Giov 10,1

«In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.»

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L'interpretazione della Scrittura 
in ambito neocatecumenale

Premesso che è apprezzabile la ricerca di dimestichezza con la Parola del Signore vissuta e incoraggiata nel Cammino Neocatecumenale. Diffidiamo, invece, di alcuni aspetti, modalità e comportamenti nel corso dell'esperienza...

Sull'argomento riportiamo, dopo la citazione, una nostra riflessione, seguìta dala discussione dipanatasi sul Weblog "la Verità sui Neocatecumenali", perché permette di seguire il filo logico della riflessione comune e può essere ancor più fluida e chiara di una 'ricostruzione' ragionata. Ci auguriamo, tuttavia, che possa destare ulteriori spunti di riflessione che, chi legge, volendo, potrebbe inserire nello stesso Blog...

Ma, in primo luogo, consideriamo una citazione importante che illumina l'argomento: Giovanni Paolo II Fides et ratio

"55 ... Non mancano neppure pericolosi ripiegamenti sul fideismo, che non riconosce l'importanza della conoscenza razionale e del discorso filosofico per l'intelligenza della fede, anzi per la stessa possibilità di credere in Dio. Un'espressione oggi diffusa di tale tendenza fideistica è il « biblicismo », che tende a fare della lettura della Sacra Scrittura o della sua esegesi l'unico punto di riferimento veritativo. Accade così che si identifichi la parola di Dio con la sola Sacra Scrittura, vanificando in tal modo la dottrina della Chiesa che il Concilio Ecumenico Vaticano II ha ribadito espressamente. La Costituzione Dei Verbum, dopo aver ricordato che la parola di Dio è presente sia nei testi sacri che nella Tradizione, (Cost. dogm. Dei Filius III) afferma con forza: « La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa. Aderendo ad esso tutto il popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera costantemente nell'insegnamento degli Apostoli ».(Ibid.) La Sacra Scrittura, pertanto, non è il solo riferimento per la Chiesa. La « regola suprema della propria fede »,(Ibid.) infatti, le proviene dall'unità che lo Spirito ha posto tra la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa in una reciprocità tale per cui i tre non possono sussistere in maniera indipendente.(Ibid.)

Non è da sottovalutare, inoltre, il pericolo insito nel voler derivare la verità della Sacra Scrittura dall'applicazione di una sola metodologia, dimenticando la necessità di una esegesi più ampia che consenta di accedere, insieme con tutta la Chiesa, al senso pieno dei testi. Quanti si dedicano allo studio delle Sacre Scritture devono sempre tener presente che le diverse metodologie ermeneutiche hanno anch'esse alla base una concezione filosofica: occorre vagliarla con discernimento prima di applicarla ai testi sacri.

Altre forme di latente fideismo sono riconoscibili nella poca considerazione che viene riservata alla teologia speculativa, come pure nel disprezzo per la filosofia classica, alle cui nozioni sia l'intelligenza della fede sia le stesse formulazioni dogmatiche hanno attinto i loro termini. Il Papa Pio XII, di venerata memoria, ha messo in guardia contro tale oblio della tradizione filosofica e contro l'abbandono delle terminologie tradizionali.(Cfr Lett. enc. Humani generis (12 agosto 1950): AAS 42 (1950), 565-567; 571-573.)"

 
E nel cammino? Partiamo da questa testimonianza:

La Scrittura è molto usata nel cammino: all'inizio si fanno i temi usando il Dufour.

Dopo il primo passaggio si incomincia a leggere l'A.T. Finchè si resta sui libri storici, (storia di Abramo, Mosè, e anche Davide) la lettura e il seguente riporto alla comunità è relativamente semplice.

Quando si arriva ai profeti iniziano i problemi: una lettura puramente 'cronologica' dal primo all'ultimo capitolo, e senza conoscere lo sfondo storico a cui questi testi fanno riferimento, fa sì che si capisca poco.

