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Cronache di inizio luglio

Un nostro lettore ci scrive:

Bella, documentata ed inoppugnabile l'analisi di don Gino Conti pubblicata sul sito come pure le numerose riflessioni lucide e interessanti che lo costellano.

Ciò nonostante, è un dato di fatto che una larga schiera di ministri della Chiesa si è inchinata al capo del Cammino neocatecumenale nella sua megadimora in Galilea e continuano a suscitare interrogativi e perplessità gli altri comportamenti di alti prelati di Curia come i cardinali Rylko e Bertone: il primo che "presenta" gli statuti del Cammino senza che le altre Congregazioni ne abbiamo approvato i fondamenti, il secondo che blocca il giorno prima della sua operatività un provvedimento concordato dalla Conferenza Episcopale del Giappone col Santo Padre e lo fa assolutamente al di fuori della sua specifica competenza, mentre le Congregazioni competenti anche in questo caso tacciono...

Perchè?

Io temo che non sia stato ben compreso da molti il male oscuro che si è imposto nella società e nella stessa Chiesa negli anni dopo il Concilio e che oggi domina: quel relativismo stigmatizzato anche da papa Benedetto di recente.

I guai per la Chiesa sono cominciati precisamente quando si è fatto largo ed affermato, sulla scorta di alcune determinazioni ecumeniche conciliari, il concetto che il cristianesimo non era più l'unica Chiesa di Dio e che nel mondo anche altre confessioni-idee-concezioni rispecchiavano l'amore dell'Onnipotente per il mondo. Questo relativismo ha indebolito la fede di molti religiosi cattolici, e unitamente al secolarismo, li ha resi succubi di modi di pensare e di agire del tutto contraddittori con gli insegnamenti ricevuti da Cristo.

Quei vescovi in Galilea sembrano smarriti e alla ricerca di risposte che non trovano più in se stessi e nella Chiesa di Roma. E ciò è molto triste, prima di essere nefasto ed eversivo.

Non a caso dopo alcuni decenni di ostracismo e censura, oggi è stata riscoperta la figura di mons. Lefebvre, il quale fu punito per aver voluto difendere l'unica Chiesa in cui si riconosceva, quella di sempre fino al Concilio.

E la stessa azione di Benedetto XVI, che all'epoca della scomunica di Lefebvre era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e dunque protagonista nella vicenda al fianco di Giovanni Paolo II, può forse essere interpretata da un lato come una riparazione, un riconoscimento del valore della posizione lefebvriana, mantenuta fino alla ribellione dolorosa alla Chiesa dell'epoca per difenderne l'integrità del depositum fidei; dall'altro lato, come prudenziale tentativo di bilanciamento delle spinte laiciste e delle derive moderniste che sembrano prevalere nella Chiesa odierna, di cui il cammino neocatecumenale è espressione emblematica e rappresentativa.

Per quanto i neocatecumeni che ci scrivono non comprendano le nostre denunce e scambino le critiche per acrimonia verso il cammino da parte di altri "fratelli" di fede, sembrano sfuggire loro i motivi incontrovertibili che rendono il cammino del tutto diverso da tutti gli altri movimenti ed associazioni ecclesiali, tale da richiedere una opposizione chiara e determinata ad esso.

Finché non proveranno a prendere in considerazione le denunce, a verificarle attraverso gli argomenti e documenti portati, possono continuare in eterno a scriverci che creiamo divisione quando in realtà non facciamo altro che constatare una divisione già consumata da un pezzo e ci portano il solito logo comune di "guardare a quello che unisce" senza aver recepito che non può esserci tra noi alcuna "communicatio in sacris", cioè comunione nelle "cose sacre" perché quelle che sono sacre per loro, per noi cattolici sono pagliacciate, surrogati, invenzioni e scimmiottature, e invece quelle che sono sacre per noi o non le conoscono oppure dicono che vanno CAMBIATE e non vogliono riconoscere che i cosiddetti cambiamenti non sono RINNOVAMENTO, ma SOVVERTIMENTO.

Quei motivi sono stati ampiamente richiamati in molti interventi e documenti. Uno per tutti: tutti gli altri movimenti ecclesiali operano nelle chiese tradizionali e celebrano secondo le norme cattoliche. Il cammino è l'unico ad aver costruito propri templi - oppure modificato a propria immagine quelli esistenti - predicato una teologia diversa e celebrato con riti difformi. Tralasciando qui di citare tutti gli altri aspetti problematici, ampiamente documentati e testimoniati. Mi sembra una ragione più che valida per tener d’occhio ad oltranza alla diffusione del cammino neocatecumenale nella Chiesa.

Ora come ora, attendiamo la pubblicazione dei nuovi testi, fiduciosi che non contengano gli errori dogmatici che fino a questo momento sono stati oggetto della nostra opposizione e, in questo, il nostro obiettivo è da considerarsi raggiunto, dal momento che se errori non c'erano, gli Orientamenti, all'esame da molti anni, a quest'ora sarebbero stati licenziati da un pezzo. Spetterà poi ai vescovi osservare se le norme stabilite saranno rispettate e dare opportune direttive riguardo alla pastorale.

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