Giov 10,1

«In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.»

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Appunti sulla mania dell'ebraismo  
dei neocatecumenali

Premessa: lottare contro luoghi comuni ben consolidati richiede fatica, attenzione, pazienza. Abbiamo tentato di essere telegrafici, riducendo le questioni al di sotto del minimo indispensabile, ma non basterebbero dieci libri a sintetizzare almeno l'essenziale (poiché tutte le affermazioni di questa pagina sono documentabili ma necessiterebbero di ulteriori spiegazioni).

Ci ha sconcertati udire, il 3 giugno 2006, in P.zza S.Pietro, dalla bocca dell'iniziatore dei neocatecumenali queste testuali parole: "Carissimo Padre, grazie per l’occasione che mi si offre di dire una parola. Abbiamo ascoltato il Salmo 146 nel quale siamo invitati a lodare Dio perché “Il Signore ricostruisce Gerusalemme”. Gerusalemme e soprattutto il suo Tempio, è stato ricostruito da Zorobabele e Giosuè, un laico e un sacerdote. [...] Termino Santità dicendo che il Cammino neocatecumenale, insieme a tanti altri che oggi sono qui presenti in questa piazza, sono il segno della attuazione di questo Salmo: “Il Signore ricostruisce Gerusalemme”. 

Dobbiamo innanzitutto rilevare che il salmo 146 non parla del Tempio di Gerusalemme. L'inserimento forzoso del “chi ha ricostruito il Tempio” dimostra dunque che Kiko pretestuosamente nomina il Tempio per affermare davanti al Papa e a tutti i presenti il senso ultimo del suo “carisma” che autodefinisce necessario a ricostruire la Chiesa. [vedi]

Stato della questione

Nella prassi liturgica del Cammino si nota una vera mania dell'ingrediente esotico. Per far apparire più intensa l'esperienza religiosa, la si carica di simboli (oggettistica, terminologia, concetti, ecc.) provenienti da altri ambienti, attingendo copiosamente a quello ebraico. [vedi]

I fautori tentano miseramente di giustificarla sparando raffiche di slogan fatui e insignificanti o costruendo intorno ai simboli il martellamento di tanto immaginifici quanto arbitrari significati e prassi relative.

Notiamo, tanto per cominciare, che chi aggiunge un simbolo esterno e dice di “valorizzarlo”, lo sta invece formalmente esaltando, lo sta ponendo come salvatore della forma religiosa che intendeva “ravvivare”, insomma lo sta idolatrando.

È esattamente questo il motivo per cui nella Chiesa tutto ciò che riguarda la liturgia, i segni, il linguaggio, i simboli, ecc., è sempre stato deciso da chi ha avuto il compito di guidarla, ordinando secondo tempi e modi adeguati, senza improvvise esplosioni di mode, senza drastici cambiamenti rispetto a quanto trasmesso dagli Apostoli.



Una breve pagina di storia

Ciò che ci interessa discutere in questa pagina è la mania del “filoebraismo”; con tale termine intendiamo la mania per alcuni oggetti, parole e concetti del mondo ebraico (precristiano o addirittura postcristiano), generalmente introdotti in ambienti cristiani con interpretazioni di comodo che dimostrano anzitutto la grassa ignoranza dei fautori.

La storia della salvezza è comune agli ebrei e ai cristiani solo fino a Gesù Cristo, il Messia tanto promesso e tanto atteso: i cristiani lo hanno riconosciuto, gli ebrei no. Notiamo che i primi cristiani erano tutti ebrei, e che ci sono state conversioni di ebrei al cristianesimo fino ad oggi; dunque gli ebrei degli ultimi venti secoli di storia umana sono quelli che ancora non Lo hanno riconosciuto e che pertanto hanno sviluppato un pensiero e una tradizione autonoma rispetto al cristianesimo.

Simboli, terminologia, oggettistica, ecc. dell'ebraismo dell'Antica Alleanza, tra i cattolici hanno senso solo alla luce della Tradizione e del Magistero di venti secoli di storia della Chiesa; desta perciò serissime perplessità qualsiasi innovatore che si erge a maestro imponendo improbabili “ritorni alle origini” o ridicole semplificazioni o complicazioni di ciò che già c'è. La Chiesa, in venti secoli di storia, ha già provveduto a scegliere e valorizzare.

