NOI RICORDIAMO: UNA RIFLESSIONE SULLA SHOAH Linea colorata 2.gif (2795 byte)


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IV. Antisemitismo nazista e la Shoah

Non si può ignorare la differenza che esiste tra l'antisemitismo, basato su teorie contrarie al costante insegnamento della Chiesa circa l'unità del genere umano e l'uguale dignità di tutte le razze e di tutti i popoli, ed i sentimenti di sospetto e di ostilità perduranti da secoli che chiamiamo antigiudaismo, dei quali, purtroppo, anche dei cristiani sono stati colpevoli.

L'ideologia nazionalsocialista andò anche oltre, nel senso che rifiutò di riconoscere qualsiasi realtà trascendente quale fonte della vita e criterio del bene morale. Di conseguenza, un gruppo umano, e lo Stato con il quale esso si era identificato, si arrogò un valore assoluto e decise di cancellare l'esistenza stessa del popolo ebraico, popolo chiamato a rendere testimonianza all'unico Dio e alla Legge dell'Alleanza. A livello teologico non possiamo ignorare il fatto che non pochi aderenti al partito nazista non solo mostrarono avversione all'idea di una divina Provvidenza all'opera nelle vicende umane, ma diedero pure prova di un preciso odio nei confronti di Dio stesso. Logicamente, un simile atteggiamento condusse pure al rigetto del cristianesimo, e al desiderio di vedere distrutta la Chiesa o per lo meno sottomessa agli interessi dello Stato nazista.

Fu questa ideologia estrema che divenne la base delle misure intraprese, prima per sradicare gli ebrei dalle loro case e poi per sterminarli. La Shoah fu l'opera di un tipico regime moderno neopagano. Il suo antisemitismo aveva le proprie radici fuori del cristianesimo e, nel perseguire i propri scopi, non esitò ad opporsi alla Chiesa perseguitandone pure i membri.

Ma ci si deve chiedere se la persecuzione del nazismo nei confronti degli ebrei non sia stata facilitata dai pregiudizi antigiudaici presenti nelle menti e nei cuori di alcuni cristiani. Il sentimento antigiudaico rese forse i cristiani meno sensibili, o perfino indifferenti, alle persecuzioni lanciate contro gli ebrei dal nazionalsocialismo quando raggiunse il potere?

Ogni risposta a questa domanda deve tener conto del fatto che stiamo trattando della storia di atteggiamenti e modi di pensare di gente soggetta a molteplici influenze. Ancor più, molti furono totalmente ignari della "soluzione finale" che stava per essere presa contro un intero popolo; altri ebbero paura per se stessi e per i loro cari; alcuni trassero vantaggio dalla situazione; altri infine furono mossi dall'invidia. Una risposta va data caso per caso e, per farlo, è necessario conoscere ciò che precisamente motivò le persone in una specifica situazione.

All'inizio, i capi del Terzo Reich cercarono di espellere gli ebrei. Sfortunatamente, i Governi di alcuni Paesi occidentali di tradizione cristiana, inclusi alcuni del Nord e Sud America, furono più che esitanti ad aprire i loro confini agli ebrei perseguitati. Anche se non potevano prevedere quanto lontano sarebbero andati i gerarchi nazisti nelle loro intenzioni criminali, i capi di tali nazioni erano a conoscenza delle difficoltà e dei pericoli a cui erano esposti gli ebrei che vivevano nei territori del Terzo Reich. In quelle circostanze, la chiusura delle frontiere all'immigrazione ebraica, sia che fosse dovuta all'ostilità antigiudaica o al sospetto antigiudaico, a codardia o limitatezza di visione politica o a egoismo nazionale, costituisce un grave peso di coscienza per le autorità in questione.

Nelle terre dove il nazismo intraprese la deportazione di massa, la brutalità che accompagnò questi movimenti forzati di gente inerme, avrebbe dovuto suscitare il sospetto del peggio. I cristiani offrirono ogni possibile assistenza ai perseguitati, e in particolare agli ebrei?

Molti lo fecero, ma altri no. Coloro che aiutarono a salvare quanti più ebrei fu loro possibile, sino al punto di mettere le loro vite in pericolo mortale, non devono essere dimenticati. Durante e dopo la guerra, comunità e personalità ebraiche espressero la loro gratitudine per quanto era stato fatto per loro, compreso anche ciò che Pio XII aveva fatto personalmente o attraverso suoi rappresentanti per salvare centinaia di migliaia di vite di ebrei (16). Molti Vescovi, preti, religiosi e laici, sono stati per tale ragione onorati dallo Stato di Israele.

Nonostante ciò, come Papa Giovanni Paolo II ha riconosciuto, accanto a tali coraggiosi uomini e donne, la resistenza spirituale e l'azione concreta di altri cristiani non fu quella che ci si sarebbe potuto aspettare da discepoli di Cristo. Non possiamo conoscere quanti cristiani in paesi occupati o governati dalle potenze naziste o dai loro alleati, constatarono con orrore la scomparsa dei loro vicini ebrei, ma non furono tuttavia forti abbastanza per alzare le loro voci di protesta. Per i cristiani questo grave peso di coscienza di loro fratelli e sorelle durante l'ultima guerra mondiale deve essere un richiamo al pentimento (17).

Deploriamo profondamente gli errori e le colpe di questi figli e figlie della Chiesa. Facciamo nostro ciò che disse il Concilio Vaticano II con la Dichiarazione Nostra aetate, che inequivocabilmente afferma: "La Chiesa... memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque" (18).

Ricordiamo e facciamo nostro quanto Papa Giovanni Paolo II, nel rivolgersi ai capi della comunità ebraica di Strasburgo nel 1988 affermò: "Ribadisco nuovamente insieme con voi la più ferma condanna di ogni antisemitismo e di ogni razzismo, che si oppongono ai principi del cristianesimo" (19). La Chiesa cattolica, pertanto, ripudia ogni persecuzione, in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo, perpetrata contro un popolo o un gruppo umano. Essa condanna nel modo più fermo tutte le forme di genocidio, come pure le ideologie razziste che l'hanno reso possibile. Volgendo lo sguardo su questo secolo, siamo profondamente addolorati per la violenza che ha colpito gruppi interi di popoli e di nazioni. Ricordiamo in modo particolare il massacro degli armeni, le vittime innumerevoli nell'Ucraina degli anni '30, il genocidio degli zingari, frutto anch'esso di idee razziste, e tragedie simili accadute in America, in Africa e nei Balcani. Né vogliamo dimenticare i milioni di vittime dell'ideologia totalitaria nell'Unione Sovietica, in Cina, in Cambogia ed altrove. Neppure possiamo dimenticare il dramma del Medio Oriente, i cui termini sono ben noti. Anche mentre noi facciamo la presente riflessione, "troppi uomini continuano ad essere vittime dei propri fratelli" (20).

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