Giov 10,1

«In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.»

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Come i neocatecumenali snaturano
Sacerdozio e Riconciliazione

Questa pagina è alimentata anche dalle testimonianze pervenute sul Weblog alle quali, per la rilevanza degli argomenti, abbiamo ritenuto dare questo spazio dedicato.
[v. anche Documento più recente: I Sacerdoti nel Cammino NC e nei confronti della Chiesa

Sul Sacerdozio...

Voglio parlare di un'altra questione, alla quale è bene allargare lo sguardo per proseguire nell'analisi che avete iniziata e che penso sia il caso di approfondire per il bene di molti, ma soprattutto per fare verità nella Chiesa... [vedi anche Seminari R.M.]

Non si è ancora ben evidenziato il fatto che nelle comunità neocatecumenali al presbitero viene di solito riconosciuta o quasi "concessa" solo la dimensione cultuale e funzionale dell'ordine sacro, mortificandolo se non addirittura privandolo della sua connaturale dimensione giurisdizionale che - come ben sappiamo - è parte integrante e costitutiva dell'ordine stesso. È il catechista infatti che, per mandato di Kiko, si appropria indebitamente della potestà giurisdizionale propria del sacerdozio ministeriale.

Avete presenti le 'confessioni pubbliche', estorte dai catechisti nei cosiddetti "scrutini", alle quali il presbitero assiste, ma non nella sua funzione di amministrare il sacramento della riconciliazione, anzi deve assoggettarvisi anche lui?

C'è da chiedersi: quale consonanza c'è con la "Lumen Gentium", la quale precisa che i sacerdoti "nelle singole comunità locali di fedeli rendono, per così dire, presente il vescovo, (...) santificano e governano la porzione di gregge del Signore loro affidata" (n. 28; Ev 1/355)?

A proposito del sacerdozio, mi riferisco a quanto viene già annunciato nelle prime catechesi (anche con schemi e lavagne), e cioè il considerare la gerarchia ecclesiale, – e in particolare il sacerdozio ordinato – come non indispensabili, illustrando la nuova idea di chiesa, nella quale la parrocchia ormai alla deriva va sostituita da non meglio chiarite cellule comunitarie. Viene enfatizzato il sacerdozio dei fedeli anche negando le validità delle celebrazioni in assenza dell'Assemblea (questo insegna Kiko). Se è vero che ogni cristiano è 'sacerdote, profeta e re' è altrettanto vero che solo il Sacerdote ordinato può agire in persona Christi nella Consacrazione, la quale è valida anche se per una qualunque ragione non vi partecipa nessuno! (questo insegna la Chiesa)

Che dire poi della preghiera Eucaristica II, la sola usata dai neocatecumenali, nella quale il sacerdote ringrazia Dio “per averci ammessi alla tua presenza a compiere il sevizio sacerdotale”, confondendo il suo ruolo Ministeriale, con il sacerdozio comune... (cavalcato, distorcendolo, sempre da Lutero e seguaci vari...)?

Non a caso la lettera di Arinze richiede al punto 6):
6. Il Cammino Neocatecumenale deve utilizzare anche le altre Preghiere eucaristiche contenute nel messale, e non solo la Preghiera eucaristica II.

C'è ancora molto da dire sul sacerdozio ordinato e sul sacerdozio dei fedeli come traspare dal resto della predicazione e come è inteso nella Chiesa. La visione della Chiesa sul sacerdozio appare molto chiara ed esplicita in questo:

Estratto da: CEI - Lettera ai Laici 27.3.2005

Il Signore Gesù è presente nella sua Chiesa, che ne è come il sacramento, segno visibile e rivelatore. In quanto tale – ci ricorda il Concilio Vaticano II – «la Chiesa prega e insieme lavora perché la pienezza del mondo intero sia trasformata in popolo di Dio, in corpo del Signore e in tempio dello Spirito Santo». Ci ricorda pertanto la prima lettera di Pietro: «Stringendovi a lui [il Signore], pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impegnati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo» (1Pt 2,4-5)
Per realizzare tale grandioso progetto, Cristo ha fatto del nuovo popolo di Dio “un regno di sacerdoti”: ha rivestito di “sacerdozio ministeriale” i pastori, ai quali ha affidato il compito di formare e dirigere tale popolo, e ha partecipato il “sacerdozio regale”, o comune, a tutti i battezzati, affinché esercitino il culto spirituale e operino per la salvezza degli uomini. «Sono elementi propri dell’originaria struttura inalienabile della Chiesa l’apostolo e la comunità dei fedeli, che si corrispondono tra loro in mutua connessione sotto il Cristo capo e l’influsso del suo Spirito».
Si può dire pertanto che il sacerdozio ordinato dei pastori è finalizzato a far emergere e rendere operante il sacerdozio regale di tutti i fedeli; e il sacerdozio regale dei fedeli sussiste ed è autentico in quanto è congiunto al sacerdozio gerarchico, la cui pienezza risiede nel Vescovo «dispensatore della grazia del supremo sacerdozio». «Mancando la presenza e l’azione di quel ministero che si riceve mediante l’imposizione delle mani e con la preghiera, la Chiesa non può avere la piena certezza della propria fedeltà e della propria continuità visibile».
La distinzione di grado e di funzione, quindi, non significa che nella Chiesa vi sia una zona riservata all’opera dei pastori e una riservata all’opera dei laici. L’azione pastorale è affidata alla Chiesa particolare; «ad essa, nella comunione dei suoi membri sotto la guida del Vescovo, è dato il mandato di annunciare il Vangelo», con compiti e responsabilità distinte e complementari per pastori e laici. Così pure l’azione pastorale nell’ambito secolare è altrettanto condivisa fra tutti i membri della Chiesa, anche se questa è ambito peculiare dei laici.

