Giov 10,1

«In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.»

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Kiko va dal Papa a lamentarsi

Il 3 giugno 2006 c'è stato a piazza san Pietro a Roma l'incontro di Benedetto XVI con i movimenti ecclesiali e le nuove comunità (il testo completo degli interventi, compreso quello di Kiko, è sul sito del Pontificio Consiglio per i Laici), a cui hanno partecipato mezzo milione di persone.

L'intervento di Kiko Argüello è di importanza fondamentale per conoscerne il pensiero: il breve discorso che ha tenuto, viene qui esaminato e commentato per intero.

Carissimo Padre, grazie per l’occasione che mi si offre di dire una parola.
Abbiamo ascoltato il Salmo 146 nel quale siamo invitati a lodare Dio perché “Il Signore ricostruisce Gerusalemme”.
Gerusalemme e soprattutto il suo Tempio, è stato ricostruito da Zorobabele e Giosuè, un laico e un sacerdote.
Notiamo anzitutto che il salmo 146 non parla del Tempio di Gerusalemme. L'inserimento forzoso del “chi ha ricostruito il Tempio” dimostra dunque che lo scopo dell'intervento di Kiko non è commentare il salmo, ma pronunciare un discorso programmatico solenne, prendendo a pretesto il Tempio (in cui identificare la Chiesa), Zorobabele, governatore della Giudea per conto del re persiano Dario (in cui identificare Kiko stesso), e Giosué, sommo sacerdote (in cui identificare il Papa).

Kiko ha davanti il Papa, numerosi ecclesiastici e mezzo milione di testimoni di tutti i movimenti ecclesiali e nuove comunità (a cominciare ovviamente dai neocatecumenali), senza contare quanti attraverso i media verranno a conoscenza di ciò che ha detto. Abbiamo pertanto la certezza che ogni parola di questo suo discorso sia stata accuratamente e lungamente pesata.
Prima, Mosè e Aronne, poi Pietro e Paolo che sono i due testimoni di cui parla l’Apocalisse, possiamo dire: carisma e istituzione. Carisma e istituzione, uniti sono co-essenziali alla missione della Chiesa, ha detto papa Giovanni Paolo II nella Pentecoste del 1998. Mosè-istituzione, Aronne-carisma (Aronne sarà il primo sommo sacerdote); Pietro-istituzione, Paolo-carisma (scomodando addirittura il libro dell'Apocalisse).

Questo passaggio di Kiko si può comprendere solo conoscendo la pluridecennale velata polemica sui carismi all'interno della Chiesa. Con l'etichetta di “carisma”, infatti, si è spesso cercato di far passare per indispensabile qualcosa di non creato né previsto dall'istituzione gerarchica (cioè dai vescovi).

Giovanni Paolo II, nel tentare di chiudere la polemica, proprio nella precedente “giornata del Papa con i movimenti” (31 maggio 1998), aveva ricordato che istituzione e carisma sono “coessenziali” solo se “uniti”: di conseguenza il carisma non è tale se non è riconosciuto dalla Chiesa istituzionale (altrimenti sarebbe un'idea protestante: il protestantesimo ha infatti abolito l'istituzione).