Gli equivoci nascono anzitutto dall'esplosiva mistura di ignoranza ed superbia di alcuni autoeletti “profeti” o “esperti”. Pio XI parla dei cristiani come “semiti spirituali”? Ed ecco che gli autoeletti insinuano l'idea che i cristiani dovrebbero ebraizzarsi (più tardi, nelle facoltà teologiche sparirà il latino, soppiantato dal greco e dall'ebraico). Giovanni Paolo II definisce gli ebrei “fratelli maggiori” nella fede per sanare un rapporto fattosi drammatico nel corso dei secoli? Ed ecco che gli autoeletti capiscono “maestri” anziché “fratelli maggiori”, dimenticando che nella Bibbia i fratelli maggiori (Esaù, Caino, ecc., fino al fratello maggiore della parabola del figliuol prodigo) sono esattamente la figura di chi aveva ricevuto un dono da Dio ma non aveva saputo riconoscerlo (ed infatti quando Giovanni Paolo II diede quella definizione, il rabbino capo di Roma ne restò urtato).

Dal Concilio Vaticano II è stato ancora più promosso il dialogo con gli ebrei. L'invito del Vaticano II viene però spesso frainteso: un errore molto comune è pensare che gli ebrei di oggi abbiano la stessa mentalità religiosa degli ebrei del tempo di Gesù: il dialogo è da vivere, oggi, conoscendosi, rispettandosi e affrontando insieme le questioni del nostro tempo;  un altro errore molto comune tra i cattolici è pensare che tutte le religioni sono uguali, e perciò smettere di pregare perché tutti (compresi gli ebrei) riconoscano Cristo, anche se peraltro Giovanni Paolo II ha riconosciuto l'Antica Alleanza "irrevocabile").


Cambiamenti nell'ebraismo

Dalla Resurrezione in poi l'ebraismo è cambiato. Gli ebrei non hanno visto il Messia tanto atteso (e qualificato da profezie sempre più precise fino a pochi anni prima di Cristo) e sono pertanto sorti numerosi sedicenti messia, con annessa ribellione per il “riscatto” politico e militare di Israele, dalle prevedibili funeste conseguenze. Stufi delle ribellioni, i romani decisero di farla finita una volta per tutte e tra gli anni 68 e 70 (pochi decenni dopo la Resurrezione) distrussero Gerusalemme e il Tempio, e nei decenni successivi cominciò la dispersione (diàspora) degli israeliti.

Le comunità degli israeliti, private del culto del Tempio, si concentrarono su ciò che rimaneva, cioè sulla Legge (dall'Antico Testamento) e sulla sua interpretazione (nacquero così e si consolidarono gli altri scritti ed insegnamenti ebraici: il Talmùd, la Mishnà, ecc.); di quando in quando sorgeva un nuovo sedicente messia (per esempio Sabbatai Zevi nel XVII secolo o Jacob Frank nel XVIII; si dice che l'ultimo sia il rebbe Menachem Schneerson, americano, morto pochi anni fa), con annesse deviazioni e delusioni. Oggi sono i suoi seguaci a costituire una porzione rilevante e dinamica dell’ebraismo religioso hassidico: Essi risultano molto vicini ai neocatecumenali, tanto che Sandro Magister il 16 febbraio 2005, su www.chiesa, scrisse un interessante articolo "Messianismi paralleli", registrando l'intensificarsi della loro amicizia, enfatizzata dal loro stesso portavoce, Gennarini.

Attualmente l'ebraismo consiste di molte diverse correnti, difficili da distinguere e da comprendere per chi non è ebreo, e l'idea stessa di “Messia” ha assunto più sfaccettature (in alcuni casi il concetto di Messia si sarebbe evoluto fino a rappresentare lo stesso popolo d'Israele, cioè tutti gli ebrei sparsi nel mondo).