E, ancora, la visione delle Chiesa in questo estratto da: Giovanni Paolo II (Plenaria della Congregazione per il Clero, 15 ottobre 1998)

Il presbitero è anzitutto guida del popolo a lui affidato. La struttura della Chiesa trascende sia il modello democratico che quello autocratico, perché si fonda sull'invio del Figlio da parte del Padre e sul conferimento della missione attraverso il dono dello Spirito Santo ai Dodici e ai loro successori (cfr. Gv 20, 21). , questo l'insegnamento già presente in Presbyterorum Ordinis, là dove il Decreto conciliare tratta "dell'autorità con cui Cristo fa crescere, santifica e governa il suo popolo" (cfr. 2). E questa un'Autorità che non ha origine dal basso e che non può, quindi, essere autonomamente definita nella sua estensione ed esercizio da nessun consesso di base.
Il presbitero è, poi, in unione con il suo Vescovo maestro della Parola. Ne è maestro, essendone prima servo (cfr. PO 4). Tutti i fedeli, in forza dei sacramenti dell'iniziazione cristiana, sono chiamati ad evangelizzare, secondo il proprio stato di vita, ma il ministro ordinato compie tale missione con un’autorevolezza e una grazia che gli pervengono non dalla pur necessaria scienza e competenza, ma dall'ordinazione (cfr. PDV 35).
Il presbitero è, infine, ministro dei sacramenti. Infatti non si può dare autentica evangelizzazione che non tenda a sfociare nella celebrazione dei sacramenti. Non può, dunque, esserci evangelizzazione che non sia orientata verso tale celebrazione (cfr. PO 5).

Dal Discorso di Giovanni Paolo II ai Sacerdoti delle comunità neocatecumenali il 9.12.1985

Gli obiettivi che si propongono le vostre Comunità neocatecumenali corrispondono certamente ad uno degli interrogativi più angosciosi dei pastori di anime di oggi, specialmente nei grandi agglomerati urbani. Voi intendete raggiungere la massa di battezzati adulti, ma poco istruiti nella fede, per condurli, attraverso un cammino spirituale, a riscoprire le radici battesimali della loro esistenza cristiana e per renderli sempre più consapevoli dei loro doveri. In questo cammino l'opera dei sacerdoti rimane fondamentale. Di qui la necessità che sia ben chiara la posizione che a voi spetta come guide delle Comunità, affinché la vostra azione sia in sintonia con le reali esigenze della pastorale.

La prima esigenza che vi s'impone è di sapere mantener fede, all'interno delle Comunità, alla vostra identità sacerdotale. In virtù della sacra Ordinazione, voi siete stati segnati con uno speciale carattere che vi configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in suo nome (cfr. Presbyterorum Ordinis, 2). Il ministro sacro quindi dovrà essere accolto non solo come fratello che condivide il cammino della Comunità stessa, ma soprattutto come colui che, agendo "in persona Christi", porta in sé la responsabilità insostituibile di Maestro, Santificatore e Guida delle anime, responsabilità a cui non può in nessun modo rinunciare. I laici devono potere cogliere queste realtà dal comportamento responsabile che voi mantenete. Sarebbe un'illusione credere di servire il Vangelo, diluendo il vostro carisma in un falso senso di umiltà o in una malintesa manifestazione di fraternità. Ripeterò quanto già ebbi occasione di dire agli Assistenti Ecclesiastici delle Associazioni Internazionali Cattoliche: "Non lasciatevi ingannare! La Chiesa vi vuole sacerdoti, e i laici che incontrate vi vogliono sacerdoti e niente altro che sacerdoti. La confusione dei carismi impoverisce la Chiesa, non la arricchisce" (Discorso del 13 settembre 1979, n. 4: Insegnamenti 1112 (1979], p. 1391).

Altri punti - guarda caso non evidenziati nel documento pubblicato in un sito neocatecumenale, a differenza di altri - del discorso di Giovanni Paolo II 18.3.2004 ai superiori a agli alunni del Seminario Redemptoris Mater di Roma:

Per ottenere questi positivi risultati è fondamentale aver sempre chiare, nel vostro itinerario formativo, la natura e le caratteristiche del sacerdozio ministeriale, come sono illustrate dal Concilio Vaticano II e poi dall'Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis . Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale sono infatti ordinati l'uno all'altro e intimamente collegati, partecipando entrambi, ciascuno a proprio modo, all'unico sacerdozio di Cristo. Differiscono però essenzialmente e non solo di grado (cfr Lumen gentium , 10). In virtù del sacramento dell'Ordine i presbiteri sono configurati infatti in modo speciale a Gesù Cristo come Capo e Pastore del suo popolo e al servizio di questo popolo devono - a somiglianza di Cristo - spendere e donare la loro vita. Proprio perché rappresentano sacramentalmente Gesù Cristo capo e Pastore, sono dunque chiamati a presiedere, in stretta comunione con il Vescovo, le comunità loro affidate, secondo ciascuna delle tre dimensioni - profetica, sacerdotale e regale - in cui si articola l'unica missione di Cristo e della Chiesa (cfr Pastores dabo vobis , 12-16). Carissimi seminaristi, attenendovi a questa solida dottrina nella vostra formazione e poi nell'esercizio quotidiano del ministero presbiterale potrete vivere gioiosamente la grazia del sacerdozio e assicurare un servizio autentico e fecondo alla Diocesi di Roma e alle Chiese sorelle in cui verrete inviati. La preghiera, lo studio, la vita comunitaria, ben armonizzati nel progetto formativo e messi in pratica con fedeltà e generosità nell'esistenza concreta del vostro Seminario, sono le vie attraverso le quali il Signore scolpisce in voi, giorno dopo giorno, l'immagine di Cristo Buon Pastore.
[..]
La vostra concreta destinazione compete infatti al Vescovo, che ha a cuore sia le necessità della propria Diocesi sia le esigenze della missione universale. Affidandovi in atteggiamento di fiduciosa e cordiale ubbidienza alle sue decisioni voi troverete la vostra pace e serenità interiore e potrete in ogni caso esprimere il vostro carisma missionario, dato che anche qui a Roma la pastorale è, e dovrà essere sempre più, caratterizzata dalla priorità dell'evangelizzazione. 5. Carissimi Superiori e alunni del Seminario " Redemptoris Mater " di Roma, guardate sempre con gli occhi della fede la vostra vita, la vostra vocazione e la vostra missione.

