Turchia UE: partono i negoziati per l'ingresso
ma nessuno è soddisfatto

L'Austria ha accettato i termini del mandato negoziale:  accessione, non più “partecipazione privilegiata". Le posizioni all’interno del Paese musulmano: la stampa ricorda i debiti dell’Europa alla Turchia; ad Ankara e Istanbul manifestazioni di protesta contro l’ingresso. Si tratta comunque di un passo storico


Ankara (AsiaNews) - Una lunga convulsa giornata, quella di ieri, per la Turchia tra annunci e smentite, prima della conferma - giunta a tarda serata - dell’avvio dei negoziati, che si prevede dureranno almeno 10 anni, per il suo ingresso in Europa. 

"Abbiamo raggiunto l'accordo. Vado a Lussemburgo", ha comunicato ai giornalisti il ministro degli Esteri turco, Abdullah Gul, lasciando la sede del partito di Giustizia e Sviluppo ad Ankara per raggiungere i ministri dell'Unione.

L'Austria ha accettato che l'obiettivo comune dei negoziati sarà l'accessione, non una più blanda "partecipazione privilegiata", come volevano molti conservatori e cristiano-democratici in tutta l'Europa occidentale.

Sembra terminata, dunque, la grande fibrillazione che ha dominato in questi giorni  tutta la nazione turca ancora divisa tra pareri favorevoli e contrari. C’è chi - come nell’ultimo periodo il quotidiano nazionale Posta – sostiene a tutto spiano l’inevitabile ingresso della Turchia in Europa, visto il grande debito storico e culturale che l’Occidente deve a questo millenario “Impero”.

In risposta alla domanda provocatoria dell’Indipendent inglese che aveva osato lanciare sulle sue pagine “Ma cosa hanno fatto i turchi per noi?”, il giornale turco domenica scorsa obiettava: “Che ne sarebbe stato (dell’Europa) se non ci fossero stati i turchi?”. E a tutta pagina fa un elenco dettagliato di cosa gli europei hanno “imparato” dai turchi: la convivenza pacifica tra culture e religioni differenti (sottolineando che sotto l’impero ottomano, nonostante fosse musulmano, chiunque godeva gli stessi privilegi sociali e civili); l’arte raffigurativa e l’artigianato, soprattutto su stoffa; il commercio (da non dimenticare che la via della seta si sviluppò soprattutto sotto l’impero ottomano); lo stile di vita orientale e la conoscenza militare (la Turchia si vanta di essere la più valorosa e forte alleata Nato).

C’è chi - come scrive il quotidiano l’Hurriyet - ricorda i notevoli sforzi che sono stati fatti da quando nel 1999 Helsinki ha posto delle ferree condizioni perché la Turchia si potesse affacciare alla porta europea. Nel 2002 è stata cancellata la pena di morte in tempo di pace e lo scorso anno anche in tempo di guerra. Nel 2002 è stato tolto il divieto di insegnamento in curdo e nel giugno 2004 addirittura sul canale nazionale radio televisivo TRT, è dato ampio spazio per programmi in curdo. Nel maggio 2004 è stata abrogata la legge che discriminava le donne in caso di adulterio; a favore delle donne sono aumentate le pene contro il “delitto d’onore”, ed è cominciata una forte campagna politica e sociale per l’alfabetizzazione delle bambine e delle ragazze nelle campagne dove il grado di istruzione è molto basso.

È stata data una notevole accelerata al programma “tolleranza zero” verso le torture nelle carceri, attualmente proibite e punibili fino a 12 anni di reclusione. Sono state rivisti anche alcuni atteggiamenti di ingerenza nel governo del Consiglio di Sicurezza e anche il Tribunale di Sicurezza di Stato lo scorso anno è stato abolito.

Sempre secondo il giornale, si sono allargate le disposizioni di libertà nei confronti delle religioni non musulmane, sebbene, secondo lamentele del Patriarca greco ortodosso Bartolomeo I, non sono ancora sufficienti. Infine, sono state cambiate diverse disposizioni del codice penale contro la libertà di espressione. Anche se – riconosce lo stesso Posta – ci sono ancora delle lacune nelle leggi a tale proposito e ciò risulta evidente, per esempio, nel famoso processo indetto contro il celebre scrittore turco Orhan Pamuk, che ha osato denunciare pubblicamente il genocidio degli armeni. Ma, aggiunge, ci sono avvocati difensori rinomati a suo favore e si spera in una risoluzione positiva del processo.

