La Chiesa e le Comunicazioni Sociali (i documenti)


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29.09.2009 - 44.ma Giornata Mondiale Comunicazioni Sociali
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Intervista a John Foley
2002
XXXVI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2002
Internet: un nuovo forum per proclamare il Vangelo   
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Intervista a John Foley
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XXXI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1997
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Etica nella pubblicità 1997
XXX Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1996
"I Media, moderno Aeropago per la promozione della donna"
Aetatis novae 1992
(Nell'approssimarsi di una nuova era...)

Criteri di collaborazione ecumenica e interreligiosa  1989

Comunicazioni sociali e promozione della pace - 1983
Messaggio per 17a giornata
Pornografia e violenza nei mezzi di comunicazione 1983
Una risposta pastorale
Famiglia e Comunicazioni sociali - Estratto dalla "Familiaris consortio" 1981
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Discorso di Paolo VI
Giornata Comunicazioni sociali - 1974 
Discorso di Paolo VI
Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali - 1971
Collaborazione ecumenica nelle comunicazioni sociali
Communio et progressio
(la comunione e il progresso...) 1971
I Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1967
:: Messaggio di Paolo VI
In fructibus multis - 1964
"Motu proprio" di Istituzione Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali
Inter mirifica  - 1963
(Tra le meravigliose invenzioni tecniche...)
Miranda prorsus - 1957
(Le meravigliose invenzioni...)
Vigilanti cura - 1936
(Nel seguire con occhio vigile....)

 

 

 

 

Assemblea plenaria del
Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali
Aula vecchia del Sinodo 4-9 marzo 2007

Tema “Le priorità nelle comunicazioni sociali, per la Chiesa e per il Consiglio”.

[Intervista John Foley]
[Riflessione Paolo Bustaffa e Claudio Mazza] - Fonte Radio Vaticana

Inaugurando l’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, il suo Presidente ha proposto alla Chiesa di compiere un esame di coscienza sulla sua opera comunicativa.

Nell’omelia della Messa celebrata nella Casa “Santa Marta” del Vaticano, l’Arcivescovo statunitense, in pieno clima quaresimale, ha iniziato con il constatare che “tutti abbiamo peccato, non solo come peccano tutti gli uomini e tutte le donne, ma anche nel campo delle comunicazioni – soprattutto con peccati di omissione, ma anche con peccati d’azione”.

“Siamo colpevoli di peccato o almeno di omissione per il fatto di non usare i mirifica – le splendide cose che Dio ha dato all’essere umano da scoprire – per comunicare nel modo migliore possibile il Suo amore e la Sua bontà per il mondo”, ha affermato.

“Quanti cercano di smerciare prodotti hanno usato i media con successo per vendere saponi e automobili, vestiti e vacanze, mentre noi – che abbiamo la responsabilità di proclamare il messaggio più importante nella storia della razza umana – spesso non abbiamo avuto l’immaginazione e la dedizione di usare i media in modo corretto per far conoscere la buona novella di Gesù Cristo e la buona novella per tutti gli uomini e le donne sul Suo amore e il nostro destino”.

“A volte siamo anche colpevoli di peccato o almeno di omissione per il fatto di ricorrere più spesso alla condanna che alla lode nel nostro uso dei media”, ha riconosciuto.

“Il nostro Santo Padre Papa Benedetto XVI ci ha giustamente consigliati di non sembrare sempre quelli che dicono ‘no’, ma di riflettere – e di far vedere che riflettiamo – nel nostro uso dei media l’amore, la misericordia e la compassione di Gesù Cristo”, ha ricordato.

Citando il Vangelo di San Luca contemplato nella liturgia del giorno, il presule ha ripreso le parole di Gesù: “Siate miseericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato”.

È sicuramente necessario identificare i mali della società e mettere in guardia la gente contro di essi, ma il nostro sforzo principale dovrebbe consistere nel proclamare la conoscenza e l’amore del nostro misericordioso Salvatore, Gesù Cristo, e il bene che si fa nel mondo in Suo nome”.