Poi si leggono i salmi. L'uso dei paralleli della bibbia di Gerusalemme, secondo me, può essere molto utile per comprenderli. Però da un po' di anni è diventata di gran moda la scrutatio, la quale è un aggrovigliamento interiore, una introversione psicologica in cui alla scrittura posso far dire di tutto e il contrario di tutto, a seconda dell'umore del momento.

. La scrutatio si fa anche sui salmi.
. Sono state costruite le jeshivah nei seminari per far fare scrutatio ai seminaristi.
. Si fa nelle convivenze.
. Poi c'è la parola dei passaggi (letture quaresimali dell'anno A), che viene strumentalizzata a favore del cammino.
- I baal della samaritana sono gli idoli che ti impediscono di fare il cammino
- La guarigione del cieco nato rappresenta l'incontro con Cristo che hai fatto nel cammino, e così via.
. Poi ci sono le interpretazioni aneddotiche/kikiane della scrittura, per cui Abramo dubita, ha più fede Isacco di lui.
. E in generale la scrittura viene usata per mettere in evidenza le debolezze dell'uomo: la paura di Abramo, di Mosè, i peccati di Davide che gli impediscono di essere un buon genitore, e così via.

Ho scritto rapidamente quello che mi veniva in mente sulla manipolazione della scrittura che si fa nel cammino. Per non parlare della lettura moralistica che si fa del discorso della montagna, dell' amore al nemico, che diventano dei martelli in mano ai catechisti per farti vedere che non sei convertito.

I catechisti nc che si occupano di iniziazione cristiana commettono il grave errore di usare quasi esclusivamente l'A.T. perchè è quello che conoscono meglio, perchè si può tradurre in storie facilmente raccontabili. Ma siccome la figura di Gesù Cristo è poco compresa - perchè ci si è fermati al sola scriptura, trascurando il magistero successivo al 105 d.C., si finisce per parlare poco di Gesù ai bambini, e molto più di Mosè e Pesah varie. [tutto ciò non meraviglia, tenendo conto anche di tutti gli altri elementi di giudaizzazione veicolati dal cammino]

La Parola non viene accostata per cercare la Verità, essi non cercano la verità, ma piegano alla loro formazione tutto quello che ascoltano, compresa la Parola, che non è più "lampada per i passi" ma arma da brandire e non è più nemmeno il cesello del Vasaio, quello vero, ma la frusta e lo scalpello del padrone delle loro anime

Omne quod recipitur ad modus recipientis recipitur

questo significa che, se il recipiente è deformato, quello che entra risulta deformato ed ecco perché non riusciamo ad intenderci
__________________________

E' certamente un'invenzione di Arguello quella della "scrutatio"
Dallo statuto nc - art.20, c.1), 2° capoverso:
I neocatecumeni, scrutando i salmi in piccoli gruppi, sono iniziati alla pratica assidua della “lectio divina” o “scrutatio scripturæ”, «nella quale la Parola di Dio è letta e meditata per trasformarsi in preghiera». Infatti, «l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo».

Nella prassi cattolica la ‘scrutatio’ è solo un momento della lectio, che insieme a meditatio, oratio, contemplatio, (e successiva ruminatio: il lasciarla risuonare costantemente nel proprio intimo, cogliendone sempre più le luci e i significati profondi) segna le fasi di approfondimento della Parola che consentono di assimilarla sempre di più e di tramutarla in nostra vita con l'aiuto della Grazia del Signore presente e operante in essa.

Scrutatio poi, non significa meditazione, ma ha la funzione di approccio di capire dal punto di vista storicistico il senso delle scritture. Invece Kiko e i catechisti con fare misterioso un bel giorno ti dicono adesso facciamo la "scrutatio"....E' una cosa che si rifà, appunto, alla Lectio divina ma non vi assomiglia neanche lontanamente. Per comprendere in modo corretto le scritture c'è chi fa anni di seminario o altrimenti di esperienza guidata... la Lectio è certamente riservata ad ogni credente, ma occorre all'inizio esservi guidati da un sacerdote e comunque da chi conosce l'esegesi e ha già maturato un'esperienza profonda e consolidata di questa pratica che consente di accostarsi alla Scrittura con gli atteggiamenti interiori adeguati ed anche con gli strumenti conoscitivi che permettono di andare oltre la "lettera". Essa non è altro che la porta d'accesso per tutti gli altri momenti di approfondimento e di assimilazione. Da quel che dice lo statuto vi si accenna solo in parte; ma poi in realtà accade tutt'altro.

