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Ricerche sulla Catechesi neocatecumenale

Poiché i Neocatecumenali, anche dopo l'obbligata presentazione all'Autorità della Chiesa delle loro Catechesi, delle quali per anni avevano negato l'esistenza, affermando che i loro catechisti parlavano sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, poiché continuano a tenere segrete quelle catechesi e non hanno il coraggio-dovere di renderle pubbliche, ci accingiamo di nuovo a farle conoscere attraverso questo sito, almeno nelle parti contenenti le affermazioni più importanti, non essendo certamente possibile pubblicare i 13 volumi che le contengono, perché superano le 3.000 pagine complessivamente.

Per questo le nostre citazioni saranno limitate, ma non faremo alcuna deformazione o alterazione dei testi. Invitiamo perciò pubblicamente i dirigenti del Cammino Neocatecumenale a dimostrare che quanto noi pubblicheremo non corrisponde al testo originale della catechesi del Cammino.

Ricordiamo che i testi in nostro possesso ci sono stati consegnati da catechisti e presbiteri del Cammino stesso. Tuttavia, dubitiamo fortemente che quei testi siano gli stessi che i dirigenti del Cammino hanno presentato all'Autorità della Chiesa per ottenere l'approvazione del loro Statuto. Ci risulta, infatti, che alcuni cambiamenti riguardanti punti fondamentali sono stati apportati a quei testi perché, se non fossero avvenute quelle modifiche, il loro Statuto non sarebbe mai stato approvato dall'Autorità della Chiesa.

Ci risulta che i cambiamenti da loro apportati in alcuni punti non hanno in sostanza cambiato quelle catechesi primitive che ancora si fanno nelle comunità, come ha affermato un ex catechista di alto rango, responsabile delle comunità di una intera Regione che, dopo 28 anni di lavoro per il Cammino ne è uscito nauseato e pentito di aver perso tanto tempo della sua vita,dopo una terribile lite con il suo capo, Kiko Argüello.

È doveroso anche ricordare che la quasi totalità dei vescovi, compresi quelli che hanno approvato e favorito il Cammino nelle loro diocesi, non ha mai letto integralmente i testi di quelle catechesi; anche perché essi venivano tenuti nascosti perfino agli stessi vescovi.

Il card Poletti, a suo tempo Presidente della C.E.I. e Vicario del Papa per la diocesi di Roma, nel gennaio 1990 mi confidò di non aver mai letto un solo testo di quelle catechesi. Mentre questo fatto provoca una grande meraviglia, suscita anche una domanda alla quale finora non è stata data alcuna risposta: come mai è stato possibile ammettere in una diocesi una catechesi contenente affermazioni riguardanti la fede e la morale della Chiesa senza che i Pastori di quelle diocesi, com'è stabilito dalla leggi del Codice di Diritto Canonico, non abbiano esaminato quei testi per controllare se il loro contenuto corrispondesse all'insegnamento della Chiesa?

È questo un mistero che, forse, fra non molti anni la storia ci svelerà a conferma delle nostre affermazioni. In questo momento riportiamo, come promesso, alcune espressioni importanti delle catechesi kikiane.

È da notare che:

I.