Kiko si presenta dunque come “carisma” necessario a ricostruire la Chiesa.
In riferimento alla festa di Pentecoste che oggi celebriamo, Papa Giovanni Paolo II, al Simposio dei vescovi Europei, nell’anno 1986 ha detto:
«Per realizzare un'efficace opera di evangelizzazione dobbiamo ritornare a ispirarci al primissimo modello apostolico.
Tale modello, fondante e paradigmatico, lo contempliamo nel Cenacolo: gli apostoli sono uniti e perseveranti con Maria in attesa di ricevere il dono dello Spirito.
Solo con l'effusione dello Spirito comincia l'opera di evangelizzazione.
Il dono dello Spirito è il primo motore, la prima sorgente, il primo soffio dell'autentica evangelizzazione.
Occorre, dunque, cominciare l'evangelizzazione invocando lo Spirito e cercando dove soffia lo Spirito (cfr. Gv 3,8).
Alcuni sintomi di questo soffio dello Spirito sono certamente presenti oggi in Europa.
Per trovarli, sostenerli e svilupparli bisognerà talora lasciare schemi atrofizzati per andare là dove inizia la vita, dove vediamo che si producono frutti di vita «secondo lo Spirito»...»
Questo lo ha detto ai vescovi europei dopo aver parlato della distruzione della famiglia e della secolarizzazione dell’Europa, affermando che lo Spirito Santo ha già dato la risposta.
Sta dando la risposta: eccoci Santo Padre, ecco i nuovi carismi, le nuove realtà che lo Spirito Santo suscita in aiuto ai preti, alle parrocchie, ai vescovi, al papa. “Il Signore ricostruisce Gerusalemme”.
Seconda lunga citazione di Giovanni Paolo II, citazione fatta ovviamente a sostegno di un'altra forzatura ad uso e consumo del Cammino: dato che occorre cercare «dove soffia lo Spirito», partendo dal presupposto che «alcuni sintomi» già sono presenti in Europa, e dato che vanno trovati, sostenuti e sviluppati lasciando da parte gli «schemi atrofizzati», ne risulta ovvio che Kiko si sta candidando ad essere “sintomo” dello Spirito per la “ricostruzione di Gerusalemme”, e contemporaneamente vittima degli “schemi atrofizzati”; Kiko si presenta come «aiuto» alla Chiesa.

E chiude questo passaggio insistendo nuovamente sul Signore che «ricostruisce Gerusalemme». Il senso stretto è esatto: è vero che il Signore assiste la sua Chiesa, è vero che lo Spirito la inonda di doni, ma è anche vero che è la Chiesa a dover riconoscere tali doni. Presentarsi al Papa dichiarando di essere un dono dello Spirito rischia in modo assai serio di essere un'elegante presunzione.

Chi è convinto di avere “doni dello Spirito”, non va a vantarsene presso la gerarchia ecclesiale, non va a rivendicare un riconoscimento: va a chiedere di esserne vagliato, va a chiedere che la Chiesa (quella che Cristo ha stabilito sulla roccia di Pietro) verifichi, riconosca, corregga, guidi.
La Chiesa è sempre in combattimento contro la bestia. Quest'affermazione suggerisce una pericolosa ambiguità.

Lo scopo primario della Chiesa non è “combattere la bestia” (cioè il demonio), ma vivere per Cristo (e di conseguenza annunciare Cristo).

Il combattimento contro “la bestia” è di ordine spirituale e di ogni membro della Chiesa, ed è una delle conseguenze dell'amare Cristo.

La Chiesa è santa perché istituita da Cristo, ma è contemporaneamente peccatrice perché fatta di uomini capaci di sbagliare. Il “combattimento contro la bestia” è della vita personale di ogni cristiano, poiché il peccato allontana da Cristo. Il cristiano combatte il peccato non per la pretesa di essere perfetto e irreprensibile (questo sarebbe moralismo puritano), ma perché il peccato allontana da Cristo, unica vera salvezza.

Pertanto la sentenza “la Chiesa combatte contro la bestia” in fin dei conti presenta una visione moralistica, protestante e dal sapore un po' apocalittico.
Solo una fede adulta, nei cristiani che portano nel loro corpo il morire di Gesù, salverà il mondo. Quest'affermazione suggerisce un'altra serie di pericolose ambiguità ed inesattezze.

Lo scopo della Chiesa non è “salvare il mondo”: chi propugnasse quest'assurdità ha già dimenticato che i singoli uomini hanno sempre la libertà di scegliere tra il bene e il male, e pertanto è impossibile “salvare il mondo” nella sua interezza; ci sono stati e ci saranno comunque alcuni che si ostineranno a volersi dannare.

Del resto, proprio a causa del libero arbitrio, non c'è un vero rapporto tra Cristo e coloro che si ostinano a rifiutarlo; infatti: «non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi» (Gv 17,3).

Lo scopo della Chiesa è annunciare Cristo, è dare ad ogni uomo la possibilità di incontrare Cristo, provocare la libertà dell'uomo al riconoscimento di Cristo, che solo può dare la felicità. E, a meno di miracoli, questo riconoscimento pieno può verificarsi solo attraverso la Chiesa che Cristo stesso ha stabilito.