Invece nel cammino accade che dai catechisti viene data una parola, si prende il Dufour che è un dizionario di teologia biblica e la si cerca lì. In genere i commenti del Dufour risultano molto lunghi e non mancano le persone che si rifiutano addirittura di leggerlo perché, dicono, è troppo complicato. Capita che i più svogliati se lo preparano a parte su un pezzo di carta. Questo non è concesso perché la "preparazione della parola" dovrebbe essere comunitaria. Qualcuno deve fare l' "ambientale" cioè l'introduzione , ma c'è chi non vuol mai farla o la fa in modo goffo o strampalato, in genere perché incapace di riassumere i concetti desunti dal Dufour. Il risultato: davvero pietoso.

Anche perché non sempre, anzi raramente è presente il sacerdote e il tutto si risolve in una interpretazione spesso letterale, del tutto personalistica e quindi approssimativa e, neppure si insegna l'atteggiamento di venerazione, rispetto, attesa amorosa di quel che la Parola vuol dirci, anche perché in essa irrompe il Soprannaturale se siamo capaci di vero ascolto e Adorazione; invece la si tratta con banalità, con superficialità, alla pari di uno strumento materiale, circondato di cure tutte esteriori:

la copertina di Kiko, gli ammennicoli vari da lui introdotti (ricordate la Torah vestita messa in primo piano? Vedere immagine sopra, riferita agli elementi di 'giudaizzazione', cui fanno ala un rabbino e un vescovo, con Kiko gongolante al centro).

Peccato che non abbia introdotto il dato fondamentale, che ricordiamo alla scuola di Don Nicola Bux: «È necessario ribadire che la presenza di Cristo nella Parola c’è, a due condizioni: quando la lettura si fa “nella chiesa”, non privatamente, e quando “si legge” la Sacra Scrittura. Dunque non basta che ci sia il libro sacro sull’ambone o sull’altare, perché ci sia la presenza.». Questo oltre a rappresentare un’altra delle serie contaminazioni neocatecumenali alla fede cattolica (la pari dignità della Parola e delle S. Specie, rappresentata dai tabernacoli “a due piazze”) dimostra come la ‘scrutatio fai da te’ del cammino, sia ben lontana dal leggere ed interpretare la Sacra Scrittura nella Chiesa e, soprattutto, con la Chiesa.

la scrutatio neocatecumenale non aderisce alla lectio divina perché non rispetta i suoi 7 momenti

la preparazione della parola, anche se orientata dal dtb, non permette una attualizzazione ben fondata perché esso non implementa la Tradizione, non fa alzare lo sguardo dalla “pagina scritta”, non è sufficiente!

Dice lo Statuto:
Art. 11, c.2) Nella celebrazione della Parola di Dio, prima dell’omelia, il presbitero invita chi lo desidera tra i presenti ad esprimere brevemente ciò che la Parola proclamata ha detto alla sua vita. Nell’omelia, che ha un posto privilegiato nell’istruzione del Neocatecumenato, il presbitero prolunga la proclamazione della Parola, interpretandola secondo il Magistero e attualizzandola nell’oggi del cammino di fede dei neocatecumeni.
[Bene, per fare ciò il Sacerdote deve presiedere ad ogni riunione di ciascuna comunità presente in parrocchia e quindi, se ci sono 5 comunità, visto che le stesse celebrano rigorosamente separate l’una dall’altra, si può dire che da lunedì fino al venerdì è impegnato con la celebrazione settimanale, sabato con la celebrazione eucaristica, domenica con la convivenza mensile di ciascuna comunità ... ma il resto dei servizi parrocchiali quando li dovrebbe garantire? E se invece di 5 comunità ne fossero 6 o 7 o 13 o anche molte di più (così come è) come potrebbe aderire al c.2) dell’art.11? Chiamando altri 5 presbiteri? Anche se ci fossero, sarebbero a piena disposizione dei capricci NC?]
Continuiamo...