  1. In quelle catechesi non si tratta mai espressamente e direttamente della dottrina riguardante le Chiesa cattolica, della sua origine e fondazione, della sua natura, delle sue note caratteristiche. Quando nelle catechesi si parla della Chiesa, se ne parla soltanto per rivelarne i difetti, gli errori che hanno accompagnato la sua storia e per affermare che solo dopo il Vaticano II e la nascita del movimento neocatecumenale, lo Spirito Santo è uscito dal sonno plurisecolare, che durava dall'Editto di Costantino, per guidare di nuovo la Chiesa
  2. Kiko nega espressamente la costituzione gerarchica della Chiesa, costituzione che è una sua caratteristica fondamentale voluta dal suo Capo e Fondatore, Gesù Cristo (CCC, n.763), perché per Kiko la Chiesa ha incominciato a istituzionalizzarsi soltanto quando è apparso il rito della penitenziale che a suo giudizio appare tra il IV e il VI secolo (OR pag. 157)
  3. La Chiesa per Kiko non è una realtà giuridica, un organismo visibile, che la fa riconoscere e contraddistinguere tra le varie Istituzioni del mondo. La Chiesa, per Kiko, è solo una realtà sacramentale (OR pag. 167) e cioè spirituale e, come tale, invisibile e visibile. A pag. 88 di OR egli dice: " Dove c'è  l'uomo nuovo del Sermone della montagna. Dove c'è questo, lì c'è la Chiesa".
  4. Ne consegue che per Kiko la Chiesa non è una realtà giuridica visibile. In essa non si entra con un atto giuridico (anche se a pag. 120 del I Scrutinio ritiene che il Battesimo sia necessario per entrarvi); nella Chiesa si entra di fatto, egli dice. Questa espressione viene spiegata da Kiko successivamente quando dice: "entra (nella Chiesa) chi ha veramente lo Spirito Santo come una realtà nel suo interiore" (I Scrutinio pag. 120)

    Ma egli non avverte che con queste parole cade in una duplice contraddizione.
    La prima, quando afferma che il Battesimo, che è una realtà giuridica e non solo sacramentale, è necessario per entrare nella Chiesa (I Scrutinio pag.120); la seconda, quando dice che la presenza misteriosa dello Spirito Santo nell'anima rientra nella categoria delle "realtà giuridiche" di questo mondo. Ma se l'uomo riesce a controllare con i suoi sensi la realtà soprannaturale che non appartiene alle realtà giuridiche di questo mondo, si deve concludere che quest'uomo diventa padrone anche del soprannaturale; l'uomo diventa cioè giudice e padrone di quello che fa Dio stesso.

    Per sostenere la sua tesi, Kiko cita Galati 2, 20 dove S. Paolo dice: "Ormai non vivo più io, ma è Cristo che vive in me". Quantunque Kiko creda di essere autorizzato e capace di interpretare autenticamente la Parola di Dio, egli non ha capito qual è in questo passo il pensiero di Paolo. L'Apostolo  aveva detto precedentemente che la legge mosaica aveva avuto solo un valore transitorio: quello di fare da pedagogo, cioè da colui che porta l'uomo fanciullo a Cristo, perché è solo Lui quello che comunica la vita di Dio. Per questo è stato per mezzo della legge mosaica che lo stesso Paolo è arrivato a "vivere a Dio" (v. 19). E questa "vita a Dio", che è il culmine della Redenzione, è possibile soltanto accettando Cristo nella sua Opera salvifica e partecipando al suo mistero di Morte e di Risurrezione. Arrivato a questo punto, l'Apostolo dice: "Ormai non vivo più io, ma è Cristo che vive in me" (1,19-20) e tale inserimento in Cristo mediante la fede è così profondo e vitale che tutta e solo la "vita di Gesù" respira e si afferma nel credente.
    "Niente salva davanti a Dio se non Dio stesso. Inseriti e "nascosti" in Cristo, noi ci salviamo, cioè viviamo per Lui. Cristo diventa così come il soggetto di tutte le operazioni del cristiano, ma questo non significa che la personalità del cristiano viene annullata. No, essa rimane, viene solo trasfigurata in Cristo, come dimostra la vita di tutti i Santi. Infatti, all'esterno non appare niente di questa nuova vita in Cristo. Essa trascende totalmente le realtà materiali, e si manifesterà nel suo splendore solo quando saremo assunti nella gloria" (S. Cipriani, Lettere di S. Paolo, pag. 354-365). Questa stupenda interpretazione di tutti gli esegeti della Sacra Scrittura non è ascoltata da Kiko. Per lui il soprannaturale, come pure la Grazia santificante, la Presenza dello Spirito Santo nel fedele, è ridotta ad un intervento o categoria umana che ogni uomo può toccare, vedere, ecc.

