vedendo noi si salveranno, ( ed ecco che i catechisti si sentono giustificati se trascurano lavoro e famiglia).

Tutto questo c'è anche nella dottrina cattolica, ma qui prende un significato totalizzante, si 'diventa' Cristo: come la comunità è assimilata a Cristo (è la comunità che celebra, non c'è corpo di Cristo, ma comunità/comunione) così anche il singolo deve diventare 'Cristo', così gli altri guardando lui, daranno gloria a Dio e si convertiranno.
Il catechista non conduce a Cristo, non mostra Cristo, mostra se stesso (per es. nelle testimonianze) e le persone si convertono.

Viene chiamata in causa e richiesta "l'obbedienza di Cristo", che non è l'obbedienza al Padre, ma l'assoggettamento alle prassi e alle dottrine sincretistico-giudaizzanti del Cammino!

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