Charta Oecumenica 
Cosa è avvenuto a Strasburgo

Maria Guarini


Non c'è soltanto la Charta di Strasburgo (dicembre 2000),  una carta dell'identità europea prima ancora che dei diritti fondamentali nell'Unione Europea, che già gli europei si sono dati a Strasburgo: c'è qualcosa d' "altro", di tipico, da dire come Cristiani: la Charta Oecumenica di Strasburgo (aprile 2001).

Il documento, di otto pagine, contempla dodici punti che riguardano principalmente la testimonianza comune della fede cristiana, lo scambio di esperienze nel campo catechetico e pastorale, la cooperazione nell´educazione cristiana, l´approfondimento della comunione spirituale tra le Chiese tramite la preghiera e della conoscenza delle tradizioni liturgiche e di altre espressioni della vita spirituale delle diverse Chiese. 

La Charta esprime la consapevolezza che l´impegno comune delle Chiese deve anche diventare visibile nella difesa dei diritti umani, nell´impegno per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato, nella consapevolezza di una responsabilità comune nella costruzione di un´Europa riconciliata e solidale, permeata da valori umani e sociali.

Il testo esprime ancora l´importanza e la necessità di un approfondimento della comunione con l'ebraismo e delle relazioni con l´islam, la promozione dell´incontro con le altre religioni e visioni del mondo nella società pluralista che caratterizza il continente europeo e lo scenario mondiale del  nostro tempo.

Il filo conduttore della Charta: "Noi ci impegniamo" 

Esiste un NOI, nonostante la grande varietà di situazioni e di questioni ecclesiologiche, che sottintendono quelle teologiche, sviluppatesi nel corso di secoli di storia non condivisa. Esso è costituito da un grande numero di persone che si riconoscono unite dalla fede nell'Unico Signore Gesù Cristo e stanno percorrendo un cammino irreversibile di confronto e di dialogo, quello autentico che è cercare insieme la Verità.

Essi sono consapevoli di non essere i "possessori" della Verità; ma dalla grande varietà delle diverse situazioni che ognuno di essi vive nella propria realtà umana ed ecclesiale, si sentono spinti a "mantenere e sviluppare la comunione che è tra noi .... fedeli alla preghiera di Cristo: "Tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, affinché il mondo creda che tu mi hai inviato" (Gv 17,21) 

Punto di partenza: "Coscienti della nostra colpa e pronti alla conversione dobbiamo impegnarci a superare le divisioni che esistono ancora tra noi, in modo da annunciare insieme, in modo credibile, il messaggio del Vangelo tra i popoli." 

La spinta forte è l'unità, cui ognuno tende guardando dentro se stesso per distruggere alla radice ogni realtà, ogni atteggiamento sorgente di divisione; si tratta di un'unità che a sua volta genera un'altra spinta ..."affinché il mondo creda che tu mi hai inviato...". È una chiamata alla testimonianza, all'annuncio della "Bella Notizia" che Gesù è risorto e rimane con noi fino alla fine dei tempi e quindi in questo mondo travagliato e sofferente, dove spesso il male sembra prevalere, è entrata, ed è presente e continuerà a farsi presente in ogni istante della storia umana,  la Vita che viene dal cielo e rinnova tutte le cose. 

È una chiamata che già porta in sé le coordinate e le condizioni per alimentarla e per non deviare, la coralità del pensiero, dell'intenzione e dell'azione che supera i confini di ogni singola situazione e, pur partendo dall'Europa, ha per orizzonte l'intera umanità: "Nel comune ascolto della Parola di Dio contenuta nella Sacra Scrittura e chiamati a confessare la nostra fede comune e parimenti ad agire insieme in conformità alla verità che abbiamo riconosciuto, noi vogliamo rendere testimonianza dell'amore e della speranza per tutti gli esseri umani." [1]

Si tratta di un processo ormai avviato, che coinvolge la base il più possibile, nella consapevolezza che l'unità non è data, scontata, non è un punto di partenza, ma di arrivo. Essa è tutta da costruire insieme, nella concretezza del quotidiano.

La peculiarità di questo Documento è che esso non ha nulla di dogmatico, di autoritario, di impositivo, di giuridico; sono le singole Chiese che sentono la loro responsabilità, la assumono e quindi si "auto-obbligano" e cercano vie concrete per prendere decisioni e mettere in atto azioni fondate sul comune sentire, che nasce da un "essere", da uno "status" di Figli nel Figlio.

In particolare, la Charta è preziosa 

perché incoraggia un mutuo "mea culpa" delle chiese europee per le drammatiche divisioni tra i cristiani perpetuatesi per tanti secoli;

perché sottolinea la convinzione che nessuna Chiesa può considerarsi "la" Chiesa, ma piuttosto parte della «Chiesa», o realizzazione autentica ma non esaustiva della «Chiesa», sempre in cammino verso la sua compiutezza definitiva; 

perché recide ogni possibile legame tra l'insegnamento cristiano e l'antisemitismo teorico e pratico;

perché tende la mano ai musulmani, in atteggiamento dialogico, ammettendo che da "entrambe le parti" ci sono stati, e ci sono, "pregiudizi" (la "conversione", dunque, è auspicata sia in campo cristiano che in campo musulmano). Senza reciprocità non è possibile dialogare né può condividersi nulla.

 


[1] Charta Oecumenica - Introduzione

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