Non è una strategia saggia quindi quella di adottare, come nel cammino NC, piani che assumono come normale, ritenendola la più valida, una comunità senza un sacerdote pastore (ogni comunità NC ha invece come guide i 'catechisti', ai quali anche il sacerdote, utilizzato solo per la consacrazione, deve essere sottoposto).
Il sacerdozio regale dei laici non deve venir incoraggiato oscurando il sacerdozio ministeriale degli ordinati, grazie al quale i sacerdoti non solo celebrano l’Eucaristia, ma sono anche padri spirituali, guide e maestri dei fedeli che sono stati loro affidati.
Lo sviluppo di quello che anche nella Chiesa viene comunemente definito "ministero dei laici" è certamente un risultato positivo e fecondo del rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II. Particolare attenzione La Chiesa accorda alla formazione spirituale e dottrinale di tutti i ministri laici. In ogni caso essi devono essere uomini e donne di fede, esemplari nella vita personale e familiare, che con amore abbracciano "il pieno e integrale annuncio della Buona Novella" (Reconciliatio et paenitentia, n. 9) trasmessa dalla Chiesa.
Ci sono chiare direttive anche diocesane per la formazione iniziale e permanente dei laici, che sono ufficialmente coinvolti nella vita parrocchiale e diocesana e non agiscono nell'ambito ristretto e 'chiuso' di una comunità parcellizzata all'estremo come nel cammino NC. Ma le direttive devono essere correttamente applicate, e questo costituisce, oggi, una sfida, laddove le parrocchie sono contrassegnate dalla presenza di comunità neocatecumenali.
Non basta infatti aver ascoltato le catechesi di Kiko e aver avuto da lui (che non è un Vescovo di Santa Romana Chiesa!) mandato di trasmetterle come catechisti neocatecumenali, per svolgere il compito dell'annuncio e dell'evangelizzazione, che nel cammino assume tra l'altro modalità e accentuazioni del tutto avulse dagli insegnamenti della Chiesa e di evidente carattere 'settario'.

Di questo soprattutto i Dicasteri Vaticani interessati dovrebbero prendere consapevolezza, oggi!!!


Sulla Riconciliazione...

Guardiamo da vicino la predicazione di Carmen Hernandez sulla riconciliazione. (Le citazioni sono prese dagli Orientamenti editi nel '72 a Madrid per le équipes di catechisti)

"Non è per parlarne alle persone tutto quel che dirò, ma perché possa servire come canovaccio, come base per gli innumerevoli problemi che possono presentarsi con le persone. Servirà ad evitare complicazioni, perché il questionario sulla Penitenza si presta a molte discussioni con le persone (p.124)"
È evidente, attraverso questa frase iniziale di Carmen, che i suoi ascoltatori si sentiranno lusingati per la confidenza loro dimostrata: sentiamoci “di casa”, iniziati nei segreti del neocatecumenato. Sono già separati e distinti dalla vil plebe, che non ha diritto di saper tutto. La stessa frase ha anche una finalità didattica, mirando a consigliare i futuri “maestri” – i catechisti – su come meglio operare.

"Non diciamo nulla alle persone di tutte queste cose; semplicemente rivalutiamo il valore comunitario del peccato, la sua natura sociale, il potere della Chiesa, ecc. (p.137)"
Perché il segreto? Perché ella è consapevole che la dottrina che espone è contraria a tutto quello che ha sempre insegnato la Chiesa cattolica e che i cattolici in genere conoscono. Il segreto del neocatecumenato deriva dalla consapevolezza dei suoi responsabili di predicare una dottrina che non è cattolica.

"La Chiesa primitiva considerava peccato mortale quasi unicamente l’apostasia, ossia, la negazione del cammino o l’uscita da esso, perché l’uomo durante il Cammino è debole e cade, ma senza uscire dal Cammino (…) Per questo la Chiesa primitiva non pone l’esame di coscienza al termine del giorno, come fu più tardi introdotto dai Gesuiti, ma invece al mattino al momento di alzarsi, perché convertirsi è porsi davanti a Dio quando si comincia a camminare” (p.128) "
(Quindi nessuna riflessione né responsabilizzazione sul comportamento tenuto…)
I cristiani della Chiesa primitiva correvano il rischio di morire nell’arena, nel caso non cedessero all’apostasia. Era quindi naturale che questa fosse la loro grande prova, la grande tentazione: quella di divenire apostati. Questo era il loro rischio maggiore più che qualsiasi altro peccato e da qui l’importanza del problema. Ma ciò non significa che i cristiani delle catacombe considerassero, ad esempio, l’adulterio un peccato lieve.
Carmen sostiene che la Chiesa primitiva aveva una nozione di peccato totalmente diversa da quella attuale, e per questo la concezione del Sacramento della Penitenza doveva necessariamente essere diversa...

"Dobbiamo spiegare un poco come con Costantino si entrerà nella Chiesa delle masse, perdendosi quindi la sensibilità della comunità. Non si vede più una comunità che cammina in costante conversione sotto gli impulsi dello Spirito Santo. Vediamo persone che peccano individualmente che sono assolte individualmente e, in seguito, vanno a comunicarsi... Ma tutta una comunità in conversione, che si riconosce peccatrice non la vediamo (p.145)"
E, successivamente, mette in opposizione due Chiese, quella sacramentale (prima di Costantino) e quella giuridica (dopo Costantino), che istituzionalizzandosi diviene giuridica, nella quale il peccato diventa violazione della legge che esige una punizione legale...
Conoscete qualcosa di più falso? Anche se nel secolo scorso può essere invalso un certo "giuridismo" siamo ben lontani da questa concezione di peccato che, la Chiesa ci ha sempre insegnato, è innanzitutto un opporsi a Dio... e causare la nostra rovina. Invece per Carmen il peccato ha sempre una valenza solo comunitaria

"Per questo la Chiesa primitiva non pone l’esame di coscienza al termine del giorno, come fu più tardi introdotto dai Gesuiti, ma invece al mattino al momento di alzarsi, perché convertirsi è porsi davanti a Dio quando si comincia a camminare (p.128) "
Mi sembra chiaro che eliminare l'esame di coscienza al termine del giorno elimina il senso di responsabilità e l'esame di quanto operato concretamente nel bene e nel male, mettendosi davanti al Signore e riconoscendo la propria realtà.
All'inizio del giorno puoi fare dei propositi e l'esame riguarda se mai la tua situazione e certo non per lasciarla così com'è ma per cercare di cambiarla con l'aiuto della Grazia santificante che nel cammino non ha alcun diritto di cittadinanza!