Art. 11, c.3) Ogni celebrazione della Parola è preparata accuratamente, a turno, da un gruppo della comunità, con l’aiuto, quando possibile, del presbitero. Il gruppo sceglie le letture e i canti, prepara le monizioni e dispone la sala e i segni liturgici per la celebrazione, curandone con zelo la dignità e la bellezza.
[Benissimo! Oltre agli impegni di cui sopra il presbitero dovrà, quando possibile, essere presente alla preparazione della Parola che normalmente si fa a turno in casa di qualche fratello. Ma quando non è possibile che si fa? Chi potrà garantire una giusta attualizzazione? Forse altri presbiteri che non ci sono perché già impegnati per quanto detto prima?]
... andiamo avanti!

c.4. Per approfondire la Scrittura «con l’intelligenza ed il cuore della Chiesa», i neocatecumeni si avvalgono soprattutto della lettura degli scritti dei Padri, dei documenti del Magistero, in particolare del Catechismo della Chiesa Cattolica, e di opere di autori spirituali.
[Questa poi … Solo la mano benevola di chi sa il fatto suo ha potuto scrivere ciò. Chi l’ha scritto (vogliamo essere buoni) non è stato informato che i NC dalla ‘nascita’ della comunità fino al secondo passaggio, passano a volte anche più di 7 anni e, durante questo tempo gli unici testi dei quali si avvalgono i NC sono il dizionario di teologia biblica Léon-Dufour ed un testo dalla copertina blu, ormai non più spacciato dai catechisti, dal titolo “le tappe della storia della salvezza”. Ambedue i testi traggono gli argomenti esclusivamente dalle pagine della Bibbia senza integrare e attualizzare in alcun modo la Tradizione bi millenaria della Chiesa cattolica, condizione essenziale per una corretta esegesi che attualizzi fondatamente le letture bibliche.]

Questa scrutatio, fatta da soli, non è niente altro che una serie di riflessioni, come potrebbe essere un diario personale, in cui scrivo le mie impressioni.

Due esempi: una signora non italiana che non capiva il passo di Mt 5, che dice che anche chi dice stupido al fratello merita la geenna. Lei pensava che non si deve usare la parola 'stupido' ma si può dire 'deficiente', ecc. ecc. Una persona depressa, che soffriva nel leggere certi salmi che parlano di morte e nessuno le aveva spiegato come andavano letti (io l'ho capito solo dopo aver seguito un po' di Sacra Scrittura in un istituto di scienze religiose).

Abbiamo fatto due esempi spiccioli, ma è pur vero che nel cammino si legge la parola come un giudizio nella propria vita, mettendo in evidenza la nostra incapacità. Alla parola che 'ci giudica', il che può anche andare bene, noi aggiungiamo il nostro giudizio personale, o quello dei catechisti, si strumentalizza la parola per far vedere che dobbiamo fare ancora tanto cammino, che siamo chiamati a cose grandi, ecc. ecc. ecco perchè non deve essere presente il sacerdote.

Una scrutatio fatta così, serve solo a misurare il mio bisogno di fare ancora il cammino, mi mette in guardia dal non uscirne, mette in evidenza le mie debolezze, la distanza tra le mia realtà e l'ideale di buon cristiano. E' una riflessione tra me il mio Super- io. E' un ulteriore anello della 'dipendenza' che il cammino ingenera nelle persone.

Completa la riflessione:
Dall’Interpretazione della Bibbia nella Chiesa – Documento della Pontificia Commissione Biblica:

La Chiesa accoglie la Bibbia come Parola di Dio che si rivolge ad essa e al mondo intero nel tempo presente. Questa convinzione di fede ha come conseguenza uno sforzo di attualizzazione del messaggio biblico e di elaborazione di diversi modi per l’uso di testi ispirati.