L'utilizzo di simboli e terminologie ebraiche in ambito cattolico, poi, può essere offensivo per gli ebrei. Cosa penseremmo noi cattolici se in nome di un malinteso “dialogo interreligioso” trovassimo dei buddisti parodiare l'Eucarestia allo scopo di rendersi simpatici ai nostri occhi? Ci sembrerebbe una rappresentazione blasfema, certamente. E allora cosa potrebbe pensare un pio ebreo nel vedere che uomini di un'altra religione utilizzano antichi simboli ebraici come la Hanukkiah o lo Shofar? [vedi]


La questione del Tempio di Gerusalemme

La religiosità ebraica era centrata anzitutto sul Tempio di Gerusalemme (i sacrifici al Tempio, il pellegrinaggio al Tempio, le offerte al Tempio, ecc.); Gesù stesso, secondo quanto riportano i Vangeli, non vi è affatto estraneo.

Ma nell'Ultima Cena Gesù Cristo istituisce l'Eucaristia, che sostituisce il sacrificio del Tempio di Gerusalemme (che era un sacrificio di sangue, di un agnello maschio e senza difetto, offerto annualmente per la remissione dei peccati del popolo d'Israele, secondo le minuziose norme della Toràh).

Il sacrificio della Nuova Alleanza (con pane e vino, effettuabile in qualsiasi posto del mondo, non più esclusivamente nel tempio di Gerusalemme, celebrabile in qualsiasi giorno, da qualsiasi sacerdote validamente ordinato secondo la tradizione della Chiesa stessa fondata da Gesù Cristo) rende dunque inutile il sacrificio dell'Antica Alleanza, inutile e addirittura blasfemo dato che l'Eucaristia, secondo le parole della liturgia, è fin da allora “l'unico sacrificio a Te gradito”, l'unico sacrificio gradito a Dio. Gesù Cristo, nell'Eucaristia, è vittima, sacerdote e tempio. [vedi]

Occorre riflettere bene su quel “blasfemo”: Cristo ha istituito l'Eucaristia e dunque, alla luce di questo, il voler ripetere il sacrificio secondo l'Antica Alleanza si configura come un deliberato disconoscimento del Messia Gesù Cristo – il che può essere normale nella mentalità ebraica, ma è evidentemente blasfemo nell'ambito della fede cristiana. Il cristiano, perciò, non può desiderare la ricostruzione del Tempio (poiché implica la ripetizione del sacrificio secondo l'Antica Alleanza).

Il sacrificio dell'Antica Alleanza non è più possibile dall'anno 70, quando la Decima Legio Fretensis romana, per sedare le continue ribellioni dei sedicenti messia, distrusse Gerusalemme e il Tempio. Tra gli anni 133 e 135, dopo l'ultima definitiva guerra giudaica (per sedare la rivolta dell'ennesimo sedicente messia, Bar Kochba), fu costruito da Adriano un tempio pagano con una statua di Giove sul posto dove c'era stato il Tempio; diversi secoli più tardi, sullo stesso posto, vi fu eretta dai musulmani una moschea.

Il Tempio di Gerusalemme non è stato più ricostruito. Ci sono stati alcuni tentativi nel corso della storia, tutti presto arenatisi per i più diversi motivi. Del Tempio resta oggi solo quello che viene detto “il muro del pianto”: attualmente, sul “luogo sacro”, sorge infatti la moschea di Omar.

L'eventuale riedificazione del Tempio potrebbe ricominciare solo dopo aver raso al suolo la moschea di Omar, poiché il Tempio era costruito sulla roccia dove Abramo stava per offrire suo figlio Isacco in sacrificio (la “pietra di fondazione del mondo”, roccia che evidentemente ha un grandissimo significato sia per gli ebrei che per i cristiani ed i musulmani, visto che tutti costoro si riconoscono discendenza di Abramo: ebrei e musulmani discendenza di sangue, cristiani discendenza spirituale): secondo gli ebrei, riedificarlo altrove non avrebbe significato.

Ricordiamo che in alcuni ambienti ebraici si lavora attivamente per la preparazione della ricostruzione del Tempio (riproducendo abiti e arredi sacri così come minuziosamente descritti nelle Scritture, educando e preparando i loro sacerdoti di sicura discendenza di sangue della stirpe sacerdotale dei leviti, ecc.) per poter essere pronti quando avranno l'occasione di ripristinare il rito interrotto ormai da duemila anni.