"Le persone si chiedono se è possibile offendere solo Dio. La domanda è posta così perché abbiamo una concezione verticale del peccato, individualista: che siamo noi che offendiamo, in maniera particolare Dio, come se il peccato fosse un'offesa a Dio, nel senso di rubare a Dio la sua gloria. Accreditiamo l'ipotesi che possiamo causare danno a Dio. La prima cosa che dobbiamo pensare è che non si può causare danno a Dio. Dio non può essere offeso nel senso di togliere a Lui la gloria, perché allora Dio sarebbe vulnerabile e non sarebbe più Dio (p. 140)"

Come teologa, davvero carente, Carmen non sa che si distingue la gloria intrinseca di Dio - invulnerabile, infinita e immutabile - dalla gloria estrinseca di Dio, gloria che può essere maggiore o minore, e che risulta diminuita a causa dei peccati degli uomini. Per questo S. Ignazio ha scelto per la Compagnia di Gesù il motto "Ad maiorem gloriam Dei", affermando che essa avrebbe dovuto lottare per la "Maggior gloria di Dio".

Del resto, basta notare quanto il peccato in qualche modo escluda dalle situazioni della storia individuale e collettiva la "Presenza" del Signore, basta vedere il vuoto e i drammi umani e sociali di questo nostro mondo in cui si è perso il senso del peccato. E purtroppo si è perso il senso del peccato come responsabilità individuale, perché è sempre una mancata risposta alla chiamata costante di Dio alla conversione e al progetto che ha per ognuno di noi. Questo non esclude né un ambito comunitario né la nostra responsabilità anche nei confronti del prossimo; ma tutto è fondato nel rapporto IO-TU che ogni creatura ha col suo Signore, un rapporto che può anche arricchirsi e dispiegarsi in ambito comunitario (ek-lesìa = la Chiesa di coloro raccolti insieme in comunione nel Signore) ma è un rapporto pieno e profondo individuale, non di gruppo né in simbiosi. Il Signore ha creato e vuole relazionarsi con delle persone, non con dei burattini

il Sacro Cuore di Gesù è un cuore vivo, che gioisce per le cose belle che facciamo e si rattrista per i peccati. In questo senso, il peccato è un'offesa, eccome se è un'offesa... oltre a offendere Colui che è il Sommo Bene, rompe la comunione tra l'uomo e Dio e quindi, senza mezzi giri di parole, offende anche la dignità umana dal momento che l'uomo è tempio del Dio vivente. Duplice offesa, quindi. È ovvio che il peccato ha anche una ripercussione sociale, ma questa è una dimensione successiva, che non sostituisce ma si va aggiungere a quella individuale.

Lo stesso Gesù nel Vangelo dice: "C'è più gioia nel cielo per un peccatore che si converte che per 99 giusti che non hanno bisogno di conversione". Dunque se c'è gioia, va da sé che c'è anche tristezza se non camminiamo nella retta via. Poi è ovvio che si potrebbe discutere anche del fatto che ogni peccato è un altro chiodo conficcato in quella Croce e su quella croce Gesù non ha fatto salti di gioia, mi pare, ma ha gridato, magari pianto... sofferto per tanta indifferenza...
Come può non soffrire tuttora per i tanti peccati che commettiamo?
Ricordiamo il grido di S.Francesco per i boschi de La Verna: "L'Amore non è amato". Gridava a squarciagola, e probabilmente soffriva anche lui, dopo aver sperimentato quell'amore nella sua vita.

"La celebrazione del sacramento della Penitenza ha avuto nel corso dei secoli uno sviluppo che ha conosciuto diverse forme espressive, sempre, però, conservando la medesima struttura fondamentale che comprende necessariamente, oltre all'intervento del ministro — soltanto un Vescovo o un presbitero, che giudica e assolve, cura e guarisce nel nome di Cristo — gli atti del penitente: la contrizione, la confessione e la soddisfazione." [Motu Proprio Misericordia Dei di Giovanni Paolo II]

Da notare che il Papa afferma che c’è stata un’evoluzione nelle forme espressive della celebrazione del sacramento, ma che la Chiesa "ha conservato la medesima struttura fondamentale del sacramento", che comprende: 1. l’azione di un ministro che giudica e assolve; 2. l’azione del penitente che include la contrizione, la confessione, la soddisfazione.

Secondo il Papa in questa struttura nulla potrà mutare e la Chiesa così l’ha conservata; per Carmen, ciò che si è evoluto è la concezione che le persone hanno del sacramento, che è ben diverso da quello che dice il Papa

È questa concezione evolutiva della fede, dei dogmi e dei sacramenti che fa del neocatecumenato il movimento eretico modernista che è.

Sulla penitenza è ormai noto che i neocatecumenali pongono l'accento essenzialmente sulla confessione comunitaria e pubblica dei peccati, piuttosto che sulla confessione resa al sacerdote. In più nella confessione (non sacramentale) ma comunitaria che avviene duranti gli 'Scrutini' è il catechista, e non il presbitero, ad interrogare ed a guidare spiritualmente i membri del Cammino. Abbiamo visto che Carmen afferma che  "il peccato ha solo una dimensione sociale e, quindi, anche la conversione dovrà riguardare la società. Secondo lei, l'offeso non è Dio ma la Comunità, e quindi sarà la Comunità a perdonare e ad assolvere. La cosa, però, non è poi importante perché in Gesù siamo già stati perdonati". Per i fondatori del Movimento la dimensione reale del peccato è quella sociale e mai quella individuale; inoltre "per Kiko l'uomo sarebbe costretto a peccare: la sua natura non gli permetterebbe di compiere il bene. Sarebbe quindi vano ogni suo sforzo di correggersi". Tra l'altro i fondatori del Cammino hanno una concezione radicalmente pessimista sulla possibilità dell'uomo di evitare il male e di poter scegliere liberamente nella loro vita, per cui "secondo Kiko e Carmen, la conversione non consiste tanto nel dispiacere d'aver offeso Dio e nel proposito d'emendarsi, ma semplicemente nel riconoscimento (anche pubblico) delle colpe commesse e nella totale fiducia nella potenza salvifica di Gesù Risorto. Di conseguenza non avrebbe senso insistere sulla Penitenza perché la Santità non è possibile.

I neocatecumenali sono soliti affermare, per sostenere la loro attendibilità e soprattutto difendersi dalle accuse di eresia, che "Kiko non ha inventato nulla, lui ha solo preso quello che di meglio - a suo giudizio - gli dona la storia millenaria della Chiesa. Come fà del resto ogni ordine religioso."

