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Emozionalità, sensazionalismo... dove sono l'intelletto e la volontà, che appartengono agli uomini e alle donne 'immagine' di Dio?

Pubblichiamo la pagina di oggi, 9 aprile, dal blog Osservatorio sul Cammino neocatecumenale

Premesse

Ho cercato di condensare nel titolo il succo di questo articolo. Ma preciso ancor meglio in una breve premessa, prima di sviluppare il discorso partendo dal dato concreto di una testimonianza.

Credo che non si possa prescindere dalla realtà che ci fa uomini e ci distingue da ogni altra creatura: « Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò » (Gn 1,27).

Catechismo della Chiesa cattolica
357 Essendo ad immagine di Dio, l'individuo umano ha la dignità di persona; non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. È capace di conoscersi, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre persone; è chiamato, per grazia, ad un'alleanza con il suo Creatore, a dargli una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare in sua sostituzione.
381 L'uomo è predestinato a riprodurre l'immagine del Figlio di Dio fatto uomo – « immagine del Dio invisibile » (Col 1,15) – affinché Cristo sia il primogenito di una moltitudine di fratelli e sorelle.

Se l'uomo è chiamato a conoscersi, è messo in grado di farlo esercitando le facoltà di intelletto e ragione e di "liberamente donarsi" in virtù dell'"alleanza con il suo Creatore a cui è chiamato" esercitando la facoltà della volontà, che gli permette di rispondere e aderire alla chiamata. Si tratta di facoltà che ci qualificano come 'immagine' di Dio e ci consentono di sviluppare la 'somiglianza' alla quale siamo ordinati: sono doni propri di ogni persona, da non disattivare per alcun motivo, pena lo snaturamento della peculiare individualità, preziosa e insostituibile, che ognuno è e rappresenta nel Progetto di Dio

Ci scrive "Nella":
CHI LO SA MI RISPONDA,
PUR NON ESSENDO PIU' DEL CAMMINO DA PARECCHIO TEMPO, NEL PERIODO DI PASQUA (E A NATALE)SENTO UNA MANCANZA NEL MIO ANIMO. naturalmente ho sempre partecipato a tutte le celebrazioni della settimana santa in parrocchia, ma assistere alla lavanda dei piedi, o all'adorazione della croce e ancora alla veglia che culmina con la gioia della resurrezione, non mi dà emozioni e mi sembra di essere alla festa di compleanno di uno sconosciuto. perchè????


Risponde Emma:
queste poche righe ci indicano come l'emozione sia alla base di ogni esperienza all'interno del cammino neocatecumenale. E-mozione che ti porta fuori da te, come lo stesso nome indica, che ti fa vibrare all'unisono nell'orizzontalità della comunità, emozione che nasce e muore, che nasce con l'input di un canto, di un'atmosfera creata ad arte per suggestionare. Ma che cosa è stato realmente vissuto durante quei momenti? Che cosa resta dopo?

Quell'emozione ha permesso di incontrare Cristo, ha elevato l'animo nella verticalità, ha permesso il silenzio necessario al raccoglimento per accoglierLO, ha lasciato lo spazio disponibile per riceverLO? O tutto lo spazio è stato occupato dal frastuono dell`emozione? Emozione che parte da sé, va verso gli altri, ritorna a sé alimentata e influenzata dalle emozioni altrui, e sempre nell'orizzontalità.

Chi vive l'Eucaristia in questo modo ha veramente incontrato Cristo? Chi conosce Cristo, chi è profondamente consapevole di ciò che avviene durante la Santa Messa, chi sa che su quell'altare (tavola) si sta riattualizzando il Calvario del nostro Signore, chi conosce Cristo, non può situarsi sul piano dell'emozione, ma solo inginocchiarsi, adorare e lasciarsi impregnare dalla SUA PRESENZA che è ben altro che un'emozione effimera che nasce e muore... e che ci unisce al Soprannaturale, portandoci fuori dal circolo chiuso dell'orizzontalità per inserirci nella Trascendente verticalità del Totalmente Altro, che si è in Lui consegnato a noi fino alla fine dei tempi.