- L’attualizzazione di un testo biblico, nell’esistenza cristiana, non può realizzarsi correttamente se manca la relazione con il mistero di Cristo e della Chiesa e presuppone una corretta esegesi che ne determini il senso letterale.
Se la persona che attualizza non ha personalmente una formazione esegetica, deve ricorrere a buone guide di lettura che permettano di ben orientare l’interpretazione per restare in accordo con la verità salvifica espressa nella Bibbia e di rispettare certi limiti evitando così possibili deviazioni.
Benché ogni lettura della Bibbia sia necessariamente selettiva, sono da evitare le letture tendenziose cioè quelle che invece di essere docili al testo, non fanno che utilizzarlo per i loro fini limitati (come nel caso dell’attualizzazione fatta da alcune sette, per esempio i Testimoni di Geova).
Le deviazioni saranno evitate se l’attualizzazione parte da una corretta interpretazio­ne del testo e si effettua nella corrente Tradizione vivente, sotto la guida del magistero della Chiesa.

- Un modo che si è elaborato per l’uso dei testi ispirati è la lectio divina, prassi attestata nell’ambiente monastico già dei primi tempi ed estesa a tutti i chierici (secolari e religiosi) per mezzo dell’istruzione “De Scriptura Sacra” del 1950.
Ai nostri giorni, la costituzione conciliare “Dei Verbum” (ed è questa la novità), invita tutti «i fedeli di Cristo» ad apprendere «la sublime conoscenza di Gesù Cristo».
La lectio divina sotto il suo duplice aspetto, comunitario e individuale, è quindi divenuta attuale con lo scopo di suscitare ed alimentare «un amore effettivo e costante» per la Sacra Scrittura, fonte di vita interiore e di fecondità apostolica.
Numerose associazioni movimenti e comunità di base, che mettono al primo posto la lettura della Bibbia in una prospettiva di fede e di impegno cristiano, centrano le loro riunioni sulla Bibbia e propongono un triplice obiettivo: conoscere la Bibbia, costruire la comunità e servire il popolo.
E’ motivo di gioia vedere la Bibbia presa in mano da gente umile e povera, che può fornire una luce più penetrante dal punto di vista spirituale ed esistenziale, di quella che viene da una scienza sicura di se stessa ma, a passare dalla lettura del testo biblico al suo significato di salvezza per il tempo presente, si corre il rischio di limitarsi a un commento superficiale causato dalla mancanza di preparazione specifica ed ha come conseguenza la tentazione di rinunciare ad approfondire le letture bibliche limitandosi a moraleggiare o a parlare di questioni attuali, senza illuminarle con la luce della Parola di Dio. Occorre quindi l’aiuto di esegeti per evitare attualizzazioni poco fondate.

La novità della Lectio nel popolo di Dio richiede una formazione illuminata, paziente e continua, tra i presbiteri, le persone di vita consacrata e i laici, in modo da giungere ad una condivisione delle esperienze di Dio motivate dalla Parola ascoltata. [cfr. Lineamenta “LA PAROLA DI DIO NELLA VITA E NELLA MISSIONE DELLA CHIESA” – Sinodo dei Vescovi, XII assemblea generale ordinaria]

Alcune precedenti testimonianze:

Aldo ha detto 26 giugno, 2006 17:57
"Perché l'iniziatore dei neocatecumenali afferma testualmente "La Bibbia si spiega da sé", senza intermediazione della Chiesa?
Ovviamente io sono convinto del contrario. Premetto che non ho nulla contro i neocatecumenali, ma avendo letto questa espressione di Kiko Arguello, mi ci sono fermato per cercare di capire.
Insomma, per i neocatecumenali leggere e scoprire i significati della Parola è un fatto individuale o di gruppo, comunque non sorretto e guidato dagli insegnamenti della chiesa (Mi domando in proposito quanto possa essere poi fondata la conseguente predicazione).
Per un comune cattolico invece, come me di A.C., la Bibbia non si spiega affatto da sé o in modo privato o secondo rimandi e parallelismi.
Lo dice S.Pietro nella sua II lettera (1,20-21) "Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio".