Falso: Kiko non ha preso quel che gli ha donato la storia millenaria della Chiesa, l'ha semplicemente riscritta, criticandola a morte (leggendo i più volte citati "Orientamenti" o ascoltando le catechesi si evince proprio questo!)
Affermano i neocat che il sacramento della riconciliazione fu istituito solo nel sec XIII (il che è vero, ma non ne giustifica la critica distruttiva); inoltre essi affermano che il sacramento della Penitenza è solo riconciliazione con la Chiesa e quindi non c'è bisogno di assoluzione, ma basta sentirsi in pace e in comunione coi fratelli, per cui la confessione sacramentale è destinata a scomparire. (Orientamenti pag. 177) Infatti è la comunità che assolve: questo è il vero significato del 'segno della pace'! 
Questi sono gli insegnamenti della Chiesa?

In realtà Kiko fa una storia della Confessione da un certo punto in poi e respinge in modo deciso la Confessione privata e arriva in alcuni punti a beffeggiarla, a ironizzare sui confessionali "casette di legno", "non ridete perché questo è successo anche a me a confessare ogni stupidaggine (riferendosi certo ai peccati veniali). Si arriva addirittura a fare della confessione una devozione per la santificazione personale, cosa che giungerà fino ai nostri giorni". C'è nelle catechesi un punto in cui Kiko fa abboccare le persone semplici col dire: "(...) le persone pensano che perfino il confessionale fu inventato da Gesù Cristo" (p.143)

La confessione così com’è prevista, non va bene. Dice ancora Kiko "Confessandoti ritorni tranquillo. La confessione privata ci ha segnati in questo senso. Ma il Catechismo della Chiesa Cattolica nell’elencare gli effetti spirituali della confessione dice che essa conferisce la pace e la serenità della coscienza e la consolazione spirituale. Se il peccatore non ha offeso Dio, non ha neppure senso la contrizione, il dolore personale. "Come è curiosa l’idea (v. p. 174) di confessarsi prima di fare la Comunione, e questo è durato fino ai nostri giorni. Così abbiamo vissuto noi la Confessione: per l’efficacia del sacramento!". "Attualmente la Chiesa non compare da nessuna parte ed è un uomo che ti perdona i peccati".

Così Kiko non nega solo la finalità del sacramento della Confessione, ma anche il ruolo del ministro ordinato ed il potere che gli è conferito nella persona di Cristo. Nel Cammino i peccati passati, presenti e futuri sono già perdonati in partenza. Ma questo concetto non è cattolico!

Sostanzialmente Kiko contesta la Confessione privata, la Confessione di devozione, la direzione spirituale e la Confessione come mezzo di santificazione: tutte sciocchezze da superare. Si tratta solo di accogliere questo perdono gratuito. "Ma alla gente non dite nulla di tutte queste cose"! La stessa frase ripeterà a proposito della vendita dei beni personali che porrà come condizione per continuare il Cammino Neocatecumenale, per fare certi passaggi e quindi per accedere alla Salvezza. Kiko è cosciente di essere su un’altra strada e raccomanda di non imbarcarsi per nulla in questo discorso quando si parla con la gente "perché creereste un mucchio di problemi".

Tra i modi ricorrenti di vivere la "confessione" è quella coram populo dei propri peccati e delle proprie debolezze che caratterizza ogni passaggio e che indiscutibilmente è una scimmiottatura del sacramento vero della confessione.

A partire da quest'ultimo punto, si può senz'altro osservare che anche uno psicologo da quattro soldi rispetta i 'tempi' di una persona perché possa aprire il cuore e l'anima (chiamiamolo pure inconscio o anche quella parte consapevole che può essere problematica). E c'è un pudore grande in ogni persona nello 'scoprirsi'! Ma se facciamo fatica a farlo - quando facciamo sul serio - anche cuore a cuore con il Signore!

Esecrabili quelle corali proclamazioni di colpevolezza che sembrano giochi al massacro e quasi quasi viene il dubbio che qualcuno per non sentirsi da meno possa anche amplificare le proprie colpe.
Si può ragionevole pensare che è sano tutto questo?

Ricordo le raccomandazioni martellanti dei catechisti prima delle penitenziali con confessioni individuali: "Siate chiari e sintetici, non vi perdete in chiacchiere, confessate i vostri peccati con nome e cognome e non allungate il discorso inutilmente!". Ricordo il senso di vuoto che dopo tale esortazione provavi accostandoti al presbitero mentre l'assemblea cantava a squarciagola per coprire le parole, la paranoia di un dialogo che tutto poteva sembrare meno che riconciliazione con Dio e con i fratelli.

Non possiamo non riconoscere contrario agli insegnamenti della Chiesa quanto detto dai catechisti.

PRIMO, perché la confessione non è l'elenco dei peccati. Per confessarsi occorre innanzitutto scrutare dentro di sé e saper riconoscere cosa c'è dietro a quell'errore ricorrente (dico 'errore' anziché peccato, così attenuiamo anche un po' quella cupa atmosfera di colpevolezza, ma senza voler sminuire la responsabilità). E poi occorre guardare dentro di sé con gli occhi della misericordia di Dio : il Signore ha detto "non sono venuto per condannare, ma per liberare"! Certo poi occorre anche la buona volontà e l'aiuto del Signore, la preghiera, l'Eucarestia. Ma ogni confessione è sempre una tappa ulteriore nella conoscenza di noi stessi alla luce della Parola e dello sguardo del Signore.

SECONDO, perché non allungare il discorso, che invece significa tirar fuori i blocchi, i problemi, le angosce in maniera razionale e consapevole? E' proprio questo che aiuta a crescere nella fede e come persone.
La confessione non è l'autoaccusa (ricordiamo chi è l'accusatore?) ma il discernimento sereno e consapevole della nostra realtà interiore che si traduce in comportamenti e la ricerca delle modalità per superare le difficoltà con la nostra buona volontà, i consigli che riceviamo dal sacerdote e l'indispensabile aiuto della Grazia.