Replica Nella:
CIAO EMMA, SE TI DICESSI CHE DIETRO L'EMOZIONE C'ERA ANCHE, COME DICI TU,L'INCONTRO CON CRISTO, MI CREDERESTI??? SE TI DICESSI CHE DIETRO QUELL'EMOZIONE C'ERA UNA FORZA SOVRAUMANA CHE MI SPINGEVA AD AMARE L'ALTRO, AD AMARE ANCHE IL NEMICO MI CREDERESTI???
SE TI DICESSI CHE DIETRO QUELL'EMOZIONE C'ERA UNA SPINTA VERSO IL CIELO, MI CREDERESTI???? EMMA.... DIETRO QUELL'EMOZIONE C'ERA TUTTO QUESTO.
SONO CERTA CHE CI SONO EMOZIONI ANCHE DIETRO ALLE CELEBRAZIONI PARROCCHIALI MA ANCORA NON SONO IN GRADO DI COGLIERLE A PIENO. ATTENDERO' QUEL MOMENTO.

Emozionalità, coinvolgimento e dipendenza

È più che evidente che quello di Nella è uno dei soliti spot del cammino perché, se è vero quello che urla in questo secondo messaggio, non appare plausibile che lo abbia lasciato... E allora approfondiamo proprio questo tema dell'emozione.

I canti coinvolgenti e le immaginifiche celebrazioni di nuovo conio introdotte dall’iniziatore, i rituali pieni di enfasi che esaltano l’emotività contribuiscono a creare ‘dipendenza’ e a rendere più efficace l'impatto delle esperienze alle quali si è sottoposti durante i "passaggi" e scrutini vari, finalizzati al totale annichilimento della persona determinato dallo 'svuotamento di sé' (secondo statuto) attuato, oltre che nei "passaggi", nelle varie convivenze attraverso le note tecniche manipolatorie: quel 'clima', da tutti noi conosciuto, prodotto dai martellamenti a suon di slogan dirompenti, canti coinvolgenti che svegliano l'emozione che si propaga e porta 'fuori da sé' ed alla fine provoca esaltazione e crea dipendenza...

Non è da sottovalutare il dato, scientifico, che in momenti del genere nel cervello si induce lo stato 'alfa', nel quale la persona risulta più ricettiva a tutto quanto le viene inculcato... cui prodest tutto questo, se non a cementare e rendere sempre più stretti e indissolubili i legami comunitari e l'identità di gruppo, a tutto discapito dello sviluppo e della crescita personale? Il tutto aggravato dal divieto tassativo di fare domande e di far entrare in campo qualunque esigenza interiore della persona, che deve accettare passivamente e acriticamente insegnamenti e prassi, che alla fine la forgiano a immagine del Cammino e la rendono impermeabile ad ogni sano nutrimento spirituale e totalmente incapace di confronto e dialogo costruttivi.

Tutto ci induce a pensare che non si possa realisticamente indurre i responsabili del cammino, convinti di offrire ed essere il non plus ultra, a recedere da nessuno dei loro atteggiamenti, comportamenti e quant'altro: ne abbiamo dimostrazione nell'attualità dei fatti riscontrati. Del resto, è ormai evidente che qualunque adeguamento al Magistero snaturerebbe il cammino dalla sua identità e ne farebbe una "entità" diversa...

Il problema, serio, risiede nel fatto che chi dovrebbe responsabilmente preoccuparsene nella Chiesa è 'stranamente' indaffarato o distratto o lontano o addirittura ammaliato... ergo, tante persone continueranno a soffrire psicologicamente e spiritualmente, alcuni vivendo disagi ai quali non sanno dare un nome, i più senza neppure rendersene conto, nella persistente ubriacatura da emozioni travolgenti, che addormentano l'esercizio consapevole e responsabile dell'intelletto e della volontà, le sole facoltà che ci rendono veramente uomini e donne in dialogo autentico con Dio... Le sensazioni, il sentimento - che tuttavia è qualcosa di più profondo, duraturo e non effimero come l'emozione - sono solo la conseguenza, il frutto e non il fine... Il sentimento dei Risorti in Cristo, infatti è gioia e anche gratitudine, che vengono da una pienezza di essere ontologica, Opera del Signore nell'anima del credente, e non sono "allegria" ed esaltazione sempre da ri-caricare ed inseguire.