Non tutti però, nonostante questi progressi sotto gli occhi di chiunque, sono favorevoli all’ingresso della Turchia in Europa e proprio domenica scorsa grandi manifestazioni di disapprovazione si sono svolte ad Ankara e a Istanbul. La prima, organizzata dal partito turco nazionalista MHP, a cui hanno partecipato 70 mila persone, è stata una grande protesta contro l’Europa, della quale si è fatto portavoce il leader di partito, Devlet Bahceli, intrattenendo la folla con un discorso di oltre 75 minuti per convincere i suoi militanti che l’apertura delle trattative sarà l’inizio di tanti guai seri per la Turchia; secondo Bahceli questo passo scompaginerà le politiche di sviluppo economico e sociale della nazione.

La seconda, organizzata dal partito comunista TKP, ha contato su 3 mila partecipanti, nonostante il cattivo tempo. Lo slogan della manifestazione in piazza: “Una nazione indipendente contro l’Imperialismo e il Fascismo”, ha accompagnato il corteo e i discorsi dei partecipanti, in un accorato no alla dipendenza dall’Unione Europea. (MZ)

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Un passo storico

Accolto come un passo storico, l’accordo siglato tra Unione Europea e Turchia lascia ancora dubbi sulla soluzione della questione cipriota. Ieri, le due parti hanno fissato al 3 ottobre 2005 l’apertura dei negoziati sull’eventuale entrata del paese musulmano nei Venticinque, dopo aver superato la crisi aperta dalla richiesta dell’UE del riconoscimento della Cipro greca da parte di Ankara.

Secondo gli accordi, la Turchia doveva stilare una dichiarazione scritta con la quale si impegnava a firmare un documento, che estende il Protocollo dell'accordo doganale e commerciale ai 10 nuovi membri Ue, riconoscendo così implicitamente la Repubblica di Cipro; il tutto entro l’inizio dei negoziati.

Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan è riuscito ad uscire dall’empasse ottenendo un testo di compromesso, nel quale Ankara si impegna, con una dichiarazione verbale, a estendere anche  a Cipro il protocollo. Erdogan ha specificato che il testo non è un riconoscimento ufficiale di Cipro. “Non abbiamo ottenuto il 100% di quello che avremmo voluto - ha detto il premier turco – ma possiamo dire che l’incontro è stato un successo”. L’accordo, infatti, rappresenta comunque una vittoria per la Turchia, che da anni si batte per confermare i requisiti richiesti dall’Unione.

La questione del riconoscimento di Cipro non era mai stata una condizione per l’avvio dei negoziati; l’isola, unitasi all’UE lo scorso maggio, ha però più volte obiettato al fatto che la Turchia rifiutasse di riconoscerla a livello diplomatico. Cipro è divisa fra la comunità greca e quella turca. A livello internazionale, solo la Turchia riconosce lo stato cipriota del nord, ma non quello del sud.

La due giorni dell’incontro UE – Turchia  ha stabilito per Ankara nuove condizioni da raggiungere prima di potersi dire membro dell’Unione Europea. In agenda: sviluppo delle strutture politiche e economiche, miglioramenti nel campo di diritti umani, rispetto delle minoranze e legislazione. Diritti della dona e libertà religiosa rappresentano le sfide più grandi per il paese; per molti turchi si tratta di una rivoluzione sociale e storica.

Si ritiene che la Turchia non raggiungerà gli standard richiesti prima di 15 anni; per quel tempo il Paese rappresenterà il blocco più popoloso dell’Unione (più di 80 milioni di abitanti), dato che gli assicurerà un forte potere decisionale e la maggioranza dei seggi nel parlamento europeo
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[Fonte AsiaNews 4 ottobre 2005]

v. anche
:: Un'Europa a somma algebrica?
:: Adesione Turchia all'UE: Mons. Piretto (Vicario di Istanbul). “Passo importante, ma
   non cedere a facili entusiasmi”
:: Il punto di vista
Armeni, ebrei, cristiani 
Altri documenti nelle Sezioni:  Studi Riflessioni  Dialogo Interreligiso
 

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