    Anche se Kiko ripete spesso nelle sue catechesi di essere autorizzato a spiegare la Parola di Dio perché lui è un "illuminato"; di avere cioè le capacità che non sono proprie dell'uomo, ma della divinità, con la sua affermazione rispolvera la tentazione del demonio che ai nostri progenitori nell'Eden prometteva che, se avessero fatto quello che lui loro suggeriva, sarebbero diventati come Dio. E Kiko spesso ripete di parlare a nome di Dio. Oltre a questo peccato diabolico, nelle parole di Kiko c'è una contraddizione ad un insegnamento che lui ripete continuamente ai neocatecumenali: "non giudicate, perché nessuno può giudicare". Ma lui e i suoi catechisti questo giudizio lo possono fare e giudicheranno anche le realtà spirituali, come la presenza della grazia e dello Spirito Santo, che rientrano esclusivamente nei poteri di Dio.

    Kiko con le sue affermazioni ritorna a proporre un panteismo di vecchia data, che la filosofia ha superato da secoli. Ma egli non disarma: per lui la presenza dello Spirito Santo nell'interiorità dell'uomo è dimostrabile da un fatto: quello dell'amore al nemico (I Scrutinio pag. 96-97). Questo amore nell'uomo è impossibile senza la presenza dello Spirito Santo che agisce in lui, dice Kiko. Questa presenza, pur appartenendo al campo soprannaturale, Kiko può giudicarla e come lui tutti i suoi catechisti, che hanno il diritto di dire ai loro discepoli se possono o no continuare ad essere membri del Cammino (Shemà pag. 23-34; OR pag. 30 e 188).
    A pagina 30 di Orientamenti dice: "Gesù Cristo è presente dove si manifesta lo spirito di Cristo. Questo chi lo sa? L'Apostolo (= il catechista). Non sei tu che sai se sei Cristiano e ti trovi ancora nel Cammino neocatecumenale, è l'apostolo, il catechista.. è certo lui, il fratello, che lo sa". E OR, pag.188: "Tu puoi crederti cristiano di prima fila. E se il tuo catechista non vede che tu dai segni del cristiano, tu non passi, perché è lui che ha in nome del Vescovo il carìsma di discernere gli spiriti".(!?)
    Solo con l'atto di amare il nemico si entra nella Chiesa, dice Kiko. Questa allora diventa la realtà dove si realizza questo amore impossibile all'uomo. E si realizza perché "a quelli che Dio chiama per essere cristiani (a far parte della Chiesa), Egli darà questa capacità, dando loro il suo spirito e la sua stessa natura (!?) e questi risuscitati trasformati morti al peccato che compiono opere di vita eterna per Gesù che abita in loro, sono la Chiesa" (I Scrut pag.96-97)

    Ma se la Chiesa fosse veramente quella che dice Kiko [il quale, in realtà, si riferisce al Cammino] il diventare cristiani non è una libera risposta dell'uomo ad un Dio che chiama, ma un dono assolutamente gratuito che Dio dà a chi vuole e non a tutti. Ne consegue che chi non arriverà al traguardo dell'amore al nemico non ha nessuna colpa personale: il fatto accade perché Dio non lo ha chiamato (OR pag. 355 e segg.; Shemà pag. 101)

    Si resta inorriditi davanti a queste affermazioni che provengono da una persona che molti vescovi e sacerdoti considerano l'inviato di Dio alla Chiesa del nostro tempo per rinnovarla.

    Con le sue parole, inoltre Kiko ripete l'eresia dei predestinazionisti, dei calvinisti, dei giansenisti, che sono stato condannati dal Papa Alessandro VIII nel 1690. Le conclusioni di Kiko aprono le porte non alla Speranza che ci salva, come ha detto il Papa nella sua ultima enciclica, ma alla disperazione più nera perché, se l'uomo è capace di amare il nemico e di raggiungere la salvezza soltanto perché in lui c'è Cristo che opera, tutti quelli che non hanno questa presenza e non hanno lo spirito di Cristo mai raggiungeranno la salvezza.

