SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI
18-25 GENNAIO 2004

 

"Io vi lascio la mia pace"
 
(Giovanni 14, 23-31)



    Preghiamo con maggior fervore per qualcosa a cui teniamo profondamente, che interessa le persone a noi care, mentre raramente preghiamo per qualcosa che non ci tocca da vicino. In ogni caso, la preghiera espande il cuore dell'uomo. San Isacco di Ninive (sec. VII) descrive un cuore misericordioso come un cuore che arde con grande compassione per tutte le persone e per ogni realtà creata. Preso da una "forte e veemente misericordia", una compassione "senza misura a immagine di Dio", un cuore così eleva preghiere anche fra le sofferenze, offre preghiere anche per i "nemici della verità" (Omelia 81). Oggi il mondo ha bisogno di cuori così grandi e misericordiosi, ha bisogno di questa preghiera che sgorga fra i lamenti dell'umanità, del mondo creato.

    La continua richiesta di pace in medio oriente, portata avanti da tante persone insieme, in diverse parti del mondo, costituisce lo scenario della celebrazione e delle meditazioni per la Preghiera per l'unità dei cristiani di quest'anno 2004. La pace in questo mondo sembra essere inafferrabile, ed è ostacolata in ogni suo passo: la profonda speranza del suo conseguimento, perciò, costituisce il motivo primo delle preghiere che oggi scaturiscono dal nostro cuore e che eleviamo al cuore misericordioso di Dio.

    Noi tutti vogliamo la pace. È umano trovare la pienezza in essa e desiderarla ardentemente dal profondo del cuore. Nondimeno il sentiero che conduce alla pace non è lineare e neanche tanto battuto. La nostra speranza è che il terzo millennio sia un millennio di pace, un millennio di ritorno alla fede in Dio. In arabo pace si dice salaam; nella lingua ebraica, che appartiene allo stesso ceppo linguistico semita, si dice shalom. Nel medio oriente, come in tutti i contesti in cui le diverse religioni convivono, creare relazioni costruttive fra le diverse tradizioni religiose — basate sul dialogo e su una comune ricerca di giustizia e di pace, e radicate in un comune riconoscimento della dignità di ogni persona — è requisito previo essenziale per ricevere in benedizione il dono della pace. E uno spirito di riconciliazione e di missione comune fra le chiese e le comunità cristiane ne è il fondamento. Il nostro comune impegno per stabilire la pace diverrà, a sua volta, strumento per condurci ad una maggiore comunione gli uni con gli altri.

    Il concetto biblico di pace è riccamente espressivo, dal momento che suggerisce l'idea di interezza e benessere, felicità e sicurezza, integrità e giustizia. La nostra fede cristiana ci dice che la vera pace ci è data solo se seguiamo i sentieri del Signore, come indicato nelle Scritture, e se percorriamo il sentiero della pace proclamato e incarnato da Gesù Cristo, poiché Egli "è la nostra pace" (Ef 2, 14). Come suoi discepoli, la nostra unità deve essere una riconciliazione in lui. La testimonianza di pace data da una chiesa sgretolata è segnata da ambiguità; una strutturale contraddizione indebolisce la nostra capacità di diffondere la pace di Cristo. Al contrario, l'unità fra le chiese dà vigore e credibilità alla nostra testimonianza, giacché offre al mondo una visione convincente della riconciliazione universale in Cristo. La riconciliazione fra le chiese conduce alla pace e ne rafforza l'integrità. Noi tutti condividiamo la responsabilità nella ricerca dell'unità che ne porterà autentica testimonianza, essendo stati tutti chiamati — in diversi modi, ma ispirarti e incoraggiati dallo stesso Spirito — ad essere, nel mondo, artefici della sua pace e della sua riconciliazione.