Conseguenze spirituali ed esistenziali

L'emozione può anche servire ad aprire l'animo all'incontro; ma il vero incontro con il Signore avviene nell'intimo, nell'interiorità della persona, che si apre, attende, accoglie in un sacro silenzio.

E davvero il rapporto con Dio si manifesta sempre nel sensazionale o nella cosiddetta 'consolazione'? Quante volte ci viene chiesto di rimanere, per fede, sulla Croce, nella più totale e assoluta aridità e nel cuore della sofferenza personale e collettiva, offrendo impotenti e supplici, in Cristo, la nostra vita, la nostra storia, quello che stiamo vivendo? E' proprio qui che entra in campo la Fede supportata dall'intelletto e dalla volontà e senza il conforto dell'emozione, che è solo un risultato, uno stato d'animo, che è conseguenza del rapporto con Dio, ma che di per sé non provoca il rapporto: in contatto con Dio c'è TUTTO l'uomo (e quindi anche l'emozione, il sentimento), ma il dialogo avviene nell'intelletto, che comprende o, a volte si arrende e rinuncia perfino a comprendere e aderisce attraverso la volontà.

Che facciamo, nei casi di aridità, quando il Signore ci mette alla prova per approfondire e purificare la nostra fede: per star meglio, andiamo dai neocatecumenali a fare un bagno di allegria? E cosa succederebbe? Butteremmo alle ortiche (per non dire altrove) il tesoro prezioso della nostra offerta e della nostra autentica vita in Cristo nella Sua Chiesa... E dove sono l'intelletto e la volontà nell'esaltazione collettiva vissuta nel cammino, che diventa come la droga, alla quale poi non si riesce a rinunciare... non è forse questo il vero idolo, invece del denaro e dei gioielli e delle donazioni che vengono ingoiate dai famigerati sacchi neri?

Quanto è più bella e più vera e più viva, la preziosa banalità del quotidiano nel Signore, piuttosto che la tanto sensazionale quanto ingannevole esaltazione mutuata dalla comunità che appaga il sentimento, ma ottunde la ragione e ti fa dire "il cammino mi fa tanto bene" e "in parrocchia mi sembra di trovarmi alla festa di uno sconosciuto", dove lo 'sconosciuto' - drammaticamente - è il Signore!!!

Non che le parrocchie brillino per la loro capacità di introdurre al Sacro e di appagare la sete di molti credenti; ma non è una buona ragione per andar dietro ai 'pifferai magici', anche se i loro 'suoni' sono ammalianti e trascinano... "Chi cerca trova", dice il Signore e anche nella grande povertà di questa Chiesa malmessa, purtroppo non solo a causa del cammino nc, fonti di vero nutrimento ci sono, se noi le abbiamo trovate!

Pubblicato da mic a 10:33 AM

Discussione sviluppatasi sul blog:

Emma ha detto...
Nella, non ho nessuna difficoltà a riconoscere che hai vissuto veramente ciò che descrivi.
Il problema nasce quando dai l'impressione che quelle emozioni ti siano necessarie per vivere la celebrazione eucaristica, che debbano esserci quelle emozioni "dietro le celebrazioni eucaristiche", che ti sia possibile incontrare Cristo solo grazie ad una tempesta emozionale.

Ti sei domandata che cosa ha provocato quella "salita" emozionale, quale input hai ricevuto?
Senza dubbio non sei la sola, tutto è fatto per provocare sensazioni e emozioni, tutto è fatto per celebrare la comunità, centro e protagonista della celebrazione, tutto è fatto per rinforzare la comunità e la sua coesione. Ma restiamo pur sempre nell'orizzontalità.

Cristo ha veramente bisogno di tutta quella messa in scena per essere accolto? Non bastano Lui e la Sua Presenza reale e non simbolica?
Non credi che davanti a Cristo, al Mistero della Sua passione, Morte e Risurrezione, noi possiamo solo far silenzio e a aprirci al Suo incontro a RiceverLO e con Lui Vivo e Vero in noi continuare il cammino?