“Quante ‘buone novelle’ ci sono che non vengono mai riportate – spesso perché non le facciamo conoscere!”.

“Quasi chiunque sa già che la Chiesa cattolica – riflettendo l’insegnamento di Cristo – non approva i rapporti sessuali fuori dal matrimonio, siano essi di natura eterosessuale oppure omosessuale, ma quanti sono a conoscenza delle molte residenze e dei servizi per le donne incinte e non sposate, per i bambini senza genitori o per le vittime dell’Aids forniti dalla Chiesa nel mondo in nome di Cristo?”, ha chiesto.

Bisogna “usare i media per far conoscere il messaggio del nostro misericordioso e amorevole Salvatore”, ma “possiamo anche essere percepiti come amorevoli e misericordiosi, seguendo il suo esempio e il suo mandato”, ha detto ai presenti.

All’incontro sono intervenuti Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, sacerdoti, religiosi e professionisti della comunicazione. [Zenit 5 marzo 2007]

Un'assise rinnovata in molti dei suoi membri, impegnati a valutare gli aspetti principali del loro servizio a sostegno del Magistero papale. C'è questo dietro l'Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, che si riunisce da oggi a venerdì prossimo nell'Aula vecchia del Sinodo, in Vaticano. Il tema dell'incontro è "Le priorità nelle comunicazioni sociali, per la Chiesa, per il nostro Consiglio". Giovanni Peduto ha chiesto al massimo responsabile del dicastero, l'arcivescovo John Foley, quali strade siano da praticare per rendere efficace la comunicazione della Buona Novella al mondo:

R. - Noi non dobbiamo soltanto condannare i mali nel campo delle comunicazioni, ma dobbiamo utilizzare i mezzi e convertire i mezzi stessi, trasformare i mezzi perché nel corpo mistico di Cristo i mezzi delle comunicazioni sociali sono una parte vivente di questo corpo mistico e spero che possiamo utilizzarli per la crescita della formazione della gente del mondo e non per la loro de-formazione o la loro rovina.

D. - Il Papa ha affermato che i media cattolici sono chiamati al dialogo della verità...

R. – Noi dobbiamo ricordare le verità essenziali della vita umana e non possiamo permettere che le persone siano distratte dalle menzogne, dalle false promesse. Noi dobbiamo proporre sempre le verità essenziali per la vita umana. L’origine della vita umana, il destino della vita umana, la redenzione operata da Gesù Cristo.

D. – Eccellenza, un suo invito ai giornalisti cattolici…

R. – Un invito ai giornalisti cattolici è di non vergognarsi della fede cattolica, perché come ha detto il Santo Padre, Gesù è la Verità e la Vita e noi non dobbiamo vergognarci di questo fatto essenziale. I giornalisti cattolici devono essere non soltanto cattolici convinti ma professionisti di un altissimo livello, perché non possiamo e non dobbiamo offrire meno del meglio a Dio.

D. – Cosa direbbe invece ai giornalisti, diciamo così, di “estrazione laica”?

R. – Di avere rispetto della verità, rispetto per i diritti degli altri e una dedizione al loro lavoro per essere sempre onesti, oggettivi e persone che lavorano per il bene comune.

Proprio nel suo messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali di quest’anno, Benedetto XVI ha indicato alcune grandi sfide con le quali tutti gli operatori della comunicazione devono confrontarsi. In particolare, il Papa ha rivolto un appello ai media di oggi, affinché siano “responsabili”, “protagonisti della verità e promotori della pace”. Una riflessione sulle priorità per i media cattolici ci viene offerta da Paolo Bustaffa, direttore dell’agenzia SIR, intervistato da Alessandro Gisotti:

R. – Io vorrei rispondere con una frase che Benedetto XVI pronunciò ricevendo in udienza il 2 giugno scorso i media cattolici, i media della Conferenza episcopale italiana e quindi anche l’agenzia SIR, e la frase è questa: “Costruire ponti di comprensione e comunicazione tra l’esperienza ecclesiale e l’opinione pubblica”. Questo, credo, sia un primo compito fondamentale che racchiude poi tutte le grandi questioni che riguardano il linguaggio, che riguardano la professionalità, la credibilità e l’attendibilità del nostro servizio. Quindi, questo costruire ponti significa davvero mettersi in un atteggiamento di ascolto e racconto della realtà, cercando di individuare i valori, gli ideali più sentiti, più veri, quelli che danno significato pieno alla vita di ogni persona, di una società e di una comunità.

