IL CONCILIO VATICANO II: RINNOVAMENTO
SECONDO TRADIZIONE
di Lorenzo Bertocchi

ROMA, martedì, 15 giugno 2010 (ZENIT.org).- Sabato 12 giugno si è tenuto a
San Marino il convegno “Passione della Chiesa, Amerio e altre vigili sentinelle”
organizzato dal Centro Culturale Vera Lux di Bologna.
L’incontro ha visto la partecipazione di monsignor Luigi Negri, Vescovo di San
Marino- Montefeltro, di don Nicola Bux, di padre Giovanni Cavalcoli O.P e del
prof. Matteo D’Amico. Il tema prendeva le mosse dalla passione della Chiesa che,
come ha scritto Johann A. Mohler, in quanto “perdurante incarnazione di Cristo”
vive quella stessa “passio” che visse il Cristo fisico.
Il convegno intendeva chiarire che tra le molte sofferenze che oggi vive la
Chiesa non è secondario ciò che riguarda una diffusa confusione circa la verità,
un caos interpretativo che produce veri e propri danni di natura spirituale che
rischiano di incatenare i fedeli in una libertà vuota di senso.
Don Nicola Bux ha aperto i lavori e ha indicato come “ormai in molti condividono
il giudizio che all’inizio del Conclave l’attuale Pontefice ha dato circa il
relativismo. Un relativismo che purtroppo è entrato nella dottrina”.
“Proprio in occasione dell’omelia di chiusura dell’Anno Sacerdotale – ha
precisato don Bux - il Santo Padre ha parlato di ‘eresie’. Negli ultimi decenni
questo era un termine non molto usato perché si temeva di evocare fantasmi, però
di fatto le eresie nella Chiesa ci sono e la confusione dottrinaria origina
proprio dalla difficoltà di distinguere ciò che è dottrina pura, sana, sicura da
tutto ciò che, invece, non è tale”.
In questo contesto le “vigili sentinelle” indicate nel Convegno – Romano Amerio,
padre Tomas Tyn e Benedetto XVI – sono accomunate da un interesse per
l’ortodossia che il Cardinale Joseph Ratzinger definiva “opera sociale a favore
di tutti i credenti”.
Concludendo il suo intervento don Bux ha sintetizzato molto bene cosa si intende
per dottrina sicura, sana e pura: “Dottrina sicura perché fondata su Gesù Cristo
e il primato petrino. Dottrina sana perché immune da pensieri fuorvianti.
Dottrina pura perché proveniente dal cielo, custodita nella sacra liturgia,
scevra da inquinamenti delle opinioni mondane”.
Anche se non presente al tavolo dei relatori ha voluto dare un contributo alla
giornata anche monsignor Brunero Gherardini che, con una scritto inviato agli
organizzatori, ha ricordato come per Romano Amerio “la crisi fu scatenata quando
forze latenti, ma aggressive, polemiche, centrifughe e soprattutto potenti,
aprirono le porte del santuario allo spirito del secolo, sostituendo l’uomo a
Dio”. “Nasceva e in breve furoreggiò – continua Gherardini - un Cristianesimo
umanitario, quello del 'buonismo acritico' e superficiale, senza preoccupazioni
dogmatiche, etiche, disciplinari”.
Con grande acutezza la relazione del prof. D’Amico ha analizzato l’opera di
Romano Amerio come interprete della crisi della teologia post-conciliare: “Per
Amerio la crisi è un fatto, e i fatti si mostrano, non si dimostrano.
Iota Unum, in questo
senso, è soprattutto una lunga e meticolosa messa in luce e chiarificazione del
fatto della crisi”.
La causa di quella che Amerio definisce “crisi” della Chiesa viene indicata dal
professore nella “crisi del pensiero”: “In Iota Unum si trova, infatti,
un capitolo fondamentale (Teologia e filosofia nel postconcilio) nel quale
Amerio denuncia il pratico abbandono dello studio di San Tommaso nei seminari,
l’abbandono della Scolastica e, quindi, della philosophia perennis”.
Secondo Amerio “l’abbandono del tomismo significa la rinuncia a una prospettiva
realista in metafisica e si sviluppa un inevitabile dubbio scettico sulle
capacità conoscitive dell’uomo. Tale pirronismo però rende impossibile la vita
di fede, o la sfibra totalmente, in quanto l’assioma secondo il quale l’uomo non
può conoscere nulla con certezza si estende ai dogmi e all’insegnamento della
Chiesa in genere.
È
questa, nella visione ameriana, la radice ultima della
crisi”.