Apro una piccola parentesi: prova ad ascoltare i canti sacri della Chiesa, non le canzonette che purtroppo ascoltiamo la domenica, ascolta un canto gregoriano, senti che cosa si smuove in te, senti che cosa è toccato in te, ascolta e senti.
Poi ascolta uno di quei canti che conosci, quelli coinvolgenti che ti emozionano e senti che cosa si smuove in te e come ti senti.
Poi riascolta un canto sacro della Chiesa, ascolta e lasciati sentire: senti le stesse sensazioni, emozioni, come reagisce il tuo corpo, che cosa c'è di differente?

Ma con o senza senza canti, anche nel silenzio di un cuore che si prepara ad accogliere il Tutt'Altro, Colui che si abbassa fino a noi per innalzarci con Lui, perchè questa consapevolezza non ti basta?

Sull'Altare è riattualizzata la più grande prova di Amore, non esiste Amore più grande.
Nel silenzio Dio si rivela, nel silenzio contempliamo il Mistero, la massima Bellezza, quale emozione più profonda potresti provare?
Quale gioia (e non allegria) più forte, intensa potresti vivere?
Gioia di Cristo in noi e sopra di noi.
Allora Nella, poniti la domanda : perchè ho bisogno di quelle sollecitazioni esterne che mi provocano quelle emozioni? Cristo non mi basta? Cristo che si è donato per me non mi basta?
Non è tanto che tu viva quelle emozioni il problema ma che tu abbia bisogno dell'autocelebrazione "coinvolgente" della comunità per viverle!

09 aprile, 2010 14:40

Emma ha detto...
E poi che cosa è questa enfasi sull'emozione?
Senza dubbio le emozioni sono i colori della nostra vita, sono indispensabili, ci indicano i nostri bisogni, ma in questa società in cui l'emozione diventa la misura dell'autenticità di una persona di un'esperienza, sento dunque sono, si corre il rischio, che poi è già diventato realtà, di trasformare anche il Sacrificio eucaristico in una forma di "terapia di gruppo", di esaltazione dell'emozione, di una comunità che si autocelebra, dimenticando chi è il vero, solo e unico Soggetto dela Liturgia, Chi è il Protagonista!

E non è perchè nelle nostra società odierna l'emozione è esaltata, che le persone sono più consapevoli, più mature, più responsabili, si conoscano meglio, no purtroppo, queste emozioni "mal gestite", mal conosciute, diventano sovente solo un appiglio per chi dall'esterno se ne servirà per manipolare, suggestionare.
Sento, dunque esisto, salvo che l'emozione deve essere illuminata dalla luce della coscienza, altrimenti divento solo una marionetta nelle sue mani e nelle mani di chi mi manipolerà.

09 aprile, 2010 15:40

chisolm ha detto...
“Quanto è più bella e più vera e più viva, la preziosa banalità del quotidiano nel Signore, piuttosto che la tanto sensazionale quanto ingannevole esaltazione mutuata dalla comunità che appaga il sentimento, ma ottunde la ragione…”

E’ vero: è la perla preziosa, il tesoro nascosto ma non è facile da percepire. Attenzione: non sto dicendo “che gli altri non capirebbero o non possono capire”, sto solo dicendo che la “preziosa banalità del quotidiano” merita un’attenzione in più.

Abbiamo mai considerato che di Gesù non conosciamo almeno trenta anni della sua vita “quotidiana” e “banale” (nel senso etimologico di “comune”, cioè non diversa fisiologicamente da quella di un altro essere umano)? Eppure ogni attimo di Quella vita è stato un attimo salvifico: possiamo dire che ogni azione di Cristo, per quanto “banale” è stata azione salvifica.

Stare a cuore a cuore col Signore è starci anche mentre si rammenda un calzino o si scola la pasta, si prepara un caffé o si fa una lavatrice. Non sto apologizzando il banale, il quotidiano, il comune: sto dicendo che ogni azione fatta in Cristo è azione che riflette la luce salvifica del Suo quotidiano (ora eterno).