    Le chiese orientali hanno vissuto circostanze storiche uniche e assai difficili. Queste antiche chiese, e le terre culla della cristianità, sono spesso state private della pace. Esse l'hanno desiderata ardentemente per generazioni ed hanno pregato con perseveranza per ottenerla. La situazione in cui si trovano attualmente le porta a desiderarla ancora, oggi più che mai. L'eredità di queste chiese, tutto il loro patrimonio di tradizioni e riti, le impegna a pregare per la pace con fervore. Ed è questo il motivo principe per cui hanno scelto la pace come tema per la Settimana di preghiera per l'unità di quest'anno.

    Le chiese del medio oriente, che vivono fianco a fianco come minoranza all'interno di una cultura eterogenea (da cui i molti matrimoni misti), considerano l'impegno ecumenico non un ideale astratto, bensì una necessità vitale. Infatti solo incrementando uno spirito ecumenico esse sono in grado di dare significato alla loro esistenza. L'unità e la pace sono la priorità più sentita, il loro più grande sogno che tutto permea. Una comune battaglia per realizzare questo anelito le ha avvicinate, una comune visione del futuro servirà ad unirle. La pace rappresenta la loro preoccupazione quotidiana, la loro speranza costante.

    Confessiamo la Chiesa una, e sebbene incarnare questa unità non sia mai stato facile, la chiesa dei primi secoli rimane eternamente il modello primario di un insieme di comunità che sapevano vivere in pace e proclamare la pace in modo efficace. Oggi non è più così: non siamo più uniti e perciò non riusciamo a testimoniare la pace. Chi vuole la pace, perciò, deve pregare e operare per l'unità, consapevole di questo binomio, la chiesa è chiamata a pregare per la pace in unità e per l'unità in pace.

    Il tema di quest'anno per la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, scelto dalle chiese del medio oriente, poggia sulla convinzione che i cristiani in ogni parte del mondo, pregando ecumenicamente per questa intenzione, mostrerebbero di essere solidali con le speranze e le sofferenze dei popoli di queste regioni. Ciò richiama alla mente l'apostolo Paolo, che viaggiava raccogliendo doni per la madre chiesa in Gerusalemme; il dono che oggi vorremmo ricevere è la preghiera e il conforto spirituale di sorelle e fratelli uniti in un comune desiderio di pace.

    Essa è il riordinamento di ogni realtà secondo il piano di Dio. Pervade tutte le relazioni e ogni modello di relazione. Il paradiso è stato spesso descritto con l'immagine di una vita di pace fra Dio e il suo popolo, tra le persone e i loro vicini, fra il genere umano e il mondo creato. La pace è conseguenza della giustizia, che unisce, laddove il peccato disperde e causa la rottura delle relazioni. Le nostre azioni quotidiane e le scelte che facciamo hanno ripercussioni, sia nel bene che nel male, e ci avvicinano o allontanano da Dio e dal prossimo. Possiamo ottenere e diffondere la pace, o possiamo invece dissiparla e distruggerla. In oriente, la gente si saluta augurandosi la pace, poiché è quanto di meglio si possa desiderare per l'altro e per se stessi, il miglior legame che ciascuno possa creare con il proprio vicino, il diritto umano che ciascuno è pronto a difendere.

    Dio Padre è il Dio della pace, che ci ha riconciliati nel sangue del suo unico Figlio, come ci ricorda la Lettera ai Corinzi (2 Cor 13, 11). Nell'anafora eucaristica delle chiese orientali, l'assemblea proclama "una misericordia di pace, un sacrificio di lode", ricordando in questo modo la misericordia di Dio che si è rivelato e donato in Cristo, per renderci partecipi di quella pace che solo Lui può donare. Per questo Gesù è venuto sulla terra (Gv 14, 27). Egli chiama la sua chiesa ad essere pegno dei nuovi cieli, rendendo universale quella pace da lui donata al mondo. I riti liturgici, il culto e l'adorazione, nella loro varietà, tendono tutti alla riconciliazione degli uomini non soltanto in se stessi, ma fra loro, con l'universo e soprattutto con Dio. Pertanto, la preghiera per la pace comporta una forte dimensione interiore. Essa, infatti, ci chiama alla conversione ed apre il nostro cuore, affinché portiamo in noi la misericordia di Cristo; ci rafforza nella filiale fiducia che Dio opera in noi e per noi ciò che noi non potremmo creare da soli; porta come frutto atti caritatevoli compiuti in ringraziamento al Signore; ci invita a perseverare in un atteggiamento ascetico e di interiore purificazione ed è legato alla ricerca di unità in tutti gli aspetti della vita.