Sono pienamente convinto che la Parola è un organismo vivo che parla ai nostri cuori, indipendentemente dal nostro livello di comprensione e sono altrettanto sicuro che da essa non si possa prescindere in un vero itinerario di formazione cristiana e cattolica.
La mia domanda concerne un aspetto preciso che cercherei di sintetizzarti come segue:

Può la predicazione fondarsi soltanto su convinzioni personali maturate attraverso una "lettura" personale della Scrittura sganciata dagli insegnamenti della chiesa?

Non so su altri aspetti, ma su questo il neocatecumenato di Arguello è in grave errore. Ho chiuso e vi saluto.

In cammino ma non nel cammino ha detto 26 giugno, 2006 18:16
Ma non è quel che pensano i protestanti? Qualcosa che ha a che fare col "sola Scriptura" e esclude la "Tradizione" della Chiesa?

Mic ha detto 26 giugno, 2006 18:20
Per Aldo,
intanto ti trascrivo questa sintesi dal Catechismo della Chiesa Cattolica. Poi, appena posso ricollegarmi, ti dirò il mio pensiero per quanto riguarda i NC, che da questo sono decisamente lontani.

81 " La Sacra Scrittura è la Parola di Dio in quanto è messa per iscritto sotto l'ispirazione dello Spirito divino". Quanto alla Sacra Tradizione, essa conserva "la Parola di Dio, affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli Apostoli", e la trasmette "integralmente ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano".

82 Accade così che la Chiesa, alla quale è affidata la trasmissione e l'interpretazione della Rivelazione, "attinga la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Sacra Scrittura. Perciò l'una e l'altra devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e di rispetto" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 9].

84 Il "deposito" ( 1Tm 6,20 ) [Cf 2Tm 1,12-14 ] della fede ("depositum fidei"), contenuto nella Sacra Tradizione e nella Sacra Scrittura, è stato affidato dagli Apostoli alla totalità della Chiesa. [...].

85 "L'ufficio di interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa è stato affidato al solo Magistero vivente della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo", [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10] cioè ai vescovi in comunione con il successore di Pietro, il vescovo di Roma.

95 "È chiaro dunque che la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti che non possono indipendentemente sussistere e che tutti insieme, ciascuno secondo il proprio modo, sotto l'azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime" [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 10].

Miriam ha detto 26 giugno, 2006 18:30
Propongo ad Aldo una mia riflessione che naturalmente non esaurisce l'argomento.

Innanzitutto faccio notare che nessuna delle affermazioni che si riscontrano in ambito neocatecumenale, se presa a sé, può definirsi falsa. Anche questa, che riguarda il fatto che la Bibbia si commenta da sé. Ad esempio anche i Rabbini dicevano che la Bibbia si commenta e si spiega da sola. Questo lo riscontra qualunque 'frequentatore' della Scrittura, cui spesso, in risposta, o come 'risonanza' di un certo passo, torna alla mente qualcosa di corrispondente in altre parti dei Sacri Testi. 

L' anomalia sta nel fatto di assolutizzare questo discorso (è uno dei tanti 'inganni sottili' della predicazione neocatecumenale) e di credere e far credere di poter fare a meno del Magistero o di una esegesi illuminata della Chiesa che sconfini dall'alveo esclusivo della costruzione kikiana.

Anche perché, se non c'è un 'ascolto' nello Spirito della Parola, che è enormemente aiutato da una solida formazione all'esegesi e da una frequentazione degli insegnamenti e dei Sacramenti nella Chiesa, che certo non si trova nelle catechesi del cammino, si corre il rischio di far dire alla Parola quello che vogliamo noi e non quello con cui ci vuole interpellare!

Aldo ha detto:
Non ho nessun rapporto speciale con la Scrittura se non quello di un comune credente che cerca di distinguere il momento dell'approccio alla Parola finalizzato alla preghiera, alla conoscenza di essa e alla richiesta di conforto ad essa, dal momento dell'interpretazione, per la quale mi affido abitualmente al Catechismo della Chiesa Cattolica. Tutto qui! Se poi dovessi fare una predicazione, certamente non mi affiderei soltanto alla lettura e all'interpretazione personale della Parola ma, consapevole dei miei immensi limiti e dell'insegnamento della Chiesa, mi incollerei sulla bocca il Catechismo di Ratzinger.