Poi forse troppo spesso dimentichiamo e certo non ce l'insegnano i NC che la confessione oltre alla CONFESSIO VITAE (la individuazione delle difficoltà, delle cadute, ma anche delle conquiste con l'aiuto della Grazia della propria vita nella fede), in sostanza il bilancio della nostra fatica ma anche della nostra gioia di essere uomini e donne in cammino!! è anche la CONFESSIO LAUDIS, il riconoscimento e la lode per le meraviglie che il Signore ha operato e opera nella nostra vita!! Ed è infine CONFESSIO FIDEI, cioè della fiducia che riponiamo nel Signore che è un affidarsi, un corrispondergli...

la Chiesa non ha mai sollecitato, incoraggiato, concesso in alcuna forma di celebrazione (Non ne abbiamo riscontri nemmeno per la Chiesa delle Origini o - come qualcuno spesso impropriamente dice - per la Chiesa Primitiva) la confessione o la testimonianza corale, pubblica.
La Samaritana ritornando tra la sua gente dopo la guarigione ottenuta gratuitamente al pozzo di Sicar, grida la sua esperienza di fede, ma prima di essa ha ottenuto, in un solo attimo, la guarigione da parte di Gesù nella sua esperienza individuale e "segreta" con lui.

Ridurre, minimizzare, annacquare, mistificare (nel senso meno polemico possibile del termine: usare collateralmente o addirittura in sostituzione della confessione sacramentale una mistagogia della confessione sia in senso di pubblica testimonianza della propria fede sia in senso pedagogico per l'assemblea, per il gruppo) non è esattamente "cattolico".

In ogni caso siamo su piani completamente diversi!

Il battesimo neocatecumenale lo dà la comunità alla fine del cammino, l'eucaristia neocatecumenale è fatta dalla comunità, il perdono dei peccati lo dà la comunità neocat.
NO HAY VIDA CRISTIANA SIN COMUNIDAD!!!
Kiko ancora non può eliminare i Sacramenti (per lui "magici") della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, pena l'esserne escluso. Ma solo per ora. Lo stesso concetto di Sacramento che hanno i "cattolici della domenica" è sbagliato per Kiko, è "magico", e sparirà. Per lui è solo una questione di tempo, e Sacramenti e Dogmi cadranno per lasciare posto ad una chiesa tutta nuova...
Per i neocatecumenali la confessione individuale è solo formale, un atto a cui per ora li obbliga il Papa, ma il vero perdono è ottenuto con la confessione davanti alla comunità.

La prassi vince sulla teoria.
La psiche prevale sullo spirito.
I neocatecumenali "si sentono" battezzati, "si sentono" perdonati, "si sentono" in comunione solo per mezzo della comunità. È un sentimento religioso. Un relativismo molto sottile...

Stralcio dalla lettera dell'Arcivescovo di Catania "Hanno proprio torto coloro che pensano che siete una Chiesa parallela?", Avvento 2001

" 7. Non vorrei parlare degli scrutini che, spesso, scarnificano le coscienze con domande che nessun confessore farebbe. Ma come ciò può essere permesso a un laico, sia pure catechista?
Non vorrei parlare neppure delle confessioni pubbliche... Ma chi può autorizzare uno stile che la Chiesa, nella sua saggezza e materna prudenza, ha abolito da secoli?"

È pertinente in questo contesto sulla riconciliazione il seguente stralcio da un discorso di Giovanni Paolo II ai NC il 10 febbraio 1983, che contiene anche un richiamo sull'eucaristia e una esortazione finale alla disciplina comune. Totalmente ignorato e disatteso...

[...] Tenete sempre presente la solenne e vigorosa affermazione del Concilio Ecumenico Vaticano II: “La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella Sacra Liturgia, di nutrirsi del Pane della vita dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli” (Dei Verbum, 21). Da Cristo Parola a Cristo Eucaristia, perché il Sacrificio eucaristico è la fonte, il centro e il culmine di tutta la vita cristiana.
Celebrate l’Eucaristia e, soprattutto, la Pasqua, con vera pietà, con grande dignità, con amore per i riti liturgici della Chiesa, con esatta osservanza delle norme stabilite dalla competente autorità, con volontà di comunione con tutti i fratelli.
[...]
Il ministero della Riconciliazione - questo dono mirabile della infinita misericordia di Dio - è affidato a voi, Sacerdoti. Siatene ministri sempre degni, pronti, zelanti, disponibili, pazienti sereni, attenendovi con fedele diligenza alle norme stabilite in materia dall’autorità ecclesiastica. I fedeli potranno così trovare in tale Sacramento un autentico segno e strumento di rinascita spirituale e di letificante libertà interiore.
E voi, fratelli tutti, celebrate il Sacramento della Riconciliazione con grande fiducia nella misericordia di Dio, in piena adesione al ministero e alla disciplina della Chiesa, con la confessione individuale, come ripetutamente raccomanda il nuovo Codice di diritto canonico, per il perdono e la pace dei discepoli del Signore e come annuncio efficace della bontà del Signore per tutti.
5. Lungo il vostro itinerario spirituale cercate di armonizzare le esigenze “catecumenali” con l’impegno della necessaria dedizione ai fratelli, alla famiglia, ai doveri professionali e sociali. Soprattutto non cedete alla tentazione di chiudervi in voi stessi, isolandovi dalla vita della Comunità parrocchiale o diocesana, giacché soltanto da un effettivo inserimento in quegli organismi più vasti possono derivare autenticità ed efficacia al vostro impegno apostolico.
Non voglio chiudere queste mie riflessioni senza ricordare a voi e alle Comunità che rappresentate quanto ho detto di recente in occasione della presentazione ufficiale dei nuovo Codice di diritto canonico: il cristiano deve disporre il proprio animo ad accoglierlo e a metterlo in pratica. Le leggi sono munifico dono di Dio e la loro osservanza è vera sapienza. Il diritto della Chiesa è un mezzo, un ausilio e anche un presidio per mantenersi in comunione col Signore. Pertanto le norme giuridiche, come anche quelle liturgiche, vanno osservate senza negligenze e senza omissioni.
Sono sicuro che le vostre Comunità, animate dal fervore di distinguersi nella celebrazione del Battesimo, dell’Eucaristia e della Penitenza, vogliano anche distinguersi, sotto la guida della Chiesa, in questo impegno di fedeltà alla disciplina comune.

Avete mai trovato presente nel Cammino quanto raccomanda il Papa?