    Pregare per la pace ci prepara anche, come singoli cristiani e come chiese, ad intraprendere la missione profetica che appartiene intrinsecamente al corpo di Cristo: quella di essere strumenti e operatori di pace e di giustizia, di una nuova umanità in questo mondo spezzato e travolto dalle guerre. Il nostro impegno attivo a favore della pace e della giustizia non è un progetto umano, ma è frutto dello Spirito Santo, opera di Dio Padre; è, come le Scritture ci ricordano, la pace di Cristo. I profeti Isaia (2, 4) e Michea (4, 3) parlano di un'epoca in cui le nazioni "trasformeranno le loro spade in aratri e le lance in falci". La visione in cui gli strumenti di guerra vengono trasformati in strumenti di comunione, continua ad essere fonte di ispirazione per i cristiani nell'usare strumenti di dialogo e di risoluzione non violenta dei conflitti per raggiungere la pace nella giustizia, in maniera coerente con lo scopo che desideriamo perseguire, e secondo l'esempio di Gesù stesso. Michea e Geremia rendono testimonianza nel denunciare l'ipocrisia e la falsa retorica di pace, inveendo contro coloro che "dicono: ‘Va tutto bene!' e invece non va bene niente" (Ger 6, 14), contro coloro che "promettono la pace" quando si tratta di salvaguardare i propri interessi, ma parlano di guerra a coloro che non danno loro "nulla da mettere sotto i denti"(Mic 3, 5). Molte comunità cristiane sono entrate nel dibattito circa i mezzi per raggiungere la pace, talvolta anche sfidando schemi politico-ideologici e pseudo-politiche di pace che si rivelano violente, ingiuste, e opprimenti. In alcune parti del mondo, smascherare falsi o riduttivi concetti di pace, non è possibile se non a costo di grande pericolo personale e comunitario. Questi luoghi occupano un posto particolarissimo nella nostra preghiera.

    Nel 2004 tutti i cristiani celebreranno la Pasqua nella stessa data. Il mistero pasquale fonte della nostra speranza, sorgente della nostra missione, promessa e speranza di una possibile pace, ci ricorda che, sebbene la violenza, l'ingiustizia e l'odio possano imperare per un certo tempo, ciò che prevarrà alla fine dei tempi, sarà la potenza di Dio, che trasformerà la morte in vita e porterà riconciliazione, là dove è stata infranta. In quest'anno, in cui in tutto il mondo saremo uniti nella Pasqua, l'augurio è che le nostre celebrazioni in questo santo periodo possano essere un incentivo a condividere in pienezza la speranza, la gioia e insieme la missione che scaturisce dalla tomba vuota del Cristo risorto. Il 2004 rientra anche nella "Decade per vincere la violenza", promossa dal Consiglio ecumenico delle chiese, ricorrenza che invita alla preghiera e chiama ad un impegno concreto a favore della pace.