Dominico ha detto 26 giugno, 2006 18:44
L'interpretazione (del tutto umana) delle sacre scritture che ripudia o ignora quanto dice il magistero della chiesa consente di costruire una storia della chiesa del tutto artificiosa, su cui innestare un'ALTRA CHIESA

In cammino ma non nel cammino ha detto 26 giugno, 2006 18:49
Leggete questo stralcio da una intervista al card Ratzinger sul problema del "sola scriptura". Lui qui parla dello "strappo" operato da Lutero, che sosteneva lo stesso principio espresso dall'iniziatore del cammino NC

Card. Ratzinger:
"In effetti credo che quello fu il momento decisivo, perché in questo modo si abbandonava l'idea cattolica di una Chiesa interprete autentica del vero senso della Rivelazione. Lutero non poteva più condividere quella certezza che nella Chiesa riconosce una coscienza comune superiore all'intelligenza e alle interpretazioni private. Così la relazione fra la Chiesa ed il singolo, fra la Chiesa e la Bibbia era radicalmente mutata. [...] Del resto questo problema sta in modo considerevole al fondo anche dei nostri colloqui con teologi cattolici: la teologia cattolica deve interpretare la fede della Chiesa; ma là dove essa passa direttamente dall'esegesi biblica ad una ricostruzione autonoma del teologo (o di Kiko -ndr), si fa qualcosa di diverso".

Mic ha detto:
Penso che Aldo si riferisce all'assolutizzazione della interpretazione personale, staccata da quella della Chiesa.

Non si riferisce certo alla dimestichezza con la scrittura né al fatto che questa sia una cosa positiva del neocatecumenato.

Nel cristiano la frequentazione individuale della Scrittura, irrinunciabile soprattutto perché interpella la vita e diventa nostra vita in base a quello che ci rivela e a cui rispondiamo, non è autoreferenziale.
Infatti, per maturare nella fede, si ha bisogno di confrontare i dinamismi interiori e le intuizioni che la Parola provoca con un Padre spirituale, che normalmente è un sacerdote o in un gruppo ecclesiale guidato da un sacerdote, anche per meglio apprendere sia i metodi di approccio alla scrittura che tante più approfondite interpretazioni (i quattro famosi livelli). Insomma il benedetto cammino di fede nella Chiesa, dove per me è garante un sacerdote e non un catechista, con quel po' po' di predicazione difforme che abbiamo evidenziato in più occasioni.

Aldo ha detto 26 giugno, 2006 19:02
Grazie, mi avete dato l'occasione di approfondire la riflessione e direi questo: se ci si nutre solo dell'interpretazione personale si corre il rischio, anzi si incorre con certezza nell'errore di un confronto con la Parola estremamente individualista o narcisista, esposto a pericoli enormi di fraintendimento. E se la predicazione si fonda su questa abitudine rischia a sua volta di vendere fumo.
Inoltre, se il discorso è riferito al comune credente, la situazione può essere pericolosa (perché sganciata dall'insegnamento della chiesa), ma i 'danni' per cosi dire sono limitati al singolo individuo.
Se invece tale metodologia è seguita dal predicatore laico (mi pare si usi la definizione di Catechista) allora la metodologia diventa assolutamente più pericolosa perché la predicazione fondata su convinzioni personali maturate su uno studio soltanto "umano" della Scrittura, può sicuramente deviare dal solco entro cui fa stare la chiesa.
Altra cosa, infatti, è nutrirsi di Lectio Divina, che è pratica ecclesiale specifica e sicura e sana, non esposta a fraintendimenti, specialmente se corroborata da un'altrettanto sana adesione all'insegnamento della Chiesa.  

Giuseppe ha detto 25 settembre, 2006 19:24
Nella prassi neocatecumenale, da un insieme di letture, si deve far 'uscire' una parola che "parla profondamente alla tua vita, quella di adesso", e che funge da trait d'union delle parti. Il processo è ricorsivo, avrebbe una natura per così dire creativa, ed è per lo più slegato dal contesto e dall'esegesi dei testi, il valore della "profezia" così ottenuta è funzione del presunto carisma personale...