La felicità (più comunemente nota come “santità”) è solo nella comunione con Cristo. Ciò che si vuole definire “fede adulta” (termine ambiguo, dato l'uso che se ne fa da qualche decennio a questa parte) in realtà può al più corrispondere alla fede vera, convinta, sincera: esattamente ciò che non ha insegnato né promosso il Cammino.

E poi... “adulta”? Ma che significa? Significa forse che c'è bisogno di un particolare (lunghissimo) cammino per avere la “patente di fede adulta”? A giudicare dalla storia della Chiesa, pare proprio di no. Tra i tanti esempi di santità tra i bambini, vogliamo citare qui Nennolina (Antonietta Meo), che a sei anni aveva già capito tutto della fede, senza né lauree in chimica e in teologia, né “cammini” pluridecennali di “neocatecumenato”.

Il termine “salvare il mondo” ha un sapore sociologico, sa di progetto politico. Il “piccolo gregge” che è la Chiesa può essere del 99% della popolazione mondiale, o anche solo di un pugno di persone: non sono i numeri che contano, ma la vita in Cristo. Quando gli Apostoli hanno avuto il mandato di battezzare e fare discepole tutte le nazioni, la loro preoccupazione non era né la loro consistenza numerica né l'insegnamento del galateo, ma solo di annunciare Cristo a quanta più gente è possibile.

E poi, cosa diamine significa “i cristiani portano nel loro corpo il morire di Gesù”?

I cristiani sanno bene che Gesù Cristo oltre ad essere morto è anche risorto (altrimenti non sarebbe fede ma solo il pio ricordino di un eccentrico insegnante di galateo). Dissociare la morte dalla risurrezione denota una visione pessimistica e cupa, tipica di alcuni ambienti protestanti.

(Così come dissociano la risurrezione dalla morte nella celebrazione eucaristica)

Nel loro corpo”? Portano “il morire”? Qui non ci vuole grande fatica a capire che Kiko sta parlando dell'inquietudine interiore dell'uomo, di ogni uomo, e soprattutto di sé stesso (fermo restando che la terminologia “portare nel loro corpo il morire” è quantomeno bizzarra).

Kiko sta velatamente condannando i cristiani più “tiepidi” (probabilmente quelli che non frequentano il Cammino Neocatecumenale), sprovvisti della “fede adulta” e pertanto inutili alla missione di “salvare il mondo”.

Insomma, immediatamente dopo la visione moralistica, protestante ed un po' apocalittica della Chiesa, c'è la presentazione di questa necessità di “salvare il mondo” (altrettanto moralistica e protestante), che a sua volta rende necessaria una fede “adulta” (eh, già: chissà dove si fa un “cammino” per ottenere la fede “adulta”). Tutto questo, alla luce dell'emergenza presuntuosa di “salvare il mondo”.

Ma quanto è difficile, Santo Padre, che le istituzioni capiscano che hanno necessità dei carismi! Questa è l'apoteosi del discorso di Kiko, che si lamenta e dice l'equivalente di: “Santo Padre, tantissimi vescovi ci ritengono inutili e dannosi, anziché necessari! Li obblighi lei, a darci più spazio e più importanza! Loro non capiscono niente!”

È a tutti gli effetti una rivendicazione sindacale.

E siccome la rivendicazione proviene da parte di chi già vanta di avere dalla sua parte l'appoggio di una quantità notevole di vescovi e cardinali (per esempio nel caso degli Statuti furono mobilitate le firme di ventidue cardinali), se ne deduce che è una pretesa.

Il centro del discorso di Kiko è: dateci più importanza! dateci più spazio!
Ecco che abbiamo bisogno che si attui la ecclesiologia del Vaticano II, una ecclesiologia di comunione, della Chiesa come corpo. La pretesa sindacale continua: «abbiamo bisogno»... Chi è il soggetto della frase “abbiamo bisogno”? Ma è “noi neocatecumenali”, ovviamente.

Secondo Kiko Argüello, «le istituzioni» non «attuano l'ecclesiologia» di cui «hanno bisogno» i neocatecumenali.