D. - La Chiesa e il Papa annunciano un messaggio. Spesso, però - basti pensare al caso clamoroso del discorso di Ratisbona - i media offrono un’informazione parziale, se non addirittura strumentale. Cosa possono fare i media cattolici per far passare la notizia in modo corretto e completo?

R. - Non è un lavoro facile, perché una volta che i “potenti”, i “grandi” mezzi di comunicazione stravolgono un messaggio, è davvero molto difficile per noi cercare di offrire degli elementi conoscitivi più profondi, più attendibili, più credibili perché l’opinione pubblica, le persone possano rendersi conto davvero di quello che è stato detto, di quello che è il pensiero, di chi ha parlato.

D. - Nel messaggio per l’ultima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, il Papa ha esortato i media di oggi ad essere protagonisti della verità. Come mettere in pratica questa esortazione nell’era della globalizzazione che propone spesso messaggi anche confusi?

R. – Io credo che sia possibile, grazie a un percorso che attraversi le coscienze delle persone. Il nostro compito è quello davvero di stimolare domande, di stimolare il desiderio di cercare la verità, cercare risposte che siano nel senso della verità. Questo credo lo si possa fare, si possa raggiungere tale obiettivo mettendo tutta la professionalità possibile - è un tema che continuamente richiamiamo - ma avendo noi stessi poi passione per la verità, quindi mettendoci anche noi alla ricerca della verità, insieme a tutti coloro ai quali noi ci rivolgiamo.

Quali, invece, le priorità in un mezzo di comunicazione cattolico che opera a livello locale? Al microfono di Alessandro Gisotti, risponde Claudio Mazza, vicedirettore de “Il Segno”, mensile della diocesi di Milano, voluto nel 1961 dall’allora cardinale Giovanni Battista Montini:

R. - La priorità è sostanzialmente ancora quella dettata da Montini con molta lungimiranza allora, già dal nome, lui lo volle chiamarlo “Il Segno” perché fosse un segno della presenza della Chiesa nella società, attraverso le parrocchie le famiglie e le famiglie cristiane. Questo è il senso della sua analisi di allora. Di pari passo doveva essere una specie di supporto ai bollettini parrocchiali. È uno strumento laico a servizio della Chiesa di Milano. Di fatto ci sono giornalisti professionisti, quindi non ha niente da invidiare agli altri mensili, agli altri settimanali. L’obiettivo che ci poniamo è quello di essere presenti all’interno del tessuto sociale e culturale della diocesi ambrosiana. Questo deve interagire con lo stesso territorio e in un contesto di verità e di regole, avendo sempre davanti il bene della persona, della comunità. Certo in un confronto aperto con tutte le culture e le persone che convivono con noi in questo luogo e del nostro tempo.

D. - Qual è la risposta dei lettori, che cosa apprezzano in particolare del “Segno”, e com’è cambiata nel tempo la percezione da parte dei fedeli di questo mezzo di comunicazione diocesano?

R. - La percezione del mezzo è pressoché identica, questo per un motivo semplice, cioè che al “Segno” nella stragrande maggioranza sono collegate poi delle pagine di informatori locali, pagine locali a lui più vicine. Bollettini che raccontano la vita della parrocchia, la vita dell’associazione, dei movimenti, tutto quello che ruota attorno alla comunità cristiana, e questo è il primo dato di lettura. Poi c’è un secondo dato di lettura: non diamo un’attenzione solo al particolare che è la comunità, ma al tessuto diocesano e alla Chiesa in Italia e nel mondo.