Non tentare il Signore Dio Tuo

L'eventuale offerta del sacrificio dell'Antica Alleanza rappresenta un atto blasfemo per le tre grandi religioni monoteistiche.

Lo è per l'Islam, poiché per l'eventuale ricostruzione del Tempio occorrerà distruggere la moschea di Omar per riappropriarsi dell'area contenente la “roccia del patto”. Lo è per i cristiani, per i motivi sopra indicati. Ma lo è anche per gli ebrei.

Il profeta Isaia lancia infatti una maledizione contro «coloro che dicono: si affretti, si acceleri l’opera sua, affinché possiamo vederla; si avvicini, si realizzi il progetto del Santo d’Israele, e lo riconosceremo!» (Is 5,19). E lo scopo dichiarato della ricostruzione del Tempio è il ripristino del culto, cioè riportare il popolo ebreo nelle condizioni di rapporto privilegiato con Dio (l'Antica Alleanza) per goderne alla lettera le promesse (ottenere da Dio di essere al di sopra di tutte le nazioni), “strappando” dunque a Dio ciò che Dio non ha dato (ossia ottenere con la violenza ciò che Dio non ha concesso come dono).

Gesù stesso, nel confermare una profezia di Daniele, afferma che la profanazione del “luogo santo” preluderà alla fine del mondo (Mt 24,15); ed il luogo più santo di tutti difficilmente può essere qualcosa di diverso dalla roccia di Abramo, al centro del centro di quello che era il Tempio di Gerusalemme.

Non dimentichiamo che gli ebrei sono un “regno di sacerdoti” (Es 19,6), sono dotati di una “stirpe sacerdotale” (sia pure dell'ordine di Levi, limitato all'Antica Alleanza, anziché di quello di Melchisedek). Pertanto azioni di questi ultimi sono formalmente “liturgiche”, cioè “efficaci”, anche se non più “lecite” in quanto da Gesù Cristo in poi il corso della storia della salvezza è completamente rinnovato nel significato (il “popolo eletto” non è più la discendenza di sangue di Abramo, della quale comunque la 'elezione' persiste, portata a compimento da chiunque aderisca alla fede in Cristo).

Conclusione: il Cammino Neocatecumenale

Come in tutti gli ambienti religiosi che esaltano la Scrittura a danno evidente della Tradizione e del Magistero, anche nel Cammino vige la moda dell'uso di terminologia ebraica (Midràsh, Shekinàh, Toràh, ecc.) e di simboli e riti ebraici (Hanukkiah, Haggadah, ecc.) e l'insistenza su concetti e desideri ebraici (la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme, le citazioni del Talmùd, ecc.); questo “filoebraismo” è spinto al punto da costruire in Israele la costosa Domus Galileae [vedi] neocatecumenale secondo tutti i canoni dell'architettura ebraica antica, con il rotolo della Toràh al centro del cortile, ecc., tanto che alcuni rabbini vi fanno frequentemente visita, vi danzano attorno alla Toràh, ecc. [vedi]

Tale “filoebraismo”, che porta nella liturgia a innovazioni rozze e antiliturgiche, è motivato quasi interamente dalla voglia di qualcosa di esotico con cui “abbellire” le celebrazioni in modo che somiglino a quelle dei “primi cristiani”; il che oltre ad essere falso è diventato ambiguo a causa dell'abuso che se ne fa da decenni. Ne è un esempio la Hanukkiah [vedi] da nove candele sull'altare, ritenuta del tutto arbitrariamente come il simbolo dei ricostruttori della 'vera' Chiesa, in antitesi con la Chiesa cattolica. È un dato di fatto che contraddice lo sbandierato cattolicesimo.

Ma se i primi cristiani hanno davvero (e sempre più raramente) utilizzato oggetti e arredi ebraici, non lo avevano fatto certo per gusto di esotismi; per di più, il sentimentalismo di questi “archeologismi liturgici” contemporanei si limita solo a ciò che la grassa ignoranza degli estensori (e la loro smodata sete di esotico) riesce velocemente a propalare.
 

 

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Pagina inserita 10 settembre 2006