Padre Giovanni Cavalcoli si è inserito nel dibattito sottolineando in
particolare la figura di Tomas Tyn e la sua interpretazione della libertà in
rapporto a quella data da Karl Rahner, mostrando come “il rinnovamento teologico
apportato da Rahner contrasta con quello autentico promosso dal Magistero in
questi ultimi quarant’anni, mentre per converso il ‘tradizionalismo’ tyniano si
sta sempre più rivelando in piena consonanza col Concilio, per il quale egli
ebbe grande ammirazione, fiutandone peraltro l’interpretazione modernista che
purtroppo ne sarebbe venuta e ne stava venendo già fuori ai suoi tempi”.
Per Padre Cavalcoli “padre Tomas Tyn, di cui è aperta la causa di
beatificazione, rappresenta davvero una testimonianza viva di quell’ermeneutica
della continuità più volte richiamata da Benedetto XVI, egli, infatti, è stato
ed è una vigilante sentinella che ‘con la sanità della dottrina e la
confutazione dell’errore, ma soprattutto con la sua messa in pratica nella
purezza e santità dei costumi morali, dà un esempio a tutta la Chiesa”.
Monsignor Luigi Negri ha concluso i lavori con un intervento profondo e carico
di quella passione che contraddistingue il Vescovo di San Marino-Montefeltro.
“Benedetto XVI – ha detto monsignor Negri – ha dato un apporto determinante e
definitivo al cosiddetto problema dell’ermeneutica del Concilio Vaticano II,
contributo che consente di chiudere certe vicende ancora aperte e di riprendere
il cammino”.
“È
giusto guardare il Concilio - ha aggiunto - e quindi interpretarlo
affrontando coraggiosamente quei punti per cui è necessario ulteriore
approfondimento, ma certamente senza cedere alla tentazione ideologica:
tradizionalismo e progressismo sono due degradi ideologici di segno uguale e
contrario”.
Per quanto riguarda la caratteristica essenziale del Magistero di Benedetto XVI,
monsignor Luigi Negri ha tracciato un riferimento preciso: “Il Papa più volte in
questi anni ci ha chiarito che occorre una ragione più larga, un insegnamento
valido per i cristiani, ma anche per chi non è cristiano e non accetta di
mettersi nel giro delle ideologie che eliminano la grandezza e la dignità
dell’uomo”.
“Questo è il grande compito - ha concluso - che Benedetto XVI si è assunto: dare
agli uomini la possibilità di un’esperienza ampia della loro umanità, ossia
quell’inesorabile andare verso il mistero che caratterizza la ragione umana in
ogni momento della sua vita”
.
[Grazie alla collaborazione con le Edizioni “Il Cerchio” di Rimini gli
organizzatori hanno preannunciato la pubblicazione degli atti del convegno che,
compatibilmente con i tempi di redazione, dovrebbe essere presentata il prossimo
settembre]

Nota di InternEtica:
si ha la sensazione che delle 'sentinelle' -e di Amerio in particolare- ci
si sia serviti ai fini della proclamazione della 'continuità' di un Concilio non
dogmatico, che appare sempre più assurgere esso stesso a dogma, senza prendere nella dovuta
considerazione le evidenti 'ambiguità' così 'sapientemente' messe in
luce. Infatti, dai cenni salienti appena scorsi - pur in attesa di conoscere gli atti
integralmente - sembra trattarsi di una operazione di maquillage, della
ennesima apologia della continuità ancora una volta solo affermata piuttosto
che di un autentico contributo propositivo, ormai ineludibile, per
dirimere
le diverse vexatae quaestiones
nel senso
affermato da mons. Gherardini, ribadito con
approfondimenti notevoli nel suo ultimo lavoro "Quod et tradidi vobis" -
La
Tradizione vita e giovinezza della Chiesa, Divinitas, n.1-2-3/2010.
Più
recentemente ancora, Enrico Maria Radaelli, nella postfazione a "Zibaldone" di
Romano Amerio pubblicato dalla Lindau, sembra andare più in là, perché
pone con vigore l'accento sulla necessità, già prefigurata da mons. Gherardini, di una autorevole pronuncia veritativa del Trono più alto sui
punti da troppo tempo controversi, ma invocando uno stile che divenga da
propositivo impositivo. [Sarà a breve disponibile un saggio di approfondimento
in corso di elaborazione -ndR]
Gli unici riferimenti meno apologetici di una 'continuità' già data sono quello di mons. Bux,
in riferimento alle parole del Papa a conclusione dell'Anno Sacerdotale, nominando
esplicitamente le eresie e quello del prof. D'Amico sui pericoli del pirronismo,
che estende le incertezze sulle capacità conoscitive dell'uomo ai dogmi ed
all'insegnamento della Chiesa. Ma finché se ne parla senza agire, non cambia
nulla. Intanto è già un bene che se
ne parli più diffusamente; fino a qualche anno fa non era possibile. Speriamo...