Per qualcuno la comunità è necessaria per il contatto con il Signore, per altri non c’è bisogno di questa mediazione: sono opinioni che riflettono scelte personali. Di certo, c’è solo il fatto che mi piaceva tessere un piccolo elogio a quella così rara e “preziosa banalità del quotidiano” nella quale mi pare talvolta di sentire i battiti di Quel petto sul quale appoggio il mio orecchio, in una banalissima quiete, in una meravigliosa pace…

Chisolm

09 aprile, 2010 15:46

jonathan ha detto...
Le celebrazioni nc sono così fortemente coinvolgenti sul piano emotivo anche perché chi celebra è la comunità, e ciascun fratello si sente protagonista con e come tutti gli altri. Ammonizioni, preghiere, risonanze, addobbo della mensa, la stessa disposizione dell'assemblea in semicerchio, tutto questo e il lavoro di preparazione che lo precede, è la liturgia nc, la liturgia del fare verrebbe da dire, che non cerca mediazioni. E certo, ti sembra di toccare il cielo con un dito, perché la distanza tra sacro e profano è dimenticata. La distanza tra te e il Signore cantato e proclamato di fatto sembra non esserci più: il tavolo sul quale comunque accade la Presenza Reale e vera e toccabile di Dio, è lì a un soffio da te. Non ci sono segni, né parole o gesti, o forme architettoniche che dicano "occhio, questo è un luogo sacro, togliti i calzari, prostrati con la bocca nella polvere, piega le ginocchia davanti al Crocifisso Risorto..." La liturgia del fare, perché Dio è ‘nei fatti’ soprattutto.

Non voglio escludere che si possa incontrare il Signore anche così. Ma sono convinta che l’esperienza di fede non può essere consumata in quel ‘fare per’ che certo genera entusiasmo, emozioni, gratifica, ti fa sentire a posto, ma non aiuta a conoscere davvero il Signore, il Suo Volto, il Suo sguardo, il Suo pensiero.

Quella reciproca immanenza promessa nel Vg di Giovanni, ‘rimanete in Me e Io in voi’, non svuota la distanza tra me e il Totalmente Altro, ma caso mai la illumina, la rifà nuova, la definisce e mi consente di attraversarla. Credo che lo stupore di fronte a quella promessa vada custodito con ogni cura e non consumato in fretta.

09 aprile, 2010 18:10

anna ha detto...
Vi leggo tutti i giorni da quando il blog si è aperto. Avevo lasciato trascritta la mia esperienza qualche anno fa. Desidero fortemente condividere con voi la tristezza che si prova vivendo questo tempo nella chiesa, la ferita, anche se rimarginata, che ci portiamo dietro dopo questa esperienza lesiva dello spirito, che ha disorientato la vita di fede, anche se poi la grazia del Signore ci ha fatto risorgere elevandoci da quelle martellanti e fuorvianti parole e gesti per farci alzare lo sguardo e cogliere la bellezza, la libertà e la pace che vengono dall'accogliere Gesù nel cuore, nel silenzio e anche nella bellezza della solitudine che in una esperienza di deserto è estremamente feconda. Ecco, questi fratelli del cnc non gustano tutto questo, a me in dieci anni non è mai stato proposto se non dopo lunghe catechesi in cui avevi già la risposta da dare dopo una riflessione. Mi sento in comunione con voi, fratelli. Fate parte delle mie giornate, mi arricchite (e mi confermate)con le vostre riflessioni. Un sacerdote, durante una confessione, mi diceva di chiedere a Dio la forza di amare la Chiesa pensando a come la ama Gesù, rifacendomi alla sublimità dell'amore suo, pur di fronte ai tradimenti. La preghiera è la nostra forza e il fissare lo sguardo sulle cose più GRANDI e ALTE è grande aiuto.