    La celebrazione liturgica, i testi biblici ed i commenti preparati per gli otto giorni offrono la possibilità di mostrare e approfondire la visione biblica della pace da diverse prospettive, nella speranza che i cristiani, scoprendo i ricchi tesori del nostro patrimonio religioso, diventino strumenti della pace trasformante di Cristo nel mondo. Il testo per la celebrazione liturgica è tratto dal vangelo di Giovanni 14, 23-31, ed è parte del discorso di addio che Gesù rivolge ai suoi discepoli prima di essere messo a morte. In questo contesto pasquale Gesù assicura quanti lo seguono che, se essi custodiranno la sua parola, Lui e il Padre dimoreranno presso di loro. Egli offre loro il dono e la promessa di pace "Io vi do la mia pace". Nel congedarsi dai suoi discepoli, Gesù li istruisce su come divenire portatori di pace nel mondo, guidati dallo Spirito Santo.

    Lo stesso testo giovanneo fornisce il punto di partenza per le riflessioni degli otto giorni sviluppando e riflettendo sulle implicazioni di una comprensione cristiana della pace. La pace, sia all'interno della chiesa che nel mondo, ha il proprio fondamento nell'amore creativo e vivificante di Dio per noi (primo giorno, Gv 14, 23). Nel rivelare l'amore del Padre verso di noi, Gesù promette ai suoi discepoli la pace e la serenità interiore anche in mezzo alle prove (secondo giorno, Gv 14, 23). Coloro che ascoltano la parola del Signore e la custodiscono nei loro cuori saranno portatori di pace (terzo giorno, Gv 14, 24). Questa è l'opera dello Spirito Santo: portare la pace e il perdono e renderci capaci di orientare le nostre menti e i nostri cuori a servizio di un mondo che brama la pace (quarto giorno, Gv 14, 26). Benché il mondo cerchi pace e sicurezza attraverso la forza e l'esercizio del potere, la pace di Cristo viene attraverso l'umiltà e il servizio, cercando di vincere il male con il bene (quinto giorno, Gv 14, 27). Procedere nel cammino del discepolato significa vivere più liberi dalla paura e dall'ansietà, memori che l'amore di Dio è più grande di qualsiasi altra realtà possa opporsi a noi (sesto giorno, Gv 14, 27). La vita cristiana, confermata dalla fede nella resurrezione di Cristo e nella sua venuta gloriosa, deve essere vissuta nella speranza, e nella solidarietà con coloro le cui vite sono tormentate dal dubbio, dalla paura, dalla tristezza (settimo giorno, Gv 14, 28). La vera pace che Dio vuole donarci porta gioia, e ci esorta a dedicarci agli altri, cosicché tutti si possa condividere la pace (ottavo giorno, Gv 14, 31).


Preparazione del testo della Settimana di preghiera
per l'unità dei cristiani 2004


    Il materiale offerto è frutto del lavoro di un gruppo di cristiani che vivono e testimoniano la loro fede ad Aleppo, Siria, che hanno stilato una prima bozza dell'attuale testo.

    Desideriamo ringraziare di cuore tutti coloro che hanno lavorato a nome delle chiese di Aleppo (ortodosse, cattoliche, protestanti) alla stesura iniziale di questi testi: mons. Gregorios Youhanna Ibrahim (metropolita della Chiesa siro-ortodossa), mons. Boulos Yazdji (metropolita della Chiesa greco ortodossa), mons. Antoine Odo (vescovo della Chiesa caldea), e mons. Boutros Marayati (arcivescovo della Chiesa cattolica armena, coordinatore del gruppo locale e rappresentante presso la commissione preparatoria internazionale).

    Il testo, nella forma attuale e nella sua completezza, è stato redatto durante un incontro della commissione preparatoria internazionale nominata dal Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani della Chiesa cattolica e dalla commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese. Il gruppo si è riunito nella sede del Segretariato per la pastorale della Conferenza episcopale di Sicilia. Desideriamo porgere il nostro più vivo ringraziamento a mons. Carlo Di Vita e a tutto il suo staff per la calorosa accoglienza e l'aiuto offerto in spirito di amicizia e collaborazione.

    La commissione esprime la propria gratitudine per la visita al "Centro Paolo Borsellino" di Palermo, Sicilia, di cui ha apprezzato il contributo sociale ed educativo.


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