    Arriviamo così a concepire un Dio che non vuole più, come ci dice la Rivelazione, la salvezza di tutti gli uomini e a negare una verità di fede rivelata sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento e definita dal Concilio di Orange, da quello di Trento e insegnata da sempre dai Padri e dalla dottrina della Chiesa.

    Anche S. Agostino avrebbe sbagliato quando ha scritto: "Dio non abbandona i giusti se non viene prima abbandonato da loro". Come pure sarebbe falsa l'altra sua stupenda frase: "Chi ti ha creato senza aver bisogno di te non ti salverà senza il tuo concorso". Diventa anche falso l'insegnamento di Gesù che ci insegna a rivolgerci a Dio come al Padre dei Cieli, perché come potrà essere chiamato Padre colui che non vuole la salvezza di alcuni dei suoi figli?

    Anche la Chiesa insegnerebbe allora il falso quando ci invita a confidare in Dio perché, come ci ricorda la Rivelazione, noi tutti siamo suoi figli.

    Proprio in questa frase Kiko dice: "Bella questa! Non è vero che tutti siano figli di Dio. Gli uomini sono creature di Dio, ma non figli... figlio è colui che ha realmente la natura divina dentro. È vero che Dio in Cristo ha chiamato tutti gli uomini alla divinità, alla natura divina, a diventare figli di Dio, ma in potenza". (I Scrut pag. 96-97)

    Con queste parole con le quali Kiko manifesta di non conoscere affatto la natura e gli effetti della Grazia santificante, egli nega esplicitamente quanto l'Apostolo Giovanni aveva affermato nella sua I Lettera al cap.3, 1-3 :"Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio e lo siamo realmente. Carissimi, noi siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando Egli si sarà manifestato noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo come Egli è".

    Per Kiko ed i suoi seguaci queste parole ispirate non contano nulla. Per lui non tutti gli uomini sono figli di Dio in atto ma solo in potenza!!! Per lui i cristiani sono soltanto quelli che "fanno le opere di vita eterna". Colui che non fa opere di vita eterna (e per Kiko questo significa chi non ama il nemico) "non è eletto per essere Chiesa e basta!"

    Attenti bene a questa affermazione categorica di Kiko: chi non fa opere di vita eterna non è eletto e basta (OR pag. 355). Per cui chi non è stato eletto, proprio per questo, non ha nessuna colpa se non riesce a compiere opere di vita eterna. Si deve allora concludere che quest'uomo non si salva perché Dio non lo vuole salvare, non lo ha eletto.

    E continua: "Noi non sappiamo se è successo perché non ha saputo rispondere alla Parola. La sola cosa che sappiamo è che non ha lo spirito Santo e perciò non è eletto e basta!" (OR pag. 355) E per chi non avesse ancora capito, Kiko continua: "Non dite che siete cristiani. Cristiano è colui che ha la vita eterna... Chi non ha la vita eterna dentro di sé non è di Cristo". (I Scrut pag. 46-47)

    Ma allora si può concludere che qualcuno davanti a Dio è più simpatico dell'altro? Se questo è vero, dove va a finire la verità della fede sulla bontà e giustizia di Dio e sulla sua volontà salvifica verso tutti gli uomini?

    "Niente paura" risponde Kiko (Shemà pag. 101) "Non vi preoccupate, perché a quelli che Dio non elegge non gli succede niente. Vuol dire semplicemente che invece di essere una lampadina che illumina, saranno una sedia illuminata". Gli ospiti dei S. Maria della Pietà forse parlavano nella stessa maniera.

    Con queste parole davvero farneticanti Kiko insegna la dottrina giansenista della predestinazione, già condannata dalla Chiesa nel Concilio di Orange (Decreto n.200) e quello di Trento (Decreto 825). Dottrina condannata dalla Sacra Scrittura, in cui si afferma che i precetti di Dio possono essere facilmente adempiuti dai giusti. cfr Mt 11,30 "Il mio gioco è soave, il mio carico leggero". E S. Paolo (1Cor 10,13) "Dio è fedele. Non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con al tentazione provvederà anche il buon esito, dandovi il potere di sopportarla". Ed Ezechiele 33,11dice: "Io non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva" E S. Pietro nella II Lettera 3,9 dice: "Il Signore usa pazienza... non volendo che alcuno perisca, ma che tutti ritornino a penitenza". E le citazioni potrebbero continuare...