09 aprile, 2010 19:28

Freedom ha detto...
Chi scrive è un ex-cantore.
Devo dire che se c'è qualcosa che ricordo con affetto sono alcune canzoni del Cammino Neocatecumenale.
Io ho partecipato a convivenze "per cantori" dove ci venivano insegnati i trucchi per coinvolgere l'assemblea. Per esempio si cominciava a cantare una canzone e quando toccava all'assemblea rispondere, improvvisamente si taceva, in questo modo la comunità era, in un certo qual modo, obbligata, anche per non fare brutta figura, a rispondere al cantore. C'era , a volte, molta creatività, soprattutto quando i cantori erano più d'uno e c'erano più strumenti o la possibilità di fare la "controvoce". Ho già postato un intervento sul ruolo del cantore all'interno della comunità. E' il maestro di preghiera il "Baal Tefillah" della sinagoga. O il "Maggidim" ,il cantore o maestro errante, che sfonda, abbatte il muro di indifferenza del resto della comunità per portarla in alto, coinvolgerla , irretirla, il tutto diviene o dovrebbe divenire il canto della comunità, che il Baal Tefillah deve solo svegliare , trascinare alle vette dell'emozione.
Certo , a volte è molto bello. Ma io ho anche l'esperienza di tenore
nel coro parrocchiale di una piccola chiesa . Ricordo che anche lì era bellissimo cantare, ad esempio: "Panis angelicus" o tante altre arie e canzoni. Ricordo , soprattutto a Natale che la gente si commuoveva fino alle lagrime. La differenza stava nel fatto che nella parrocchia non c'erano elementi giudaizzanti o schitarrate stile flamenco o arabeggiante e non si obbligava nessuno a cantare. Anche in queste pratiche si vede in modo lampante l'intenzione di coinvolgere di manipolare, di creare un gruppo , un senso di appartenenza, infine, una dipendenza emotiva. I canti erano sempre ed esclusivamente quelli del cammino, come le catechesi, le suppellettili, i quadri, la croce astile con gli angeli della Merkavà. Si può sentire nostalgia per una piece teatrale, per una magnifica poesia recitata da un grande attore....
che c'entra Gesù Cristo?

09 aprile, 2010 20:54

 sofia ha detto...
Spero che Nella possa ascoltare, recepire in profondità, le importanti e stimolanti domande che le rivolge Emma, per arrivare alla radice di ciò che si agita nel suo cuore, e iniziare dentro di sé il vero cammino di fede incontro al Signore, che ci conosce ad uno ad uno, e vuole donare il suo infinito ed eterno amore ad ogni anima, con un linguaggio speciale che solo quell'anima può capire: incontrarsi a tu per Tu, con Lui, cara Nella, è il desiderio che l'anima di ogni cristiano può e deve realizzare, con l'aiuto della Grazia.
Magari un ex-NC come lei (se è uscita definitivamente e ha capito bene da quale terreno inquinato e pericoloso è stata salvata... e deve combattere contro quella insidiosa nostalgia, fenomeno ben noto a tanti ex...), potesse ascoltare nel profondo e far tesoro delle bellissime riflessioni a lei proposte da Mic, Chisolm ed Emma!
Magari potessero i poveri NC prigionieri aprire la porta del cuore -o almeno uno spiraglio- a questi preziosi suggerimenti psicologici e spirituali che vengono loro proposti in questa e altre mille pagine del blog provvidenziale che qui hanno incontrato !
Potrebbe essere per loro un primo invito-richiamo del Signore a muoversi, darsi una spinta attiva verso la liberazione, dell'anima e della ragione, ...e a Lui piacendo, ritornare "a riveder le stelle" !

Nel mio piccolo, vorrei suggerire a Nella di leggere quel brano del profeta Osea, dove dice:
"...Farò cessare tutte le sue feste; quelle annuali e quelle mensili, le celebrazioni del sabato e tutte le sue solenni riunioni religiose. Distruggerò i suoi alberi di fico e le sue viti che lei considerava doni dei suoi amanti per averli serviti....
La punirò per tutto il tempo dedicato al culto dei Baal quando bruciava incenso e si ornava di collane e di anelli per seguire i suoi amanti. La punirò per avermi dimenticato. Lo affermo io, il Signore!...
Il Signore ama il suo popolo "Un giorno, io, il Signore, la riconquisterò. La porterò nel deserto e le dirò parole d'amore."
Ci vorrebbe, forse, un padre spirituale che l'aiutasse a capire che cos'è il deserto del cuore, come farlo e perchè !
Ma dove si trovano oggi, i padri spirituali e i santi Curati d'Ars ?
(neanche col lanternino...)
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Per A.rita: grazie del tuo costante pensiero! :) scrivimi quando vuoi,
al mio indirizzo esp285@libero.it
Vi saluto tutti con affetto, Mic, Emma, Freedom, e anche Gianluca, che temevo ci avesse detto "addio" ;)...
Purtroppo ho il PC malfunzionante, (e anche per questo motivo, passo e scrivo talvolta di corsa...;))
ma vi leggo, vi penso sempre, vi porto tutti nel mio cuore!
Vi abbraccio e rimango in ascolto, come sempre.
.......
Il nostro aiuto è nel Nome del Signore.