Infatti «le istituzioni non capiscono che hanno necessità dei carismi».

Kiko precisa meglio l'ecclesiologia che vuole che sia usata nei confronti dei neocatecumenali: «ecclesiologia di comunione, della Chiesa come corpo». Notazione finemente umoristica, a fronte delle accuse di chiusura e separatismo che pervengono solitamente al Cammino da diversi decenni a questa parte. Ma che comunque non può cancellare la perplessità dovuta al fatto che Kiko va a far baccano dal Papa, davanti a mezzo milione di testimoni, perché si “attui” una qualche “ecclesiologia” (come se prima del Vaticano II la Chiesa non fosse stata «corpo», come se si fosse in qualche modo sbagliata).
In definitiva è l’attuazione del Concilio Vaticano II che ci urge oggi più che mai, così si capisce come il Papa Giovanni XXIII nella Costituzione Apostolica “Humanae salutis” (1961) con cui indiceva il Concilio esordiva dicendo:
«La Chiesa oggi assiste ad una crisi in atto della società. Mentre l’umanità è alla svolta di un’era nuova, compiti di una gravità e ampiezza immensa attendono la Chiesa, come nelle epoche più tragiche della sua storia. Si tratta di mettere a confronto con le energie vivificanti e perenni dell’evangelo il mondo moderno».
Il Papa Giovanni XXIII seppe profetizzare quello che ci sommerge oggi “una era nuova”, la postmodernità, l’ateismo visibile.
Per chi ancora pensasse che non si trattava di una pretesa, Kiko insiste sull'«attuazione» che «ci urge oggi più che mai».

Paradossalmente, il problema contemporaneo non è l'ateismo, ma la nuova religiosità. Kiko cita parole di Giovanni XXIII e poi vi aggiunge tre termini curiosi. Primo, l'era nuova che ci “sommerge”: ma per Kiko cosa significa “sommerge”? Se tale era ci “sommerge”, sembra non essere una cosa buona.

Secondo termine, la postmodernità: è un concetto filosofico: ma qui, nel contesto, che c'entra? Cosa c'entra con «l'attuazione del Concilio Vaticano II che ci urge oggi più che mai»? Sembra l'eco della pretesa di cui sopra, sembra un parolone ad effetto.

E infine, l'ateismo “visibile”: ma che c'entra? Forse che esiste un ateismo “invisibile” che non fa problema a Kiko?

La Chiesa assiste da decenni ad una scristianizzazione della società. Ma oggi il problema non è l'ateismo, ma il ritorno della superstizione e della religiosità: oggi tutti credono di capire tutto, tutti credono di saperne già abbastanza del cristianesimo, tutti credono che in fondo in fondo una religione valga l'altra. C'è un fermento religioso (nuove religioni, religiosità orientali, riscoperte più o meno ambigue, settarismi, maghi e fattucchiere, oroscopi, UFO, ecc.) che ha spesso come caratteristica l'ostilità al cattolicesimo.
Noi dovremmo capire che solo l’Agnello sgozzato vince la bestia e perché i cristiani diventino questo agnello hanno bisogno dei carismi, hanno bisogno di una fede adulta, della iniziazione cristiana: ecco la missione del Cammino neocatecumenale. Anche qui c'è un insalatone misto di concetti e parole grosse.

L'«agnello sgozzato»? I cristiani devono «diventare questo agnello» sgozzato? altrimenti non possono «vincere la bestia»? L'accostamento di queste parole della tradizione cristiana (ed il loro retrogusto veterotestamentario) ha un certo sapore esotico, che piacerà –ovviamente– ai neocatecumenali.

Ritorna qui infatti il concetto moralistico e protestante del cristianesimo ridotto a una serie di “cose da fare”, sia pure nella versione spirituale del “vincere la bestia”. Ma questo “vincere la bestia” è decisamente equivoco: non possiamo, con le nostre forze, liberarci definitivamente del peccato; finché vivremo saremo sottoposti a tentazioni, possiamo sempre peccare. La nostra vita è una tensione verso Cristo, ed il nostro “combattere la bestia” (senza l'illusione di poter chiudere una volta per tutte la questione) è una pura conseguenza.