    Conseguentemente alle sue promesse, Kiko pensa "la Chiesa senza trionfalismi né proselitismi, senza voler portare Gesù Cristo non so dove, o che tutti entrino in essa" (OR pag. 86). Per lui e per il movimento neocatecumenale "Non si tratterà perciò di avere molta gente nella Chiesa, ma che nella Parrocchia ci sia una comunità di cristiani per davvero, che siano sacramento di salvezza per gli uomini che non vengono mai in Chiesa (OR pag. 82-83) [Dopo queste parole, la Chiesa dovrà rivedere anche il numero dei suoi sacramenti]

    Nonostante queste affermazioni, i neocatecumenali cercano di estendersi comunque pur affermando: "Non abbiamo ansia di fare proseliti. Non è questo il problema" (OR pag. 341). Parole chiare e paurose nello stesso tempo; perché il problema vero è che ancora molti vescovi e sacerdoti considerano questo povero uomo un inviato di Dio alla Chiesa per rinnovarla e riportarla sulla strada della verità...

    Ci fermiamo qui, assicurando che il discorso continuerà, mentre preghiamo sinceramente affinché anche per questi fratelli non si attualizzino le parole di Isaia 6,10: "Dio li ha accecati perché vedendo non vedano e udendo non ascoltino e non si convertano".

    Preghiamo l'infinita Misericordia di Dio perché con la sua Grazia, come colpì Saulo sulla via di Damasco, facendolo diventare l'Apostolo delle Genti, faccia lo stesso verso questi nostri poveri fratelli.

II.

Riprendiamo il discorso iniziato nella prima parte, per far conoscere quanto dicono i Neocatecumenali nelle loro catechesi, sulla natura e le note caratteristiche della Chiesa cattolica.

Abbiamo già ricordato che Kiko, l'autore di quelle catechesi, in esse non parla mai esplicitamente né di come né di quando è stata fondata la Chiesa da Gesù, né di quelle che sono le sue note caratteristiche e che il CCC elenca nella Parte III, Cap.III dal n.811, segg.

In questo articolo vogliamo riportare alcuni scritti di quelle catechesi che contengono gli errori a cui credono i partecipanti del Cammino perché ad essi vengono insegnate.

  1. A pag.78 di OR. Kiko dice:"Vediamo nel Vangelo come Gesù ha concepito la sua chiesa. L'ha concepita forse come l'unica tavola di salvezza su cui tutti devono salire per salvarsi? Gesù cristo nel Vangelo dice: "Voi siete la luce del mondo, voi diete il sale della terra, voi siete il lievito..." (cfr Mt 5,12; Mc 9,50; Lc 34.35).

    Se Gesù concepisce così la sua chiesa le cose cambiano. Ma tutti gli esegeti seri della Sacra Scrittura sono concordi nell'affermare che Gesù, quando dice quelle frasi su riportate non sta parlando della natura della Chiesa, ma con quelle immagini vuol mostrare quello che devono essere i suoi discepoli. A quelli che lo seguono Gesù ricorda che mettendo in pratica gli insegnamenti loro dati nel Discorso della Montagna da poco pronunciato, diventeranno, a somiglianza del sale, la forza dell'umanità scipita ed insapore. La loro esistenza pura che si alimenta con la linfa del Regno di Dio sarà la loro forza vitale. Diventeranno così forza e luce per gli altri (Trilling, Commento al Vangelo di S. Matteo):

    Per Kiko invece quei testi si riferiscono alla Chiesa ed alla sua costituzione, natura e missione. La Chiesa, a suo giudizio, non avrà quindi il compito di far entrare tutti in essa (OR pag. 81) ma solo di "illuminarli", affinché "anche se non luce, diventino alla fine "sedie illuminate""!!! È difficile capire a che cosa serve una sedia illuminata... Neppure Kiko lo dice. Questo "illuminare" gli altri è, però, secondo Kiko, la missione della Chiesa.