Riportiamo infine i punti del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla Riconciliazione, per raffrontarli attentamente con una delle prassi presente com'è noto fra metodi neocatecumenali, quella delle confessioni pubbliche - il più delle volte estorte - dai catechisti e con la scarnificazione delle coscienze, il potere sulle persone nonché il mancato rispetto per il loro pudore e la loro interiorità che ne consegue:

1465 Celebrando il sacramento della Penitenza, il sacerdote compie il ministero del buon pastore che cerca la pecora perduta, quello del buon Samaritano che medica le ferite, del padre che attende il figlio prodigo e lo accoglie al suo ritorno, del giusto giudice che non fa distinzione di persone e il cui giudizio è ad un tempo giusto e misericordioso. Insomma, il sacerdote è il segno e lo strumento dell'amore misericordioso di Dio verso il peccatore.

1466 Il confessore non è il padrone, ma il servitore del perdono di Dio. Il ministro di questo sacramento deve unirsi all'intenzione e alla carità di Cristo. Deve avere una provata conoscenza del comportamento cristiano, l'esperienza delle realtà umane, il rispetto e la delicatezza nei confronti di colui che è caduto; deve amare la verità, essere fedele al Magistero della Chiesa e condurre con pazienza il penitente verso la guarigione e la piena maturità. Deve pregare e fare penitenza per lui, affidandolo alla misericordia del Signore.

1467 Data la delicatezza e la grandezza di questo ministero e il rispetto dovuto alle persone, la Chiesa dichiara che ogni sacerdote che ascolta le confessioni è obbligato, sotto pene molto severe, a mantenere un segreto assoluto riguardo ai peccati che i suoi penitenti gli hanno confessato. Non gli è lecito parlare neppure di quanto viene a conoscere, attraverso la confessione, della vita dei penitenti. Questo segreto, che non ammette eccezioni, si chiama il « sigillo sacramentale », poiché ciò che il penitente ha manifestato al sacerdote rimane « sigillato » dal sacramento.

1468 « Tutto il valore della Penitenza consiste nel restituirci alla grazia di Dio stringendoci a lui in intima e grande amicizia ». Il fine e l'effetto di questo sacramento sono dunque la riconciliazione con Dio. Coloro che ricevono il sacramento della Penitenza con cuore contrito e in una disposizione religiosa conseguono « la pace e la serenità della coscienza insieme a una vivissima consolazione dello spirito ». Infatti, il sacramento della Riconciliazione con Dio opera una autentica « risurrezione spirituale », restituisce la dignità e i beni della vita dei figli di Dio, di cui il più prezioso è l'amicizia di Dio.

Possiamo ben dire con l'Apostolo Paolo: "Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole." (2Tim 4, 3-5)


Testimonianze:

Vorrei solo invitare a non cercare di soffocare il dialogo. Mi pare che Emanuele [un nostro interlocutore neocatecumenale che sostiene che nel cammino non esistono confessioni pubbliche -ndR] non abbia nascosto che le confessioni pubbliche esistano (sicuramente le presenta a noi come anche lui se le giustifica con se stesso).
In effetti anche secondo la mia esperienza non esistono "confessioni pubbliche" in maniera esplicita nel senso proprio del termine, ma in pratica è quello che avviene, come dice correttamente Emanuele, nella Redditio Symbolum quando i membri di una comunità, con la solita martellante procedura fatta nel NC, vengono invitati a mostrare i segni della propria fede, in questo processo vengono sollecitati a mostrare qual è la loro condizione di peccato e come il cammino li abbia salvati. Quasi tutti quindi raccontano davanti a una platea NC, che comprende anche comunità sconosciute, i propri peccati.
Credo che questa sia l'esperienza comune a chi ha fatto parte dei NC (io ho assistito una sola volta a questa cerimonia e ricordo un padre di famiglia confessare le sue infedeltà coniugali davanti a tutti compresi i figli, insomma ..).
Però anche ad Emanuele direi di non nascondersi dietro le parole, quello che avviene in queste celebrazioni è una vera confessione pubblica, sappiamo bene che se i membri della comunità in queste celebrazioni non denudano davanti a tutti la loro anima, vengono ritenuti "non convertiti", non sinceri...
Insomma sappiamo che ci sono le bocciature nel cammino non nascondiamoci dietro un dito per favore, i modi di far pressione ci sono e rendono questi momenti veramente sconcertanti.
Se non si tratta di confessioni pubbliche la differenza è davvero minimale...

Di Gherardo, 21 ottobre, 2006 15:43

I dubbi sul cammino purtroppo sono pesanti, noi che ne siamo usciti sappiamo che uscirne non è indolore perché l'approccio alla fede, sia nei suoi principi che nel modo in cui viene vissuta viene completamente stravolto.

A questo proposito voglio condividere una mia recente esperienza personale riguardo la confessione.

Questo sacramento purtroppo viene completamente svilito nel Cammino. Sappiamo come vengono svolte le "penitenziali": canti in sottofondo e confessioni in cui si viene semplicemente invitati a fare al prete senza fronzoli e senza perdere tempo la lista dei propri peccati. Stop. Quasi un atto notarile, lista dei peccati, assoluzione, canti di sottofondo che certo non favoriscono una vera comunicazione fedele-confessore.

Il motivo di ciò mi sono reso conto che è dovuto al fatto che il Cammino non vuole nemmeno che nel confessionale (che anzi non è usato) ci sia interferenza sul lavoro "catechetico" (ma si potrebbe definirlo in altro modo) fatto sulle anime nel percorso neocatecumenale.

La confessione prima dell'esperienza NC era per me anche un dialogo col confessore che, al di là dei peccati, mi aiutava a capire e a correggere il mio modo di rapportarmi col Signore, insomma molto dipendeva dal confessore ma sempre si instaurava un dialogo per far luce sul rapporto tra l'anima del "confessando" e Dio. Questa è in effetti la confessione nella vera tradizione della Chiesa (anche se molte fonti ecclesiastiche denunciano una attuale "crisi" di questo Sacramento nella Chiesa, indipendentemente dal CN, ma questo è un altro problema).

Ebbene questo l'ho capito solo oggi dopo 8 anni che ne sono uscito. Per tutto questo tempo infatti, non riuscivo più veramente a confessarmi, il sacramento non aveva il solito effetto su di me, perché in effetti c'era una parte di me che ancora si aspettava il lavoro successivo delle catechesi NC. Non so se sono riuscito a spiegare sta cosa. In fondo in noi si creano degli 'imprinting', che spesso non è facile superare.