Ed ecco che Kiko ci illumina con le sue preziose parole: visto che lo scopo della Chiesa (secondo lui) sarebbe “vincere la bestia”, e visto che solo “l'Agnello sgozzato” può vincerla, i cristiani devono “diventare questo agnello” (forse voleva dire che dovrebbero assimilarsi a Cristo), agnello debitamente «sgozzato». E come si fa a diventarlo? “Hanno bisogno dei carismi”, cioè “hanno bisogno di una fede adulta”, cioè “dell'iniziazione cristiana”, cioè “del Cammino Neocatecumenale”.

Senza timore di insinuare troppo, deduciamo dalle parole del Signor Argüello che “i carismi” sono copyright del Cammino, che li ha avuti pressoché in esclusiva dallo Spirito. Ed “i carismi” servirebbero per far diventare “adulta” la fede, la quale non diventerebbe adulta in virtù dello Spirito (come per esempio la citata Nennolina, terribilmente più santa di un teologo plurilaureato a Tubinga e dotato di tantissime buone intenzioni e magari pure una rispettabilissima laurea in chimica) ma attraverso “l'iniziazione cristiana” così come la “fa” il Cammino.

Insomma, Kiko presenta il Cammino Neocatecumenale come uno strumento che, dopo un buon numero di anni di percorso, produce “i carismi” necessari per diventare “agnelli sgozzati” che potranno “vincere la bestia” nella partitissima dei campionati mondiali.
Termino Santità dicendo che il Cammino neocatecumenale, insieme a tanti altri che oggi sono qui presenti in questa piazza, sono il segno della attuazione di questo Salmo: “Il Signore ricostruisce Gerusalemme”. Spero che tale fatto, in questo vespro mirabile della Pentecoste del 2006 sia per Lei e per tutti noi di grande consolazione. Dopo tante parole Kiko non poteva non citare “tanti altri che oggi sono qui presenti”, e che resteranno “presenti in questa piazza” anche dopo l'intervento di Kiko.

Infatti, immediatamente al termine dell'intervento di Kiko, dopo gli applausi di rito (dai quali si potevano distinguere i neocatecumenali: applaudivano fragorosamente, l'unico applauso che tributavano in giornata, e in parecchie zone erano i soli ad applaudire), buona parte dei neocatecumenali presenti ha ripreso armi e bagagli ed è andata via, trascurando perfino l'intervento del Papa che sarebbe seguìto qualche minuto più tardi (notizia da testimone oculare); per di più in serata cominciavano convivenze e incontri neocatecumenali, in nome delle quali si poteva ben sacrificare l'intervento del Papa: erano lì a Roma per Kiko e Carmen, mica per Benedetto XVI!


Seconda versione (più breve), per rivedere i sottintesi di Kiko:

1) Il Tempio di Gerusalemme è stato ricostruito da un laico e un sacerdote: istituzione e carisma sono “coessenziali”. I laici (“carisma”) sarebbero essenziali almeno quanto l'istituzione (come a dire che non ci sarebbe Chiesa se non si documenti la presenza di laici di “carisma”).
2) Giovanni Paolo II ha detto nel 1986 che “occorre cercare dove soffia lo Spirito”: ma alcuni “sintomi” sono già “presenti oggi in Europa”. I “sintomi” sarebbero il Cammino.
3) Per trovare questi sintomi bisogna “lasciare schemi atrofizzati”. Le osservazioni critiche al Cammino sarebbero “schemi atrofizzati”.
4) Eccoci, noi “sintomi”: siamo noi, i “nuovi carismi” che lo Spirito suscita “in aiuto ai preti, alle parrocchie, ai vescovi, al Papa: «il Signore ricostruisce Gerusalemme»”. Il Cammino ricostruirebbe la Chiesa poiché sarebbe un carisma; per di più il Cammino non sarebbe invadente, perché viene “in aiuto”.
5) «Solo una fede adulta, nei cristiani che portano nel loro corpo il morire di Gesù, salverà il mondo» (testuali parole). Solo nel Cammino si riuscirebbe a far diventare “adulta” la propria fede.

