«L'appello di Magdi Allam»
Giorgio Paolucci su Avvenire 14 giugno 2007

Cristiani in Medio Oriente a rischio di estinzione

Se a promuovere l'iniziativa romana è un islamico

Nelle terre dove il cristianesimo è nato, si rischia l'estinzione dei cristiani. Le cause sono molteplici ma drammaticamente convergenti. È in atto una persecuzione esplicita da parte del fondamentalismo islamico, che continua a guadagnare spazi e consensi e in queste settimane trova in Iraq una delle sue più feroci manifestazioni. Ci sono poi discriminazioni a livello giuridico e politico, che in alcuni Paesi impediscono l'accesso a cariche pubbliche o a talune professioni, riservate ai musulmani. C'è infine - non meno grave e insidioso - un clima ostile e sempre più diffuso fatto di emarginazione sociale e culturale, che trasforma di fatto i seguaci di Gesù in cittadini di serie B. Una mentalità che, ad esempio, considera come un «rinnegato» meritevole di morte ogni seguace del profeta Maometto che abbia l'ardire di abbandonare quella che gli ulema definiscono "la migliore comunità che Dio abbia donato agli uomini" per abbracciare la fede cristiana: è la vita amara a cui sono costretti i convertiti.

L'emigrazione di 10 milioni di persone di religione cristiana dall'epoca della prima guerra mondiale a oggi, già di per sé un dato impressionante, rappresenta la conseguenza più eclatante di una situazione di crescente difficoltà denunciata a più riprese dalle comunità del Medio Oriente e del Nordafrica. Essa ha trovato un interprete appassionato nella persona del Santo Padre, che non si stanca di metterla sotto gli occhi del mondo. Sabato scorso, ricevendo in Vaticano il presidente americano Bush, egli ha espresso la sua preoccupazione per il precipitare della situazione nell'area, e parlando alla Congregazione per le Chiese orientali non ha usato giri di parole: «Possano le Chiese e i discepoli del Signore rimanere là dove li ha posti per nascita la divina Provvidenza; là dove meritano di rimanere per una presenza che risale agli inizi del cristianesimo. Nel corso dei secoli essi si sono distinti per un amore incontestabile e inscindibile alla propria fede, al proprio popolo e alla propria terra». La fede, il popolo, la terra: sono le tre parole radicate nel cuore delle comunità cristiane che vivono nella regione, che ci vivevano già secoli prima dell'arrivo dell'islam e che hanno saputo costruire - non senza difficoltà - una convivenza plurale. Ed è proprio la possibilità di «con-vivere» che viene messa a rischio da quanti vogliono negare la storia, imponendo la loro identità religiosa e culturale come protagonista unico ed esclusivo. Costoro vogliono dire "io" escludendo il "tu", e così impediscono che ci si possa continuare a concepire come "noi".

Il declino delle comunità cristiane nei Paesi arabi è stato sinora ignorato o guardato con occhio distratto dall'Occidente, e l'Italia non ha fatto eccezione. Come se la loro condizione fosse questione marginale, e non la drammatica conferma dell'imbarbarimento che avanza. Come se la libertà religiosa fosse un "pallino" del Vaticano e non la cartina di tornasole del rispetto dei diritti umani.

Bisogna svegliarsi dal torpore, prima che sia troppo tardi. Bisogna mobilitarsi, alzare la voce per fermare la fuga e la discriminazione su base religiosa. Bisogna chiedere la mobilitazione delle diplomazie, dell'Onu e dell'Unione Europea, consapevoli che l'impegno per i cristiani è figlio dell'impegno per la pace e la democrazia. Va in questa direzione l'appello per una manifestazione nazionale contro l'esodo e la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente e per la libertà religiosa nel mondo, promosso in queste ore da Magdi Allam e da esponenti della società civile e del mondo politico per il 4 luglio a Roma. È un'occasione per ridire a viso aperto e a voce alta che quanto sta accadendo riguarda i destini dell'umanità, e che chi se ne lava le mani si aggiungerà alla schiera dei tanti Ponzio Pilato di cui la storia è disseminata.