10 aprile, 2010 07:54

 mic ha detto...
Visto che si parla di musica:

se è vero che "chi canta prega due volte", è altrettanto vero che non tutti i canti e la musica che li accompagna sono fatti per 'elevare' l'anima e renderla aperta e sensibile alle forze spirituali delle Altezze...

Ad un primo impatto, penso che non tutti siano in grado di 'gustare' ed 'entrare' nell'armonia e nella sobria - pur nelle infinite toccanti cesellature - sublimità del gregoriano. Tuttavia, basta un po' di frequentazione, accompagnata dal 'sensus fidei' vissuto e sviluppato dalla Liturgia, perché l'animo sia compenetrato e trovi accessibile e faccia proprio, sia nell'immersione dell'ascolto che nella partecipazione del canto, questo linguaggio celestiale, termine che uso consapevolmente, perché di questo si tratta...

Una certa refrattarietà sembra attanagliare soprattutto chi, digiuno di musica o dal gusto musicale monocorde sviluppato soltanto sulla musica moderna, che non è tutta da buttar via, ma che certe vette sublimi non è in grado di raggiungerle, pur nella piacevolezza e nella orecchiabilità dell'ascolto. E allora, anziché cogliere del gregoriano il linguaggio sacro solenne 'sottile' e senza tempo, lo si liquida come qualcosa di superato e da oltrepassare...

Il gregoriano invece affonda le sue radici molto più indietro del monachesimo. Neppure tutti gli ebrei, ad esempio, sanno che esso ci porta gli echi (più fedeli di quanto non possano gli attuali canti sinagogali) delle salmodie più antiche e sacre, assorbite proprio dal cristianesimo delle origini... strano che l'archeologismo liturgico, così di moda nel concilio-postconcilio, abbia tentato di allontanare la Chiesa proprio da questa ricchezza davvero primordiale, per grazia di Dio senza riuscirci del tutto.

Il gregoriano 'eleva' l'anima e dispone lo spirito a vibrare su corde più alte, in sintonia con la sacralità e la solennità e la grandezza di quanto accade nella Santa e Divina Liturgia, e così si acquisisce la capacità, nel raccoglimento e nella distensione e concentrazione insieme delle facoltà interiori (distensione e concentrazione sembrano un paradosso, ma è questo che accade) di accogliere il Dono di Dio. I canti Kikiani, invece, proprio all'opposto, con i ritmi incalzanti e coinvolgenti l'emozione, portano 'fuori da sé' (e-mozionano, appunto) e creano quella esaltazione collettiva che si autoalimenta e si distribuisce attraverso l'emozionalità di ognuno, raggiungendo il singolo amplificato dalla somma dell'emozionalità di tutti e provoca quelle atmosfere e quelle sensazioni, che creano dipendenza e dalle quali è tanto più difficile sottrarsi quanto più a lungo vi si è assoggettati e le si è assorbite e si ha quindi bisogno di rincorrerle e riprodurle ad ogni celebrazione... e non si trovano altrove... ma a che prezzo?

Dov'è il rapporto intimo e personale col Signore?
E' vero che esso non si vive soltanto nel silenzio, come dice Freedom; ma è vero anche che il canto liturgico non è per se stessi, non è per cementare la comunità, ma è per il Signore e, se si vuole incontrare il Signore, cosa che avviene nel silenzio adorante ma anche nel canto (oltre che nelle effusioni del cuore della preghiera, che sono ben 'altro' che la stereotipata tiritera delle cosiddette 'preghiere dei fedeli') non ci si può servire di canti mediocri ed esaltanti, che possono anche esser belli in alcuni casi, ma da utilizzare per altre occasioni, se mai di festa, che nulla hanno a che fare con la Liturgia, che non è la "festa della comunità" ma il Sacrificio di Cristo, che diventa fonte di salvezza e di gioia perché ci introduce e ci fa crescere nel mondo della Risurrezione... Oltre ad essere l'autentico culto a Dio!

10 aprile, 2010 11:25

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