Potremmo chiamarlo un fondamentalismo biblico con aspetti "carismatici".

Non c'è assolutamente nulla di cattolico in questo procedimento.

Aldo pensa forse a una realtà di tipo carismatico, (dove il rischio di lettura fondamentalista c'è) ma forse qui c'è perfino qualcosa di diverso e di più, molto di più. Il procedimento di cui parlavo è un riflesso di quello originario, usato dal fondatore ed applicato nelle comunità a causa della sua "efficacia". Naturalmente la riuscita, il "frutto", dipende dalla quantità di "carisma" personale, come ti dicevo. Sempre riguardo al procedimento, l'insieme di letture va interpretato, le fronde di un albero ad esempio sono diverse fra loro nella forma ma sono nutrite da una stessa linfa. È questa linfa che dà il significato e fonda l'interpretazione, è così che nasce il frutto, che si nutre della linfa e del quale si nutrirà poi a sua volta lo stesso lettore della parola (uso il termine minuscolo per evitare fraintendimenti). Israele esce dall'Egitto? È il CNC che esce dal regno del male, con a capo un profeta e un presbitero, in marcia per purificare il cuore nelle ristrettezze del deserto. Dio provvede la manna al suo popolo affamato? È il CNC che si nutre della parola e della mensa. Guarda il Levitico: le tende, Balak e Balaam... (scusate le banalità ma è per dare l'idea). Ma forse non è da credere che l'interpretazione sia libera, o basi su un sostrato comune dal quale attingere con libertà, sarebbe troppo semplice.
Fuor di metafora: il fondatore del CNC è molto sensibile ai "segni" ed ai "simboli", il segno è composto da un significato ed un significante, il simbolo è un tipo speciale di segno: tra il segno (es. la parola) e ciò che esso significa vi è un rapporto di convenzionalità; nel simbolo invece il contenuto non è indifferente, poiché tra simbolo e oggetto simbolizzato si pongono relazioni di somiglianza o analogia. Del concetto di simbolo si avvale la riflessione teologica cristiana, non mi dilungo sul suo rapporto con l'allegoria nella storia del pensiero teologico medievale e barocco. Il simbolo nel pensiero moderno passa poi ... nella riflessione estetica (ma guarda un po'...)
Per il kikismo nella dimensione del simbolo è probabilmente racchiuso uno sfondo metafisico che presuppone segrete affinità, quasi una mistica compenetrazione reciproca, tra il mondo visibile e il divino invisibile. Il simbolo qui non ha un contesto di tipo storico, non attinge ad immagini in qualche modo socialmente condivise sfociando nell'allegoria (la quale appartiene sempre alla sfera del logos), ma sarebbe un mezzo atto a penetrare l'infinita ricchezza dell'unità divina.
Il CNC, almeno ad un certo livello, non vuole essere fondamentalismo biblico (lo è probabilmente solo per i quadri inferiori) ma una vera e propria "gnosi", le parole avrebbero infiniti significati, sarebbero segni senza un significato univoco, privi di denotazione ma con infinite connotazioni, le parole assumerebbero un senso estetico, come i movimenti in una danza: che importano le parole quando tu "sai", hai la chiave per l'interpretazione, hai la "linfa" che scorre in te, ti nutre, ti trasforma...
Guardate che si dice di fare nel CNC: ritrovare i significati dei simboli che sarebbero stati perduti e/o che nessuno conosce né vive più. Vale per i simboli cristiani, e vale anche per quelli ebraici. Ma questi simboli sono scelti non casualmente e non tanto in rapporto al significato che il loro contesto offre (ammesso e non concesso che il simbolo in questione abbia perduto il suo contesto o lo abbia snaturato), ma in rapporto al significato originario della "rivelazione kikiana". Ecco perché da fuori viene spontaneo dire che certi simboli sono fuori dal loro contesto: certo, ma sarebbero entrati in un contesto "altro", "nuovo", quello di Kiko, avrebbero un significato che è lo stesso ma nello stesso tempo "altro".

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Pagina inserita 10 luglio 2006