    Su questo punto possiamo concordare, ma non sulla conclusione che ne ricava Kiko. Infatti egli dice che proprio per questo la Chiesa non deve fare proselitismo (OR pag. 86), per far entrare tutti nella Chiesa, come Gesù invece aveva detto molte volte (cfr. Mt 28,19): "andate a ammaestrate tutte le genti". "Voi mi sarete testimoni in Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra (At 1,8). Conseguentemente, continua Gesù. "chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato" (Mc 16,16). Ma Kiko dice: "No, la Chiesa non deve fare proselitismo, perché è Dio stesso che chiama certi uomini ad appartenere giuridicamente alla Chiesa, a differenza di altri, che invece chiama per formare una comunità una Chiesa sacramento (OR pag. 87).

    Kiko non spiega quel è la vera differenza fra la Chiesa a cui si è chiamati ad appartenere giuridicamente e quella che deve essere invece la Chiesa sacramento. E a chi gli domanda: "Ma allora la Chiesa che cos'è?", egli risponde con parole che non hanno alcun senso: "la Chiesa è un evento una storia un fatto" (OR pag. 87) "un evento in ordine alla nazioni non alla propria perfezione personale" (OR pag. 83). Quindi per Kiko la Chiesa non è stata voluta da Cristo per la gloria di Dio e la santificazione dell'uomo, come insegna il Magistero della Chiesa cattolica (cfr. Enciclica Mystici corporis AAS pag. 225). La Chiesa per Kiko non ha più perciò il compito di santificare i suoi membri (diversamente da quanto diceva S. Paolo in Ef 5, 25-27), ma solo quello di compiere un "servizio alle nazioni" (OR pag. 84). Ma, signor Kiko, di grazia, qual è questo servizio? Di promozione umana, civile, culturale, sindacale o spirituale? Attendiamo una risposta perché nel testo non lo dice. Tuttavia Kiko continua nella sua esposizione nebulosa e contraddittoria: infatti, a pag. 88 di OR, dice: "che in una parrocchia esista un parroco, due coadiutori, una grande chiesa... campane... statue di santi... messe in ore varie... tutto questo non fa la Chiesa di Cristo... dov'è allora la Chiesa?... dov'è lo Spirito Santo, lo Spirito vivificante di Gesù Cristo risorto, dov'è l'uomo del sermone della montagna. Dove c'è questo, lì c'è la Chiesa".

    Ma se Kiko ritiene che la vera Chiesa come detto sopra non è una realtà giuridica, ma solo sacramentale, i cui effetti quasi sono nel campo interiore dello spirito e quindi invisibili, come egli arriva a conoscere che in un individuo esista lo Spirito Santo e quindi vedere in quella persona il motivo per il quale essa appartiene alla Chiesa? Kiko e i suoi catechisti sono divenuti gli autentici e nuovi portatori e rivelatori agli uomini dello Spirito Santo. Ma questa è soltanto una loro affermazione  ambiziosa e falsa.

    Conseguentemente a quanto Kiko ha detto, e cioè che la Chiesa non è una realtà giuridica, ma solo sacramentale (OR pag: 167), non sono più necessarie tutte quelle strutture in cui essa si articola. Tra queste la principale è la struttura gerarchica che comporta la presenza del Papa, dei vescovi, dei sacerdoti loro collaboratori e cioè del sacerdozio ministeriale, realtà ben distinta dal sacerdozio comune del quale fanno parte tutti i fedeli (cfr. Vaticano II, Lumen Gentium)

    Ma Kiko rifiuta questa struttura gerarchica che, invece, per la chiesa cattolica è di origine divina, perché voluta dal suo stesso Fondatore (Concilio di Trento, Decreto 966; condanna del sinodo di Pistoia, Decreto 1502; condanna del modernismo, Decreto 2054; Enciclica Mystici corporis, 1943; Lc 10,16; Mt 10, 40; Mt 18,18 e 29, 19; Gv 20,23).