Se a promuovere l'iniziativa romana è un islamico                         
Andrea Lavazza, su Avvenire 5 luglio 2007

Nell'Afghanistan «liberato» dai taleban, ogni convertito al cristianesimo rischia la pena di morte: il temerario Abdul Rahman, che venne scoperto e denunciato dai familiari, oggi vive sotto protezione in Italia. Nell'Iraq che dopo la dittatura di Saddam Hussein ha ritrovato la democrazia, centinaia di migliaia di fedeli delle varie Chiese - messi nel mirino dagli estremisti islamici - hanno già scelto la via della fuga, mentre coraggiosi sacerdoti che rimangono con il proprio gregge vengono rapiti o uccisi.

Nel Libano, ex «Svizzera d'Asia» segnata dalla guerra civile, i cristiani sono passati dalla maggioranza della popolazione al 38 per cento. La situazione non è migliore per l'ormai esigua minoranza dei Territori palestinesi o per la comunità pachistana, stretta tra intolleranza e leggi restrittive. In tutto il Medio Oriente, e anche oltre, in tutto il Continente, le persecuzioni contro i seguaci di Gesù si fanno più aspre e diffuse.

La denuncia che si è levata ieri sera da piazza Santi Apostoli in Roma, dove ci si è riuniti sotto lo slogan «salviamo i cristiani», è suonata come un richiamo opportuno e doveroso, non privo di spunti nuovi e persino utilmente paradossali. La voce del Papa si leva instancabilmente per assicurare vicinanza e chiedere protezione, la diplomazia vaticana esplora con determinazione tutti i canali praticabili, gruppi e singoli cattolici sono mobilitati per una solidarietà fattiva e concreta. Alla manifestazione promossa da Magdi Allam, intellettuale laico di origine egiziana, hanno però aderito - e qui sta il passo avanti - anche esponenti del mondo musulmano (ed ebraico).

Non si può, inoltre, non rilevare che a cercare una mobilitazione pubblica, non confessionale, sia stato uno studioso della realtà islamica consapevole del valore della libertà religiosa e della presenza cristiana nel Medio Oriente. E non qualche esponente del ceto politico o culturale ben radicato nella tradizione occidentale che tanto deve proprio al cristianesimo nato nelle terre d'Oriente. Una circostanza capace di alimentare il sospetto, già avanzato a proposito della vicenda di padre Bossi rapito nelle Filippine, che nel nostro Paese un certo pregiudizio anticattolico, rafforzatosi in questi anni, oscuri la tragedia di milioni di credenti a rischio della vita per la loro fede.

Tenere alta l'attenzione, però, costituisce solo il primo atto. Servono anche azioni, prima che l'esodo tragicamente si completi. A volte viene invocata una reciprocità rispetto agli immigrati musulmani: se vogliono godere di tutti i diritti, i loro Paesi d'origine concedano pieno rispetto a chi segue altri culti. Una forma di ritorsione inaccettabile, dato che le libertà universali che vigono nella nostra società sono per noi una conquista e un vanto, non riducibili a merce di scambio. Ben diverso è lo strumento delle relazioni tra Stati e degli accordi commerciali, il vero tasto su cui si può agire, modulando fermezza e concessioni, con l'obiettivo di estendere progressivamente quei principi di tolleranza negati in molti Paesi.

Quando, ad esempio, si stanziano gli aiuti che evitano il collasso dell'Autorità palestinese, non sarebbe fuori luogo chiedere una maggiore tutela dei cristiani di Betlemme e di Gaza. Senza dimenticare che a Beirut abbiamo inviato una consistente forza di pace e che a Kabul siamo impegnati a ricostruire il sistema giudiziario, all'interno del quale non possono rimanere ombre di discriminazioni e tutti devono essere uguali per legge. Su altri tavoli, la leva sarà quella economica: pretendere garanzie per chi chiede solo libertà di professare la propria religione vale il sacrificio di qualche, pur lucrosa, commessa. Soltanto così le voci di ieri sera arriveranno a destinazione.


v.anche:
Il sonno della ragione affonda il Medio oriente - Libertà di coscienza e Islam - Situazione in Terra Santa
- e intera Sezione "Studi e riflessioni"
e ancora, nel sito:
.Bombe contro i cristiani. Tensione in Iraq
.Baghdad, il ponte dei cristiani
.Comunità antica: duemila anni di Storia
.Situazione dei cristiani in Iraq
.Il governo iraqeno difenderà i cristiani
.Mediazione del Vaticano per Najaf
.Ecco chi non vuole l'Iraq libero

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