Probabilmente come ho già detto il fatto di non avere avuto una parrocchia, un ambiente stabile e persone sagge e consapevoli del fenomeno NC (e a questo aggiungi una certa diffidenza creatasi in me dopo l'esperienza NC) in cui e con cui rielaborare l'esperienza, ha rallentato di molto la mia "guarigione".

Comunque sono contento di aver maturato questa cosa, ora quando mi confesso mi sento pronto ad aprirmi di nuovo a questo dialogo e ad affidarmi tramite esso al Signore.

Quello che volevo comunicare esponendo la mia esperienza sulla confessione, è che nel cammino alcuni pilastri della fede e pratica cattolica come la confessione sembrano venire tenuti in seconda considerazione, quasi tollerati in modo legalistico.

Quello che importa è il lavoro "catechetico" NC strutturato nei passaggi e basato su una dottrina che, come molti, Zoffoli per tutti, hanno rivelato è discutibile.

E infatti a proposito della confessione, perché questa dovrebbe essere importante se l'uomo non può non peccare e la sua giustificazione passa solo tramite la comunità?

Spero di aver comunicato bene questa mia riflessione, mi sono reso conto che alla confessione andavo diciamo "chiuso", facevo la lista dei miei peccati ma non mi aprivo veramente alla grazia e al perdono perché in realtà quelli mi aspettavo di trovarli nella comunità!
Sono andato avanti con questo approccio alla confessione "interiorizzato" nel cammino, per tutto questo tempo anche dopo esserne uscito. Erano anni che provavo a confessarmi ma ne uscivo smarrito, ne avevo perso il senso. Ora però credo di averlo finalmente ritrovato.

Di Gherardo 15 ottobre, 2006 11:59

“Culto della confessione”.

"Al di là delle sue espressioni religiose, legittime e terapeutiche, nel culto distruttivo la confessione diventa un culto di per sé. La confessione, in questo caso, diviene un mezzo per capitalizzare le vulnerabilità personali a favore dell’istituzione confessionale; sussidiaria e marginale la “consolazione” nella pratica effettiva. Le sedute destinate alla confessione di solito avvengono all’interno di piccoli gruppi e sono accompagnate da verbalizzazioni di critica e autocritica. La forte pressione che si viene a ingenerare nell’individuo, diviene un elemento attivo per il processo del cambiamento personale. I culti ideologici si appropriano dei sentimenti di colpa e di vergogna dell’individuo, con il risultato di esercitare una forte influenza sui cambiamenti che il discepolo deve fare per essere ritenuto tale a tutti gli effetti."

Meditate gente...

Di Anonimous (non abbiamo i dati, ma la inseriamo a titolo di cronaca...)

Io voglio farvi notare, per mia esperienza, che i due fondatori, Kiko e Carmen, continuano ancora oggi ad arricchire la loro 'costruzione' del cammino: una realtà soltanto umana che definiscono come la "vera Chiesa"!!!

Tutti i riferimenti ebraici di cui avete solo accennato, sui quali si potrebbe fare uno studio complesso, sono il loro pallino per un ritorno alle cosiddette "origini", insieme alla riscoperta delle cosiddette catechesi battesimali.

Il ritorno alle origini è solo una scusa per soppiantare la Chiesa e costruire "ex novo" una realtà che ha le sue gerarchie, le sue regole non scritte, per di più segrete perché note solo a quelli che contano e comunque a chi arriva a superare le varie tappe del cammino...
È anche una costruzione immaginifica e affascinante, come affascinante è il senso del mistero e delle rivelazioni consegnate in maniera solenne e coinvolgente, che trasmettono agli "iniziati" facendoli sentire speciali. Anche per questo è difficile venire fuori...

Di Dubitans 

 

Stigmatizziamo:

Uso improprio di simboli ebraici
La Cannukkià, il candelabro a 9 luci, simbolo della vittoria su Antioco IV Epifane, diventa... >>>

Stranezze liturgiche
scoperte anche dal Web
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Chi aggiunge simboli esterni per "ravvivare" la forma religiosa crea "idolatria" >>>

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"Redemptoris Mater" 
Una seria minaccia per l'unità della Chiesa cattolica
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Commenti sullo Statuto
da parte di Don Gino Conti >>>

Puntualizzazioni
sul RICA, sui catecumeni e il "neocatecumenato" >>>

Inflazione del volto di Kiko nelle immagini di Cristo
Abbiamo notato con sconcerto ed inquietudine, nei dipinti dell'iniziatore del Cammino. >>>

Sono a comunicarvi le decisioni del S. Padre...
Abbiamo inserito il testo della Lettera del card Arinze, comparato con le nostre osservazioni...>>>

Reazioni alla lettera
. Notazioni di un  nostro collaboratore >>>
. Notazioni ulteriori >>>

Kiko va dal Papa a lamentarsi...
Abbiamo inserito, con commento, il testo della discorso di Kiko, P.za S. Pietro, 3 giugno 2006 >>>

Eucaristia, senso del peccato...
Occorre conoscere le difformità dagli insegnamenti della Chiesa... >>>

Sul Sacerdozio e sulla Riconciliazione...
Occorre conoscere le gravi storture introdotte dal Cammino... >>>

Principali difformità
della dottrina del Cammino dagli insegnamenti della Chiesa, in sintesi >>>

Aspetti critici
Sebbene goda del favore di molti ecclesiastici, il Cammino presenta aspetti problematici in campo, dottrinale, liturgico e pastorale... >>>

Manipolazione mentale
nel Cammino NC?
Viene indotto l'affidamento totale, cieco al cammino abbandonando ogni resistenza; la razionalità e il pensiero logico vengono, a volte anche esplicitamente, condannati come idoli. >>>

Relazione psichiatrica 
Il Prof. Antonio Picano, psichiatra presso l'Ospedale S. Camillo di Roma... >>>

Gergo neocatecumenale
Nei culti totalitari, l'ideologia è interiorizzata come "la verità"... >>>

Giovanni Paolo II e la
croce rovesciata disegnata da Kiko...>>>

Tentativi di dialogo
Alcuni saggi delle difficoltà di dialogo con gli aderenti al cammino NC >>>

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Per sdrammatizzare... «Cronache semiserie della pulce pellegrina»

 

 

Pagina inserita 13 luglio, aggiornata 21 ottobre 2006