    Tutto questo per Kiko non conta. Per lui la gerarchia è frutto di corruzioni umane e di circostanze storiche e, quindi, è una realtà passibile di cambiamenti e di adattamenti secondo i bisogni dei tempi. Da questa premessa fondamentale di Kiko nascono gli altri suoi errori sulla Chiesa. Per cui in essa non ci saranno più capi di origine divina, non ci saranno più papi, vescovi, sacerdoti... Basta leggere quanto egli dice a pag. 56-57 di OR: "Nel cristianesimo non c'è tempio né altare né sacerdozio, nel senso della religiosità naturale (su questo concetto di religiosità naturale ritorneremo un'altra volta). Continua Kiko: "non c'è tempio nel senso ci luogo sacrosanto in cui si rende un culto sacro, la casa di Dio dov'egli abita. Il tempio del cristianesimo siamo noi cristiani. Il tempio infatti del cristiano è Cristo. E Cristo dov'è? nella Chiesa? Ma la Chiesa non è un tempio di pietra, la chiesa siamo noi cristiani, noi siamo il tempio vivo dello Spirito Santo. Ma nello stesso tempo nel cristianesimo non c'è altare, nel senso di una pietra sacra cui nessuno si può avvicinare né tanto meno toccare... Noi cristiani non abbiamo altare, perché l'unica pietra santa è Cristo pietra angolare, perciò possiamo celebrare l'Eucarestia sopra un tavolo [sta giustificando il modo di celebrare dei Neocatecumenali]; e la possiamo celebrare in una piazza, in campagna o dove ci piaccia. Non abbiamo un luogo in cui esclusivamente si debba celebrare il culto. Non abbiamo nemmeno sacerdoti nel senso di persone che separiamo da tutti gli altri perché in nostro nome si pongano in contatto con la divinità [Ma questa è la concezione del sacerdozio della religione naturale. Perché nella religione rivelata come il Cristianesimo il sacerdote viene scelto da Dio e non dall'uomo] poiché il nostro sacerdote colui che intercede per noi è Cristo e siccome noi siamo tutti suo corpo siamo tutti sacerdoti. Tutta la chiesa è sacerdotale nel senso che intercede per il mondo. È vero che questo sacerdozio si visibilizza in un un servizio e ci sono alcuni fratelli che sono servitori di questo sacerdozio, ministri del sacerdozio. [Non ci fermiamo a commentare questa citazione che è del liturgo spagnolo Farnès e che in parte è anche accettabile]. Kiko continua ad esporre il suo pensiero, dicendo a pag. 54 del I Scrutinio: "l'altro giorno Farnès, davanti a 50 preti, diceva: "il sacerdozio nel cristianesimo non esiste, gli altari non esistono. Per questo l'unico altare al mondo fra tutte le religioni che ha tovaglie è il cristianesimo. Perché non è un altare, è una mensa...Anche noi abbiamo fatto, nell'epoca della mescolanza con la religiosità (naturale), altari di pietra monumentali, anche poi gli mettevamo le tovagliette. Un altare non può avere tovaglie, perché l'altare è per fare sacrifici di capre e di vacche (???!!! altro che VT, ma anche nel VT c'erano i sacrifici di lode e di ringraziamento). Non possiamo fermarci ad esaminare più dettagliatamente questo testo perché lo abbiamo fatto in lavori precedenti a cui rimandiamo i nostri lettori.