C'è da restare parecchio perplessi. Cosa significa che una “fede adulta” debba “salvare il mondo”? Cosa significa che i cristiani “portano nel loro corpo il morire di Gesù?”

Viene da obiettare che parecchi santi la fede non ce l'avevano mica “adulta”: il buon ladrone (che ha l'onore di essere canonizzato da Gesù in persona) non aveva mica fatto un “cammino”. E la santità dei più piccoli e semplici, poi? Nennolina, per esempio: sei anni, che razza di “fede adulta” poteva mai avere? E san Domenico Savio, a parte un po' di oratorio e il catechismo, aveva mica fatto un ventennio di “cammino” di “neocatecumenato”?

C'è o non c'è il rischio di equivocare lo scopo della vita cristiana, lasciando pensare che l'unica cosa importante sia ottenere la patente di “fede adulta” (magari dopo decenni di faticosissimi “passaggi” e “scrutini” e studio e complicazioni varie: solo i più bravi ce la faranno)?
6) «Ma quanto è difficile che le istituzioni capiscano che hanno necessità dei carismi!» (testuali parole). Traduzione: «Santo Padre, convinca lei i vescovi che noi siamo indispensabili!» - con tutto il rispetto per i sindacati, questo pare uno dei più insistenti comizi da sindacalista che si possano immaginare.

È davvero un azzardo per Kiko presentarsi di fronte al Papa a lamentarsi che “le istituzioni” (cioè i vescovi) “non capiscono che hanno necessità” del Cammino Neocatecumenale.

«Eh, Kiko gliele ha proprio cantate, al Papa! lo devono capire che noi siamo necessari!»: non è che a qualche neocatecumenale sia scappata, anche per scherzo, una frase del genere?

L'atteggiamento sincero, l'atteggiamento cristiano nei confronti del Papa, sarebbe invece il pensare: «con tutta la fatica che ci può costare, abbiamo continuamente bisogno dell'incoraggiamento, delle indicazioni, delle correzioni, della benedizione del Papa e dei vescovi». Ma questo genere di discorsi c'è mai stato da parte del Cammino? Oppure - facile accusa - ci si limita a dire «il Papa è dalla nostra parte, i vescovi sono dalla nostra parte» agitando come slogan gli incoraggiamenti e tacendo tutto il resto? E se sono “dalla vostra parte”, come mai Kiko si lamenta che “le istituzioni non capiscono”?
7) «Abbiamo bisogno che si attui la ecclesiologia del Vaticano II» (“abbiamo”: ne hanno bisogno i neocatecumenali?) Ma lo scopo della vita cristiana è la comunione con Cristo o “l'attuazione” di una qualche particolare “ecclesiologia”? e capiscono veramente tutti (anche i bambini) cosa significa “attuazione di un'ecclesiologia”? e solo nei confronti del Cammino non sarebbe stata “attuata l'ecclesiologia del Vaticano II”?
8) Solo “l'Agnello sgozzato” vince “la bestia”: ed i cristiani devono diventare quest'agnello, e per farlo “hanno bisogno dei carismi, di una fede adulta, dell'iniziazione cristiana: ecco la missione del Cammino Neocatecumenale”. Per i cristiani sarebbe dunque indispensabile tutto ciò che fa il Cammino...
9) Conclusione: il Cammino Neocatecumenale, “insieme a tanti altri che oggi sono qui presenti in questa piazza”, sono il segno che il Signore “ricostruisce Gerusalemme”. I “tanti altri” non sarebbero numerosi come il Cammino e pertanto sarebbero carismi secondari.

In sintesi: «Ma quanto è difficile, Santo Padre, che le istituzioni capiscano che hanno necessità dei carismi!»

Conclusione

Pur sostenuti da elogi ed incoraggiamenti, a distanza di vari anni dalla temporanea e parziale approvazione degli Statuti, dopo decenni di sgridate da parte della gerarchia vescovi, con la questione della liturgia ancora aperta, in una situazione tutt'altro che invidiabile dal punto di vista dell'obbedienza al Papa... Kiko si permette di fare una rivendicazione sindacale perché il Cammino abbia più spazio ed importanza?

Autore di questa pagina: Tripudio 

 

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Pagina inserita 6 settembre 2006