    Ci interessano le conclusioni di questi principi che traggono i neocatecumenali. Infatti le loro comunità non saranno soggette né al Papa, né ai vescovi e neppure ai parroci, che sono i collaboratori dei vescovi, anche se essi affermano di dipendere dall'autorità della chiesa (cfr Statuto mai applicato) "Le comunità neocatecumenali saranno guidate da un responsabile laico (OR pag. 372). Il sacerdote eventualmente presente presiede soltanto l'assemblea". Tuttavia Kiko avverte che ancora non è opportuno dichiarare apertamente che le sue comunità non riconoscono l'autorità dei vescovi. Per questo aggiunge, a pag. 370 di OR: "Queste comunità le dirigiamo noi in nome del vescovo". Ma, affermando questo, Kiko si contraddice affermando, dopo aver negato l'esistenza nella chiesa della gerarchia, che egli dirige le comunità con delega da un membro di una gerarchia di cui non riconosce l'esistenza! Quindi, praticamente, chi conduce le comunità neocatecumenali? Risponde Kiko: "è la chiesa quella che ti condurrà e questa chiesa da chi è rappresentata? Nei catechisti, in noi che in questo momento siamo incaricati, i responsabili della iniziazione cristiana in questa parrocchia per voi. (I Scrutinio, pag. 63).

    Kiko afferma che per entrare nella Chiesa è necessario il Battesimo, confermando così la dottrina del CCC, n.1207. Ma di quale battesimo egli parla? Di quello conferito dalla Chiesa? Certamente no perché, a pag. 70 del II Scrutinio, dice: "una delle missioni fondamentali che avremo quando arriveremo (un futuro) ad entrare in questo corpo (cioè nella Chiesa) perché solo allora arriveremo, adesso siamo ancora lontani (cioè passeranno 20 anni dopo questa convivenza) perché ancora siete pre-catecumeni perché ancora vi manca per entrare in questo corpo (questo lo dice anche ai battezzati!!!). Per entrare in questo copro dovete essere rivestiti di un vestito splendente (cfr. I Scrutinio pag. 46-47; 97-98; 120), e di un manto di gioia dello Spirito del Signore Gesù Cristo... Chi ha questo amore, chi fa così, si può chiamare cristiano soltanto, gli altri no. Chi non ama così non appartiene a Gesù Cristo anche se è prete, se è vescovo".

    Con queste parole siamo di nuovo ad una serie di assurdi, anche sul piano della logica veramente incomprensibili. I neocatecumenali che, come dice Kiko, ancora non sono Chiesa, perché non hanno ricevuto il suo battesimo, tuttavia per oltre 20 anni si accostano ai sacramenti della Chiesa, specie l'Eucaristia, che secondo le sue legge non possono essere dati a chi ancora non è entrato nella Chiesa. Essi tuttavia lo fanno, anzi l'Eucaristia settimanale diventerà un mezzo importante per la loro formazione neocatecumenale, forse tutto questo non serve sul piano della fede, ma su quello dell'apparenza e della illusione che bisogna continuare agli altri fratelli e di fatto serve alla coesione delle comunità.

    Kiko ritorna su questa affermazione quando, a pag. 34-35 del I Scrutinio, dice: "Noi (catechisti) siamo i rappresentanti del vescovo per portarvi al Cristianesimo...". "Io sono per voi un didascalo incaricato dalla Chiesa perché in me hanno riconosciuto questo carìsma di portare avanti nella parrocchia il catecumenato". Anche qui Kiko non avverte che si sta contraddicendo, perché afferma di essere delegato e di essere il rappresentante di una autorità che egli afferma non essere divina ma frutto di calcoli o di necessità storiche sorte molto più tardi in essa nel corso dei secoli. Egli si dichiara didascalo come quel personaggio che dai pastori della Chiesa, agli inizi, aveva l'incarico di guidare i catecumeni al traguardo della fede. Ma se allora questa autorità ancora non esisteva, che valore avevano quei didascali ai quali egli si paragona? Ma è difficile far capire ai nostri fratelli neocatecumenali la falsità delle argomentazioni di Kiko, anche solo sul piano della logica. Essi infatti accettano i discorsi del loro capo, che verranno poi ripetuti dai catechisti, come più certi e veri di ogni discorso del Papa...

Un Sacerdote, gennaio 2008
 

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